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Autore: Bellis    31/01/2009    3 recensioni
Sirius Black si guarda allo specchio... ma non vede il proprio volto.
Vede quello di un ragazzo incostante, istintivo e disorientato, tuttavia colmo d'un grande talento e di potenzialità.
Suo figlio, Daniel.
Questa One-Shot è ispirata alla saga Potteriana di Jo March, in particolare al secondo capitolo della serie: "Finding My Own Way".
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, I Malandrini, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa One-Shot è ispirata alla saga composta da due lavori, l'ultimo dei quali ancora in stesura, di proprietà di jomarch: "La mia famiglia e la Coppa QuattroMalandrini" e "Finding My Own Way". Tutti i diritti sui personaggi da lei inventati appartengono alla suddetta Autrice.

Alla creatrice di Daniel Orion Black, personaggio sfaccettato che prese vita da pagine virtuali e crebbe, sotto la sua guida, nel pensiero e nel cuore dei lettori.


Intermezzo Strumentale Malandrino

Sirius Black fece qualche passo indietro e si lasciò cadere sul soffice materasso del suo letto a baldacchino.
Con aria di profonda soddisfazione, trascinò sul piano imbarcato del giaciglio uno strumento a corde dall'aspetto inquietante.

Una voce sbuffò poco distante.

"E' perfettamente inutile che protesti, Remus. Ho deciso di esercitarmi, e mi eserciterò." proclamò il giovane Black, con somma decisione, accompagnando il concetto verbale con un cenno rilevante del capo.

Un brontolio poco rassicurante rispose a queste parole.
"Esercitarti? Tu?"

Corrugando la fronte, Sirius posò le iridi scure sulla persona magra ed allampanata di Remus Lupin, accoccolata su una sedia dall'altro lato della stanza.
Il pesante tomo che riposava sulle sue ginocchia aveva tutta l'aria di essere oggetto di qualche impegnativo studio da parte del Grifondoro.
"Cosa intenderesti dire con questo?" esclamò l'Animagus, vagamente offeso.

Il Licantropo scrutò il viso dell'amico per un attimo con aria pensierosa, quindi si levò in piedi ed attraversò la lunga camerata, prendendo posto sul bordo del letto di James Potter, giusto di fronte al diciassettenne Black.
"Vedi..." sbottò, all'improvviso, "... è che non impieghi un minimo, dico, un minimo di tecnica! Sono due mesi, ormai, che strimpelli musiche diverse ogni giorno, a seconda dell'ispirazione, modificando gli accordi, la melodia, anche le parole, se ciò ti fa comodo!"

Impassibile, Sirius rimase a fissarlo.

"E il punto è che raggiungi anche fantastici risultati con questo metodo dispersivo ed altamente irrazionale!" proseguì Lupin, con fervore, ormai inarrestabile, "Pensa a ciò che potresti ottenere semplicemente... applicandoti con un po' di rigore!" concluse, ed ormai la sua voce era uno strillo adirato.
Sollevò gli occhi ad incontrare quelli dell'amico e trovò la sua figura immobile e rigida, esattamente dove l'aveva lasciata.

"Hai finito?" mormorò Black, con noncuranza, conscio che il periodo fatidico degli esami M.A.G.O. si stava avvicinando.

Remus aprì e richiuse la bocca con aria d'incertezza.
"Ci sarebbe molto altro." rispose quindi, "Ma per ora mi limiterò a ciò che ho già esternato."

Sirius annuì, assorto. Tentennò il capo, quindi, avvicinando la destra al mento, considerò con attenzione lo studente seduto di fronte a sè.
"Ti ho mai detto che sei un gran sotutto, Lunastorta?"

Un sopracciglio chiaro scattò in aria.
"Mmh, vediamo." borbottò il suddetto, "Una volta questa mattina, cinque durante il pomeriggio... ed una volta questa sera."

"Oh." approvò Black, "Sette è un numero magico notevole, non credi?"

I due Grifondoro si squadrarono per pochi istanti, prima di scoppiare entrambi in una sincera e grassa risata.
Dopo qualche istante di completo rilassamento, il Licantropo si avvicinò al musicista improvvisato, e passò una mano sul liscio e lucente manico dello strumento, ammirandone la meccanica.

"Perchè poi uno strumento Babbano?" chiese, con pura curiosità.

