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Autore: effe_95    27/07/2015    9 recensioni
Questa è la storia di diciannove ragazzi, i ragazzi della 5 A.
Questa è la storia di diciannove ragazzi e del loro ultimo anno di liceo, del loro affacciarsi a quello che verrà dopo, alla vita. Questa è la storia di Ivan con i suoi tatuaggi , è la storia di Giasone con le sue stelle da contare, è la storia di Italia con se stessa da trovare. E' la storia di Catena e dei fantasmi da affrontare, è la storia di Oscar con mani invisibili da afferrare. E' la storia di Fiorenza e della sua verità, è la storia di Telemaco alla ricerca di un perché, è la storia di Igor e dei suoi silenzi, è la storia di Cristiano e della sua violenza. E' la storia di Zoe, la storia di Zosimo e della sua magia, è la storia di Enea e della sua Roma da costruire. E' la storia di Sonia con la sua indifferenza, è la storia di Romeo, che non ama Giulietta. E' la storia di Aleksej, che non è perfetto, la storia di Miki che non sa ancora vedere, è la storia di Gabriele, la storia di Lisandro, è la storia di Beatrice che deve ancora imparare a conoscersi.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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I ragazzi della 5 A
 
20. Falsa, No e Diversa.

Novembre
 
Novembre stava per finire ed Igor non ne poteva più.
Era sicurissimo che sarebbe morto molto presto andando avanti in quel modo, e probabilmente sarebbe morto a causa di un infarto precoce.
Da quando Zoe aveva preso nove all’interrogazione di matematica in seguito alle sue spiegazioni, la ragazza passava tre pomeriggi su cinque a casa sua con grande disappunto di Telemaco, che si malediva costantemente per aver incrementato quella tortura.
Il tempo da passare insieme al suo migliore amico si era drasticamente ridotto.
Era il 27 Novembre, fuori aveva nevicato e Zoe non faceva altro che parlare di quanto fosse bella la neve invece di concentrarsi su Marx e l’alienazione.
<< Ehi Igor, perché non andiamo a prendere una cioccolata calda? >>
Propose ad un certo punto, con lo sguardo ancora fisso sulla finestra condensata, Igor si domandò come facesse a vedere qualcosa attraverso quei vetri appannati, perché lui scorgeva solamente contorni sfumati.
<< La cioccolata posso farla anche io, mia sorella ne è golosa. Abbiamo anche della bianca se ti va >> Replicò il moro, continuando a dare un’occhiata veloce ai paragrafi che ancora avrebbero dovuto ripetere, Zoe si volò a guardarlo con una luce pericolosa negli occhi.
I capelli biondi e sottili cadevano ordinati sulle spalle, mentre gli occhi scuri ardevano di vita, Igor abbassò frettolosamente lo sguardo, era troppo per lui.
<< Veramente io volevo uscire con te Igor, perché sono piuttosto sicura che se aspettassi una tua proposta diventerei vecchia >> Il libro di filosofia cadde rumorosamente a terra quando dalla bocca di Zoe vennero pronunciate quelle parole, Igor aveva tentato invano di trattenerlo ma gli era proprio sfuggito di mano. Il moro sentiva il cuore in gola battere prepotentemente contro il suo pomo d’Adamo, doveva avere il viso in fiamme mentre Zoe lo scrutava tranquilla.
<< Ma … ma Marx .. domani abbiamo il compito, no? >> Balbettò imbarazzato il ragazzo, Zoe si chinò, afferrò velocemente il libro di filosofia e lo chiuse di scatto, senza nemmeno controllare che nella caduta non si fossero create delle orecchie agli angoli delle pagine.
