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Autore: giulji    14/09/2015    1 recensioni
*Storia corretta e rivisitata nei primi capitoli, in modo tale che adesso, anche a coloro che non hanno letto la saga di Hunger Games, risulti una lettura comprensibile*
Questa fanfiction, ambientata in un survivial game, avrà come protagonisti la maggior parte dei personaggi presi dalla saga dello zio Rick, ricollocati sotto forma di tributi/sacrifici.
Il tutto averrà attraverso più punti di vista (POV).
Chi sarà il vincitore finale ? Chi morirà durante i giochi ?
In che circostanze ? Quali saranno le alleanze ?
Dal testo :
"... Nonostante la sua enorme voglia di lasciarsi cadere tra le braccia di Morfeo, affogando in un sonno privo di memorie, che lo avrebbe momentaneamente esonerato dalle tenebre che gli offuscavano perennemente il cuore, Nico non era invece riuscito ad addormentarsi nemmeno per un ora di seguito e le occhiaia violacee che gli contornavano lo sguardo già corrucciato ne costituivano una prova.
Sapeva che quella mattinata, non rappresentava infatti, l'inizio di un giorno comune, bensì quella maledetta giornata portava con se la consapevolezza che di li a poche ore ci sarebbe stata la fatidica mietitura per il distretto 13 dello stato di Panem..."
Genere: Azione, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Hazel Levesque, Leo Valdez, Nico di Angelo, Percy/Annabeth, Talia Grace
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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PERCY

 

Percy si stava sorprendendo di quanto avesse momentaneamente rischiato di morire fin da subito più per colpa dei propri “alleati” che per via dei fatidici“nemici”.

Appena era approdato nell'arena, dopo aver puntato ed acciuffato, dimostrando una notevole dimestichezza, una perfetta spada bronzea dalla lunga lama appuntita, ed aver afferrato rapidamente anche il suo zainetto, che ormai era logoro, dalla pila di materiale offerto “generosamente” dagli strateghi, il ragazzo aveva infatti indirizzato le sue attenzioni verso i suoi ipotetici compagni, anche se più precisamente si era ritrovato ad inseguire con lo sguardo, e non solo, la fatidica biondina riccioluta.

Siccome avevano creato un patto meramente per mano sua, durante l'allenamento, ed anche per altri motivi che il ragazzo faceva finta fossero irrilevanti, Percy aveva stabilito che inseguire lei sarebbe stata infatti la scelta più saggia e sicura per entrambi.

Quando però l'aveva individuata, mentre veniva salvata da quella montagna umanoide di Clarisse, e diamine, avrebbe voluto salvarla lui stessa, era troppo tardi per potersi unire tranquillamente al gruppo, dato che non gli diedero nemmeno il tempo di farsi notare che scomparirono rapidamente in mezzo ai boschi dell'est, senza premurarsi neppure di star abbandonando la metà dei compagni indietro.

Comunque il ragazzo non si era certo dato per vinto, ed una volta assicuratosi di non essere pedinato da altri giocatori, mentre nella confusione del momento si proteggeva da quella folla di tributi scatenati ed in preda al panico tirando qualche preciso fendente a destra e a manca, stando comunque attento a non uccidere nessuno, perché nonostante tutto non era ancora deciso a perdere i propri valori morali così drasticamente, si era inoltrato a sua volta nella fitta rete vegetativa costituita da quella specie di foresta verdognola, quasi mediterranea, “alla ricerca dell'alleanza perduta”.

Era stato costretto a girare per quasi un giorno di seguito, in mezzo a quel labirinto di piante ed alberi, subendo il vento lascivo di quel clima quasi congelante al calar del sole, a cui lui non era per niente abituato. Non sapeva cos'avrebbe fatto pur di incrociare un invitante e coinvolgente raggio di sole.

Comunque tutto ciò che inizialmente riuscì ad individuare nella sua ricerca, furono solo qualche tipo di animale selvatico di piccole dimensioni, come ratti o piccoli roditori, qualche uccello dal canto particolarmente stridulo ed irritante, qualche grillo che aveva prontamente cercato di assalirlo e che lui aveva altrettanto prontamente evitato cadendo all'indietro, proprio come nelle peggiori delle sketch comiche capitoline, ed infine aveva scorto della mera vegetazione verdeggiante di vario genere.

