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Autore: vale93    29/01/2009    6 recensioni
VECCHIA VERSIONE. (NUOVA QUI: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2478857 )
La storia si ambienta durante l'ultimo anno di apprendistato ad Hogwarts, il 7°, e non tiene conto degli ultimi avvenimenti riguardanti il viaggio del trio in cerca degli horcrux nè del fatto che Draco sia diventato un Mangiamorte. Questa non sarà la storia di Hogwarts, nè di come Harry Potter salvò il mondo magico. Non sarà la storia di Voldemort, nè di Lucius, nè di Albus Silente.
Questa sarà la storia di due ragazzi. Draco Malfoy ed Hermione Granger.
Tutto comincia con una scommessa.
"Gli amori vanno via, ma il nostro, ma il nostro no.
Il tempo passa mentre aspetti qualcosa in più
ma non rimette a posto niente, se non lo fai tu.
E intanto ogni cosa, se vuoi, da sempre mi parla di noi.
Stasera sei lontana, mentre io penso a te,
eppure sei vicina a me, non chiedermi perché. 
Sarà che mi hai cambiato la vita, sembra ieri
Eppure mi hai cambiato la vita"
-Draco, tu non vuoi solo usarmi vero?-
Nata dall'ascolto di "Eppure mi hai cambiato la vita".
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Da VI libro alternativo
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19
Avevo già pubblicato metà di questo capitolo in precedenza, per sbaglio. L'ho infatti tolto subito dopo essermi accorta dell'errore. Ed ora rieccolo qui, terminato. Buona lettura e scusate per il ritardo.



-Hermione, no!- gridò Draco correndole dietro e raggiungendo la porta della Sala comune.

Ma lei era già sparita. Fece per lanciarsi fuori ed inseguirla quando una voce lo bloccò.
-Lasciala stare, ora non vorrà parlarti-
A sentirla il cuore di Draco balzò. Poi ebbe un fremito e un attimo dopo s'infiammò di un ardore mai provato prima, così forte, così violento come non l'avrebbe immaginato mai. Il suo viso si deformò in un'espressione di puro rancore, e quando si girò, aveva gli occhi iniettati di odio e la mascella stretta in una morsa spasmodica.
-Tu!- gridò puntando il dito contro il ragazzo, che indietreggiò di un passo, toccando con una mano quella di Pansy.
* * *

L'espressione minacciosa dipinta sul volto del ragazzo era un misto di rabbia, odio, dolore e delusione. Blaise lo guardò e per la prima volta in tutta la sua vita, ebbe timore di lui. Pansy, al suo fianco, fissava sbigottita il biondo, come se non lo riconoscesse. Mai, mai Draco aveva perso il controllo a quel modo davanti a qualcuno. I lineamenti di solito rigidi e indifferenti erano ora contratti dalla tensione, gli occhi spietati sembravano volerli incenerire e la pelle del viso, di solito più bianca delle neve, stava ora assumendo un colorito sempre più scuro all'altezza delle gote e della fronte.
-Tu!- tuonò, la voce simile al ringhio di un animale -E tu!- aggiunse spostando il dito su di lei.
-Che cosa le avete fatto? Che cosa le avete detto?!-
-Oh, Draco..- fece Pansy, la voce resa malferma dall'apprensione.
-Stai zitta!- urlò lui arrossendo ancora di più
-Ti devi solo stare zitta, strega! Sarai felice ora, sarai contenta, alla fine hai ottenuto quello che volevi!-
-Draco, non è come pensi..-
-Al diavolo! Da te dovevo aspettarmelo, sei sempre stata una stupida oca senza cervello, egocentrica, convinta di essere sempre la migliore, pronta a fare di tutto pur di ottenere quello che volevi, senza pensare a nessun altro al di fuori di te stessa!-
-Draco, non è colpa mia..-
-Taci ho detto!-
-No, Draco. Smettila. Il tuo piano sarebbe fallito comunque- intervenne Blaise, fronteggiandolo.
-Il mio piano.. il mio piano hai detto! Ma che ne vuoi sapere tu, del mio piano!- urlò Draco esasperato facendo un passo avanti.
-Non potevi fingere per sempre, prima o poi lo avrebbe scoperto- continuò Blaise determinato -Te lo avevo detto che andare avanti con questa storia non avrebbe portato a nulla, ma tu non mi hai voluto ascoltare. E' colpa tua se è successo quello che è successo. Se tu non avessi accettato la sfida tutto questo non sarebbe accaduto-
-Devi solo starti zitto, traditore. Lo hai fatto apposta! Lo hai fatto apposta, hai aspettato fino a questo punto, tramando nell'ombra alle mie spalle, per mandare tutto a monte nel momento migliore! Erano queste le tue intenzioni fin dall'inizio! L'avevo capito io, dovevo immaginarlo, eppure non volevo crederci, non potevo crederci..-
-Devi smetterla, Draco. Non puoi riversare sugli altri la colpa delle tue azioni! Non è colpa mia se il tuo piano è fallito, non è colpa mia se hai spezzato il cuore a quella povera ragazza, ma a te che te ne importa, a te bastava vincere, l'unica cosa che ti interessa è te stesso. Non è Pansy quella egoista, sei tu!-
-Sei un ipocrita, Blaise. Ti nascondi dietro quella tua maschera di amico leale e sincero, ti metti in combutta con quell'altra traditrice per impedirmi di stare con lei, tu non lo hai mai sopportato, è questa la verità. Non sopportavi l'idea di vedere Hermione insieme a me, e questo vale anche per te!- urlò fulminando la ragazza che tremava spaventata in un angolo.
-Tu ti rodevi dalla gelosia, è dal momento che ho accettato quella stupida sfida che hai cercato in tutti i modi di allontanarmi da lei, e quando hai capito di non poterci riuscire hai preferito prendere la strada più facile e meschina che potessi trovare!-
-Tu non sai quello che dici, Draco- lo interruppe Blaise facendo un passo avanti.
-Io so molto più di quello che tu vorresti, Blaise, e non parlarmi come se fossi io quello nel torto. Mi hai deluso, sei la persona più vile che io abbia mai conosciuto, ho sempre pensato di potermi fidare di te, ti credevo un amico, una persona leale, e invece ti sei rivelato un traditore-
-Io non mi sono rivelato proprio un bel niente- fece allora il moro infiammandosi -Tu sei stato a non ascoltare i miei consigli, tu a non voler sentire ragioni quando ti dicevo che stavi sbagliando, tu ad andartene quando io volevo parlarti, hai sbagliato tu, tutto, fin dall'inizio! Se solo avessi ascoltato quello che avevo da dirti, quella volta, quelle volte, invece di infischiartene, forse a questo punto sapresti di chi è la vera colpa e la pianteresti di accusarci di azioni che non abbiamo compiuto..-
-Tu..-
-.. Ma soprattutto la pianteresti di dire sciocchezze, come il fatto che io abbia voluto il suo allontanamento da te- continuò sovrastandolo, spinto dalla rabbia e dalla foga delle sue stesse parole -Perché se c'è una persona che amo e alla quale non permetterò a nessuno di fare del male, quella non è Hermione, ma lei, Pansy!-
Seguì un lungo istante di silenzio. La lingua di Draco, pronta già a sputar fuori qualch'altra sentenza, si frenò dentro alla sua bocca, sbigottita. Pansy sbarrò gli occhi, e nell'aria aleggiarono solo i rumori dei respiri affannati dei due litiganti, ora muti a guardarsi negli occhi.