<< Nessuno è mai morto per un compito di filosofia andato male Igor, e poi per te non si trattava solo di una ripetizione? >>
Il sorriso di Zoe era troppo contagioso, Igor avrebbe voluto ribattere negativamente ma non ne trovava il coraggio, soprattutto quando lei lo fissava in quel modo.
<< E come la mettiamo con te? Non sai nulla >> Igor fece un ultimo tentativo, Zoe si alzò di scatto in piedi e lo tirò per la manica del maglione.
<< Vorrà dire che mi passerai tu le risposte, no? Sono multiple tanto, andiamo dai! >>
Dieci minuti più tardi, Igor si ritrovò in mezzo alla strada diretto verso il bar più vicino.
Zoe era al settimo cielo e saltellava per strada, sollevando con gli stivali dei cumuli di neve schizzava continuamente le gambe di Igor, che indossava solo dei jeans scuri e rabbrividiva dal freddo ogni volta.  << Igor, non essere così ingessato! Non è bella la neve? >> Lo chiamò lei con voce cantilenante, Igor non credeva affatto che la neve fosse bella, era fastidiosa, bagnata e gelida, cosa poteva esserci di bello in una cosa così?
Se ne stava infreddolito nel suo cappotto pesante, con i guanti, la sciarpa e il cappello, anche solo camminare era una tortura, come faceva Zoe a saltellare?
<< Non la trovo particolarmente interessante >> Si limitò a commentare il giovane, Zoe lo scrutò di sottecchi, con un leggero sorriso sulle labbra, Igor aveva il naso arrossato, la pelle pallida era macchiata e sembrava sprofondare nel cappotto.
<< Oh, questo bar sembra proprio carino, entriamo qui dai! >>
Zoe lo afferrò nuovamente per la manica della giacca e lo trascinò all’interno del locale, un posto sistemato in stile anni ’50. Igor si sentiva leggermente fuori luogo, ma doveva ammettere che almeno lì dentro c’era un piacevole tepore.
Lui e Zoe occuparono uno dei tavolini accanto alle finestre, al ragazzo sembrava non piacere quella postazione, perché affacciava sulla strada ed era praticamente sotto lo sguardo di tutti i passanti, ma Zoe aveva già afferrato il menù e lo scrutava con allegria, commentando tra se e se le varie proposte.
<< Cosa prendete? >> Domandò la cameriera, che gli si era avvicinata con un caldo sorriso sulle labbra rosso fuoco, aveva occhi solamente per Igor, ma lui non sembrava essersene accorto. Zoe tossicchiò fastidiosamente e fulminò la tipa con lo sguardo.
<< Io prendo dei pancake allo sciroppo d’acero con un frullato alla fragola >>
<< Non volevi la cioccolata calda? >> Le domandò Igor sollevando gli occhi dal menù, Zoe fece spallucce, mentre la cameriera appuntava tutto su un block notes con aria scocciata.
<< Prima si, ma poi ho visto tutte queste belle cose … >>
A Igor sembrò che qualcuno gli avesse tirato un pugno nello stomaco, tutti i castelli di sabbia che aveva costruito su Zoe stavano lentamente cadendo.
Non era affatto la ragazza che aveva immaginato, e rendersi conto di averla idealizzata per tutto quel tempo era come un brusco risveglio. I loro caratteri non combaciavano per nulla, Zoe era espansiva al limite dell’accettabile, mentre lui avrebbe solo voluto starsene per i fatti suoi. Lei era volubile e cambiava idea nel giro di pochi secondi, lui preferiva restare fedele alle sue idee fino alla fine.
Zoe era come una bambina attratta da molteplici colori, uno catturava particolarmente la sua attenzione, lei lo scrutava a lungo, ne studiava tutte le sfaccettature fino ad annoiarsi, e poi passava al colore successivo senza curarsi di aver abbandonato quello precedente.
Quella sorte sarebbe toccata anche a lui, Igor ne era certo.
