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Autore: Calliope49    22/07/2015    6 recensioni
*COMPLETA*
«Avete anche un nome, monsieur?»
«D’Artagnan».
Lei strinse appena le labbra. «Ah, siete quel d’Artagnan».
«Prego?»
«D’Artagnan, Athos, Porthos e Aramis. Treville vi nomina spesso - quando parla dei rischi per la sua salute, ad esempio».

Una calma insolita è piovuta su Parigi, ma la situazione non è destinata a durare. Strani incidenti, un omicidio e la comparsa di un misterioso bandito daranno filo da torcere agli uomini del re. Nel mezzo, una ragazza e troppe cose che non sono quello che sembrano…
[AthosXNuovoPersonaggio; Accenni Constagnan e Annamis]
[N.B. La storia non tiene conto degli sviluppi della seconda stagione perché è stata ideata prima che ne cominciassero gli episodi]
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Athos, Captain Treville, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'On the side of the angels '
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Epilogo
 
Era una mattina di luce azzurrina. La prima rondine solcò il cielo di Parigi sparendo nell’ombra di un abbaino senza che nessuno la notasse.
Era una mattina che seguiva a una notte strana, una di quelle notti dove il sonno non arriva eppure non ci sono fantasmi annidati nel buio che nasconde il soffitto.
Athos si fermò accanto al tavolo nel cortile della guarnigione, si tolse il cappello e si passò una mano tra i capelli.
Porthos e Aramis seduti davanti a tazze fumanti lo guardarono come bambini in attesa di un regalo di Natale, senza essere sicuri se quello che avrebbero trovato nella scatola infiocchettata li avrebbe soddisfatti o delusi. D’Artagnan comparve da sotto la tettoia delle scuderie.
Ora tutti e tre lo fissavano.
«Non vi darò la soddisfazione di dirvi grazie» disse Athos con un mezzo sorriso.
Porthos batté con troppo vigore la mano sulla spalla di Aramis. «Visto, che ti avevo detto?»  
«Come potrei mai ringraziarvi con quello che mi aspetta adesso?». Athos alzò lo sguardo in direzione dell’ufficio di Treville.
«Vado a dire al medico dell’infermeria di tenersi pronto per ogni evenienza» esclamò Aramis.
«Se vuoi, veniamo con te» disse d’Artagnan, trattenendo una risatina. «No? D’accordo, ma se hai bisogno di aiuto, grida».  
Athos scosse il capo con un sospiro di finta sopportazione, recuperò il cappello e si diresse verso l’ufficio del capitano. In fondo alle scale, gli altri tre lo accompagnarono con lo sguardo, si affacciò un istante e li vide agitare le braccia in cenni di incitamento.
«Idioti» mimò con le labbra.
Bussò con discrezione e non attese risposta prima di entrare.
«Cosa c’è?». Treville era in piedi vicino alla finestra. 
«Sono venuto a parlarvi di Diane»
«Ecco. So che è stata mandata a chiamare dalla regina. Speravo che tu e gli altri sapeste cosa altro ha combinato». Il capitano andò a sedersi alla scrivania, doveva aver imparato che era sempre meglio sedersi quando si parlava di sua nipote.
Athos scrollò le spalle. «Non so perché sua maestà l’abbia convocata»
«Allora cos’è che dovevi dirmi?»
Il moschettiere si sorprese a tormentare la falda del cappello che teneva tra le mani, rivelando un nervosismo che non gli si addiceva. «Saprete già che Diane ha deciso di restare a Parigi e che quel signore italiano l’ha sollevata dalla promessa di sposarlo».
Treville sorrise compiaciuto come se stesse seguendo il filo di pensieri tutti suoi. Doveva essere contento che la ragazza si fosse decisa a liberarsi dell’ingombrante ombra del duca.
«Nessuno è più felice di me - del fatto che mia nipote rimanga a Parigi, non che perseveri nel voler rimanere nubile. Immagino tu non sia qui per dirmi qualcosa che già so»
«Ho intenzione di frequentare vostra nipote». Non c’erano altri modi per dirlo e il capitano non era uomo da gradire stucchevoli giri di parole, né Athos era uomo da farne. 
«E non è quello che tu e quelle altre tre teste bacate state facendo da quando è tornata in Francia? Non che abbia modo di oppormi, cerco solo di non ricordare che è quasi morta, giusto quelle due o tre volte, come più o meno tutti voi».
Al moschettiere venne il dubbio che Treville si stesse prendendo gioco di lui e stesse solo fingendo di non aver capito. Si schiarì la voce e si costrinse a smetterla di stropicciare il cappello come un qualsiasi ragazzino nervoso venuto a chiedere la mano di una fanciulla.
«Sono tutti molto affezionati a Diane» disse con cautela. «Ma io intendevo una frequentazione con un certo margine di esclusività». 
Di fatto il capitano non parve sorpreso, si limitò a stirare le labbra in un’espressione che poteva essere un sorriso compiaciuto o una smorfia da maniaco omicida.
«E sei venuto a chiedere la mia benedizione?»
«Conoscete la mia storia. Non posso sposarla, eppure mi sono scoperto non abbastanza altruista, non abbastanza uomo d’onore, da lasciarla andare». Per un attimo Athos pensò che più che altro, era lì per chiedere perdono.
Treville abbassò il capo, con il mento a premere sul petto. Rimase in silenzio per lunghi istanti.
«E allora rendila felice e basta» disse infine. Era la risposta più semplice e difficile del mondo.
Athos spalancò gli occhi, strinse le mani attorno al cappello, poi annuì. Qualsiasi ringraziamento sarebbe suonato superfluo, stucchevole, e così non aggiunse altro. Era un uomo d’azione, e come tale credeva assai poco nelle parole, soprattutto in momenti come quello.
Non erano stati ancora inventati termini per quel senso di sollievo e per l’importanza dell’impegno che sentiva di essersi preso.
Si rese conto di non sapere come uscire da quell’ufficio. Ci pensò Treville a porre fine alla questione per tutti e due.
«A proposito, forse è il caso di andare a corte e controllare cosa sta succedendo»
 «Vado a dire agli altri di tenersi pronti».
 