Ora fu il giovane Black a sospirare, quasi esasperato.
"Remus, non è uno strumento Babbano! Ha qualche affinità con la chitarra, lo riconosco... la forma e l'accordatura... ma è una dodici-corde magica, capisci?"

Lupin assottigliò lo sguardo.
"Illuminami."

"Vedi, sei corde sono qui." Sirius indicò i fili e le molle di grigio metallo che si estendevano per tutta la lunghezza del manico e della cassa acustica arrotondata e sinuosa.
"... e le altre sei, invece, sono qui dietro..." rovesciò lo strumento e mostrò le gemelle delle prime, che parevano incastonate nel manico e ricoperte da un cilindro di cristallo.

"E come fanno a vibrare?" chiese, perplesso, il Lupo Mannaro.

"Vibrare, Remus? Beh, non so se effettivamente vibrino." replicò Black, con un sorrisetto, "Ma possono aumentare la potenza acustica dello strumento di almeno il doppio, oppure suonare una melodia indipendente da quella realizzata dal Mago strumentista."

Remus annuì con vivacità, incuriosito, e mosse la mancina a toccare la cupoletta di vetro.
Le corde, inesplicabilmente, si mossero, provocando un'armonia indistinta.
L'Animagus ridacchiò ed offrì la chitarra all'amico.
"Merlino, no!" Lupin indietreggiò, "Devi... esercitarti, giusto?"

Con atteggiamento solenne ed ispirato, Black accennò di sì, ma un guizzo ironico e divertito gli attraversò il viso mentre estraeva dalla tunica un pezzo di pergamena, lacero e sgualcito, su cui aveva scarabocchiato alcuni accordi musicali.

Stava per poggiare le dita della sinistra sulle sei corde dipendenti, quando un tonfo di porta sbatacchiata lo fece trasalire e fece inciampare dolorosamente Lupin in uno sgabello di legno massiccio.

"Ow..." fece quello, massaggiandosi il ginocchio dove esso aveva duramente percosso il pezzo d'arredamento.
Fu quasi travolto da un fulmine che entrò di corsa nei dormitori, con foga, senza smettere di balbettare qualche parola indistinta.

"Che è successo?" esclamò il giovane Black, levandosi immediatamente in piedi: Peter Minus era comparso sulla porta, farfugliando qualcosa, con gli occhietti acquosi spalancati.

"Ja... James è tornato."

"Ah." fece l'altro Animagus, sporgendo il labbro inferiore, perplesso, mentre una ruga gli increspava la fronte.
Scambiò una occhiata con Remus.

"E cosa c'è che non va?" chiese quello, spostando cautamente il peso del proprio corpo da una gamba all'altra.

Prima che chiunque potesse rispondere a questo cruciale interrogativo, il suddetto Mago fece il suo ingresso nei dormitori.
Il cravattino, parte integrante della divisa scolastica, era slacciato.
"Ciao ragazzi..." salutò, senza particolare allegria, spostando un sorriso anche troppo pronunciato dall'uno all'altro dei Malandrini.

Si diresse al proprio giaciglio, sedendovi e dedicando la propria attenzione alla pila di libri accatastati sul comodino, alla ricerca evidente di una disposizione più efficiente.

Sirius percorse lentamente con lo sguardo tutta la stanza, quindi, fissando Potter con intensità, si decise a richiedere una spiegazione, e lo fece con voce chiara e squillante, per essere sicuro di avere l'attenzione dell'amico.
"DUNQUE?"

James sfilò gli occhiali con un gesto secco, lasciandoli quindi cadere sul copriletto e poggiando la fronte sulle palme delle mani.
"Un disastro." bisbigliò, cupo.

Black alzò gli occhi al cielo.
"Questo l'avevamo già capito. Spiegati meglio..."

Potter spostò uno sguardo vacuo sul fratello.
"Mah, non c'è nulla da dire, di particolare... Abbiamo percorso tutta Hogsmeade, abbiamo parlato. Lily sembrava allegra, sai." il ragazzo sospirò, allargando le braccia.
"E poi, Piton..."

"Mocciosus vi ha seguiti attraverso Hogsmeade?" abbaiò l'altro, tra il disgustato e l'adirato.

"No, no! Lui non c'entra nulla! Piton, dicevo, è saltato fuori per caso, nei nostri discorsi. Parlavamo di Lumacorno, lo sai, Mocciosus è uno dei suoi favoriti." si affrettò a riprendere James.

"Ah, ecco." commentò Black, che sembrava iniziare a capire.

