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Autore: effe_95    17/08/2015    10 recensioni
Questa è la storia di diciannove ragazzi, i ragazzi della 5 A.
Questa è la storia di diciannove ragazzi e del loro ultimo anno di liceo, del loro affacciarsi a quello che verrà dopo, alla vita. Questa è la storia di Ivan con i suoi tatuaggi , è la storia di Giasone con le sue stelle da contare, è la storia di Italia con se stessa da trovare. E' la storia di Catena e dei fantasmi da affrontare, è la storia di Oscar con mani invisibili da afferrare. E' la storia di Fiorenza e della sua verità, è la storia di Telemaco alla ricerca di un perché, è la storia di Igor e dei suoi silenzi, è la storia di Cristiano e della sua violenza. E' la storia di Zoe, la storia di Zosimo e della sua magia, è la storia di Enea e della sua Roma da costruire. E' la storia di Sonia con la sua indifferenza, è la storia di Romeo, che non ama Giulietta. E' la storia di Aleksej, che non è perfetto, la storia di Miki che non sa ancora vedere, è la storia di Gabriele, la storia di Lisandro, è la storia di Beatrice che deve ancora imparare a conoscersi.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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I ragazzi della 5 A
 
22. Patatine, Sviste e Un passo alla volta.


Dicembre
 
<< Che schifo! Smettila dai, e dopo la bevi anche? >>
Aleksej sollevò distrattamente gli occhi dalla patatina fritta che aveva appena immerso nel suo bicchiere della coca-cola e li puntò su Miki, che lo fissava contrariata.
Erano usciti da scuola poche ore prima, avevano entrambi le cartelle sistemate tra le gambe sotto il tavolo, e nel pub dove si erano fermati a mangiare faceva eccessivamente caldo ed entrambi avevano le guance arrossate.
<< Certo che si! >> Si limitò a commentare Aleksej, masticando la patatina.
Miki aveva ancora metà del panino nel piatto, mentre il ragazzo aveva già divorato i  suoi ed era passato alle patatine fritte, che in realtà avrebbe dovuto dividere con Miki ma che ormai aveva quasi già finito tutto da solo.
<< Così ti sentirai male! E tra l’altro, mangiare così tanto ti farà ingrassare >>
Replicò Miki, per tutta risposta, Aleksej afferrò il bicchiere e ne prese una bella sorsata.
<< Ehi, guarda che peso appena settantacinque chili e sono altro un metro e ottantatre. Sono in perfetta forma! >> Aleksej le lanciò uno sguardo di sfida, aveva appena finito il piatto di patatine, incrociò le braccia al petto e la guardò con un sorriso strafottente, Miki riuscì a sostenere quello sguardo solamente per pochi secondi, poi scoppiò a ridere.
<< Quando si tratta di muscoli siete proprio vanitosi, vero? >>
Aleksej alzò gli occhi al cielo nel sentire quelle parole, gli scappò a sua volta un sorriso e non riuscì a fare a meno di pensare che Miki fosse davvero molto bella quando rideva.
<< Che fai, quello non lo mangi? >>
Le domandò, indicando il resto del suo panino, Miki lo guardò con aria scandalizzata.
<< Ma hai già mangiato due panini e un piatto di patatine! >> Aleksej fece spallucce.
<< E’ peccato gettare il cibo >> Affermò, afferrando il resto del panino di Miki, cinque minuti dopo l’aveva anche finito e chiamò il cameriere per farsi dare il conto.
<< Scommetto che vomiterai >>  Sbottò Miki ancora piccata una volta che ebbero lasciato il locale, con le cartelle alle spalle e i giubbotti ben chiusi per restare al caldo.
Lo shock termico era stato devastante.
<< Invece io scommetto che sverrai prima di stasera, hai mangiato solo metà panino! >>
Replicò a sua volta Aleksej, lottando furiosamente con la neve che era entrata nelle scarpe bagnandogli tutti i calzini. Miki incrociò le braccia al petto, intenzionata a replicare acidamente, ma tutto quello che riuscì a fare fu scoppiare a ridere.
Aleksej saltellava su un piede solo imprecando in russo e in greco antico, nel compiere quel gesto sconsiderato, andò a sbattere contro un cartellone pubblicitario appostato davanti ad un cinema dall’aria trascurata.
<< Andiamo a vedere un film? >>
La domanda di Aleksej arrivò inaspettata, la sua faccia esprimeva l’entusiasmo di chi aveva appena avuto un’illuminazione improvvisa. Miki smise di ridere e lo guardò accigliata, valutando se fosse serio o la neve nelle scarpe l’avesse in qualche modo fatto impazzire.
No, Aleksej le sorrideva entusiasta e sembrava serissimo.
<< Mi piacerebbe ma … e i compiti? La versione di latino per domani? Sono già le cinque >>
<< Io li ho già fatti tutti i compiti >> Replicò con noncuranza Aleksej, guardando interessato gli orari sul tabellone, Miki incrociò le braccia al petto stizzita.