***
 
Constance aveva aspettato tranquilla su un sofà accanto a un davanzale.
Diane l’aveva voluta con sé a corte quella mattina, stavano succedendo troppe cose importanti nella sua vita e aveva bisogno di un’amica che le mettesse una mano sulla spalla e le dicesse che era tutto vero, che nonostante i suoi errori, le bugie, la malizia, ora meritava un po’ di pace, l’occasione di essere una persona migliore.
Quando Diane aveva parlato con la regina l’ultima volta, Anna le aveva detto di tenersi pronta, che l’avrebbe mandata a chiamare presto e la ragazza non aveva idea del motivo.
La porta si aprì e Constance balzò in piedi. Diane sgusciò fuori come un topolino, senza fare rumore, senza nemmeno respirare.
«Cosa è successo?». Madame Bonacieux le prese le braccia.
«Non ne sono sicura…» bisbigliò Diane.
Nel silenzio dei corridoi della reggia i suoi pensieri le martellavano in testa, affollandosi e impedendole di ragionare con lucidità.
E poi il brusio di tutti quei pensieri si mescolò al rumore di passi sul marmo.
Il capitano Treville comparve da dietro un angolo con un codazzo di moschettieri. Alcuni uomini sparirono diretti verso i compiti che gli erano stati assegnati, rimasero Athos, Aramis, Porthos e d’Artagnan.
Sì, era giusto che fossero loro i primi a saperlo - forse gli unici che l’avrebbero saputo, per il momento.
«Qualcuno ha finalmente deciso di tagliarti la testa?» disse il capitano, notando lo stato alterato di sua nipote.
I moschettieri fissarono la ragazza perplessi.
«Cosa è successo?» domandò d’Artagnan guardando Constance, sperando che lei avesse una risposta.
«Non me l’ha ancora detto» ammise la donna.
Altri passi, da dietro la porta. Tutti loro si scansarono per lasciare libero il passaggio.
La regina Anna uscì con il suo seguito di dame. La gonna del suo bel vestito avorio si sollevava sulla pancia ormai ben visibile.
 
«Sto per diventare madre del futuro re di Francia, Diane. Ho bisogno di essere una buona madre e una regina più attenta di quanto non lo sia stata finora, se voglio insegnare a mio figlio a essere il sovrano che questo paese merita»   
«Sarete la migliore delle madri, maestà»
«Nessuno può essere bravo abbastanza senza qualcuno che lo aiuti»
«Non so niente di bambini e maternità, credo proprio di non potervi aiutare…»
«E invece potete»
 