-C..cosa hai detto?- chiese Draco sentendo improvvisamente la propria gola seccarsi.
-Hai sentito benissimo- rispose il moro risoluto.
-Tu e.. Pansy?- ripeté incredulo.
-Esatto. Avresti dovuto capirlo, invece di tirare fuori ipotesi assurde su possibili complotti contro il tuo stupido piano. Non gira tutto intorno a te, Draco-
-Ma quando..-
-Tu hai sempre pensato solo a te stesso, questa è la verità. Quando ti hanno lanciato quella sfida hai accettato senza esitare. Volevi vincere, eri convinto di poterlo fare, volevi dimostrare a tutti la tua forza. E quando ho cercato di farti capire che stavi sbagliando non hai voluto sentire ragioni. Hai continuato per la tua strada, infischiandotene di tutto e di tutti. Guarda Pansy. Lei ti è sempre stata accanto, ogni volta che avevi bisogno di lei, lei c'era, a soddisfarti, a darti tutto quello che volevi. E che cosa le hai dato tu, in cambio? Eh, cosa le hai dato? Un bel niente. Un misero, schifoso niente-
-Blaise..- sussurrò la ragazza poggiandogli una mano sul braccio, gli occhi imploranti. Ma lui non le diede ascolto.
-L'hai lasciata sola, abbandonata, per divertirti con qualcun'altra. E quando poi ti scocciavi di loro tornavi da lei e lei c'era, sempre. Poi hai accettato quella sfida. Che posto aveva Pansy, ora, nella tua vita? Meno di zero. 'Sta volta non la salutavi neanche più quando la vedevi, tutto preso dalle tue preoccupazioni. Che cosa credi che siano le ragazze, Draco? Degli oggetti? Delle bambole da usare quando ne hai voglia?-
-Anche tu lo facevi, Blaise, è inutile che neghi-
-E' vero- rispose il moro e sul suo volto passò un'ombra di tristezza -E' vero. Anch'io l'ho fatto. Ma poi, per fortuna, sono cresciuto, e ho capito che era sbagliato-
In quel momento a Draco tornarono in mente le parole pronunciate dal ragazzo quel giorno, nella sala dei banchetti, la sera che era tornato dal lago e si era incontrato per la seconda volta con Hermione. Le persone cambiano Draco.. crescono. Allora era a questo che si riferiva?
-Pansy ti è sempre stata accanto, ti amava, Draco, lo capisci? Ti amava sempre, incondizionatamente, anche se tu non te ne accorgevi. Sai quanto ha sofferto per te, sai quanto hanno sofferto tutte quante per te? Ed ora hai fatto la stessa cosa anche con lei. Anche con lei, lei che ti odiava e che era l'unica rimasta incolume alle tue tentazioni, lei che col suo odio si era salvata da sola, ma che tu hai fatto capitombolare, lei che hai ingannata, illusa, tradita- fece una pausa, riprendendo fiato mentre lo guardava negli occhi con amarezza e un'insolita ripugnanza.
-Bravo- disse infine -Bravo, complimenti. Sarai orgoglioso di te stesso, anche se purtroppo per te questa volta non è andata come speravi. Non te la sei portata a letto. Hermione Granger non è tua, Draco. Non è tua e non lo sarà mai, ficcatelo bene in testa. Non l'hai vinta la scommessa. Hai perso-
Quelle parole ebbero il potere di riscuoterlo e il biondo Serpeverde fece un passo avanti, stringendo i pugni.
-Sei stato tu. Tu glie lo hai detto. Tu le hai raccontato tutto- disse, le labbra tenute strette per la rabbia. Non gli importava che lui non sapesse, lo aveva tradito! Non avrebbe mai dovuto impicciarsi di faccende che non lo riguardavano. Se lui fosse rimasto al suo posto tutto questo non sarebbe successo.
-Tu le hai detto della scommessa perché volevi che se ne andasse, non l'hai fatto per me, tu..-

-Con il tempo si impara a non essere tanto egoisti, Draco. Quella ragazza non meritava tutto questo. Non lei- rispose il ragazzo guardandolo serio e irremovibile.
-Mentre tu te la spassavi con le tue ragazze, mentre tu pensavi a vincere la tua stupida scommessa io restavo chiuso in camera con lei- disse spingendo Pansy più avanti per un braccio -a sentirla parlare, a vederla piangere, a tranquillizzarla, a dirle di lasciar perdere, che non valeva la pena soffrire così tanto per uno come te. Ho imparato molte cose ascoltandola. Cosa che tu non hai mai fatto. E che se solo ti fossi fermato un attimo avresti potuto capire. Se solo ti fossi fermato a riflettere avresti capito che ogni essere umano ha un cuore, dei sentimenti. Anche tu. Ma c'è chi li ascolta, e chi vuole per forza convincersi che non esistano-
Draco rimase in silenzio ad ascoltarlo, la rabbia che mano a mano sbolliva dentro di lui, come una moltitudine di piccole bollicine che piano piano si ritirano, per lasciar posto al rimorso e alla desolazione. A un qualcosa che non avrebbe creduto mai di poter provare e che aveva però cominciato a conoscere qualche giorno prima, in seguito alla furiosa litigata di Hermione con Ron, e che ora sentiva chiaramente rodere e bruciare dentro di se: il senso di colpa.
-Non siamo stati noi a dire a Hermione della scommessa- disse a quel punto Blaise guardandolo risoluto.
Draco rialzò di scatto lo sguardo su di lui, sorpreso.
Blaise scosse la testa.
-Chi è stato?- chiese lui, la voce forzatamente controllata.
-Qualcuno che molto probabilmente non ha mai creduto in te, né nella scommessa che egli stesso ha lanciato. Qualcuno che non ha mai voluto che tu la vincessi, qualcuno che ti spinto apposta in questa faccenda per poi vederti perdere- rispose il moro Serpeverde guardandolo coi suoi profondi occhi blu oceano -Zac Barker-
A sentire quel nome il viso di Draco si contorse in una smorfia di incredulità, subito dopo rimpiazzata dalla rabbia e dalla frustrazione provocata dalla consapevolezza di essere stato preso in giro. Lo sapeva, doveva averlo capito già da molto tempo. Quell'infame non aveva mai creduto in quella stupida scommessa.
