Rimase
immobile a trattenere il fiato sotto il getto d'acqua calda, nella
speranza che quell'odore sparisse. Acqua di colonia, tabacco e menta
piperita. Chiuse gli occhi, spostò i capelli dal viso e si
sforzò
di pensare a qualcos'altro.
Chi era il ragazzo di Pansy? Era un
Corvonero, forse lo conosceva, era convinta di aver già
sentito
quella voce nasale... ma il flusso dei suoi pensieri veniva
interrotto da quel profumo, da quegli occhi grigi e dal martellante
ritmo del suo cuore.
Aprì il rubinetto dell'acqua fredda e si
lasciò andare contro la parete della doccia. Che le avesse
scagliato
una fattura? O magari era vittima di un filtro, lui era sempre stato
bravo con le pozioni.
Sono solo gli ormoni, Hermione. Solo gli
ormoni.
Batté la testa contro le piastrelle per
convincersene, così forte da non sentire che qualcuno stava
bussando.
«Hermione, tutto bene?» la voce ovattata di Harry
giunse da dietro la porta.
«Sì! Hai bisogno di qualcosa?» si
affrettò a rispondere chiudendo l'acqua.
«Che stai
facendo?»
«Harry, ti sembrano domande da fare?»
«Stai per
caso...?»
«La doccia! Sto facendo la doccia!»
gridò. Non aveva
mai avuto molta pazienza, ma forse Ron si era portato via le sue
ultime scorte come souvenir.
«Ah, va bene!» disse spalancando la
porta.
«HARRY!» il ruggito della leonessa fece quasi
tremare
tutta la torre di Grifondoro.
Hermione fece capolino tra le
ante di vetro colorato nella speranza che il suo sguardo uccidesse il
Salvatore del mondo magico.
«Senti lo so che non dovrei
essere qui, però ti devo parlare di una cosa che ho visto.
È
importante!»
«Harry, se non esci entro cinque secondi, ti
trasformo in uno schiopodo sparacoda per il resto dei tuoi
giorni»
provò con tutte le sue forze a mantenere un tono di voce
amichevole.
«Va bene, ma sappi che questo tuo atteggiamento mi
ferisce» le fece la linguaccia prima di andare via.
Se quel troll
di montagna le avesse fracassato la testa con la clava, invece di
sfondare la fila di lavandini, non si sarebbe trovata in quella
situazione.
Chissà, forse avrei vagato per le tubature insieme
a Mirtilla Malcontenta...
Infilò l'accappatoio e uscì dalla
doccia tremando. Non aveva abiti per coprirsi ma una bacchetta per
schiantare il suo migliore amico, così, forte di questa
convinzione,
rientrò in camera, dove Harry la aspettava in piedi accanto
al
letto.
«Ho il permesso di vestirmi o vuoi che...?»
«No, vado
di fretta, Ginny mi aspetta di sotto» si grattò la
testa un po' a
disagio. Parlare di lui e Ginny insieme continuava a metterlo in
imbarazzo.
«E va bene! Su, dimmi cosa hai visto»
alzò le
braccia rassegnata.
«Non sembri molto convinta, sicura di volerlo
sapere?»
«Harry...!»
«Draco Malfoy al terzo piano»
disse allora come se fosse la rivelazione del secolo.
«M-malfoy?
E perché dovrebbe interessarci?»
«Devo ricordarti che
l'ultima volta in cui ho beccato Malfoy a gironzolare per i corridoi
poi ha fatto entrare una schiera di mangiamorte a
Hogwarts?»
Mangiamorte. Nessuno smette mai di essere un
mangiamorte.
«Senti, lo so che...» iniziò a dire, ma
qualcosa le fece perdere il filo. «Cos'è
quella?»
«Di che
parli?»
«Di quella!» indicò Harry con un
movimento circolare.
«La tua faccia, conosco quell'espressione e non promette
nulla di
buono. Quel che fa Malfoy non ci riguarda più, non se
vogliamo
riprendere a vivere... normalmente» incespicò
sull'ultima
parola.
Harry sbuffò, tuffando una mano tra i capelli
scompigliati «Lo so, hai ragione».
Vederlo combattuto
risvegliava in lei l'istinto materno, così non
poté fare a meno di
abbracciarlo.
«Ehi, tutto bene?» le chiese con la faccia
affondata nella spugna del suo accappatoio. Lui era il fratello che
non aveva avuto, l'amico che non si sarebbe mai sognata di incontrare
e tra le sue braccia si sentiva protetta, al sicuro da ogni
pericolo.
«Va' da lei» gli diede un buffetto sul naso.