A fine giornata la muscolatura delle sue gambe era ormai fusa, e lui si ritrovava a camminare meccanicamente come un automa, senza riuscire più a sentirsi i muscoli degli arti inferiori, mentre si acchiappava all'unico sostegno per il fisico sempre più stanco, che lo accompagnava in quell'istante, ossia quella piccola quanto santa borraccia d'acqua fresca che si era ritrovato nello zaino, da cui tirava un sorso di tanto in tanto, mentre la sua sete aumentava contemporaneamente al suo nervosismo.

Continuò a cercare imperterritamente anche per buona parte della nottata, tenendosi lontano da rumori che potevano apparire apparentemente molesti, ossia appartenenti a tributi a lui sconosciuti, o che comunque non avevano a che fare con la sua alleanza, cercando di bloccarsi nelle zone di silenzio più assoluto, tanto che mentre faceva da vedetta situato su un possente tronco di un pino, circondato solo dal flebile rumore delle cicale che si esibivano in una specie di musichetta ritmata, riuscì addirittura ad assopirsi per qualche oretta, con la mera protezione dettata dall'altezza dell'albero su cui era salito.

Comunque fortunatamente nessuno, almeno per quella giornata, lo notò minimamente, e lui si risvegliò sano e salvo, mentre si trovava a sua insaputa, in bilico su un quel ramo spesso, importunato da uno di quei fastidiosi pulcini di qualche razza a lui sconosciuta,che gli canticchiava insistentemente nell'orecchio e gli tamburellava il volto, mentre stava beatamente poggiato sulla sua spalla.

Il ragazzo cercò di spostarlo mentre si trovava ancora in dormiveglia, facendo un movimento brusco della mano e cadendo precipitosamente in preda al panico da quell'alto albero aghifoglie.

L'unica nota positiva fu che una volta che fu precipitato al suolo, di sedere, e più precisamente su un groviglio di rovi rinsecchiti che in seguito gli lasciarono una sfilza di cicatrici superficiali sulle gambe, si svegliò completamente, riacquisendo la coscienza della sua situazione e la meta del suo obbiettivo.

Dopo essersi rapidamente stiracchiato e strofinato la faccia con i pugni, ricordandosi che per lui non ci sarebbe stata nessuna doccia ne colazione dai colori bluastri, con suo grande rammarico, almeno per quella mattinata, si alzò in piedi di getto, facendo attenzione a non strapparsi la tuta nel tentativo di liberarsi da quelle piante simili ad artigli che lo stavano attanagliando, ma per fortuna riuscì nel doloroso processo senza provocare lo strappo di un singolo tessuto, a favore degli stilisti doveva ammettere che quella divisa pareva veramente resistente.

Poi si arrampicò nuovamente su quell'albero alto ma non eccessivamente, per fortuna delle sue povere ossa, e recuperò con un rapido gesto la sua vortice, che poi era il nomignolo che aveva attribuito alla spada, ed il suo fidato borsone.

In seguito, con delle visibili occhiaia dovute alla nottata trascorsa quasi in bianco, che stonavano terribilmente con quella sua perfetta abbronzatura estiva, riprese a camminare con l'andatura di uno zombie, seppure per ragioni di forza maggiore fosse obbligato a proseguire ad un passo più o meno felpato, prendendo a girovagare fra le varie zone del labirinto di quella boscaglia, con lo stesso entusiasmo ed ottimismo di un detenuto prossimo all'esecuzione capitale.

Nonostante la sua sconsolatezza, per un enorme botta di fortuna, considerato il suo senso dell'orientamento quasi nullo, riuscì comunque a trovare il nascondiglio della scaltra biondina e della sua alleata, costituito fra l'altro da una perfetta incavatura naturale estremamente ben nascosta.

Se non fosse stato per il fatto che Annabeth era accasciata dormiente al di fuori di quella tana probabilmente avrebbe proseguito rettamente senza nemmeno notare quel rifugio, ed invece la ragazza era rimasta ben visibile agli occhi dei passanti, e per un breve attimo Percy pensò addirittura che fosse rimasta appositamente in vista per lanciargli un segnale nel caso lui fosse stato per le sue tracce e non fosse riuscito a trovarla, d'altronde secondo lui era a dir poco improbabile che quella ragazza fosse rimasta visibile solo ed unicamente per pura distrazione, le sembrava troppo sveglia per una sbadataggine simile.

Capì che la sua ipotesi era leggermente sbagliata solo quando i due si ritrovarono faccia a faccia e lei gli lanciò un grido acuto degno dei peggiori squartamenti da film dell'orrore, così appurò che decisamente non sembrava una persona in attesa di visite.