"Aspetta, riepiloghiamo." razionalizzò Remus, levando la mano destra aperta.
"Avete parlato di Piton, non hai usato toni particolarmente lusinghieri..."

"... un bell'eufemismo..." sibilò Potter.

"... e Lily si è adirata. Giusto?"

"Credevo che ormai non fossero in buoni rapporti!" si giustificò l'altro, alzandosi scattosamente e passeggiando con un certo nervosismo attraverso la camerata, "Dopo quello che le ha detto, ti ricordi come l'ha chiamata, Lunastorta?" concluse, rabbiosamente.

"Certo. E lo ricorda sicuramente anche Lily, sebbene siano passati anni. Non credo che l'abbia mai perdonato." Lupin scrollò le spalle, "Ma non ha mai perdonato nemmeno noi quattro, James, per come abbiamo trattato Piton durante questi sette anni."

Potter vacillò sino al letto a baldacchino, ove crollò a sedere, affranto e disperato.

"Oh, avanti, è stata solo una litigata, Ramoso!" esplose Sirius, avvicinandosi all'amico con la dodici-corde in mano.
"So io cosa ci vuole per tornare al buon umore: una bella canzone di gruppo!"

James alzò le iridi scure al suo viso con aria implorante.
"Non peggiorare le cose, Felpato!"

"Fidati di chi ha più esperienza di te, fratellino!" fece l'amico, con aria di chi la sa lunga.

"Ma dove hai pescato quel trabiccolo?" chiese Potter, aggrottando le sopracciglia, pensieroso.

"Zio Alphard." disse solamente l'altro, soddisfatto, e rovistò nelle tasche della sua tunica a lungo, per poi estrarne un foglio stampato dall'aria vetusta e vissuta.
"Eccola qui!"

"Non è uno spartito magico! Dove l'hai trovato?" intervenne Peter, incuriosito, avvicinandosi ai due insieme a Remus.

"L'ho acquistato regolarmente in un negozio Babbano. Non ti dico quante proteste, alla Gringott, per scambiare Galeoni con Sterline..." spiegò immediatamente Felpato, stirando un po' il pezzo di carta, "Anche se... esistono fan della musica Babbana nelle più insospettabili famiglie magiche... prendete mia madre, per esempio." fece una pausa, rabbuiandosi in volto, e parlando a voce bassissima, "Non saprei contare dal Do al Si, senza di lei..."

Scrollò le spalle ed iniziò ad accordare rumorosamente il suo strumento, mentre silenziosamente Potter, Lupin e Minus si scambiavano veloci sguardi d'intesa.

"Son pronto! Il pezzo è abbastanza veloce, le parole sono qui!" annunciò il musicista, ormai trascinato dall'impeto della sua stessa esibizione.

"Il titolo vuole essere un incoraggiamento?" borbottò James, accennando un sorriso sghembo (restituitogli da Sirius) mentre scrutava lo spartito.

L'introduzione strumentale durò poco, e fece intendere un ritmo piuttosto serrato che la melodia allegra dava alle parole confidenziali e baldanzose.
Il brano sembrava tagliato apposta per la situazione (o quasi), perciò il giovane Black non ebbe difficoltà a cavarne una interpetazione divertente che sperava avrebbe distratto il fratello e sollevato l'atmosfera un po' tesa.
Egli era consapevole che la propria abilità non superava quella di un dilettante, ma era convinto che in questo caso l'intenzione avrebbe compensato i piccoli errori di diteggiatura.

You think you've lost your love
Well, I saw her yesterday.
It's you she's thinking of
And she told me what to say.
She says she loves you
And you know that can't be bad.
Yes, she loves you
And you know you should be glad...

She said you hurt her so,
She almost lost her mind.
And now she says she knows
You're not the hurting kind.
She says she loves you
And you know that can't be bad.
Yes, she loves you
And you know you should be glad...

You know it's up to you,
I think it's only fair.
Pride can hurt you too,
Apologize to her.
Because she loves you
And you know that can't be bad.
Yes, she loves you
And you know you should be glad...

She loves you, yeh, yeh, yeh.
She loves you, yeh, yeh, yeh.
And with a love like that,
You know you should be glad.

Alla fine del ritornello, Peter rideva come un pazzo, mentre Remus ammetteva candidamente di essersi 'lasciato andare all'euforia di gruppo', Sirius sghignazzava con poca discrezione e James aveva recuperato ed inforcato gli occhiali per osservare meglio la scena.