<< E tu? Tu cosa vuoi? >> Fu strappato bruscamente dai suoi pensieri grazie alla voce gentile della cameriera, che gli stava sorridendo affabilmente.
<< Un caffè, grazie >> Si limitò a rispondere sospirando pesantemente, chiuse con delicatezza il menù e lo porse alla donna, che gli rivolse uno sguardo comprensivo.
<< Ma come Igor, con tutto quel ben di Dio! >> Il lamento di Zoe gli giunse fastidiosamente, Igor aveva il terribile bisogno di chiamare il suo migliore amico.
Nel preciso istante in cui formulò quel pensiero, il cellulare prese a suonargli insistentemente e rumorosamente nella tasca della giacca, lo estrasse con una certa fretta e lesse il mittente della chiamata: Telemaco.
Fu pervaso da una sensazione di benessere, si alzò in piedi sotto lo sguardo accigliato di Zoe.
<< Vado un attimo fuori a rispondere >> Le disse indicando il cellulare, e un attimo dopo si trovava in mezzo alla strada, nella neve, con l’apparecchio premuto all’orecchio.
<< Non dirmi che sei con Zoe, perché sto venendo a casa tua per ripetere Marx! >>
Quelle furono le prime parole che Telemaco pronunciò dall’altra parte del telefono.
<< Si, sono con lei Telemaco ma … >> Mormorò Igor, il biondo cominciò immediatamente a protestare, ma il moro lo interruppe di nuovo << … vorrei davvero che non fosse così >>
Telemaco percepì così tanta tristezza e così tanto rammarico nella voce di Igor che ammutolì per parecchi minuti. Non era possibile che il moro dicesse una cosa del genere su Zoe. << Cos’è successo? >>
<< Era tutta un’illusione, una bellissima illusione … >> Igor gli raccontò tutte le sue sensazioni, ciò che aveva cominciato a provare durante quel periodo trascorso con la vera lei. << E adesso non so davvero cosa fare. >>
Telemaco aveva le sopracciglia aggrottate mentre camminava per strada, era davvero la prima volta che sentiva dire ad Igor una cosa del genere, lui sapeva sempre cosa fare.
<< Dille la verità! >>
<< Ma … >>
<< Dille la verità e basta! Non è da te scappare, non è da te fare il codardo, dille la verità e poi torna a casa, io ti aspetto qui >>.
Quando Igor tornò all’interno del locale ben riscaldato dopo aver riflettuto parecchi minuti, trovò Zoe con i suoi pancake e una forchetta di plastica in mano, il suo caffè fumava ancora, aspettando di essere bevuto.
<< Oh, sei tornato! >> Esclamò allegra Zoe, sollevando lo sguardo quando lo scorse, Igor le fece un piccolo inchino.
<< Mi dispiace Zoe, ma io me ne vado >> La ragazza rimase sorpresa, con la forchetta a mezz’aria ed un enorme pezzo di pancake pronto a cadere nel piatto sottostante << Sono lusingato del tuo interesse per me, ma siamo troppo diversi. E sinceramente, non mi va di essere trattato come un giocattolo divertente >> Le accennò un sorriso un po’ tirato << Tu sei falsa, mi dispiace >>. Quando Igor si richiuse la porta del locale alle spalle, sparendo oltre il marciapiede, il pezzo di pancake cadde finalmente nel piatto, Zoe lo guardò come se fosse qualcosa di estraneo. Le sembrava quasi che qualcuno le avesse tirato una gomitata in pieno stomaco, abbassò la forchetta e strinse forte il tovagliolino tra le mani, sapeva benissimo di avere un pessimo carattere, di essere volubile ed instabile, di dare molto spesso quell’idea.
Zoe sapeva di essere così, lo sapeva benissimo.
Ma non avrebbe mai, mai voluto in alcun modo che Igor avesse quell’impressione di lei, perché Igor era uno di quei colori che Zoe avrebbe voluto catturare.
Catturare per sempre.
 