Ci sarebbero state tante altre domande da fare, tante altre cose da dire. Ma quello non era più il momento. La forza che lo aveva impossessato fino ad allora e che aveva guidato la sua lingua di serpe si era dissolta, lasciandolo stanco e incredibilmente debole. Con gli occhi fissi sul pavimento davanti a se si lasciò cadere sul divano, le mani fra i capelli.
Aveva rovinato tutto, tutto. Questo era ciò che si meritava. Per non aver dato ascolto al suo migliore amico. Per non aver dato ascolto a Pansy. Ma soprattutto, per non aver dato ascolto a se stesso. E tutto per una stupida scommessa. Come era stato sciocco, stupido ed egoista. Per prendersi qualcosa che credeva di nulla importanza, aveva perso ciò che di più importante aveva ora al mondo.
Ed ora, non gli restava più nulla.


Hermione correva lungo il corridoio a perdifiato, per impedire alle lacrime di uscire a rigarle il viso. Un piede avanti all'altro, sempre più veloce, per sentire l'aria sferzante graffiarle la pelle, e portarle via quegli unici residui di dolore che imperlavano gli angoli dei suoi occhi. Quella stessa aria che le entrava in petto, invadendole i polmoni, mozzandole il respiro. Stava soffocando.
Correndo su per le scale per poco con cadde inciampando su un gradino e lei dovette reggersi al corrimano per mantenersi in equilibrio. Equilibrio. Che parola impossibile. Nulla è mai in equilibrio. Anche quando sta fermo. Anche quando ti sembra non debba muoversi più. C'è sempre qualcosa pronto a spingerlo, a dargli una leggera scossa. E allora cadrà e si romperà in mille pezzi, come un cristallo su un filo d'aria. L'equilibrio non esiste. E' solo l'illusione di poter vivere felice per sempre. Per poi scoprire che il sempre non esiste, e che il tempo passa più veloce dei nostri pensieri, delle nostre emozioni, rubandocele prima ancora che abbiamo avuto il tempo di assaporarle fino in fondo. L'equilibrio è lo stretto vicolo cieco che si allunga, e si stringe, cogliendoci all'improvviso con un passo falso per farci capitombolare giù dal burrone, prima di averne anche solo potuto intravedere la fine. E lei aveva dovuto capirlo a sue spese.
Sotto gli sguardi stupiti dei quadri frecciò verso quello della Dama Grassa, pronunciando in fretta la parola d'ordine per impedirsi di fermarsi troppo a lungo nello stesso posto e permettere alle lacrime di uscire fuori libere dalle catene d'aria. Quando entrò non si curò nemmeno di guardarsi attorno -a occhio la stanza le sembrò vuota- e corse senza fermarsi su per le scale dei dormitori, una mano premuta sul cuore come a trattenerne i battiti convulsi, per paura che scoppiasse.
Come era stata sciocca. Com'era stata stupida e ingenua a pensare che lui potesse dire sul serio. D'altronde, un modo doveva pur trovarlo ogni volta, per farci cascare tutte. E lei ci era cascata. Eccome se ci era cascata. A picco. Con una pietra legata alla scarpa, che non le avrebbe permesso più di tornare in superficie. Una pietra che sarebbe rimasta legata a lei per sempre, indistruttibile, pesante più che mai. Era finita. Ma che diceva, non era neanche mai iniziata. Il suo era stato soltanto tutto un breve, bellissimo sogno, che ora si era spezzato, squarciato da un fulmine nella notte, mandato in frantumi, come una fragile bolla di sapone. L'essere umano è fragile. Lei era un essere umano. Non Hermione Granger. Non Hermione Granger-io-non-ci-casco. No. Semplicemente, sbagliatamente, giustissimamente un essere umano. Determinato, sì. Coraggioso. Testardo, forte. Ma pur sempre un essere umano. Ed ora se ne rendeva conto, ora più che mai. Non si poteva sfuggire al dolore. Non si poteva sfuggire all'amore. Tutto prima o poi inizia. E tutto, più prima che poi, inaspettatamente, inesorabilmente, finisce.

Poco più giù, nella sala comune deserta, un ragazzo guardava stupito le lunghe scale dei dormitori femminili di Grifondoro. Abbandonato sul divano di stoffa rossa, un unico pacchetto da regalo scartato, un album di figurine e un bigliettino.
Per Ron,
con affetto.
Hermione


Blaise e Pansy si lanciarono una breve occhiata interrogativa.
Il biondo Serpeverde, seduto sul divano con la testa china e le mani tra i capelli, sospirò. Aveva rovinato tutto. Tutto. Perso. Non gli rimaneva più niente. Perchè? Perché??
-Dra?- chiese la voce di Blaise, esitante.
Era stato uno stupido. Stupido stupido stupido. Perché non glie lo aveva detto? Credeva davvero di poterglielo tenere nascosto per sempre?
-Dra?- insistette la voce.
Tutto era andato perduto. Irrimediabilmente, ne era sicuro. E cosa gli rimaneva ora? Cosa? L'amarezza di una sfida perduta? Il rancore per il tradimento? No.. no, sarebbe stato troppo poco. Troppo futile, troppo perdonabile.
-Draco, cosa stai farfugliando?- chiese Blaise avvicinandosi al corpo dell'amico chino su se stesso.
Draco alzò lentamente la testa, rivolgendogli una breve occhiata priva di espressione. 
Blaise rimase colpito dallo sguardo dell'amico. Cosa gli succedeva? Non lo aveva mai visto in questo stato. Che la perdita di una stupida scommessa potesse significare così tanto per lui?
-Avanti, Dra, non ti abbatterai così tanto per quella stupida..-
-No.. no- farfugliò il biondo, riabbassando lo sguardo.
-Cosa no?-
Draco rimase per qualche istante in silenzio. Poi si drizzò e facendo leva sulle braccia si alzò dal divano, allontanandosi da esso di qualche metro. Prese a camminare in tondo, gli occhi fissi sul pavimento sotto di se, l'espressione devastata.
Pansy lanciò un'occhiata preoccupata a Blaise, il quale ricambiò, perplesso.
Fece ben due giri della stanza, seguendone diligentemente il perimetro, trastullandosi il cervello e passandosi a tratti una mano fra i capelli. Blaise pensò di non averlo mai visto in quello stato. Fece per chiedergli per quale motivo se la fosse presa così tanto quando il biondo si fermò, la mano sulla testa, sopra l'orecchio, e gli rivolse un'occhiata rassegnata.
-Sono finito- disse, e la sua voce non era mai stata più seria di così.
-Finito?!  Non dire sciocchezze- fece Blaise, irritato.
