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Autore: mizuriko    02/08/2015    3 recensioni
-Avanti, fallo, dimostrami che ho ragione-
Soffiò sulle labbra sottili del detective che intanto si era perso nei suoi pensieri mentre pian piano si ritrovò a sfiorare le labbra di Sara con le sue, nessun contatto diretto, solo una continua agonia. La bruna inclinò la testa con fare interrogativo, sfiorandolo nuovamente.
-Perché rendi le cose così difficili? Lo hai fatto anche tempo fa, accettalo, ti sei innamorato del lupo e ora non sai come fuggire, cappuccetto rosso- disse lei assottigliando gli occhi ambra.
-Non sono io che le rendo in questo modo, sei tu che non smetti un attimo di provocarmi. Io rispondo solo alle tue provocazioni, Sara. Sai benissimo che sono infantile ed odio perdere e tu sei una continua sfida per me e lo sei sempre stata-
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Il caso è ad un punto morto, per questo L deciderà di chiedere aiuto ad una sua vecchia nemica che lui stesso aveva arrestato. In cambio cosa otterrà? La libertà ma soltanto una volta che Kira verrà condannato.
Genere: Erotico, Introspettivo, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mark era appena tornato a casa e lei era in cucina. Prima o poi sarebbe entrato in quella stanza e avrebbe dato in escandescenza, lo sapeva, lo faceva ogni volta, l’avrebbe picchiata e le avrebbe urlato di andarsene in camera, poi l’avrebbe stuprata e picchiata nuovamente. Ma non quel giorno. Questa volta sarebbe cambiato tutto.
Era voltata verso il bancone in marmo bianco e stringeva forte tra le mani ambrate il manico del coltello da cucina. Tremava ma era la cosa giusta da fare, non sarebbe riuscita a sopportare altro, le lacrime le solcavano le guance.
-Sono tornato, cosa c’è per cena?-
Il ragazzo era entrato, sentiva i suoi passi dietro la sua schiena, ogni volta che le sue scarpe colpivano il suolo il suo cuore si fermava.
-Non hai preparato niente? Non sei buona a nulla, eppure io ti do tutto, sei una puttana come tutte-
-No … non è vero … -
Le era sfuggito, più per darsi la forza di agire che per rispondergli sul serio. Aveva addosso ancora i lividi dei pugni della sera prima.
“Non sei capace neanche a farti scopare!” e l’aveva colpita più volte, senza darle il tempo di scappare ed urlare.
-Cosa hai detto?-
La risvegliò lui. Le sue mani sottili si strinsero ancora di più sul manico di plastica nera dell’arma.
-Non è vero che non sono buona  a nulla … -
Si era mossa impercettibilmente.
-Ripetilo se ne hai il coraggio!-
Sta volta si era voltata verso di lui, nascondendo il coltello dietro la schiena e guardandolo negli occhi verdi con rabbia. Tutto il suo disprezzo era racchiusa in quelle sue due pozze dorate.
-Io non sono una buona a nulla e tu non hai il diritto di trattarmi in questo modo! Vuoi sapere una cosa, brutto bastardo? Ogni volta che esci da quella stramaledetta porta io penso a come poterti far soffrire … beh oggi ho trovato un modo-
Disse la bruna sorridendo in modo perverso. Stava perdendo la testa? Forse sì ma non aveva altra scelta.
Così dicendo si tuffò su di lui affondando la lama spessa nel suo stomaco, spingendo sempre più a fondo fino a quando Mark non sputò quel liquido vermiglio che tanto agognava.
-Visto? Alla fine anche la “puttana” è riuscita a fare qualcosa di buono-
 
***
 
Aveva pulito ogni traccia e rotto alcune mattonelle per poter nascondere il cadavere nelle fondamenta della sua casa. Il giorno dopo aveva pagato due operai per montare delle nuove piastrelle. Nessuno sospettava nulla, dopotutto lei era sempre in casa sola mentre Mark se la spassava con le sue amanti in giro per la città. Passarono alcuni mesi prima che i vicini si accorsero della sua scomparsa ma in casa non c’era uno straccio di prova. Era stata furba, non aveva gettato il coltello, lo aveva semplicemente pulito e disinfettato, come il resto della casa e lo aveva riutilizzato. Non c’erano macchie di sangue e il pavimento era perfetto, nessuno lo avrebbe mai trovato. Per lo meno non un comune detective.
 