Subito dopo, da quella piccola cava, uscì una Clarisse La Rue decisamente spettinata e probabilmente nervosa, che lo atterrò con due mosse nette, contorcendogli il braccio e non rompendoglielo per poco, mentre imprecava a bassa voce ancora frastornata da quel risveglio bruto.

Annabeth nel frattempo si era calmata, probabilmente riconoscendo la figura “amica” che presenziava a quell'incontro, e si limitava a fissare quella scenetta mentre stava ancora rannicchiata ad uno scomodo masso, sbattendo ripetutamente le palpebre e sogghignando leggermente.

Il ragazzo si domandò come facesse ad inserire del sarcasmo o a trovare divertente la vista della sua cara compagna bipolare nel mentre che gli stava per spaccare tutte le articolazioni con un solo gesto.

Decise comunque, che nella posizione in cui si trovava, per essere precisi piegato in ginocchio con la faccia che strofinava nello sporco terriccio del bosco, mentre la ragazza mora gli teneva l'arto destro contorto all'indietro, e pressava sulla sua schiena con il grosso stivale sporco di fango, decise di non commentare in alcun modo potesse risultare negativo il comportamento della ragazza beffarda che lo fissava a braccia incrociate, seduta a qualche passo di distanza, godendosi lo spettacolo, si limitò dunque a richiederle una spezzata richiesta d'aiuto.

“Che faccio, gli pianto la lancia in mezzo alle vertebre”? - domandò tranquillamente Clarisse, rigirandosi la pericolosa arma nella mano ancora libera, con un tono totalmente rilassato e consapevole, come se stesse per decidere se cacciare un pollo o lasciarlo libero, insomma una cosetta da niente, non che il ragazzo si sentisse un pollo momentaneamente.

Fu allora che finalmente la bionda decise di intervenire, si alzò lentamente da terra, spolverandosi i vestiti leggermente coperti di terriccio e scrocchiando le nocche delle mani e gli arti superiori, che probabilmente si erano intorpiditi per via della posizione statica che aveva mantenuto in quei frangenti di sonno, poi, con tutta la lentezza del mondo, si avvicinò al volto schiacciato del ragazzo, tirando dei calci ai piccoli sassolini che incrociava nel terreno e scagliandoli lontani.

Percy in quel momento temette che la sua risposta fosse stata simile ad un “si, almeno ne avremo uno in meno”, aveva paura di aver sbagliato i calcoli su quella persona che ora si stava avvicinando a lui, che in realtà avrebbe dovuto considerare forse una nemica, temeva anche di essersi comportato da stupido offuscato da degli strani sentimenti d'attrazione ed emotivi che per qualche assurdo motivo provava per lei, d'altronde nonostante Annabeth fosse bella c'erano ragazze migliori in campo estetico, quali Piper, eppure lui aveva sentito fin da subito il dovere di creare un qualche tipo di rapporto proprio con lei.

Comunque la ragazza si inginocchiò all'altezza del suo viso e pronunciò una sola e semplice frase, mantenendo quel sorrisino mal camuffato sul volto.

“Per ora ci serve viva questa testa d'alghe, ma nel caso tenterà nuovamente di svegliarmi terrorizzandomi a morte in questo modo, avrai il via libera per fare quello che vuoi”.

La mora schioccò la lingua come segno di disappunto, probabilmente delusa dalla proposta pacifica emessa dall'altra, ma fece come richiesto e mollò rapidamente il braccio del ragazzo, mandandolo a sbattere anche con il busto contro il pavimento.

Poi ritornò nel rifugio borbottando qualcosa tra se e se, mentre lasciava dei piccoli buchi sul terreno con la punta romboidale dell'arma rossastra, sbadigliando rumorosamente.

Percy si tirò in piedi con il braccio ancora dolorante e le sopracciglia corrucciate in un broncio, quella ragazza non la sopportava proprio e non riusciva a capire come Annabeth potesse farlo senza impazzire o scoppiare in una rissa ogni quarto d'ora.

“Scusala, di solito è un po' impulsiva, ma in fondo il mio istinto mi dice che è una brava ragazza. Spero che potrete andare d'accordo... No, ok, non succederà, ma si sa che è solo una frase di circostanza, in verità spero solo che non ti uccida prima del tramonto, non penso che tu gli stia troppo simpatico...” decretò la bionda squadrandolo da capo a piedi, con un espressione facciale concentrata, fingendo un atteggiamento serio e gravoso.