«A
Malfoy ci penso io e - prima che tu lo dica – no, non lo
affronterò
da sola. Cambierò gli orari della ronda notturna e i turni
dei
prefetti, ok?»
Harry non sembrò affatto rassicurato da quelle
parole, ma forse andava davvero di fretta dopotutto. Le
stampò un
bacio sulla fronte e volò giù per le scale.
Non è finita
qui, me lo sento.
Come poteva esserlo? Aveva assistito
a qualcosa quella sera, doveva
solo attendere le
conseguenze, non aveva neppure il bisogno di cercarle.
L'insolito
atteggiamento di Malfoy non poteva portare a niente di buono, ne era
certa. E non perché si fosse allontanato dai propri compagni
di
Casa, né perché avesse paura di subire delle
ritorsioni.
Ciò
che l'aveva messa in agitazione era il nuovo modo che aveva di
approcciarsi a lei.
C'era qualcosa dietro quello sguardo crucciato
che le aveva gettato addosso una strana inquietudine, a cui non
sapeva dare il giusto peso o collocazione all'interno dei propri
pensieri.
Rózsák
Örokké.
Quelle
due parole, a cui non trovava un significato, le ritornarono alla
mente per ricordarle che il biondo Serpeverde non era l'unico
problema e forse nemmeno il più importante.
Aveva smesso di
credere al caso da un pezzo e se quei due si erano incontrati nel
buio di un corridoio non era solo per pomiciare.
Nel mondo dei
maghi le parole avevano un certo peso, un valore particolare
sconosciuto ai babbani. Una parola pronunciata da un mago al momento
opportuno poteva fare la differenza tra la vita e la morte.
Con un
colpo di bacchetta asciugò i capelli e si vestì
con in mente solo
il letto e la voglia di spegnere il cervello.
Poggiò la
testa sul cuscino e chiuse gli occhi, mentre Grattastinchi si
acciambellava accanto a lei.
L'ultima cosa a cui pensò prima di
addormentarsi fu il volto impaurito del Serpeverde.
Dannato
spirito Grifondoro... dannato Malfoy.
*
Era
il grande giorno, la prima lezione di Difesa tenuta da un'intera
squadra di auror e a chi era destinata? Al settimo anno di Grifondoro
e Serpeverde. Ovviamente.
Se Silente fosse stato ancora lì
avrebbe potuto provare a captare del sadico umorismo, ma dalla
McGranitt non se lo sarebbe mai aspettato un tale colpo basso.
Aveva
dormito davvero poco, tra un incubo e l'altro, il sonno non era stato
che un semplice intermezzo. Si era trascinata a colazione con la
voglia di vivere sotto la suola delle scarpe e aveva proseguito il
tragitto fino all'aula di Difesa con lo stesso entusiasmo.
Sapeva
quanto potesse essere meschino come pensiero, ma sperava che tutte le
attenzioni di Matthew Turner si sarebbero concentrate sulle Serpi,
magari su Pansy...
«Pensi che ci
metteranno alla prova?» la domanda di Harry le giunse alle
orecchie
come un messaggio lontano e appena udibile, nonostante l'amico fosse
a pochi centimetri da lei.
Gli auror occupavano meno della metà
dei suoi pensieri quella mattina, il resto era tutto dedicato
all'incontro notturno a cui aveva assistito assieme ad uno certo
ragazzo dagli occhi grigi.
Tra lei e Harry non c'erano mai stati
segreti e ora quella piccola omissione di verità le gravava
sulle
spalle come un peso troppo grande da sopportare. Il senso di colpa
l'avrebbe schiacciata prima della fine dell'anno... o del mese. Tutto
stava nella velocità con cui sarebbe entrata in possesso di
nuove
informazioni, perché lo sapeva che sarebbero arrivate prima
o
poi.
Dannato Malfoy!
Come
se avesse ascoltato i suoi pensieri, lui si voltò nella sua
direzione e le lanciò un'occhiataccia.
«Sbaglio o Malferret ci
ha appena riservato uno dei suoi amichevoli sguardi?» disse
Harry
tra i denti dandole una leggera gomitata. Sembrava dire “te
l'avevo
detto”.
«No, non mi pare» mentì spudoratamente,
tanto che
persino Neville, accanto a loro, fu costretto a dedicarle un'occhiata
di biasimo.
L'aula era stata sgomberata, non c'erano più banchi e
sedie ma solo la cattedra e una grossa pedana centrale di forma
circolare, attorno a cui si radunarono gli studenti.
Grifoni
da una parte, Serpi dall'altra, a fronteggiarsi come eserciti prima
di una battaglia.