E poi accadde … L aveva iniziato ad indagare sul suo caso e la interrogò. Erano mesi ormai che si trovava seduta in quella stanza buia, legata con le braccia dietro la schiena . teneva la testa bassa perché non aveva la forza di alzare lo sguardo, sapeva che se avesse incrociato quegli occhi neri come il carbone avrebbe riso e sarebbe stata scoperta.
-Sara, sono 60 giorni che sei in quella posizione e ci rimarrai ancora a lungo se non ti decidi a confessare. So benissimo che sei stata tu. Nessuno ha più visto Mark Therrison da quel pomeriggio del 5 ottobre, sei stata l’ultima ad aver avuto un contatto con lui-
-Non hai prove, mio caro L- disse lei sprezzante, alzando di poco il volto.
Gli occhi ambra erano spenti e l’angolo della sua bocca si inclinò appena in un sorriso sghembo.
-Questo è vero ma ho mandato i miei uomini a smantellare la tua casa, quindi, se il corpo si trova lì sotto, lo sapremo a breve. In più, ho capito subito che l’arma che hai utilizzato era ancora in casa, sarebbe stato troppo stupido gettarla via, qualcuno l’avrebbe trovata, analizzata e avrebbe trovato immediatamente le tue impronte. So che l’arma è in casa tua e che hai continuato ad usarla in modo da far scomparire ogni traccia di sangue.-
Sta volta la bruna aveva alzato completamente la testa, guardandolo dritto negli occhi.
-Molto bravo, piccolo bastardo-
-Ora, vorrei sapere il perché di tutto questo, ne ho una vaga idea ma voglio sentirlo da te-
-Pensi veramente che te lo dirò?-
-Così non fai altro che aggravare la tua situazione, lo capisci?-
-E a te cosa importa? Mi hai incastrata no? Ora che aspetti? Sbattimi dentro-
- Voglio sapere … devo sapere-
-Cosa? Se sono solo una povera donzella in pericolo o un’assassina spietata? Smettila di guardarmi con pietà. Chiunque altro mi avrebbe già arrestata e invece tu esiti, esitare è da perdenti … -
L si alzò di scatto, avvicinandosi velocemente a lei, alzandola per il colletto della maglietta. Lei lo osservò di sottecchi, il suo sorriso strafottente non l’aveva abbandonata neanche per un secondo.
-Vuoi picchiarmi? Voi uomini siete tutti uguali, appena sentite che la vostra mascolinità è in pericolo vi arrabbiate e ci picchiate, perché è così che siete, siete deboli … -
L non parlò, semplicemente l’avvicinò ancora di più senza mollare la presa sulla sua maglia, azzerando completamente la distanza tra di loro. Fu un bacio pieno di rabbia. L le aveva appena lanciato una sfida che lei non aveva intenzione di rifiutare.
Prontamente rispose al bacio, mordendogli il labbro inferiore. Intanto il moro abbandonò la sua presa sul lembo stropicciato dell’indumento della donna, per poi scendere ed afferrarla dai fianchi. L’uno cercava le labbra dell’altra, in una danza pericolosa. Il crimine contro la giustizia. Il male ed il bene uniti in una sola volta.
I due si staccarono per prendere aria e si scrutarono a fondo.
-Ora puoi andare-
Così dicendo la fece portare via, finì in un carcere di merda, dove indossava divise altrettanto di merda e dove passò i successivi due anni.
 