“Oh, non penso che una “buona ragazza” tenterebbe un omicidio senza lasciarmi nemmeno spiegare, e comunque mi ha colto di sorpresa, cosa ti fa pensare che non potrei essere io a metterla K.O. per primo?” domandò sarcastico.

Annabeth lo guardò direttamente sul volto e dopo un po' scoppiò in una sonora risata, tanto che ad un certo punto dovette tenersi la pancia per il troppo ridere.

“Dai, ma dicevi sul serio? Con quella faccia da delfino assonnato ed indifeso che ti ritrovi? Già è tanto se fin ora sei riuscito a non ucciderti da solo incrociando qualche trappola, inciampando da un burrone o che ne so', cadendo da un albero.” disse mentre si inchinava a raccogliere il pugnale che aveva gettato per terra nell'impatto di panico provato al suo risveglio, riponendolo con fare neutro nella cintura.

Percy arrossì leggermente a quella sua ultima battuta che voleva essere retorica, lui da un albero c'era caduto davvero, ma non voleva che pensasse che per questo fosse un buono a nulla capace solamente di combinare macelli, lui seppure forse non fosse bravo come La Rue era comunque abbastanza capace nel combattimento, e poi nel suo distretto era sempre stato uno dei più iperattivi e dinamici.

Prese a seguire la ragazza, rimuginando sulle sue capacità, che nel mentre silenziosamente si stava addentrando nel rifugio dove si trovava già l'alleata.

“Non preoccuparti in questo modo, ho solo detto che sei un po' sbadato, mica che sei un incapace, sono consapevole della tua abilità nel combattimento.” lo rassicurò lei voltandosi a sorridergli, questa volta sinceramente, come se poco prima fosse stata capace leggergli nella mente e si volesse chiarire, e Percy era sicuro che in qualche modo sapesse fare pure quello.

Una volta giunti nell'incavatura del rifugio, notarono come Clarisse aveva già posizionato i due zainetti appartenenti a loro due, in entrambe le spalle, e di come si stesse dirigendo mestamente verso di loro.

Come in un tacito accordo le due avevano entrambe decretato che dopo il rumore che avevano causato sarebbe stato decisamente meglio spostarsi da quel luogo al più presto possibile, anche se in realtà avevano tutte e due già in programma di muoversi.

Dedicarono quella giornata completamente all'avanscoperta di quello strano campo da combattimento, con a capo del gruppo Annabeth che di tanto in tanto forniva informazioni sui tipi di animali, piuttosto che sui frutti, sui fiori e sulle piante, che nel caso si rivelassero utili, raccoglievano di tanto in tanto, riponendoli nelle sacche, quella ragazza sembrava una specie di enciclopedia vivente.

Poi finalmente, verso l'ora di cena riuscirono a bloccarsi in un punto perfetto, situato fra la linea di confine della zona est ed ovest, che avevano faticosamente raggiunto scavalcando diversi ostacoli costituiti da ammassi pietrosi e scalando una parete rocciosa, per riuscire ad arrivare infine ad un altura cava del terreno, che veniva nascosta prontamente da una parete naturale ed impenetrabile di pietre, ed era abbastanza alta da poter favorire una buona vedetta in caso di fuga.

Approfittarono di quell'ottimo suolo arido per sistemarsi per qualche giorno, munendosi di grossi bidoni pieni d'acqua, oggetti che avevano trovato dentro la borsa di Percy, per abbeverarsi durante la permanenza.

Grazie a quella postazione riuscirono momentaneamente ad esser lasciati in pace da qualsiasi tipo di forma vivente, restando così dispersi in un puntino marrone di quella mappa circolare, nutrendosi solamente con le risorse situate all'interno degli zainetti, senza doversi spostare neppure troppo per procurarsi ulteriore cibo.

Dopo pochi giorni che passarono, però le risorse terminarono ugualmente, e perciò i ragazzi decretarono che qualcuno sarebbe dovuto scendere dai massi per andare a cacciare e procurarsi del cibo, in più era effettivamente da qualche giorno che i ragazzi non mangiavano come si doveva e non assumevano prevalentemente abbastanza ferro, e nel loro fisico cominciava a riscontrarsi della nausea che sarebbe potuta sfociare in anemia, perciò in qualunque caso urgeva procurarsi dei pasti sostanziosi e niente sarebbe stato più appagante di una bistecca.

A fare il turno per la prima serata di caccia, si offrì coraggiosamente come volontaria Clarisse La Rue, scelta che venne prontamente accolta dagli altri ragazzi, che seppur non volessero farla affaticare troppo, non avevano alcun tipo di esperienza nella caccia e temevano infatti di posseder minor tipo di possibilità di riuscita dell'altra, perciò per lo meno volevano temporeggiare.