Hermione guardò di sfuggita Pansy. Se ne stava
in piedi, con le braccia conserte e il solito broncio annoiato
stampato in faccia, un'immagine molto lontana da quella dell'isterica
che aveva avuto modo di vedere la sera prima. Schermò la
mente per
quanto le fosse possibile nonostante il costante affastellarsi di
pensieri... compromettenti.
Stavano
aspettando gli auror da un tempo che sembrava infinito, dilatato dal
mistero e dalle aspettative. Cosa sarebbe accaduto? Erano sospesi
nell'incertezza.
E poi, finalmente, la porta dell'ufficio cigolò
sui cardini, Turner entrò in aula scendendo i pochi gradini
con il
suo personale passo saltellante. Nello stesso momento altre quattro
persone fecero il loro ingresso dalla porta principale e tutti e
cinque si posizionarono in fila davanti alla pedana, nello spazio
lasciato libero dalle due "fazioni".
Un silenzio di
piombo calò sulla stanza e Hermione riuscì a
percepire la tensione
proveniente dai Serpeverde. Molti di loro tenevano lo sguardo basso,
altri appena sollevato come chi si prepari a ricevere uno schiaffo.
Solo alcuni sembravano indifferenti alla presenza degli auror e tra
questi vi erano loro, la vecchia combriccola di attaccabrighe:
Parkinson, Zabini, Nott e Malfoy.
Ciò che emergeva forte e
chiaro, come l'insegna luminosa di un negozio babbano, era che non si
sarebbero piegati a quell'aria di oppressione, che non avrebbero
avuto paura di affrontare le conseguenze delle loro
malefatte.
Mangiamorte. Nessuno smette mai di essere un
mangiamorte.
Ancora una volta quelle parole le rimbombarono in
testa come un duro monito proveniente dall'alto.
Eppure, allo
stesso tempo, non riusciva a mettere da parte il discorso fattole da
Malfoy.
Lui era stato un mangiamorte, ma era anche un traditore
agli occhi di coloro che un tempo chiamava amici. Era solo, molto
più
di quanto non fosse lei, molto più di chiunque altro in
quella
stanza.
«Benvenuti al corso avanzato di Difesa contro le Arti
Oscure!» Turner era salito sulla pedana con un balzo, mentre
gli
altri auror erano rimasti fermi ai loro posti in posizione di
riposo.
Erano tre uomini e una donna, dimostravano la stessa età
di Turner, ma non la stessa delirante euforia.
Quello più a
sinistra, vicino ai Grifondoro, era alto e muscoloso, di carnagione
scura, teneva lo sguardo fisso davanti a sé come un automa
privo di
vita.
Accanto a lui vi era l'unica donna del gruppo. Il viso
squadrato e la testa rasata a zero, al contrario del compagno, li
osservava con un mezzo sorrisetto a incresparle le labbra
sottili.
Gli ultimi due erano gemelli, ma molto diversi da quelli
a cui era abituata. Uno aveva i capelli lunghi fin sopra la spalla,
neri come piume di corvo, e una grossa cicatrice trasversale sul viso
che finiva sull'occhio sinistro, coperta da una benda scura; l'altro
invece sembrava il prototipo del soldato modello, impassibile e
avvolto da un'aura di pericolosa minaccia.
«Come vi ho già
anticipato il mio sarà un corso diverso dagli altri,
rappresenta una
vera rivoluzione all'interno di questo vecchio castello! Avremo
più
ore da passare insieme e le dedicheremo alla pratica, perché
il
mondo là fuori non è quello che si legge nei
libri, non è vero?»
si rivolse direttamente ai Grifondoro.
Harry sostenne lo sguardo
del nuovo professore, senza battere ciglio né degnarlo di
una
risposta.
Turner non sembrò però sorpreso da quella
reazione, ma
anzi quasi soddisfatto.
«Bene, credo sia utile accompagnare il
primo argomento a una dimostrazione concreta. Mi serve l'aiuto di uno
di voi...» lasciò correre lo sguardo tra gli
studenti, con
lentezza, ma era evidente che avesse già scelto la
“vittima
sacrificale”.
«Oh!» un ghigno cattivo si dipinse sul suo volto
angelico «Malfoy, che ne dici?»
Il cuore di Hermione perse un
battito. Vide salire Malfoy sulla pedana con la stessa indifferenza
di sempre, ma il pallore cadaverico del suo viso le fece intuire ben
altro.
«Sì, bravo, mettiti qui al centro dove tutti
possono
vederti».