A Cristiano piaceva tantissimo sonnecchiare sui materassi della palestra.
Era una cosa che non avrebbe dovuto fare, la palestra era inaccessibile per gli studenti al termine delle lezioni, ma si dimenticavano sempre di chiuderla a chiave e lui ne approfittava. Non seguiva attività extrascolastiche, era troppo pigro per impegnarsi seriamente, ma preferiva sonnecchiare su quei materassi piuttosto che tornare a casa.
Le continue grida di sua madre gli impedivano di dormire, e i silenzi imbarazzanti di suo padre lo disgustavano. I suoi genitori non avevano fatto altro che litigare da che lui aveva memoria, era cresciuto tra i loro bisticci e ci aveva fatto l’abitudine, si chiedeva perché non divorziassero definitivamente.
Cristiano non ci sarebbe rimasto male, e avrebbe anche evitato di trovare sua madre ubriaca e suo padre chiuso a chiave con l’amante nello studio.
Sbadigliò sfacciatamente mentre un raggio di sole gli accarezzava la guancia ispida, non era un sole caldo, perché fuori la neve dominava, ma era comunque piacevole.
Lanciò un’occhiata veloce all’orologio da polso e si accorse che erano le quattro del pomeriggio, si era trattenuto un po’ troppo e avrebbe dovuto andarsene, tra l’altro aveva paura che lo avessero chiuso dentro per davvero quella volta.
Si mise seduto, afferrò velocemente la cartella vuota, ad eccezione di una penna ed un quaderno, e fece per alzarsi quando un rumore di porta sbattuta lo distrasse.
Sbirciò attraverso la fessura dei materassi, dal quale era protetto, e scorse una figura aggraziata, con lunghi capelli neri e ricci, gli dava le spalle ma non avrebbe faticato a riconoscerla. << Che cosa stai facendo qui dentro, Sonia? >> Biascicò con la voce ancora impastata, alzandosi dal materasso, Sonia si voltò a guardarlo con un cipiglio contrariato, incrociando le braccia sotto il seno. Cristiano sbadigliò ancora una volta senza coprirsi la bocca e si passò una mano tra il groviglio di capelli ricci che si ritrovava.
<< Sto aspettando una persona! >> Si affrettò a rispondere la ragazza, scostando lo sguardo.
Cristiano la osservò con fare annoiato, e gli occhi da cerbiatto leggermente offuscati.
<< Sono le quattro del pomeriggio, non stai aspettando nessuno >> Si limitò a commentare, raggiungendo la porta della palestra con passo strascicato, non appena le passò accanto, Sonia gli afferrò il bordo della maglietta, tirandogliela leggermente.
<< Vuoi fare l’amore con me? >> Gli chiese con voce bassa, Cristiano si fermò solamente per riflesso, perché la stretta della ragazza era stata debole, le dava le spalle e guardava la porta annoiato, come se il pensiero di raggiungerla fosse troppo faticoso.
<< No >> Rispose con voce atona, Sonia emise un gemito stizzito.
<< Ma perché?! >> Domandò, e a Cristiano sembrò quasi di aver sentito quella domanda centinai di volte a partire dal secondo anno di liceo. Fece un piccolo passo in avanti e la presa di Sonia sulla sua maglietta scivolò del tutto, il braccio le cadde penzoloni nel vuoto.
<< Non te ne sei accorta? Sei diventata così simile a me … sei davvero l’ultima persona con cui rifarei qualcosa del genere >>.
Per Cristiano fu facile raggiungere la porta della palestra e lasciarsela alle spalle, era diventato facile compiere quel gesto, un po’ più difficile era stato farlo quando aveva quindici anni.
Cristiano faticava ad ammetterlo, ma il comportamento di Sonia era colpa sua.
Era sempre stata colpa sua, e invece di salvarla, l’aveva condannata.
 