Percy ed Annabeth rimasero quindi da soli con il semplice compito di fare la guardia a quel luogo strategico scovato in precedenza dalla biondina, e possibilmente avrebbero dovuto preparare un leggero fuocherello per riscaldarsi e per cucinare il pasto.

Non era la prima volta che facevano un fuoco, sapevano che era rischioso per quanto riguardava la visibilità del fumo, ma con qualche stratagemma erano sempre riusciti a camuffarlo ed a non far notare quella fastidiosa scia grigiastra, se così non fosse stato sarebbero già stati trovati e circondati da ipotetici aggressori.

Comunque sapevano di non poter fare a meno di quella fonte di calore.

Per raggiungere quel luogo disperso nel marrone delle pietre avevano dovuto inoltrarsi nella zona ovest della boscaglia, e se già in quella di estrema est cominciava ad esserci un leggero ma fastidioso venticello freddo, in quel luogo ci mancava veramente poco perché iniziasse a grandinare prepotentemente, senza il fuoco sarebbero sicuramente morti assiderati.

Percy fissava il pavimento marrone e polveroso davanti a se, tutto il panorama era uguale, marrone allo stesso modo, solo le dimensioni delle pietre variavano di tanto in tanto creando uno scomodo scambio di livello nel terreno, nell'aria svolazzavano dei granelli e della leggera polvere, quasi rossastra, lasciata da quei massi, creando una specie di mistica foschia tutt'intorno alle loro deboli figure.

Nel cielo cominciava a calare la notte ed il freddo aumentava gradualmente, tanto che sembrava sincronizzato all'inscurirsi dell'orizzonte.

Tutto in quel luogo sembrava strillare malinconia e il ragazzo cominciava a provare un enorme buco nero dentro di se, non voleva ripensare alla madre, al suo passato, alla sua casa, sapeva che se avesse ceduto ai pensieri di quello che non poteva più avere sarebbe stato solo peggio, non doveva lasciarsi prendere dalla tristezza, doveva restare combattivo ed attivo.

Si girò verso la sua compagna, che come lui stava seduta a gambe incrociate su quello scomodo terreno e fissava con aria altrettanto nostalgica il cielo, in realtà non sapeva che anche nella testa della ragazza galleggiavano degli stessi pensieri infelici, non sapeva che lei stava per cadere in un altro di quegli orribili flashback del passato legati alla sua fuga, eppure ne notava l'aria abbattuta e questo bastava per fargli stringere il cuore, ma non se ne spiegava ancora il perché.

“Ehi, Annie, a che cosa pensi?” domandò rivolgendole il sorriso più comprensivo che gli riuscì, cercando di farle venire, anche se in minima parte, un po' di buon umore.

La ragazza si distrasse dai suoi pensieri e si voltò per guardarlo negli occhi, rivolgendogli un espressione seria ma altrettanto solidale.

“Penso che dobbiamo assolutamente cominciare a fare un fuocherello, il buio sta calando in compagnia del gelo, ed in più se Clarisse quando torna non lo vede pronto sono sicura che ci fa fuori.”

Detto questo si allungò per prendere i ramoscelli che avevano staccato da degli alberi qualche giorno prima, e due pietruzze più o meno grosse oramai levigate, cominciò a strofinarle tra loro in mezzo al legno, andando a creare con quel movimento costante le prime deboli scintille.

“E poi penso ai decaduti in questo gioco. Il primo in assoluto di quest'anno è stato Benito, un mio compagno di distretto, non lo conoscevo, ma da quando l'avevo incontrato la prima volta alla mietitura mi era sembrata una persona apposto, eppure ha tentato di uccidermi, ed invece alla fine è stato lui a morie, proprio l'ironia della sorte.

Poi è morta anche quella Katie, quella del distretto dei cerali. In realtà non le ho mai parlato, ma vedendo i suoi grandi occhi verdi mi era parsa anche lei una che non meritava di morire, anche se ho notato come un velo di tristezza racchiuso dietro la sua espressione timida. Chissà com'è morta?

Comunque non è stata lei la seconda, prima è toccato ad un altra ragazza, credo la compagna distrettuale di Polluce, una certa Serena se non mi sbaglio, ma di lei non ricordo proprio nulla in verità.