Quante storie per una stupida scommessa. Sapeva che l'onore per i Malfoy era tutto. E che probabilmente la perdita di una sfida era una delle peggiori disgrazie che potessero abbattersi su di loro, ma non si sarebbe mai aspettato una reazione del genere proprio dal suo migliore amico. Aveva previsto grida, rabbia, maledizioni e vendette premeditate, ma di certo, ciò che non aveva previsto, era questo. L'abbattimento più totale.
-Avanti Dra, non essere melodrammatico. Cosa vuoi che sia perdere per una volta. Non si può mica sempre vincere- disse, cercando di indurlo alla ragione.
Ma Draco agitò una mano infastidito come a scacciare una mosca molesta.
-Ma quale scommessa.. ah, lascia perdere-
-No, parla- incalzò il ragazzo -Abbiamo già taciuto abbastanza. Se devi dire qualcosa dilla-
Draco riportò gli occhi su di lui, indeciso.
Aveva ragione. Per troppo tempo erano rimasti in silenzio. E se ne erano viste le conseguenze. Se solo avessero parlato... magari a quest'ora lui non si sarebbe trovato lì, con il cuore raggelato dal rimorso e una montagna di accuse sopra la testa. A cosa serviva continuare a mentire? Tanto, per quello che valeva..
Sospirò.
-Sono finito, Bla, dico sul serio- ripeté, abbassando il braccio lungo il fianco.
-Si può sapere di cosa stai parlando? Non posso credere che tu ti stia abbattendo così tanto..-
-Non è per la scommessa, Blaise- lo interruppe lui con stanchezza.
-E allora per cosa?- insistette lui.
Draco tacque. Abbassò lo sguardo, sospirò. Poi lo riportò sull'amico e a quel punto si arrese.
-Io.. io credo di essermi innamorato, Blaise- 
Fu come se l'intera sala comune di Serpeverde si fosse raggelata all'istante. Il silenzio di un cimitero avrebbe senz'altro fatto più rumore. Gli occhi di Blaise, e quelli di Pansy, si ingrandirono di qualche millimetro, dilatando la pupilla come sotto l'effetto di uno choc. Per qualche istante in quella stanza deserta se non per appena tre persone, nulla parlò e nulla si mosse. Draco sostenne gli sguardi dei due ragazzi, mantenendo il suo nei loro occhi. Era fermo, sicuro. Era sincero.
-Cosa hai detto?- chiese il moro Serpeverde dopo una manciata di secondi passata ad elaborare le parole dell'amico, credendo di sbagliarsi.
-Hai sentito bene- rispose lui, gettandosi stancamente sul divano.
Nessuno dei due compagni disse niente. Si limitarono a fissarlo dall'alto con gli occhi sgranati.
-Avrei dovuto capirlo subito, Blaise, che quello che stavo facendo era sbagliato- disse, gli occhi puntati sulle proprie dita intrecciate -Pensavo.. pensavo che non avesse importanza. Pensavo che il passato non contasse più, e che contasse solo il presente-
Silenzio. Sospirò.
-E' iniziato tutto per quella stupida scommessa. Allora non pensavo a quello che facevo, non capivo la gravità delle mie azioni. Pensavo che in fondo non facevo nulla di male. Cioè.. non pensavo avesse.. così tanta.. importanza. Poi però, Blaise non ci crederai ma la Granger è diversa da come la conosciamo noi. Non è la noiosa so-tutto-io rompiscatole che sembra durante le lezioni. E'.. è.. non lo so nemmeno io com'è. Ma.. mi piace. Ho capito che mi piace, Blaise, veramente-
-Allora.. la scommessa..- disse il moro Serpeverde sussurrando.
Draco scosse la testa.
-La scommessa non conta più. O almeno, non contava.. fino a adesso-
Silenzio. Draco ispirò profondamente e sentì l'aria scendere a fatica dentro di se, come l'acqua che scorre sulle rocce aguzze, e gorgoglia.
-Avevo cominciato a stare bene..- disse, la voce incrinata -avevo cominciato ad essere felice. Ed ora.. l'ho persa-
Blaise lo guardò dall'alto. Il suo sguardo, dapprima duro e ostile, si era sciolto, tornando il tranquillo oceano blu che era sempre stato. Avvicinandosi al corpo del ragazzo seduto sul divano, gli posò una mano sulla spalla. Draco alzò lo sguardo, e incontrò quello dell'amico. Fu un breve istante, ma nessuno dei due si sentì in dovere di aggiungere altro.


Toc Toc.
Qualcuno bussò alla porta.
Hermione sussultò. Lentamente, alzò il viso dal cuscino bagnato e rimase accecata dalla luce che entrava dalla finestra. Doveva essere ora di pranzo ormai, il sole era alto nel cielo.
Toc.
Si asciugò le lacrime, ben consapevole del fatto che comunque non avrebbe potuto mascherare gli occhi rossi e gonfi di pianto.
-Chi è?- la sua voce uscì tremula e smorzata, poco udibile persino a se stessa. 
-Chi è?- chiese di nuovo, dopo essersi schiarita la gola.
La porta si aprì e sulla soglia apparve un alto ragazzo dal maglione a maglia fatto in casa e una zazzera di capelli in disordine in testa.
Hermione trattenne il fiato.
-Ron..- mormorò, in un soffio.
Il ragazzo le restituì l'occhiata dall'uscio, gli occhi azzurri incerti, le mani che si torcevano nervosamente l'un l'altra.
-Scusami, non volevo disturbarti... Io.. volevo solo vedere come stavi-
Hermione non rispose, e continuò a fissarlo in silenzio seduta sul letto.
-Sai, ti ho vista prima.. ti stavo aspettando. Mi sembravi parecchio sconvolta- si giustificò, cercando di apparire a suo agio.
Ancora silenzio.
Ron abbassò lo sguardo a terra e poco dopo lo rialzò, tormentato.
-Ho trovato questo giù- disse, rigirandosi fra le mani il bigliettino di auguri che Hermione gli aveva lasciato assieme al regalo
-..Grazie-
-Oh, sicuramente sarà stato molto meglio quello di Lavanda- fece lei voltando la testa.
-Un profumo- rispose lui con velato sarcasmo -Forse pensava di essersi messa con un barboncino da sfilata di moda-
Hermione non poté non lasciarsi sfuggire un sorrisino, nascosto al giovane dai lunghi ricci castani.
Seguirono pochi lunghi istanti di silenzio. Hermione mantenne le spalle voltate rispetto al ragazzo, segno che non aveva alcuna intenzione di fingere che non fosse mai successo nulla. Che cosa era venuto a fare? Si era forse dimenticato che loro due avevano litigato?
-Che cosa ti è successo?- lo sentì chiedere dopo un po'.