<< Beh, io no! Devo ancora fare la versione … >>
<< Te la passo io >>
<< … e gli esercizi di matematica … >>
<< Ti passo anche quelli >>
<< … ah, e poi c’è la verifica di scienze della terra e non ho ripetuto nulla … >>
<< Ti passo io le risposte >>
<< … e ho l’interrogazione di inglese! >>
<< Ti suggerisco io da dietro, chiederò a Giasone di fare cambio posto solo per quell’ora >>
<< Insomma Aleksej! >>
Miki sbuffò infastidita, poggiando le mani chiuse a pugni sui fianchi, aveva un cipiglio nervoso, Aleksej si girò a guardarla come se non avesse sentito nulla.
<< Il prossimo spettacolo è alle 17:20 >> Replicò con tutta calma, indicando il tabellone degli orari con il pollice della mano destra, Miki avrebbe voluto tirarsi i capelli esasperata, ma sospirò rassegnata e fece un passo verso la porta d’entrata.
<< Stasera non dimenticarti di passarmi tutti i compiti da copiare >>
Aleksej sorrise di tutto cuore quando Miki lo precedette nel cinema, ma non si fece vedere.
Entrarono alle 17:15 ed uscirono alle 19:30.
Fuori era già buio da un pezzo e la città illuminata era caotica e vissuta.
<< Che razza di film mi hai fatto vedere Aleksej?! >>.
Miki era furiosa, aveva passato l’ultima mezz’ora del film a piangere disperatamente e a tirare sul con il naso, mentre Aleksej le passava distrattamente un fazzolettino e la scrutava accigliato, domandandosi perché si lasciasse condizionare così tanto.
<< Era un bel film, non puoi negarlo! E poi … lei è morta felice, no? >>
Stavano attraversando in quel momento l’unico ponte presente in tutta la città, che separava la parte vecchia dalla parte nuova, il piccolo fiume sottostante era silenzioso a causa della sottile lastra di ghiaccio che si era creata con il gelo. Miki si fermò di colpo e appoggiò la schiena sulla ringhiera, guardandolo con le braccia incrociate.
Stava nevicando nuovamente, non indossavano i cappelli e i fiocchi di neve si erano incastrati tra i capelli e sulle giacche, Aleksej le lanciò uno sguardo obliquo, scacciò un po’ di neve dalla strada e poi si appoggiò anche lui alla ringhiera, rivolto dalla parte del fiume.
<< Beh, questo non lo so >> Rispose Miki, scrutando il ponte deserto, illuminato dai lampioni << Più che altro, è lui che non capisco. Non ha versato nemmeno una lacrima, ecco … lui mi sembrava piuttosto felice per essere uno a cui è morta la ragazza! >>
Aleksej scosse la testa e si voltò verso Miki, la luce dei lampioni che riverberava negli occhi, giallo contro azzurro. << Non hai capito nulla di questo film! >> La rimbeccò il ragazzo, dandole un piccolo pizzicotto sul braccio << Lui non era felice, ovviamente, ma sorrideva perché aveva i ricordi, perché dopotutto sapeva che lei non sarebbe sparita del tutto >>
Miki rimase in silenzio per un po’, come persa nei suoi pensieri.
<< Vuoi dire che a te i ricordi basterebbero se io morissi? Se sparissi? >>
Aleksej lasciò improvvisamente la presa dalla ringhiera quando sentì quella domanda, non se l’aspettava e le mani gli scivolarono sul bordo, i guanti zuppi. Aleksej ripensò al fatto che lui e Miki avessero entrambi diciassette anni, erano prossimi ai diciotto, erano piccoli, non sapeva se quei sentimenti che provava sarebbero diventati più forti, se sarebbero durati.
Di ricordi, ne avevano da costruire insieme.
<< Sinceramente? Non lo so … ma sono piuttosto sicuro che mi farebbe abbastanza male >>
Aleksej la guardò negli occhi, afferrando nuovamente la ringhiera, Miki sentì un lungo brivido attraversarle la schiena e fu spinta da un impulso irrefrenabile, gli afferrò il viso tra le mani, i guanti che fregavano sulla pelle, e lo bació con trasporto.
Aleksej ricambiò immediatamente il bacio, stringendola inconsciamente tra le braccia.
Miki era davvero minuscola, passandole le braccia sulla schiena si rese conto che era esile e fragile, che avrebbe potuto spezzarla con un po’ di pressione eccessiva.
Era bello poterla toccare nuovamente, poterlo fare con libertà, un gesto spontaneo non dettato dalla rabbia o da alcun tipo di desiderio perverso.
<< Aleksej … >> Mormorò Miki quando si furono separati, ancora con il fiatone e stretta tra le sue braccia, i nasi che si sfioravano << … mi prometti che non bacerai nessun’altra? >>
Aleksej rise, con la neve tra i capelli, gli occhi luminosi e le lentiggini sul naso.
<< Ti prometto che non bacerò nessun’altra … se diventerai la mia ragazza >>
<< Perché, non ero già la tua ragazza? >>.
Sorrisero entrambi spontaneamente, nello stesso momento.
 