Anche Rachel è morta, e mi dispiace, nonostante inizialmente provassi un certo astio nei suoi confronti, standole un po' più vicina alle sessioni avevo appreso che era una tipa tosta caratterialmente, un pochino anticonformista e molto tenace nelle sue decisioni, eppure mi sembra che queste sue doti non siano servite poi a così tanto qui dentro. Credo di aver visto che anche tu ci avevi scambiato qualche parola, immagino dispiaccia anche a te dunque.

Invece se devo essere sincera quando Gerard è morto non ho provato altro che sollievo.

Mi rendo conto che è una cosa estremamente cinica da dire, ma quel tipo mi faceva paura, sembrava così bruto ed insensibile, una specie di sadico pronto a tutto pur di vincere, comunque non posso giudicarlo, d'altronde non lo conoscevo poi così tanto, e poi siamo in circostanze a dir poco estreme, non è così sorprendente se qualcuno seppellisce i propri sentimenti a favore della sopravvivenza personale.

Infine Hazel... Non ho parlato neppure con lei, in verità le persone con cui ho interagito sono in numero ristretto, e la maggior parte fanno parte di quelli che sarebbero dovuti essere “favoriti”, ma comunque quand'è morta per qualche motivo mi son sentita estremamente male.

Sembrava così dolce, così vogliosa di vivere, sono sicura che non avrebbe fatto male a qualcuno neppure sotto tortura, e questo è stato il risultato.

Mi chiedo che essere ignobile sia riuscito ad uccidere una ragazza del genere, ma poi mi rendo conto che chi l'ha fatto non può essere considerato in torto, ma questo non ha senso ed è estremamente ingiusto, non va per niente bene.

Sicuramente se hanno avuto la codardia od il coraggio, perché non so' bene come definirlo, per togliere la vita a lei, non si faranno scrupoli con noi.

Ma io invece me ne farò? E tu Percy, sei pronto a tutto questo?”.

Il ragazzo rimase a fissarla attento in volto per tutto il suo discorso, mentre strofinava le pietre con l'ausilio della compagna per procurare un po' di bramato calore e poi disperdeva rapidamente il fumo che in quella sera riusciva già a restare nascosto da se, camuffato dalla nebbiolina rossastra che continuava ad aleggiare sul paesaggio.

“Non voglio uccidere, ma non posso permettermi di essere ammazzato. Perciò la mia risposta è che semplicemente non ne sono certo. Posso solo dirti che dipende dal contesto, dalla persona, da tutto quanto. Se mi avessi chiesto se fossi stato pronto ad aggredire te, per esempio, la mia risposta sarebbe stata un deciso no, ma se non si tratta di questo, non so che potrei fare guidato dal panico. Il trucco sta nel non pensarci, più ci pensi e più ti ritrovi a star male senza motivo.

Tanto quest'esperienza stessa ci insegna che non puoi programmare precedentemente cosa farai in seguito, non sei un robot. Perciò ora goditi questi momentanei attimi di pace e spegni quel cervello iperattivo che ti ritrovi, anche perché sono sicuro che sennò potrebbe esplodere”.

Le rispose scrollando le spalle, e mantenendo un aria rilassata, come se volesse contagiargli quella specie di finto riposo dalle tenebre che si era imposto dall'inizio di quei giochi.

La ragazza lo fissò per qualche attimo con decisione, poi le piccole rughe che si stavano formando agli angoli della sua bocca imbronciata e della sua fronte pensierosa si dissolsero in un espressione più tranquilla, chiuse gli occhi e tirò una boccata d'aria, facendo entrare in circolo nei suoi polmoni quell'ossigeno gelato che persisteva tutt'intorno, infine emise una risata quasi impercettibile.

“Anche io, cosa posso andare a chiedere ad un babbeo del genere che ha un camper di hippie pieni di pace e ghirlande di fiori al posto del cervello? Forse però hai un po' ragione, è meglio non rimuginare troppo su quello che accade o è probabile, se non sicuro, che io impazzisca, e presumo di voler tutelare la mia sanità mentale, almeno per ora, sennò finirei per attaccarti ed ucciderti, dato che tu nemmeno reagiresti per fermarmi letalmente.” pronunciò il tutto di getto, e poi gli tirò una pacca affettuosa nel retro della testa, mascherandola da colpetto, in breve ritornò imperterrita ad avvicinarsi al fuoco, infreddolita ed attena a non far cessare la fiamma, così man mano anche Percy si faceva a sua volta più vicino.