-Tante cose. Sono nata, sono cresciuta, sono venuta in questa scuola..-
-Non fare la spiritosa, sai di cosa sto parlando-
Non rispose.
-Stavi piangendo- insistette lui -Perché?-
-Ma che cosa vuoi che te ne importi?!- sbottò lei, irritata, riportando finalmente lo sguardo su di lui.
Ron rimase colpito dal tono acido della ragazza. Ma non si arrese.
-Se non me ne importasse un accidenti secco pensi che sarei venuto fin quassù a chiedertelo?- chiese.
Hermione sentì la rabbia salirle allo stomaco.
-Oh, ma perché non te ne vai da Lavanda, invece?! Non hai niente di meglio da fare?- esclamò, una nota d'isteria nella voce forzatamente distaccata.
Ron non rispose. Hermione lo squadrò con occhi di fuoco e aspettò che lui dicesse qualcosa o se ne andasse. Sperò per la seconda.
Ma il ragazzo non si mosse, continuando a fissarla dall'altro lato della stanza, come se non l'avesse affatto sentita. Hermione sbuffò, voltando la testa dall'altra parte e puntando gli occhi dritti sulla parete di fronte a se. Aspettò così, decisa a non rivolgergli la parola. Che rimanesse pure lì impalato come un allocco, lei non aveva nulla da dirgli.
L'orologio appeso sopra le loro teste ticchettò fastidiosamente, riecheggiando rumorosamente nel silenzio della stanza. Hermione sentì il proprio petto bruciare pericolosamente e seppe che non avrebbe resistito ancora a lungo con lui là dentro.
-Vattene- sibilò all'improvviso, gli occhi castani intrisi di freddo distacco.
Ron rialzò lo sguardo su di lei, sorpreso.
-Come?-
-Hai sentito bene- rispose, e si rigettò di peso sul letto, affondando la testa sul cuscino.
Stava per scoppiare. Lo sapeva. Lui non doveva essere lì. Doveva restare sola. Sola con il suo dolore.
Seguì un lungo istante di silenzio, nel quale nella stanza non si sentì più niente. Hermione tese l'orecchio. Nulla. Forse 'sta volta se ne era andato davvero. Stava per rialzare la testa dal cuscino e sbirciare quando una voce poco distante da lei la fece sussultare.
-Si può sapere che cosa ti è successo?-
Hermione sentì il proprio cuore contrarsi dolorosamente, ma lottò per non lasciarsi sopraffare dal dolore.
-Non fingere che te ne importi qualcosa- rispose invece, con voce ostinatamente distaccata.
Lo sentì sospirare.
-Hermione..-
-No- urlò -No, non voglio sentire! Ne ho abbastanza. Ne ho abbastanza delle parole. Parole, parole, solo inutili parole. Basta!-
-Che intendi dire?- chiese lui, aggrottando la fronte.
Hermione lottò contro se stessa per non mettersi a urlare e strinse ancora più forte i lembi del cuscino fra le dita.
-Ti ho chiesto di andartene- ripeté, impaziente.
Dentro di se sentiva la voragine di dolore allargarsi sempre di più, bruciandole dentro come carboni ardenti. Non avrebbe resistito a lungo.
-Ho sentito-
-E allora fallo-
-No-
Hermione spalancò gli occhi. Aveva sentito bene? A quel punto rialzò la testa dal cuscino e si rimise a sedere. Ron si era avvicinato, era ora a pochi passi da lei, vicino al letto di Ginny.
-Come osi?- esclamò, indignata -Chi ti credi di essere? Chi ti da il diritto di piombare così in camera mia, dopo tutto quello che mi hai detto, e di pretendere da me delle spiegazioni? Chi ti da il diritto di..-
-Hermione non urlare-
-Stai zitto!- gridò.
Ora si era alzata e lo fronteggiava, furiosa, i pugni tremanti stretti lungo i fianchi.
-Che.. che cosa devo sentirmi dire?!- fece, una nota di isteria a incrinarne la voce -Che cosa hai detto, scusa, non urlare? Hai detto non urlare?! Ma ti senti, Ronald, quando parli? Ti rendi almeno conto di quello che dici? Non urlare! Come se non avessi fatto peggio tu, sputandomi contro tutte le tue stupide accuse, dandomi della sgualdrina, della stupida, ma chi ti credi di essere? Come.. come puoi venire qui da me e pensare che io possa parlare con te, senza.. senza..- si rese conto di aver cominciato a balbettare, tanta era la rabbia, e strinse più forte i pugni sui fianchi, piantandosi le unghie nei palmi così forte da farli sanguinare.
Ron indietreggiò, la fronte aggrottata e le labbra strette.
-Sei un idiota Ronald- disse Hermione, cercando disperatamente di non mettersi a singhiozzare -Sei un emerito idiota-
Lui fece per rispondere, ma lei si tappò le orecchie, come una bambina, e si ributtò sul letto, la testa nascosta un'altra volta nel cuscino, quasi come se non vederlo e non sentirlo equivalesse a non averlo in quella stessa stanza.
Ciò non impedì però ai ricordi di ritornare e di sopraffarla come un'ondata di acqua fredda. Nella sua testa riecheggiarono vivide le parole del ragazzo, crude, odiose -sei una stupida! Lui vuole soltanto usarti, non glie ne frega un corno di te. Credevo di conoscerti...
Serrò gli occhi con forza, mordendosi il labbro inferiore per impedirsi di urlare. Vuole usarti, come puoi non capirlo? Credevo fossi diversa.. sei come tutte le altre. Aggrottò la fronte, nel vano tentativo di non tremare, ma era inutile. Il suo corpo reagì istantaneo, senza che lei potesse fare nulla per controllarlo. Era troppo. Troppo. In quel momento sentì una mano calda posarsi sulla sua spalla, e seppe che Ron si era seduto accanto a lei.
-Mi dispiace- sussurrò.
Lei non rispose.
-E' colpa mia. Io...- non continuò.
Evidentemente neanche lui trovava più le parole per descriversi.
-Smettila- sibilò.
-Come?-
-Smettila, ho detto. Taci. Tieniti le tue stupide scuse. A cosa mi servono? Che cosa vuoi che me ne faccia? Sono inutili. Inutili..- disse, mentre cercava disperatamente di non scoppiare a piangere.
-Lo so- rispose lui, e sospirò
-Ma è il minimo che possa fare, scusarmi-
Hermione non rispose. Era troppo impegnata a lottare contro il proprio dolore. Lui non doveva stare lì. Non doveva esserci, lei doveva restare da sola. Non poteva trattenere le lacrime ancora a lungo, non poteva reprimere il dolore ora che era ancora così vivo e acceso. Perché? Perché? Quello non era il momento. Perché? Era tutto contro di lei. Non faceva in tempo a cicatrizzare una ferita che subito ne emergeva un'altra, più forte e potente della prima. Ed ora doveva trovarsi a lottare con entrambe, da sola, con solo le sue forze. Ma lei non era forte. Non ce l'avrebbe mai fatta.
