Epilogo. Inizio
Villaggio
di Kovir, 1670
L'immenso
e oscuro castello si ergeva solitario su un'altura al limitare del
piccolo villaggio. Avvolto dei colori della notte si confondeva con
il cielo cupo, ora privo di stelle, e pareva un tutt'uno con i rami
contorti degli alberi che lo circondavano. Era una presenza grama,
alta e oscura che incombeva da diversi secoli sugli abitanti del
villaggio, era una presenza che incuteva più timore che
rispetto.
Allo stesso modo pareva colui che lo abitava, un uomo solitario e
temuto come un mostro, con cui il villaggio stesso aveva stipulato un
Patto, ormai sfumato da tempo.
Gli
abitanti evitavano anche solo di posare i loro sguardi sull'oscura
dimora, convinti che il signore delle tenebre li osservasse
costantemente dalle alte finestre, e che potesse, in qualche modo,
arrecare loro danno.
Tuttavia chi ora abitava quel luogo
era un uomo con un nome che non valeva più nulla; tutto
ciò che
rimaneva era ora solo un'ombra di una gloria passata, un tempo
ammantata nel timore e nel rispetto. Da quando diversi eventi avevano
minato la stabilità del Patto lui si era chiuso nel suo
castello.
Chiudendo fuori, allo stesso tempo, il mondo stesso.
Ora il
castello pareva un colosso oscuro, ammantato nella notte e nella
solitudine. Allo stesso modo, l'uomo che l'abitava era cominciato ad
apparire come una creatura mitica,
le nuove generazioni ascoltavano le storie su di lui come se fossero
leggende, arrivando a scherzare su quella presenza che sembrava
esercitare ancora un oscuro controllo sui più anziani.
Sempre
se uomo potesse essere chiamato.
Non era più umano da
moltissimi secoli; la sua esistenza era stata lunghissima, aveva
attraversato secoli rimanendo immutato nel corpo, mentre la sua anima
assorbiva conoscenze e potere.
Non era più uomo da quando
lei era morta, catturata troppo presto da una malattia letale.
Aveva
sempre saputo che i legami con gli umani erano destinati a una fine
tragica, aveva sempre saputo che, al contrario suo, gli esseri umani
erano fragili e mortali. L'aveva sempre saputo, eppure non era
riuscito a non farsi coinvolgere da lei. Ne pagava ora le
conseguenze.
Nell'oscurità profonda del castello, la sua figura
si muoveva con indolenza, gli abiti che frusciavano a ogni passo e
strisciavano sul pavimento impolverato, nel silenzio assoluto della
sua dimora.
Un raggio di luna, colorato dalle altissime vetrate
gotiche catturò il momento in cui la sua mano si
sollevò e le sue
dita pallide accarezzarono il ripiano di marmo e porfido rosso di una
bara e le sue decorazioni.
Selene.
Le
fiammelle delle innumerevoli candele che la circondavano
ondeggiarono, minacciando di spegnersi e proiettando ombre scure su
quello che pareva essere l'unico arredo di quell'immenso salone.
Incise sulla base c'erano le sue ultime parole, che svettavano ora
come una beffa agli occhi del vampiro. Perché
pensare questa vita separata dalla prossima quando l'una nasce
dall'altra. Ci ricorda un desiderio, l'anelito di un anima per
l'altra. Il tempo è troppo breve per chi ne ha bisogno, ma
per
coloro che amano dura per sempre.
Eppure niente era durato per sempre,
né il loro desiderio né quella folle speranza di
poter trovare una
soluzione e forse qualcosa di meglio. Ma lei era stata forte fino
alla fine; aveva combattuto la malattia per il semplice desiderio di
passare più tempo con la creatura che le aveva rubato il
cuore,
nella curiosità di scoprire ogni giorno nuovi aspetti del
vampiro
che, per lei, era l'incarnazione della notte. Infine era spirata con
un'espressione serena sul volto, rimanendo, anche nell'abbraccio
mortale che Logen aveva promesso di donarle, candida e pura come la
luna stessa.
Per
questo meritava molto più che essere sepolta in quel terreno
gelido
e inospitale. A lui, nonostante l'amarezza che regnava sovrana nel
suo corpo, sembrava quasi di vederla, nelle notti serene, in cui la
luna splendeva tra le stelle; nei raggi che filtravano con insistenza
nelle profonde tenebre della notte e della sua dimora.
Vi
si soffermò qualche istante, sentendo per un momento il peso
del
tempo e della morte sulla sua anima più che mai. Eppure lui
era,
paradossalmente, vivo. Per quanto fosse insignificante il fatto che
il suo cuore non battesse più, che la sua anima non provasse
più
nulla, e che ormai a malapena neanche la sete di sangue lo muoveva,
lui era comunque in grado di percepire la mortalità delle
cose, in
contrasto con la sua condizione eterna.
Viveva ormai in un
isolamento totale, innamorato del fantasma della sua presenza,
dimentico dello scorrere del tempo e noncurante dei cambiamenti del
mondo esterno. Lontano dal passato più remoto e dal presente
che
continuava a scorrere, incurante dell'evoluzione del tempo e del
mondo.
Da quando lei era morta nulla aveva più avuto importanza,
così come come il valore del suo dominio, la sua casa, il
suo nome,
tutto era come svanito, inghiottito dalla nebbia gelida che al
mattino avvolgeva quelle terre.