“Certo che fa' proprio freddo ultimamente! Secondo te perché la temperatura sta subendo questo mutamento drastico, Annie?” domandò rabbrividendo visibilmente ed emettendo una specie di sbuffo strascicato dalla gola irritata, intenzionato a cambiare discorso.

“Sei proprio una testa d'alghe. Credevo fosse ovvio e palese che la temperatura non è mai mutata di un solo millimetro, piuttosto è l'isola a mutare.

In pratica noi ci troviamo su un isoletta ovoidale, totalmente disabitata, suddivisa in tre sezioni, due più piccole situate a nord, costituite dalla parte est e da quella ovest ed una più grande situata interamente a sud.

Se ti guardi bene intono salta all'occhio il fatto che gli strateghi abbiano deciso di inserire gradualmente un clima caldo, quasi equatoriale, uno medio-mediterraneo ed uno freddo, ma non proprio glaciale.

Noi in questo momento siamo in una via di mezzo tra le due sezioni del nord, infatti qui non fa certo caldo, ma il tutto non è nemmeno eccessivamente ghiacciato, direi che piuttosto è abbastanza sopportabile.” puntualizzò con un atteggiamento ovvio, facendo ondulare la chioma riccioluta ad ogni movimento e gesticolando con le braccia per far apparire il tutto ancora più realistico.

“Stai scherzando, un isola? Impossibile! Fidati che penso di sapere piuttosto bene come son fatte le isole e sono sicuro che se intorno alla terra non si trova il mare quello non può essere considerato un isola. Tra l'altro questi climi strambi non possono proprio appartenere ad un posto del genere.

Ma a parte questo, anche se la tua ipotesi fosse corretta, cosa che senza offesa, dubito molto, perché non ci hai detto niente? Per caso non ti fidavi di noi?” domandò sbalordito il ragazzo puntando i suoi occhi celesti nel grigio tempestoso, che trasmetteva una sapienza scontata, di lei.

“Basta osservarsi un po' intorno per capire che la mia idea è azzeccatissima. Fidati che il mare è presente tutt'attorno a questo blocco di territorio, solamente noi ci troviamo troppo centralmente per poterlo scorgere o sentire, ma c'è.

E ricordati che il clima è così ambiguo solo perché tutto ciò che vedi è artificiale, certo probabilmente un fondo di ambiente reale persiste, ma il resto è stato tutto mutato per gli Hunger Games, ovviamente una cosa del genere non potrebbe esistere in natura, ma i capitolini e la loro tecnologia sanno fare miracoli, e quest'arena ne è una conferma.

Comunque è ovvio che mi fido di voi. A Clarisse in realtà ho già palesato da molto tempo le mie teorie e lei stessa potrà confermare che le trova quanto meno da prendere in considerazione, secondo me il tutto sarebbe solo da provare visitando le estremità di questo posto.

E tu sei troppo un delfino rimbambito perché io possa aver dei dubbi sulla tua completa sincerità.” chiarì divertita.

“Quindi ero l'unico a non saperlo? Favoloso! E se non hai dubbi su di me perché non me lo hai detto subito?” proseguì il ragazzo leggermente offeso.

“Perché non me l'hai chiesto!” si giustificò la bionda a sua volta, stritolandogli una guancia per cercare di fargli andare via il broncio, mentre Percy continuava a voltarle la faccia irritato, sentendosi un ennesima volta spiazzato dal comportamento imprevedibile di quella persona, temeva che prima o poi lei non considerandolo all'altezza decidesse di lasciarlo indietro, non lo voleva e non l'avrebbe sopportato.

Mentre era intento a scrollarsi di dosso la presa ferrea che gli attanagliava le guance corrugate, irruppe una voce alle loro spalle che fu in grado di ammutolirli istantaneamente.

Indietreggiarono contemporaneamente, spingendosi sulle gambe, entrambi a disagio, e continuarono a curare quel povero fuoco che stava ormai per divenire mera cenere.

Clarisse li guardava di sottecchi mentre teneva il cadavere di una volpe discretamente grossa tra le braccia, con la sua solita postura arrogante ed un ghigno insolitamente ansioso sulla faccia.

“Romeo e Giulietta, non vorrei disturbarvi troppo, per carità, ma temo che dovrete presto alzare i vostri sederini incantati per aiutarmi a sistemare questo casino di roba dentro gli zaini.

Dopo di che dovremmo affrettarci a fuggire da questa postazione.”

I due interpellati si scambiarono uno sguardo confuso, Clarisse sembrava estremamente seria ed apriva e chiudeva il palmo destro in un impellente segno di nervosismo.