-Vorrei solo sapere cosa ti è successo- insistette lui, inconsapevole dello stato d'animo della ragazza, non capendo quanto bisogno lei avesse di non sentire più la sua voce, ne la sua presenza vicino a se. Perché non riusciva a dirglielo? Non poteva neanche più parlare. Era solo un mucchio di vestiti senza vita. Immobile, muta. Persino respirare le risultava difficile. Perché non capiva?
-Quando ti ho vista.. da dove venivi? Dove eri andata? Sei sparita, così, all'improvviso. Quando ho trovato il tuo regalo ho detto a Harry e a Ginny che ti avrei aspettata. Non tornavi più.. che cosa hai fatto?-
Hermione tremò.
-Ehi, ma tu...-
Una mano calda la spinse a voltarsi, così improvvisa ed inaspettata che lei non ebbe la forza di opporsi.
-Ma tu stai piangendo- esclamò.
I suoi chiarissimi occhi azzurri si spalancarono, increduli e preoccupati.
Hermione si liberò dalla presa all'istante, asciugandosi quelle poche lacrime che le avevano imperlato la superficie degli occhi.
-Non è vero- disse.
-Sì, stavi piangendo- insistette lui, allontanandosi di poco da lei che si era ora alzata a sedere.
Hermione sentì il proprio petto bruciarle per la furia.
-E anche se fosse?! Che cosa c'è, non è la prima volta che me lo vedi fare, no?-
Touchè. Colpito e affondato.
A quel punto il rosso non seppe più cosa rispondere e tacque.
-Vuoi sapere come sto- disse Hermione, la voce inasprita dalla collera -Come vuoi che stia? Trovo finalmente la felicità, trovo un ragazzo che mi piace e subito dopo mi vedo costretta a perdere il mio migliore amico, che mi reputa una puttana, che non mi vuole neanche più parlare e se la fa con un'oca dalla lingua biforcuta, stupida e viziata. E come se non bastasse..- si fermò, mordendosi forte la lingua.
-Basta- esclamò poi -Io non devo darti spiegazioni. Non so nemmeno perché stia ancora qui a parlare con te, quando l'unica cosa che voglio è vederti sparire dalla mia vista-
-Avanti, non fare l'esagerata-
-Esagerata? Esagerata? Cacchio, Ron! Com'è possibile che tu non capisca?! Come fai a..- aggrottò la fronte, scuotendo la testa come se stesse parlando con un demente.
-Ma ti ho chiesto scusa!- esclamò il rosso, irritato e al contempo confuso. Perché non andava bene? Che cosa altro doveva fare?
-Le scuse non bastano, Ron. Tu.. tu hai tradito la mia fiducia, mi hai umiliata, se.. se tu fossi stato veramente mio amico non avresti..-
-Lo so lo so, ma io non sono Harry, Hermione, lo sai! Io non sono buono, paziente come lui. Quando tu mi hai detto che stavi con Malfoy io.. non ci ho visto più, io.. già il fatto che tu mi dicessi di avere un altro.. ma Malfoy! Insomma, come..-
-Non centra niente, Ron! Io non devo dare conto a te di tutto quello che faccio, di chi frequento, di chi mi innamoro, non sono di tua proprietà, Ron! Ho una mia vita, non puoi sempre arrabbiarti se tutto non va come vuoi, non puoi fare così. Gli amici ci sono anche quando sbagli, anche quando compi un passo falso, e ti stanno vicini, ti aiutano, tu invece hai fatto tutto il contrario!-
Ron aprì bocca per parlare, ma Hermione non glie lo permise.
-Mi hai addossato accuse senza neanche sapere di cosa stavi parlando, hai preferito continuare a credere a quello che avevi sempre pensato, senza neanche chiedermi spiegazioni, senza neanche.. ascoltarmi, tu..-
Si fermò, per riprendere fiato, e lottò contro le lacrime che spingevano da dietro i suoi occhi per uscire. Perché? Perché andare avanti? Che senso aveva continuare a rimproverarlo, se quello che aveva detto non era nient'altro che la verità? Era stata una stupida, ecco. Nient'altro che una stupida, sciocca, povera ingenua. Nulla aveva ora più senso.
-Lasciami in pace, Ron- disse, la voce stanca, senza la forza per continuare ne a parlare ne tanto meno ad urlare.
-Vai da Lavanda-
-Aspetta..-
Il rosso le si avvicinò, cercando di toccarla, ma lei si scansò, alzando un braccio davanti a se come a proteggersi.
-Ho detto di andartene, Ron. Vattene! Vai da Lavanda, vai via..-
-No Hermione, io non me ne vado, non prima di avere parlato con te. Perché..-
-Vattene- continuava a ripetere lei, e intanto si sforzava di non cedere.
-Voglio restare sola, te ne devi andare-
-Hermione- disse Ron, prendendole il braccio e abbassandolo, guardandola con i suoi chiari occhi azzurri seri e decisi.
Hermione respirò e cercò di restare calma.
-Ron..-
-Io non sto più con Lavanda, Hermione. L'ho lasciata-
Poche parole, ma che ebbero il potere di riscuoterla.
Hermione sentì il proprio respiro fermarsi in gola e gli occhi sgranarsi per la sorpresa.
-C-come?- chiese, dopo un una manciata di secondi.
-Hai sentito bene- disse lui, annuendo.
-L'hai lasciata?-
-E' quello che ho detto-
-Ma.. perché?-
Non riusciva a credere a quello che aveva appena sentito. Com'era possibile? Si erano messi insieme solo pochi giorni prima.. Non molto più tardi di lei e Draco, a dire la verità, pensò tra se con amarezza.
-Per tutti i motivi che hai detto tu. Non era il mio tipo. E poi, una che ti regala un profumo per Natale, non deve avere una buona opinione di te- disse, abbozzando un sorriso.
Ma lei non rispose. Aveva gli occhi fissi davanti a se, l'espressione indecifrabile.
E così anche tra loro era finita. Come tra lei e Draco. Buffo, come le cose accadessero con una coincidenza e una puntualità così inverosimile.
Seguì un lungo istante di silenzio, durante il quale Hermione rimuginò sulle ultime parole dette [e non dette] fra lei e il biondo Serpeverde. Il suo cuore subì un'altra violenta ondata di dolore, che la fece tremare impercettibilmente.
Il ragazzo interpretò quel suo silenzio come una resa, e si fece coraggio.