<< Cosa significa?! >>
Ivan aveva alzato talmente tanto la voce, che Giasone temette di aver perso totalmente l’udito. Alzò gli occhi al cielo, respirò profondamente per trovare la calma, e cercò disperatamente di non pensare al neurone perduto del suo migliore amico.
<< Potresti, cortesemente, evitare di urlare? A mia mamma non interessa, sai? >> Replicò acido il biondo, indicando con la testa la porta chiusa della sua stanza. Ivan fece un gesto non curante con le mani e incrociò le gambe, facendosi ancora più attento.
<< Ma cosa significa che credi abbiano pensato male? >> Giasone lanciò il pacchetto vuoto di patatine nel cestino della spazzatura e guardò con fare distratto le briciole che lui e Ivan avevano sparso sul tutto il tappeto.
<< Perché ridacchiavano. Sai, quelle risate isteriche delle ragazze, quei gridolini fastidiosi e imbarazzanti? Esattamente quelli! >>.
<< Ma come fai ad esserne sicuro? >>
Giasone alzò gli occhi al cielo nel sentire la domanda di Ivan, afferrò malamente il libro di storia e lo aprì a metà, senza controllare veramente che quella fosse la pagina giusta.
<< Ovviamente non ne sono sicuro, ma mi rendo conto che vista da fuori … la scena doveva essere piuttosto equivoca … che pagina era? >> Giasone sembrava distratto mentre pronunciava quelle parole, si guardava sul tappeto alla ricerca del diario, senza rendersi conto che si trovava nella cartella abbandonata sotto il letto. Ivan sbuffò, lo raggiunse per terra, gli strappò il libro da mano e aprì a pagina centoventicinque.
<< Tutto il capitolo? >> Domandò distrattamente Giasone, sbuffando.
<< Si … come mai la scena appariva equivoca? >> Insistette Ivan, rotolando sul tappeto morbido, nel compiere quel gesto, una briciola di patatina pericolosamente appuntita gli si attaccò al gomito, pizzicandolo. << Quindi stai dicendo che non vi siete baciati? >>
Giasone lo fulminò con lo sguardo, ma Ivan non se ne accorse, troppo impegnato ad ispezionare la pelle del braccio. << Ti ho già detto di no! >>.
<< E allora cosa ti fa pensare che quelle due abbiano capito male?! >> Sbottò infastidito Ivan, che non ne poteva più di cavare con la forza le parole dalla bocca dell’amico, Giasone afferrò con malagrazia un evidenziatore e strappò il tappo con la bocca.
<< Stavo mostrando uno schema di gioco a Livia, lei si è chinata per guardare e le si sono incastrati i capelli nella zip della mia felpa. E’ stato imbarazzante, eravamo talmente vicini che da lontano poteva sembrare proprio quello … e poi ti ho spiegato che quando le ho viste allontanarsi ridacchiavano >>. Spiegò finalmente Giasone, prendendo a sottolineare il primo rigo di paragrafo senza averlo nemmeno letto, Ivan si grattò il mento dubbioso.
 << Vorresti dirmi … che ti sarebbe dispiaciuto baciarla? >>.
<< No, Livia è carina ma … diciamo che ha altri gusti >>.
Giasone buttò giù la frase con noncuranza, continuando a tenere puntati gli occhi sul libro, Ivan aggrottò le sopracciglia e incrociò le braccia sul tappeto, reggendo tutto il peso del busto su quest’ultime. << Che significa che ha altri gusti? >>
Giasone sollevò lo sguardo e gli lanciò un’occhiataccia esplicita.
<< Oh … capisco >> Mormorò Ivan con improvvisa consapevolezza, poi tacque, evidentemente perso nei suoi pensieri, probabilmente nel tentativo di assimilare la notizia.
<< Me l’ha detto lei >> Commentò Giasone, sempre con lo sguardo basso << Una delle tante volte che abbiamo fatto la strada di casa insieme. >>.
<< Suppongo che le altre non lo sappiano >> Costatò Ivan, ancora pensieroso.
<< No, lei non vuole dirlo. Ha paura che possano giudicarla male >>
<< Posso capirlo >>. Ivan tacque, e i due rimasero in silenzio per un po’, il tempo sufficiente per permettere a Giasone di terminare la lettura dei primi quattro paragrafi sulla Prima Guerra Mondiale. << Spero solo non lo abbiano spifferato in giro. Sarebbe un disastro se raccontassero qualcosa … è sempre difficile dover smentire una balla. >>
Ivan sussultò quando sentì le parole dell’amico, il silenzio era stato così lungo che si era assopito sul tappeto, perso nei suoi pensieri e senza la minima voglia di studiare nulla.
Giasone sembrava concentrato e distratto, ma Ivan si accorse della piccola ruga che gli increspava le sopracciglia minacciosa.
<< Dimmi Gias, c’è qualcuno in particolare che vorresti non sentisse questa cosa? >> Buttò lì Ivan con la voce strascicata dal sonno, aveva il viso sepolto tra le braccia, Giasone era convinto che non potesse vederlo in faccia, ma in realtà Ivan lo stava osservando benissimo.
Nella mente di Giasone comparve il sorriso contagioso di Muriel, ma lo scacciò via.
Era fuori di testa a pensare a lei in quel momento.
<< No >> Replicò vago.
Ivan sorrise.
 