"Temo che non cresceremo mai, ragazzi." osservò Lupin, con l'aria comicamente sconsolata di un profeta.

Potter pareva meditabondo, mentre Minus, a bassa voce, accennava un bis del riff finale ("She loves you, yeh, yeh, yeh...").
Si alzò all'improvviso, facendo balzare in piedi anche il menestrello dalla mancina dolorante.
Battè la destra, chiusa a pugno, sul palmo della sinistra, quindi si lanciò verso la porta dei dormitori.

"Dove vai, Ramoso?" fece Black, con lieve sfumatura di dubbio.

"A scusarmi con Lily. Non posso evitarlo, e non mi servirà a nulla rimandare. La colpa è mia, di quello che le ho detto, no?" passò in rassegna il terzetto sorridente che gli stava di fronte.
"Vedete, purtroppo... credo che dovremo crescere tutti quanti. In fretta, anche." distrattamente spinse lo sguardo verso le vetrate che davano ad Ovest.
"C'è sempre più buio..."

Si riscosse rapidamente.
"Vado... e torno!" esclamò, rispondendo con un ghigno decisamente Malandrinesco e sicuro di sè all'occhiolino che Sirius gli fece - con atteggiamento da fratello maggiore - quindi scomparve al di là del portone di legno.

Una breve pausa di silenzio e d'immobilità, dopo la gran confusione del coro pop improvvisato.

"Sai, Felpato..." accennò Lunastorta, posando le iridi chiare e calme su di lui, "Hai la stoffa dell'artista. Tuo figlio sarà certamente un personaggio dallo spirito creativo."

"Mio figlio?"
Minus trattenne a fatica una risatina, notando lo sguardo allibito del giovane Black, il quale, lentamente, trasformò l'iniziale sbalordimento in un divertimento ironico.
"Sì, credo di sì. Buon sangue non mente." mormorò, con noncuranza affettata, ripiombando a sedere ed imbracciando la chitarra.

Remus e Peter non trattennero più l'ilarità, mentre il buon Caposcuola capiva, finalmente, che non c'era speranza di mettersi avanti per i M.A.G.O., in quella giornata che ormai volgeva al termine in un rossastro e sinistro imbrunire...


********************

Il corridoio era piuttosto buio, e l'ampio spazio sembrava contrarsi nell'ombra che ne rendeva più angusta l'apertura e claustrofobico lo stanzone giudicato altrimenti sontuoso.

Un Mago lo percorreva a passi lunghi.
Il suo cammino non durò molto. Giunto ad una porta intagliata nel legno, vi si fermò innanzi, e bussò quattro volte.
Levò la mancina a spostare qualche ciocca di capelli lunghi e neri dal volto maturo e dalle iridi grigie, ancora brillanti di molta della sua usuale eleganza giovanile.

"Avanti." venne una voce giovane e in qualche modo mogia, dall'interno.

Sirius Black si guardò immediatamente intorno, e riconobbe sùbito il ragazzo seduto allo scrittoio.
Una fioca luce magica verdeggiava in un angolo della scrivania, ed un pesante tomo era aperto su di essa.
Un rotolo di pergamena ed un boccettino di inchiostro spiccavano dal lato opposto.

"Daniel! Che stai facendo?" sbottò l'adulto, sollevando le sopracciglia nere, piuttosto perplesso.

L'altro Black inclinò il capo da un lato, stupito almeno quanto il genitore.
"Studio Storia della Magia." rispose subito.

Sirius si inoltrò nella stanza, con gli occhi sbarrati nella penombra.
"Oggi è il Primo dell'Anno, Dan."

Lo studente si limitò a scrollare le spalle e a spostare lo sguardo sulla pergamena, coperta di una scrittura fitta.
"Hanno assegnato tutti un sacco di compiti per le Vacanze Natalizie."

Il padre prese posto senza esitazione sull'orlo del letto, comodo e confortevole, situato di fronte alla cassettiera. Da lì poteva scrutare comodamente tutta la saletta, tuttavia gli occhi del Mago si posarono con un accoramento istintivo sul viso del ragazzo.

Suo figlio, Daniel.
Sirius l'aveva visto crescere, aveva giocato con lui, lo aveva sostenuto nei suoi primi passi.
Aveva vegliato durante le malattie che, inevitabilmente, avevano aggredito quello spiritello vivace nella sua infanzia turbolenta.