E lui stesso era rimasto
congelato in quell'epoca passata, in quel passato inverno nefasto, in
cui tutto era coperto dalla neve, come avvolto in un pesante sudario.
Non c'era notte in cui i suoi pensieri non indugiavano sui
suoi ricordi, sul suo volto da bambola e sulla sua luminosa purezza.
Pesanti
colpi batterono alla porta; troppe volte quel suono si era ripetuto e
nonostante fossero passati anni, ricordava ogni cosa che aveva
portato quell'avvenimento. Cacciatori e brutte notizie sembravano gli
unici ospiti desiderosi di essere accolti.
Logen
si avvicinò alla porta, per poi aprirla con studiata
lentezza, in
attesa di una qualsiasi reazione. Quasi non fu sorpreso di vedere un
gruppo di parecchi abitanti in attesa davanti alla sua porta, armati
di torce e armi primitive.
Ovviamente sapeva ciò che stava
accadendo; non era la prima volta che gli abitanti del villaggio
iniziavano a farsi delle domande, a chiedersi se stessero davvero
mandando una persona cara ogni mese a una creatura che aveva del
leggendario. Le storie che giravano erano ancora molte, ma le persone
che ci credevano erano sempre meno.
“Cosa
volete?” La sua voce suonò bassa ma decisa, in
chiacchiericcio
della folla si ridusse a un bisbigliare intimorito.
“Revocare
questo fantomatico Patto, ecco cosa!” Fu un uomo basso e
largo a
parlare, di certo non il più intelligente del gruppo. Il
vampiro li
osservò uno a uno; i loro volti macchiati di polvere e gli
occhi
arrossati dal freddo parevano a lui tutti uguali.
“Non vi
conviene farlo, credetemi.” I suoi occhi si illuminarono di
una
luce ferale e qualche abitante sembrò notare i denti aguzzi
fare
capolino oltre il labbro superiore. Qualcuno in fondo al gruppo
sembrò cogliere la minaccia velata e si
allontanò, intimorito dal
fatto che, evidentemente, qualcosa delle leggende avesse del
fondamento. Logen vide le fiamme tremolanti delle loro torce
allontanarsi velocemente, dirette verso il centro del villaggio.
“Seguite
i vostri compagni, andatevene.” Non aveva voglia di
discussioni, di
combattere, non aveva voglia di vivere altre situazioni noiose, solo
stare chiuso nella sua dimora in attesa che qualcosa di più
forte di
lui sarebbe giunto per privarlo finalmente della sua insensata
esistenza.
“Non
vi vogliamo più in questo villaggio!” L'uomo
continuava a
sbraitare, ma lui non se ne curava.
“Andate
via.” Alla fine non gli importava neanche più del
Patto. Niente
suscitava più il suo interesse, nessuno di quei volti su cui
stava
passando di nuovo lo sguardo attirava la sua attenzione. Si chiedeva
da quale avrebbe potuto cominciare per sterminare il villaggio,
sempre che avesse voglia di farlo, che ce ne fosse bisogno per
mantenere l'equilibrio ormai sempre più precario che
imponeva il
Patto.
Fu uno solo il volto che attirò la sua attenzione; un
volto dolce, pallido come la porcellana, contornato da capelli biondi
come grano. E gli occhi di smeraldo che, riflettendo le fiamme delle
torce, erano puntate su di lui. In essi uno sguardo limpido.
Sentì
una stretta al cuore, il fantasma di un sentimento che si agitava
dentro di lui lo ferì così come il sole
che fece capolino
sui profili aguzzi dei monti, stagliando ombre lunghe e luci
penetranti. Il vampiro, infastidito e ferito, fece un passo indietro,
mentre le sue mani correvano automaticamente alle pesanti porte, con
l'intento di chiuderle per rifugiarsi nell'accogliente e materna
oscurità. Tuttavia nel suo animo iniziò a farsi
strada una strana
sensazione, la fanciulla dalla pelle pallida e gli occhi di smeraldo
lo stava fissando, e nei suoi occhi non c'era astio o timore, quanto
una genuina curiosità, tremendamente familiare.
Selene.
Il suo
cuore si agitò, risvegliandosi dal torpore mortale che
l'aveva
avvolto per tutto quel tempo, sentì il suo nome come
trasportato da
un vento caldo, che con decisa lentezza iniziava a sciogliere lo
strato di ghiaccio e indifferenza che si era costruito attorno.
Il
vampiro distolse lo sguardo, cercando di allontanare i ricordi e il
sentimento dolce amaro che si stava risvegliando dentro di lui, con
la violenza di una pugnalata tra le costole, ma con la freschezza di
un balsamo, che un po' la curava, quella pugnalata.
Arretrò
nelle sue gelide tenebre, mentre l'alba avanzava lentamente nel
cielo.
Le
pesanti porte sigillarono il principe delle tenebre all'interno della
sua cupa dimora, chiudendo fuori i raggi del sole e i ricordi, i
sentimenti, che stavano iniziando a riaffiorare dentro di lui.
Di
nuovo.
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Uhm. perch* no^Aproffittiamo dell'insonnia per caricare l'ultimo capitolo. Eh, già, siamo giunti alla fine. Spero che questo breve viaggio vi sia piaciuto e che il finale non vi abbia schifato (tranquilli, era mio desiderio fin dall'inizio di dare almeno un briciolo di speranza a questi due poveri disgraziati).
Se
me lo fate sapere con una breve recensione mi miglirate la giornata *.*