Catena era imbarazzata da morire e aveva il cuore in gola.
Erano le quattro del pomeriggio, si trovava a casa sua inginocchiata sul letto insieme ad Oscar, mentre si guardavano negli occhi e lui le stringeva le mani.
<< E’ un po’ come andare a mare sai? >> Nella voce di Oscar Catena percepì una certa tensione, sembrava imbarazzato quasi quanto lei. << Solo che … invece del costume, indossi l’intimo. Ecco, immagina che io ti veda in costume >>. Oscar sorrise incoraggiante, felice di aver trovato un argomento valido perché Catena decidesse di lasciarsi spogliare, ma la ragazza arrossì ancora di più e fece un passetto all’indietro.
In realtà Catena non riusciva a spiegarsi come fossero finiti in quella situazione, aveva proposto ad Oscar di salire da lei perché solitamente a quell’ora sua madre era in casa, ma quel giorno avevano trovato un bigliettino in cucina che annunciava il suo rientro a tarda ora. Catena si vergognava da morire, e non sapeva minimamente se fosse davvero pronta, stavano insieme da pochi mesi, si rendeva perfettamente conto che era presto, davvero troppo presto, ma evidentemente Oscar non la pensava come lei.
<< Ma non mi vedrai solamente in costume! >> Mormorò Catena arrossendo fino alla punta dei capelli, la pelle pallida del viso faceva un terribile contrasto con quel rossore evidente.
Oscar sospirò pesantemente, imbarazzato ed impacciato, e fece un passetto verso di lei, stringendole più forte le mani, come se volesse darle coraggio.
<< Sono sicuro che non avrò nulla da obbiettare. Non devi vergognarti! >>
<< E invece mi vergogno eccome! >>
All’obbiezione immediata di Catena rimasero in silenzio entrambi, rossi in viso, senza guardarsi negli occhi. Dopo minuti interminabili, Oscar trovò il coraggio di parlare ancora.
<< Sei davvero così spaventata dall’idea? >> Catena respirò profondamente e trovò il coraggio di guardarlo nuovamente negli occhi, stringendogli a sua volta le mani, perché non voleva in alcun modo che Oscar lo percepisse come un rifiuto, ma solamente come un’ insicurezza. << E’ … è che io non so cosa aspettarmi! >> Confessò avvilita << Tu si? >>
Ad Oscar sembrò che qualcuno gli avesse prosciugato tutta l’aria dai polmoni quando Catena gli porse quella domanda, leggeva l’ansia crescente nei suoi occhi e si sentiva terribilmente in colpa per la sua insensibilità.
Avrebbe dovuto rendersi conto che per Catena sarebbe stata la prima volta, non avrebbe dovuto insistere così tanto, ma dirle che per lui era diverso, sarebbe stato ancora più difficile. << Ascolta, mi dispiace … non avrei dovuto insistere. Ti chiedo scusa >>
Si affrettò a commentare, nel disperato tentativo di troncare immediatamente lì la conversazione, era arrivato il momento di lanciare uno sguardo all’orologio e fingere che fosse tardi, ma Catena gli bloccò il polso prima che potesse farlo.