-Sara-
La voce del moro bastò a distrarla dai suoi pensieri, aveva passato un periodo davvero orribile, ogni fottuto giorno ripensava a Mark, alle sue violenze fisiche e psicologiche, al coltello che teneva stretto tra le  mani, al suo sangue viscoso che imporporava il pavimento e all’immensa soddisfazione che aveva provato nell’ammazzarlo.
Eppure i suoi pensieri andavano sempre a finire ad L, la sua figura curva le si parava davanti come un muro. L’aveva sempre trovato un tipo alquanto singolare, affascinante nella sua stranezza. Era l’unico che aveva provato ad ascoltarla ma lei le aveva sbattuto la porta in faccia, come aveva sempre fatto con tutti e così era andata a finire in prigione.
-Mi stai ascoltando?-
Il pollice era premuto sulle sue pallide labbra. Dio, quanto avrebbe voluto morderle e farle sue, sentire ancora una volta quel sapore troppo dolce e quasi nauseabondo.
-Che vuoi?-
Il suo caratterino altezzoso le permetteva di mascherare i suoi pensieri, ed era grata a se stessa per questo.
-Cosa ne pensi?-
-Di cosa?-
-Del quaderno … non mi hai ascoltato neanche per un secondo, vero?-
-Ero immersa nei miei pensieri, scusa-
-Devo ricordarti che l’unico modo per tornare in libertà è risolvere il caso? Se non ti concentri non uscirai di qui prima del tuo quarantesimo compleanno-
La bruna sbruffò per poi guardare nuovamente il quaderno che aveva tra le sue mani ormai da mezz’ora. L’aveva letto e riletto e ogni volta che lo faceva le sembrava tutto più surreale. Shinigami, quaderni che uccidevano persone … si sentì improvvisamente catapultata in un film di fantascienza.
-Secondo quanto mi hai detto, andando per esclusione, l’unica cosa che mi suona strana è la regola secondo la quale se non si perpetua la serie di omicidi entro 13 giorni, si muore-
-Ottima intuizione-
-Sembra quasi che questo Kira voglia fare il paracu ... –
-Non voglio sentire certe parole in mia presenza-
-Scusa “mamma”, sembra quasi che voglia fare il furbetto, va bene?-
-Meglio-
Lo sguardo annoiato della donna si posò in quello spento del moro. Possibile che riuscisse a rimanere distaccato anche di fronte ad un caso del genere? Dopotutto stava rischiando la sua stessa vita. Eppure la cosa non sembrò toccarlo più di tanto.
 
Nel frattempo, Light era seduto alla sinistra di L e osservava la bruna con interesse. Era un ragazzo molto attraente ma non era il suo tipo, con il suo fare da santarellino.
“È tutta la mattina che non spiccica una parola e non appena ho esposto la mia teoria il suo viso si incupito in modo inquietante, pensandoci bene, potrebbe essere proprio lui Kira”.
-L … vado un momento in bagno-
-Fai pure-
Il moro si voltò verso il monitor che aveva davanti e continuò a mordersi il pollice. I suoi grandi occhi scrutavano ogni dato attentamente, senza lasciarsi sfuggire nulla, tanto che non si accorse neanche che Sara si era alzata ed era già uscita dalla stanza.
Quella donna riusciva ad attirarlo come una calamita, nessuna lo aveva mai rapito in quel modo. Era attraente ma non era quello che la rendeva diversa, forse era il suo passato o forse il suo carattere distaccato e strafottente. Tenerle testa era una continua sfida con sé stesso. Non che non avesse voglia di abbassare la guardia ma lasciarsi andare era un rischio che non poteva correre, non in quel frangente almeno.
 