-Se proprio devo dirla tutta, non mi è mai piaciuto stare con lei- disse con tono remissivo -Ma ero arrabbiato. Non riuscivo a sopportare il fatto che tu... non era giusto. Avevo bisogno di qualcuno. E poi ci stava lei, là, pronta...- abbassò lo sguardo, come se si vergognasse, ma Hermione non lo stava neanche ascoltando.
Ancora una volta, il suo silenzio ebbe il potere di spronarlo.
-Quando stavamo insieme e.. ci baciavamo e.. tu ci vedevi... ero contento. Speravo che così tu ti saresti ingelosita e, non so... forse.. speravo che tu cambiassi idea-
A quel punto gli occhi di Hermione tornarono a guardarlo e lei aggrottò la fronte.
-Mi stai dicendo che hai fatto tutto questo solo per farmela pagare?- chiese.
-Beh.. in un certo senso..- arrossì.
Hermione non disse niente. In silenzio, restò a fissarlo per una lunga manciata di secondi, senza proferire parola. Ron abbassò lo sguardo e arrossì.
-Mi dispiace, Herm. Sono stato uno stupido- disse.
Hermione lo guardò -gli occhi azzurri abbassati, le guance color porpora nascoste dai ciuffi di capelli rossi che gli ricadevano davanti; e
in quel momento, sentì dentro di se un lieve senso di tenera compassione solleticarle il cuore, alleviando di un poco il fuoco della propria furia. Sapeva fin troppo bene quanto gli fosse costato il pronunciare quelle uniche parole di scuse.
-Ron...- disse -Sei proprio un'idiota-
Il ragazzo alzò gli occhi su di lei, afflitto, ma quando vide il debole sorriso riaffiorato sulle sue labbra, capì che la ragazza non era più così furiosa come prima.
Abbozzò un sorriso, incerto.
-Beh, me lo merito-
-Già-
Silenzio.
Sospirò.
-Ron- disse, la voce stanca come se stesse per ripetere per l'ennesima volta a un bambino di non rubare le caramelle -Tu sei il mio migliore amico, ti voglio bene. Ti ho sempre voluto bene. Ma devi capire che l'amicizia non è come l'amore. E che ognuno di noi deve essere libero di vivere la propria vita liberamente, senza sentirsi costretto a rinunciare alle proprie scelte per paura che esse non vengano accettate-
-Ma io non ti reputo un'amica- la interruppe lui, a bruciapelo.
Hermione lo guardò in silenzio, gli occhi terribilmente seri e indecifrabili. Ron fece lo stesso, altrettanto convinto. Ma la guerra non è una cosa che si possa vincere di comune accordo, e uno dei due partecipanti, prima o poi, cede. E fu quello che fece lui, rassegnato.
-Ok, lo so. Scusa-
Hermione sospirò, afflitta.
-Mi dispiace Ron. Davvero-
Il ragazzo scosse la testa, e chiuse gli occhi.
Hermione riportò i propri davanti a se, sulla parete bianca completamente spoglia. Ora, la rabbia era svanita, come una fragile nuvola di vapore. L'aveva abbandonata, come la fiamma abbandona la candela, lasciandola spenta ed innocua, sterile. Forse, il ricordo di un antico dolore c'era ancora, come quel debole filo di fumo che ancora persiste e si perde nell'aria, sottile. Il ricordo di ciò che era avvenuto, di ciò che era stato detto e fatto. Ma ora non sarebbe stato quello a preoccuparla più di tanto. Ora che una nuova, più grande voragine si era aperta dentro al suo cuore, squarciandola nel profondo, scavando nei recessi più nascosti del suo essere. Era dunque questo il suo destino. Non poter mai essere felice. Non poter mai vivere la sua piccola dose di felicità, senza una altrettanto grande di dolore e sofferenza. Era come un alternarsi di ballerini professionisti su una pista da ballo. Prima l'uno, poi l'altro, senza che in essa potessero convivere serenamente entrambi, senza che le due schiere potessero mai entrare in armonia. Era una guerra. E lei ci stava in mezzo. Dopotutto, sono sempre gli innocenti a rimetterci, i più deboli, quelli che alla fine non hanno mai avuto altra colpa se non quella di ritrovarsi in mezzo a loro.
-Allora, come va con Malfoy?- chiese Ron, alzando lo sguardo dal pavimento, strofinandosi le mani fra loro con fare indifferente.
A sentire quel nome il cuore di Hermione subì un fremito e subito dopo si ritrovò a bruciare di nuovo come prima, anzi, più violentemente ancora. Come andava? Andava che non era mai andata. Andava che aveva aperto gli occhi, e che non avrebbe mai pensato potesse fare così male. Era come vivere un lungo periodo al buio, per poi venire invasi all'improvviso dalla potenza della luce, chiara e limpida quanto terribile.
Il ragazzo spostò gli occhi su di lei, e dovette accorgersi di qualcosa che non andava, perché aggrottò la fronte preoccupato e si avvicinò a lei con fare circospetto.
-Mione, che succede?-
Ma Hermione non rispose. Gli occhi le tremavano, velati da una lucida coltre di lacrime. Si morse il labbro con forza, arrossendo.
-Hermione?- chiese lui, allarmato.
Hermione spostò gli occhi su di lui e quello che trasparì in quel momento dal suo sguardo fu qualcosa che nessuno, nemmeno il suo migliore amico, le aveva visto mai.
-E' finita, Ron- disse, tremando.
-Che.. che intendi dire?-
-E' finita. Avevi ragione tu. Lui non...- si interruppe, asciugandosi gli occhi con la mano.
Si alzò, allontanandosi dal letto sul quale stava seduto l'amico di qualche passo, dandogli le spalle.
Poi all'improvviso si girò, il volto arrossato dallo sforzo troppo prolungato di trattenere dentro di se le proprie emozioni, e scoppiò.
-Avevi ragione tu! Lui non mi ama! E' proprio come avevi detto, mi ha presa in giro per tutto il tempo!- urlò -Mi ha presa in giro, mi ha mentito, ed io ci sono cascata, Ron, ci sono cascata come una cretina, come una di tutte quelle ragazze che disprezzavo! Io sono come una di quelle ragazze che tanto disprezzavo!-
Eccola, l'amara verità. Eccola, talmente chiara e limpida da renderla dannatamente ovvia. Maledettamente ovvia.
Ron rimase a guardarla, stupefatto, spaventato da tutto il dolore che Hermione traspariva sul suo limpido viso da angelo.
La ragazza singhiozzò e tornò a sedersi sul letto, stringendosi spasmodicamente le mani attorno alle braccia, contro il petto, come ad impedire ai pezzi del proprio cuore spezzato di cadere e perdersi. Eccola la verità. Solo un cieco avrebbe potuto non vederla. E lei era cieca. Cieca, perché l'amore fa così.
Ron la guardò in silenzio, e sul suo volto passarono mille emozioni diverse in una sola manciata di secondi -stupore, preoccupazione, rabbia.