Ora capiva i sentimenti che avevano spinto James ad affidargli Harry, non appena questi era nato.
Anche Sirius avrebbe dato la propria vita, per assicurare un respiro in più al piccolo Dan.

Piccolo...
... non che fosse un neonato, intendiamoci.

Era già diventato alto quasi quanto il padre.
Cresciuto in fretta, impegnato negli studi a Hogwarts.
Otteneva risultati notevoli, tuttavia... il suo ruolino scolastico era stato un po' 'inquinato' dal talento ereditato, evidentemente, dal padre.
Quello del combinaguai.
Sangue di Malandrino.

Se Hellen aveva guidato il fanciullo al bene sin dai primi momenti di esistenza, inevitabilmente l'istinto di Felpato aveva avuto un'influenza non proprio angelica su di lui.

Sirius abbozzò un sorrisetto, e si accorse che Dan lo stava osservando.

"Tu studi troppo, figliolo. C'è qualcosa che non va?" chiese, e si sentì stupido un istante dopo aver pronunciato l'ultima sillaba.
Pensò a cosa avrebbe detto Remus se lo avesse sentito, e serrò le labbra.

Daniel ridacchiava piano.

"Oh, avanti, mi hai capito." puntualizzò il padre, agitando le mani frettolosamente.

L'ilarità del ragazzo si placò, anche se un sorrisetto rimase sui volti di entrambi i Black.
Tuttavia, molto presto, anche quell'ombra di gioia venne assorbita da una profonda aria di meditazione che si estendeva su tutto il viso liscio del giovanotto.

"Stavo pensando..." iniziò, e levò in fretta le iridi a quelle del padre, esitando.

"Sì?" lo incoraggiò quello, protendendosi in avanti e corrugando la fronte, in attenzione.

Il figlio scosse impercettibilmente il capo.
"... non so cosa fare, papà. E' troppo... complicato. Ci sono troppe strade. Alcune mi sembrano giuste, altre sbagliate... e più ci penso, più queste percezioni si confondono, come nella nebbia."

Era con uno sforzo immane che Daniel cercava di esprimersi.
Sirius richiamò alla memoria i ricordi più vivi e freschi della sua giovinezza, e comprese, almeno in parte, lo stato d'animo del ragazzo.
E' una prerogativa dell'adolescenza, di quel momento della vita dove, da fanciulli coccolati, si vorrebbe diventare immediatamente adulti rispettati e sistemati.

Appaiono strade, vie che ciascun insegnante, ciascun genitore, ciascun amico consiglia, mentre il proprio animo sembrerebbe propenso a tutt'altro.
Questa confusione non si può risolvere in breve tempo: e lacera la consapevolezza di sè, distrugge ogni base, ogni fondamento, ogni sicurezza.

Il più anziano Black sollevò il mento.
"Cosa ti dice il tuo cuore?" chiese, a voce bassa.

Lo studente gli lanciò un'occhiata sfuggente.
"Mi suggerisce... cose che la mia mente non può approvare, nella sua cecità."

Sirius si alzò in piedi, con uno scatto.
Avvertì che il figlio stava seguendo i suoi movimenti, mentre si avvicinava al treppiede che sosteneva una chitarra acustica di legno, con la sua cassa armonica lucida ed il manico tenuto in ottime condizioni.
Il Mago passò la destra sulle corde metalliche, quindi afferrò lo strumento e lo sollevò, imbracciandolo per provarne la sonorità.

"Perchè non mi suoni qualcosa, papà?"
Intervenne la voce di ragazzo, improvvisamente più vivace.

Il padre sorrise.
"No, Dan, è un secolo che non strimpello. La mia reputazione di tua guida - spirituale e materiale - verrebbe distrutta." concluse, con una vena d'ironia nel tono.
"Tu, piuttosto, fammi sentire qualcosa, dài."

La postura del Grifondoro si incurvò impercettibilmente.
L'euforia del ragazzino sembrava essere svanita, col ricomparire di preoccupazioni importanti e pressanti.
"Non so se è la strada giusta... io... non sono sicuro che il mio cuore mi suggerisca la via corretta, quella buona... è stupido, eh?"
Fece, incerto, quello.