Le due donne, il capitano e i moschettieri si inchinarono alla vista della sovrana. Anna sorrise e tese una mano a Treville per prendergli il braccio e camminare con lui per qualche metro, allontanandosi dalle orecchie indiscrete delle sue dame.
«L’altro giorno vostra nipote mi ha raccontato tutti i dettagli dei suoi ultimi mesi a Parigi» disse la sovrana.
«Vi confesso, maestà, che ancora oggi non so se esserne orgoglioso o sconcertato»
«Ho chiesto a Diane di lavorare al mio servizio»
«State facendo un grande onore alla nostra famiglia, maestà. Sono certa che possa imparare molte cose come dama di corte»
«Suvvia, capitano, sapete meglio di me che Diane sarebbe sprecata come dama di corte».
La ragazza, che ascoltava la conversazione accanto ai moschettieri, ebbe un sussulto.
«Ora non farti spuntare fuori la coda di pavone, potrebbero strapparti le piume per farci un cappellino» bisbigliò Aramis al suo orecchio.
Treville si irrigidì. «Perdonate, maestà, non vi seguo».
«Ho bisogno di qualcuno che mi tenga informata su cosa succede fuori da questo palazzo, qualcuno di cui fidarmi, che non mi racconti solo ciò che il cardinale e il re vogliono farmi sapere» disse Anna decisa. «Il re ha i suoi moschettieri, io avrò la mia…»
«Spia?»
«Suona avventuroso, mi piace» concluse la sovrana con un sorriso.
«Suona come un mucchio di guai» borbottò Porthos a mezza voce.
«Suona come io non voglio saperne niente» gli fece eco Aramis.
«Dovremo insegnarle a sparare sul serio. E a nuotare…» bisbigliò d’Artagnan. «Di’ qualcosa, Athos».
«Non ti azzardare» si intromise la ragazza guardandolo torvo. Athos strinse le labbra.
«Sarà meglio per tutti voi che vi adoperiate per tenerla in vita» interloquì Constance con l’aria di una madre severa.
I moschettieri alzarono le mani come in segno di resa.
«Vedo che c’è troppa forza di volontà femminile in ballo perché si possa fare qualcosa al riguardo» sospirò Aramis, a metà tra lo sconsolato e il canzonatorio.
Il capitano e sua maestà erano già lontani, a discutere dei dettagli del nuovo incarico di Diane.
Le due donne e i moschettieri rimasero a scambiarsi sguardi indecifrabili.
«Vieni, Constance, ti riporto a casa» esclamò all’improvviso d’Artagnan, offrendo il braccio alla donna. Prima che lei potesse dire una parola, erano già spariti verso le scale.
«E noi andiamo a… fare qualcosa che non sia stare qui» disse Aramis, afferrando Porthos per la manica. 
Tutto quello a cui riuscì a pensare Diane era che amici come loro erano più di quanto meritasse. Quando rimase sola con Athos si accorse che non riusciva a guardarlo. Fu lui a rompere per primo quel silenzio teso.
«Pare che sia la giornata delle grandi notizie»
«Cosa ha… ehm, detto mio zio?»
«Che la distanza tra me e un plotone di esecuzione si è nettamente accorciata»
«Mi pare avessimo appurato che l’umorismo non è il tuo forte».
Athos sorrise. «A conti fatti, credo che quello che gli ho detto io sia niente a confronto di quello che gli ha detto la regina»
Diane annuì con aria pensosa. Il moschettiere le strinse la mano.
«Sei sicura che è questo quello che vuoi?» le domandò.
«A quale dei grandi eventi recenti ti stai riferendo, adesso?».
«Mi piace pensare che su almeno uno di questi eventi recenti tu non abbia dubbi».
Lo avrebbe baciato, se non fosse stato per il crocchio di dame della regina a pochi metri da lì.
«Molto bene» disse Athos, ritrovando la sua voce salda di uomo abituato a comandare. «Va’ a indossare qualcosa di più adatto, non mi pare che il tuo addestramento sia finito».
«E io che mi aspettavo un complimento, una frase carina, che so…»
«Mademoiselle Diane, siete il mio raggio di sole. Ora fatemi la cortesia di indossare abiti più consoni e datemi la possibilità di fare qualcosa per preservarvi in vita».
La ragazza incrociò le braccia sul petto e rivolse al moschettiere una smorfia indispettita.
«Dillo di nuovo…» borbottò.
«Raggio di sole è un complimento ridicolo, non starò a ripeterlo»
«Ti amo»
«Ah, quello!»
«Sì, quello»
«Dopo. Forse. Se riuscirai a tenermi testa con la spada per più di mezzo minuto».
 

 


 
E così ci siamo arrivati in fondo. So che è solo una fanfiction sciocchina in un fandom piccino picciò, però per me è stata lo stimolo per tornare a scrivere e mi ha divertito tantissimo.
 È stato un piacere condividere questa avventura scrittoria con qualcuno, per questo ringrazio di cuore tutti i lettori, quelli silenziosi e non.

Spero vi sia piaciuta la sorpresa del videocoso :D (io e iMovie non ci parlavamo da un po’ e la riconciliazione non è stata del tutto indolore, ma c’ho provato). Non ho la tendenza a voler dare un volto a tutti i costi ai personaggi che invento, ma mi era venuta questa bislacca idea di provare a rappresentare “visivamente” qualcosa della storia e il disegno non è il mio forte XD

Come vi avevo anticipato, non sono riuscita a chiuderla qui con Diane e la storia ha trovato un suo seguito del tutto fuori programma, si intitola “Ghosts that we knew” e… ne parleremo quando sarà ora (tra un paio di settimane, più o meno… il tempo di scappare al mare prima di tornare a infestare EFP).

Ancora grazie a tutti per la compagnia.
*abbraccia e manda biscotti*

Claudia

 
  
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