“Prima ci vuoi spiegare il perché di questa fretta? Questa postazione non andava bene? Non avrai mica visto dei tributi dirigersi fino a qui sopra, vero?” domandò Percy, che se ne stava ancora immobile nella sua posizione, mentre invece l'altra ragazza stava già cominciando a fare come le aveva detto la mora e si stava affrettando a mettere tutti i vari strumenti potenzialmente utili negli zainetti, eliminando quasi totalmente le loro tracce.

Clarisse alzò gli occhi in gloria e sbatté pesantemente un piede al suolo, avanzando qualche passo verso la sagoma di Percy.

“Ma per chi mi hai preso? Per una ragazzina frignona come te? Ovviamente non farei tutto questo scalpore per un paio di giocatori. Non riesco a capire cosa stia avvenendo, ma sento come un campanello d'allarme risuonare nelle mie orecchie, qui non è sicuro”.

Percy sollevò un sopracciglio disapprovante “ Oh bhe, Annie, se il suo istinto animale le sta suggerendo che stanno per avvenire delle “robe a caso” potenzialmente “rischiose” io direi di fare bagagli e burattini e di filarcela. Non fa ovviamente una piega,no? No!”.

I due cominciarono un ennesima volta a litigare e lanciarsi delle frecciatine tra di loro, puntualmente in disaccordo l'uno con l'altro.

Il ragazzo pensava che loro tre come individui formassero veramente un bel quadretto comico.

Sicuramente se avessero rappresentato la parodia di un qualsiasi liceo, Clarisse avrebbe fatto il bulletto represso, Percy lo sfigato che cercava di ribellarsi dal maltrattamento perenne da parte di quest'ultimo, ed Annabeth la solita professoressa tutta precisina, probabilmente di matematica o storia, che ogni volta li rimproverava e li divideva per non far sfociare il tutto in una rissa.

Quando però si accorse che quella volta la bionda non stava in alcun modo cercando di intromettersi nel loro litigio, ma anzi se ne stava più silenziosa del solito ed immobile alle sue spalle, finì di prendersi ad insulti e male parole con la compagna e si voltò per vedere cosa stava succedendo ad Annie.

Quando finalmente incrociò il suo volto, si accorse che era come paralizzata di profilo, il corpo le si tendeva come una corda di violino, in una rigidità assoluta, e la sua pelle sbiancava mestamente.

Gli occhi erano spalancati e la sua bocca si apriva e richiudeva continuamente, facendo uscire solo dei fievoli versi e non riuscendo a pronunciare una sola frase o parola completa.

Seguì la traiettoria del suo sguardo, facendosi a sua volta estremamente teso, non l'aveva mai vista così terrorizzata.

Quando finalmente davanti a se scorse migliaia, anzi milioni di corpi che si arrampicavano velocemente tra le rocce, uno affiancato dall'altro, in tutta la loro bruttezza sinistra, indirizzandosi velocemente verso di loro.

Quella vista era decisamente un allarme più che concreto per poter darsi alla fuga.

A Percy uscirono le parole che la ragazza non era riuscita a pronunciare in quel frangente, troppo occupata a tremare.

Si limitò ad indicare il fantomatico rischio all'orizzonte deglutendo e tirando più di una gomitata alla mora, con l'intento di far scorgere anche a lei la situazione di pericolo che si stava prospettando.

“Clarisse, per una volta temo che tu non fossi totalmente in torto. Dato che presumo che il nostro problema siano quei milioni di ragni grandi e scuri che vengono rapidamente verso di noi”.

 

Nda: Hey, salve!

Questo Giovedì non ho avuto modo di scrivere, perché la scuola è ricominciata ( basta, vi prego, no) e quindi credo che inizierò nuovamente a postare un solo giorno alla settimana (Lunedì) e solo SE ce la faccio Giovedì.

Spero che questo capitolo vi sia comunque piaciuto, ho cercato di inserire dei momenti tra Annie, che è sempre un enciclopedia, e Percy, che è sempre un imbranato cronico, ma che insieme sono così carini!

Poi Clarisse è semplicemente Clarisse, ed io la adoro! Mi farebbe piacere avere un vostro giudizio per quanto riguarda l'unione di questo trio, secondo voi stanno bene come alleanza?

Concludo con il dire che io al posto loro sarei direttamente morta alla vista di tutti quei bei ragnetti (oh, no dei, che cosa aberrante! ), ma chissà come se la caveranno loro tre.

Alla prossima, che spero sarà il più presto possibile<3

   
 
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