<< Ehi, aspetta Oscar! Non … non sto dicendo che non sarà mai possibile, ho solo … ho solo bisogno di un po’ di tempo >> Oscar si sentì in colpa nel sentire quelle parole, per la fretta di averla, aveva dimenticato quanto sarebbe stato più bello se avesse avuto la pazienza di aspettare. << Lo so … >> Sospirò accarezzandole una guancia.<< Ora devo andare >>.
Fece per scendere dal letto, ma Catena gli strattonò nuovamente la manica della giacca trattenendolo.
<< Perché stai scappando? >> Oscar si afflosciò come se qualcuno l’avesse tramortito.
<< Non sto scappando >> Si affrettò a rispondere, Catena gli prese nuovamente le mani e sorrise tristemente, cercando in tutti i modi di guardarlo negli occhi.
<< Davvero? >> Oscar detestò quel sorriso gentile e triste di Catena, avrebbe preferito che lei gli desse del bugiardo, piuttosto che sopportare la delusione che vi leggeva.
<< Si, va bene?! Certo che so già cosa aspettarmi! E adesso ti senti meglio? Adesso ti senti realizzata? Sono già andato a letto con Giulia, ovvio! >>
Oscar imprecò mentalmente dopo essersi lasciato andare a quell’attacco d’ira, non era colpa di Catena, si sentiva in colpa perché non riusciva a parlarle, a dirle tutto quello che sentiva.
Non l’avrebbe biasimata se l’avesse lasciato, era stato davvero uno stronzo.
<< Mi hai detto il suo nome, è già un passo avanti no? >> Oscar sollevò la testa di scatto, Catena lo stava guardando ancora con quel sorriso triste, tremava, le mani tremavano, fu scossa da un singhiozzo e si coprì il viso.
Oscar scattò immediatamente, la prese tra le braccia e la strinse forte.
<< Mi dispiace, mi dispiace, ti giuro … giuro che ci proverò davvero, io … >>
Catena lo zittì con un bacio, sarebbe stato stupido dire che quelle parole non erano state come una stilettata al cuore, ma si sentiva ancora troppo fragile per poter affrontare quelle emozioni. Avrebbero fatto un passo alla volta.
Un passo alla volta.
 

_____________________
Effe_95 

Buonasera a tutti.
Mi sembra quasi un miracolo essere riuscita a postare.
Purtroppo, i miei problemi sono ben lungi dall'essere risolti, quindi vi chiedo ancora un po' di pazienza per gli aggiornamenti irregolari e per i ritardi.
Per quanto riguarda il capitolo, spero vi sia piaciuto.
Nella prima parte, quando Miki e Aleksej parlano del film, la trama vagamente accennata è di mia invenzione, non mi sono ispirata a nulla. 
Quindi il film non esiste davvero.
Siete contenti di Giasone? xD 
Ecco, io sapevo fin dall'inizio di Livia, ma ovviamente non potevo dirvelo, spero che la sorresa vi abbia ... sorpreso xD 
Per l'ultima parte lascio commentare a voi.
Prometto che risponderò alle voltre recensioni il prima possibile.
Grazie mille a tutti per il sostegno come sempre.
Alla prossima spero.


 
  
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