Light si voltò verso di lui con un espressione perplessa dipinta in volto.
-Sei sicuro che ci si possa fidare di lei, Ryuzaki?-
L analizzò con attenzione le sue parole, torturandosi il labbro inferiore con le dita. Fissò un punto indefinito del soffitto, mentre giocherellava con le dita dei piedi.
-No, c’è il 65% di possibilità che scappi e che cerchi in qualche modo di ammazzarmi per farlo ma le sue capacità di deduzione sono davvero impressionanti e non posso permettermi di perderla-
-E lo dici con così tanta tranquillità? Certo che sei strano-
-Sì. lo so … -
-Cos’è che ti spinge a tenerla qui? Dico sul serio-
Il moro continuò fissare davanti a sé. Già, cos’era che lo costringeva a tenerla al quartier generale? Certo, la sua intelligenza giovava alle indagini ma … no, non era per quello. La verità non era quella ma non avrebbe di certo detto a Light qualcosa che non aveva detto neanche alla diretta interessata.
-Sono ormai dieci minuti che è in bagno, vado a controllare-
Così dicendo si staccò dal ragazzo per poi ammanettarlo alla sedia. Si affrettò ad uscire dalla stanza lasciando dietro di sé un alquanto spiazzato Light.
 
***
 
Sara se  ne stava appoggiata alla parete del tetto aspirando la sua Chesterfield blu. Non aveva alcuna voglia di tornare dentro e sorbirsi un altro degli sguardi indagatori di L. Lui riusciva a leggerla dentro, come se la denudasse e la lasciasse senza alcuna protezione. Eppure non le dispiaceva, non più di tanto almeno.
-Stupido idiota-
Sbuffò sonoramente lasciando che una nuvola di fumo le uscì dalla bocca.
-Ce l’hai con me per caso?-
L … no, l’aveva trovata?
-Come … Ah-
Guardò il bracciale che aveva legato al polso. Che stupida, non ci aveva pensato.
-Non è grazie a quello che ti ho trovato, so che sei una tipa solitaria e che sei una drogata di nicotina e siccome all’interno del quartier generale non puoi fumare, ho capito subito che saresti venuta sul tetto-
Un sorriso amareggiato si dipinse sul volto della donna che subito gettò la cicca a terra, schiacciandola poi con gli anfibi neri.
-Cosa vuoi?-
Il moro la guardò perplesso, portandosi un pollice alle labbra e spalancando ancora di più i suoi occhi color del carbone.
-Non fare il finto tonto, sai benissimo cosa intendo-
-Sono venuto a cercarti perché è parecchio che non sei a lavoro-
-Solo questo?-
-Solo questo-
Gli occhi ambra si inchiodarono a quelli del detective cercando di captare qualcos’altro, fallendo miseramente. Il suo sguardo vuoto era un muro invalicabile.
Con qualche falcata si avvicinò all’uomo, trovandosi a qualche centimetro dal suo viso.
-Ti chiedo solo una cosa … -
-Cosa?-
La mano abbronzata di Sara si mosse velocemente,  attirando la testa di Ryuzaki verso la propria. I loro respiri erano nuovamente mischiati e le punte dei loro nasi si toccavano, i loro occhi erano ancora incatenati. Solo ora si era resa conto che le sue occhiaie erano fin troppo marcate.
-Non morire-
- … Va bene-
Le labbra carnose di lei si piegarono in un leggero sorriso e lasciò andare la sua presa, allontanandosi dalla sua figura. Si diresse verso la porta, pronta per rientrare all’interno dell’edificio, poi si bloccò e si voltò appena verso il suo interlocutore.
-Non togliermi la soddisfazione di ucciderti con le mie stesse mani-
Poi se ne andò, lasciando il detective solo sul tetto.
I suoi occhi scuri erano ancora fissi sulla porta e solo allora si rese conto che aveva trattenuto il respiro per tutto quel tempo.


_________________
Angolo autrice:
Salve salvino!
Eccoci con il secondo capitolo. volevo ringraziare Psichechan per aver recensito, sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto e ti ringrazio per la critica fatta;
Spero che questo secondo capitolo vi sia piaciuto!
Baci,
Mizu <3
  
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