-Io te l'avevo detto! Che cosa ti avevo detto? Non ti avevo avvertita? Allora avevo ragione! Quel viscido... Ecco, adesso imparerai a non darmi ascolto! Hai voluto fare di testa tua, io ti avevo avvertita, ma tu non hai voluto darmi retta! Se solo lo prendo quel brutto..-
Hermione singhiozzò, scuotendo la testa.
-Io l'ammazzo, lo prendo e gli stacco la testa, vedrà.. aspetta aspetta, non dirmi che, Hermione dimmi di no, non avrà mica..-
Hermione scosse la testa di nuovo, singhiozzando.
-Ah bene, buon per lui, perché altrimenti... Ma allora che cosa ha fatto?- chiese poi rivolgendosi a lei.
Hermione tirò su col naso, asciugandosi le lacrime con la maglietta e piantando le unghie delle mani sull'avambraccio.
-Io... l'ho scoperto-


Il moro Serpeverde si alzò dal divano sbuffando, infilandosi poi una mano fra i capelli corvini.
-Capisci adesso, Blaise?- chiese il biondo guardandolo coi suoi chiarissimi occhi grigi.
-Capisco.. capisco che sei un emerito idiota, Draco, fattelo dire-
Egli lo fulminò con un'occhiata, ma non poté dargli torto. Aveva ragione. Maledettamente ragione.
-Hai sbagliato, su questo non ci piove. Avresti dovuto parlarne con me prima, per evitare malintesi, e con lei dopo, per chiarire. Sicuramente avrebbe capito di più che adesso-
Draco non disse nulla, ma annuì. Aveva perfettamente ragione.
-Non so proprio che dirti, Draco. Non so se questa volta riuscirai a uscirne fuori. L'hai offesa, hai tradito la sua fiducia, e non sarà facile riconquistarla, direi anzi impossibile-
Sospirò.
-Mi dispiace, ma avresti dovuto pensarci prima-
Il biondo Serpeverde lo guardò, gli occhi grigio azzurri fissi e spenti. Blaise aveva ragione. Non poteva dargli torto. Era stata tutta colpa sua e aveva sbagliato fin dall'inizio. Se ci ripensava, capiva di non averne fatta una giusta da quando tutto questo era iniziato. Prima aveva rifiutato i consigli del suo migliore amico, allontanandosi da lui fino quasi a non avere più rapporti, poi aveva respinto ogni suo tentativo di riconciliarsi e di chiarire, credendo solo a quello che voleva credere. E per ultimo, ma non per questo meno importante, anzi, aveva tradito la fiducia dell'unica persona che avesse mai amato in vita sua. Non era stato capace di dirle la verità quando avrebbe potuto, e adesso aveva dovuto scoprirsela da sola nel modo peggiore che ci potesse essere. Aveva ragione, era proprio un idiota.
-Beh, credo proprio che sia arrivato il momento per noi di andare- disse in quel momento il moro allontanandosi dal divano di pelle verde.
Con un gesto della mano fece segno a Pansy di seguirlo e lei lo raggiunse, sistemandosi fra le sue braccia come se quello fosse sempre stato il suo posto. Draco li osservò, in silenzio, e si rese conto di quanto stessero bene insieme, lui e lei.
-Ci vediamo, Draco- dissero, guardandolo cupamente.
Dopodichè si girarono e si avviarono verso la porta della sala.
Stavano per aprirla e uscire definitivamente da quella stanza quando Draco li chiamò, facendoli fermare. Con pochi lunghi passi li raggiunse e, piazzandosi di fronte a loro, si rivolse alla ragazza mora dagli occhi incredibilmente scuri che era stata sua compagna di letto per molto tempo, ma che non aveva mai conosciuta veramente.
-Pansy- disse, guardandola per la prima volta negli occhi -... Mi dispiace. Scusami, sono stato un mostro-
Nient'altro. Semplicemente questo. Perché a volte le parole sono futili. Parole, parole, sempre solo inutili parole. Era arrivato il momento di passare ai fatti.
La ragazza gli rispose con un debole sorriso tirato, non troppo sincero, ma che a lui bastò. C'era tempo, ora. C'era tempo per riparare ai propri errori. Doveva imparare a saper aspettare, questo era il primo passo, il più importante. Per una volta, sarebbe stato lui ad aspettare gli altri.
Blaise gli lanciò un'altra lunga occhiata silenziosa, carica di quei significati che solo loro potevano cogliere; dopodiché si voltò e uscì, portandosi dietro la ragazza.
Draco li osservò andar via in silenzio, lo sguardo vacuo e inespressivo, immobile. Li vide sparire oltre la curva delle scale e richiuse la porta, facendola scattare con un colpo secco. Fu allora che si accorse del pacchettino quadrato abbandonato nell'angolo vicino al muro. Lo riconobbe. Era quello che era caduto di mano ad Hermione prima che fuggisse via di corsa. Con un improvviso moto di convulsa agitazione lo prese in mano, trattandolo come fosse stato un oggetto di rarissima importanza. Attaccato alla carta rossa e al nastrino, un unico biglietto.

Per Draco
da Hermione.
Buon Natale
Ti amo.






















Salve a tutte!! Come al solito ho postato in ritardo, ma oramai credo che vi siate abituate ai miei ritmi sempre più lenti. In più non ho la minima idea di come sia venuto questo capitolo, per cui spero me lo direte voi. Vorrei ringraziare immensamente le 8 che mi hanno recensita:

anna96
avril96
Debora93
eika
lilycullen
Lyla_sly
pallinaepollo: 1 nuova lettrice!! grazie =)
Smemo92: ciao, rispondo per ringraziarti di avermi fatto notare che nello scorso cap ho scritto sesto invece che settimo anno =P che sbadata. Per quanto riguarda la scusa devo ammettere che a quella del prefetto non avevo proprio pensato (a parte che non sapevo fosse un prefetto, sai non sono informatissima su H.P. anche se scrivo su questo, scusa =D) e comunque ricorda che aveva un pacco regalo in mano, che scendeva a fare fin lì con un regalo in mano? In più immedesimandomi in lei ho pensato che fosse talmente terrorizzata e presa alla sprovvista da non riuscire a formulare nessuna scusa decente che potesse giustificarla in quella situazione. Spero che questo cap ti sia piaciuto, fammi sapere 1 bacio!!

.. e tutte le altre ke mi hanno aggiunta fra preferiti. Non so proprio cosa farei senza di voi!! Scusate tanto se non rispondo ad ognuna di voi, ma se lo facessi dovrei ritardare ancora la pubblicazione di questo cap e non mi sembra il caso xD
1 bacio a tutte voi e grazie ancora. VI VOGLIO BENE!!
                                                                                      la vostra vale*
   
 
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