Sonia asciugò più volte le lacrime dal viso, ma quelle continuavano a scendere senza sosta.
Imprecò mentalmente e ringraziò il cielo che fosse da sola in quella palestra, e che quello spettacolo pietoso si stesse consumando nel silenzio e in segretezza.
Sonia passò ancora una volta le mani sul viso e poi lanciò uno sguardo ai materassi, ancora stropicciati lì dove Cristiano si era appisolato per tutto il pomeriggio.
Avrebbe dovuto lasciare la palestra al più presto se non voleva farsi beccare, Sonia ne era cosciente, eppure non riuscì a fare a meno di lasciarsi cadere a sua volta sul materasso che aveva ospitato poco prima il ragazzo.
L’odore di Cristiano era rimasto intrappolato insieme a quello forte della plastica, Sonia lasciò correre i polpastrelli delle dita sulla sagoma immaginaria di una persona che se n’era andata parecchi anni prima, senza che nessuno lo sapesse.
Era stato proprio in quella palestra, il secondo anno di liceo durante un pomeriggio freddo di Febbraio, che Sonia aveva smesso di essere una bambina.
Tutti i componenti della 5 A avevano un ricordo ben diverso di Sonia nei primi due anni di liceo, e lei stessa faticava a credere quanto fosse cambiato da allora.
All’età di quattordici anni Sonia era una ragazza solare, allegra e spontanea, quelle sue caratteristiche l’avevano portata a stringere immediatamente amicizia con Miki Giorgi, la ragazza più timida ed introversa dell’intera classe.
Stesa su quel maledetto materasso, Sonia ripensò con nostalgia ai momenti di felicità trascorsi con quella ragazza, ma non era un’ipocrita incoerente, era colpa sua se l’amicizia con Miki si era guastata, trasformandosi in odio.
Sonia sapeva benissimo che si tolleravano entrambe solamente per abitudine, perché lei era troppo cattiva per lasciarla perdere, mentre Miki era troppo buona per vedere quanto la sua fosse una causa persa ormai. Sonia sorrise amaramente ripensando al motivo che l’aveva resa la persona che era diventata, a volte si chiedeva se le cose sarebbero andate diversamente se avesse confessato tutto a Miki, se si fosse fatta aiutare da lei.
Ma era un po’ tardi per pensarci, e Sonia non era il tipo da piangere sul latte versato.
Sonia aveva amato solamente una persona in tutta la sua vita.
Quella persona era Cristiano Serra.
Non l’avevano mai detto a nessuno, e non erano stati scoperti, ma Sonia e Cristiano erano stati insieme quasi per tutto il secondo anno di liceo.
Erano due ragazzi diversi allora, due quindicenni che si avvicinavano per la prima volta all’amore, e proprio su quello stesso materasso, erano diventati entrambi adulti.
Cristiano era diverso a quei tempi, era più ingenuo, allegro, bambino, erano stati bene insieme, bene fino a quando lui non l’aveva lasciata senza alcuna spiegazione, se non quella di essersi annoiato. Sonia aveva pianto così tanto i primi tempi, da aver esaurito tutte le lacrime della sua vita probabilmente, l’aveva rincorso per farsi spiegare, l’aveva implorato di tornare con lei fino a farsi umiliare.
E poi era cambiata, era cambiata perché aveva capito che la vita non era clemente con le persone buone, che per farsi rispettare bisognava essere più forte del prossimo.
Era cambiata per ferire Cristiano, perché lui si rendesse conto di cosa aveva perso.
Ma Sonia si rendeva perfettamente conto, da un po’ di anni ormai, che a perdere tutto alla fine era stata lei, perché Cristiano non aveva smesso affatto di avere un ruolo importante nella sua vita, perché aveva perso la sua migliore amica e aveva trovato la sua vera natura.
E la consapevolezza di non essere amata da nessuno.
Sorrise amaramente, con i ricordi della sua prima volta ancora stampati nella mente, e si tirò in piedi, ravvivandosi i capelli ricci e neri. Le lacrime si erano asciugate da sole sul viso, rendendogli secca la pelle, sospirò pesantemente e rise ironicamente di se stessa.
Si era lasciata andare alle lacrime, ma il giorno dopo sarebbe tornata la stessa di sempre.
La ragazza che distruggeva la felicità degli altri.


_________________
Effe_95

Buonsera a tutti :)
Allora, questo capitolo è stato davvero difficile da scrivere per me.
Devo confessarvi che ultimamente non sto passando un periodo molto felice, quindi ho paura che ciò possa influenzare anche ciò che scrivo. 
Cristiano e Sonia sono due personaggi complicatissimi anche per me, ma spero che in questo capitolo, dedicato quasi interamente a loro, siano più chiari i loro atteggiamenti.
La parte di Sonia è praticamente solo descrittiva, è stata una novità per me, perchè io apprezzo soprattutto i dialoghi e raramente sono così tanto descrittiva, ma questa volta ho pensato fosse fondamentale per poter capire il suo carattere così complesso.
Spero di non avervi delusi troppo, di non essere stata scontata nè con Sonia, nè con Cristiano.
Per la parte di Igor e Zoe, spero si sia capita la delusione crescente del ragazzo, spero di essere riuscita a descrivere bene la frivolezza di Zoe.
Grazie mille come sempre per tutto, soprattutto alle ragazze che recensiscono motivandomi sempre a fare di meglio, grazie davvero di cuore :)
Spero che questo capitolo "speciale", possa piacervi e non rivelarsi un esprimento mal riuscito.
Alla prossima.

 
  
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