Sirius aggrottò le sopracciglia.
"No che non lo è!" abbaiò, immediatamente.
Parve accorgersi del proprio comportamento un po' brusco, e si corresse.
Dopotutto, anche lui aveva acquistato qualche punto di maturità, negli anni.
"Vedi, Dan, " continuò, più calmo, "Io sono convinto che la costanza e la fermezza ti porteranno dove vuoi. Le capacità le hai, e non negarlo." puntualizzò, con un'alzata di sopracciglia, "Quindi, è tutto nelle tue mani. L'importante è... proseguire con metodo."
Si stupì anch'egli delle proprie parole. Prese un lieve respiro.
"E tieni presente che... beh, qualunque strada tu scelga... io e Hellen saremo al tuo fianco." abbozzò un sorriso caldo e sicuro, benchè il suo animo si dimostrasse piuttosto impacciato, a quel punto, "E non solo noi." aggiunse, concludendo.

Daniel non rispose.
Teneva le iridi fisse sul padre, e la mascella serrata.
Ma qualcosa, nel suo sguardo espressivo ed orgoglioso, lasciò trasparire una gratitudine tale che il padre allungò la mancina per rifilargli una pacca d'incoraggiamento sulle spalle.

"Ed ora, avanti, campione, suonami qualcosa." latrò, allungandogli la chitarra e poggiandogliela praticamente in grembo.
"Sù, una canzone che ti va di suonare, una qualsiasi."

Il figlio bilanciò lo strumento appoggiandolo sulla gamba destra, che sollevò leggermente appoggiando il piede sul piolo della sedia.
Formò numerosi accordi sul manico, senza suonare, solo provando e riprovando le armonie che sentiva nella sua mente, decidendo quale consistenza dare alle sue emozioni, alle sensazioni che provava nel profondo dell'animo.

Infine sospirò e si chinò sulla chitarra, iniziando quella comunione che solo artista e strumento possono condividere.

Looking back on memories
Thinking how things used to be
Is it me, or was it simple then?

If I stumble, if I fall
Would you help me up at all?
Take me in, let me come home again.

Will someone tell me, how life should be.
Understand me, but let me be me.

I'm just finding my own way, in my own sweet time
If I'm making a mistake at least it's mine
If I travel down a different road, to the one that you would take
I'm just finding my own way.


********************

James Potter percorreva rapidamente un corridoio corto e dalle ampie volte.
Orchard House era un vero labirinto.
Teneva innanzi a sè la bacchetta magica, con una luce brillante che scintillava dalla punta dell'asticella leggera.

"Hellen sarà furiosa, se 'i suoi due uomini' non si presenteranno a rapporto in Sala da Pranzo entro cinque minuti." constatò, tranquilla, la voce di Remus Lupin, dietro di lui.

"Li richiamerò all'ordine io!" esclamò, scherzosamente, Potter, ma si interruppe immediatamente.
Aveva sentito una musica provenire dalla stanza di Daniel, e rallentò l'andatura, avvicinandosi ad essa con più cautela.

Dalla soglia della stanza, James e Remus poterono scorgere, non visti, la scena che si presentava ai loro occhi.

Il ragazzo, seduto alla scrivania, suonava con sentimento, con quell'accento particolare che denota una completa empatia del cantante con le parole della musica che sta permeando il suo cuore.
La sua mano destra danzava dinanzi alle sei corde, mentre la mancina componeva accordi sul manico con disinvoltura e con facilità.
La canzone era interpretata in modo originale e molto energico: si adattava perfettamente alle forti emozioni che colmano il petto dell'adolescente, del ragazzo, del bambino che si scopre cresciuto e mutato.

Sirius Black, in piedi alle spalle del figlio, era immobile.
Solo, i lineamenti erano quieti e sereni.
Pervasi di orgoglio, di commozione, di speranza, di tutto quell'amore che solo un genitore può capire e volgere al bene della creatura che gli è stata affidata.

Potter abbassò la bacchetta e, con un gran sorriso, si volse a Lupin.
"Tu hai sempre ragione, Lunastorta." affermò, in un sussurro che - al Licantropo non sfuggì - era traboccante di pura gioia.
L'interpellato si limitò a fare due passi indietro, in attento ascolto della melodia in esecuzione.


Nota dell'Autrice
Il brano cantato dal giovane Sirius ha titolo "She Loves You", è una canzone dei Beatles molto conosciuta :)
Invece, la canzone interpretata da Daniel è "Finding My Own Way", interpretata abitualmente da Charlotte Church.
Spero che la One-Shot Ti sia piaciuta.
A presto!


   
 
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