Malfoy fece quanto richiesto e poi Turner iniziò a
girargli attorno, come un lupo famelico che circonda la preda.
«Come
si riconosce un mangiamorte?» scandì con tono
squillante «Come
facciamo a sapere che l'uomo di fronte a noi, che ci parla, ci offre
una tazza di tè o un bicchiere di whisky non sia in
realtà uno
spietato assassino? E se quello stesso uomo fosse il nostro migliore
amico? C'è l'intuito certo, ma a volte... non...
basta»
A quelle
parole la sicurezza di Malfoy vacillò e il ragazzo si mosse
per
allontanarsi, ma un cenno della mano da parte di Turner e i due
gemelli gli furono addosso.
Provò a divincolarsi, mentre sussurri
spaventati si agitavano tra gli studenti, ma ogni tentativo era
inutile, i due auror erano troppo forti per lui. Gli bloccarono
entrambe le braccia, tendendole e facendo pressione su di esse. Non
sarebbe stato difficile per loro spezzarle come fossero
stuzzicadenti.
«Dicevo, a volte non basta, esistono altri metodi,
ad esempio il Veritaserum, la Legilimanzia, le maledizioni. Tutti
validi, ma a volte irreperibili, lenti o aggirabili. Se non avete
molto tempo a disposizione, la cosa migliore da fare è dare
un'occhiata alla pelle del vostro presunto mangiamorte. Come
già
saprete, non si può cancellare il Marchio Nero» un
colpo di
bacchetta e la camicia di Malfoy sparì.
Draco aveva smesso
di lottare e guardava Turner con disprezzo e disgusto, lo stesso che
avrebbe riservato a un insetto.
Nessun Serpeverde fiatò né mosse
un dito in sua difesa. Hermione allora rivolse la propria attenzione
ai compagni di Casa, ma nessuno sembrava turbato dal trattamento che
gli auror stavano riservando a Malfoy. Era solo, solo contro il resto
del mondo.
«Signor Malfoy! Che bella pelle bianca, perché non
ci
fa vedere la schiena?» i gemelli lo strattonarono,
costringendolo a
voltarsi.
«Esiste un incantesimo che ha lo specifico compito di
migliorare l'aspetto della pelle, di solito lo usano le ragazzine per
coprire i segni dell'acne. A quanto pare anche Malfoy è una
ragazzina nel pieno della pubertà»
ridacchiò maligno, seguito a
ruota dai colleghi, e poi passò la bacchetta sulla pelle
nuda del
Serpeverde.
L'incantesimo rivelò la presenza di numerose e lunghe
cicatrici, i segni di colpi frusta che non erano stati curati con la
magia. Hermione sentì una morsa afferrarle lo stomaco e la
gola e
d'istinto strinse il braccio di Harry. Lui non era scosso quanto lei,
ma era chiaro che quella situazione cominciasse a infastidirlo.
«A
quanto pare papà Malfoy puniva a dovere il suo prezioso
erede!»
l'auror si finse sorpreso «Come? Se farfugli così
non ti
sentiamo... fatelo voltare!»
I gemelli ubbidirono al
comando.
«Mio padre non ha mai usato questi rozzi metodi
medievali. I suoi colleghi ad Azkaban, professore,
invece
ne andavano matti» rispose Draco con l'usuale tono
strascicato. Non
aveva paura, era evidente.
Turner fece una smorfia contrariata «E
tu come ci sei finito ad Azkaban?»
«Conosce già la
risposta».
«Già e, sai, la lezione non è ancora
finita» gli
disse a pochi centimetri dal viso e poi riprese a parlare al resto
della classe.
«Il giovane Malfoy ha passato le vacanze in cella,
lo sapevate? Era un mangiamorte, ha tentato di uccidere Silente, ha
fatto entrare altri mangiamorte nel castello, ha combattuto dalla
loro parte. E allora perché non riusciamo a vedere il suo
marchio?»
Draco, che si era dimostrato calmo fino ad allora,
cominciò a opporre resistenza, come una belva in catene
«Lasciatemi
andare! Non avete alcun diritto di tenermi qui!»
Il più
muscoloso dei due gli sferrò un calcio che lo fece cadere in
ginocchio e allora l'altro gli sollevò il braccio sinistro,
poggiandogli un piede sulla spalla per tenerlo fermo.
«Esiste un
altro incantesimo, è stato creato appositamente dal
Ministero per i
mangiamorte redenti. Solo noi auror conosciamo la formula per
applicarlo e... per toglierlo» infuse una nota di maligno
compiacimento nelle ultime due parole.
«L'unico problema è che
può rivelarsi un'operazione parecchio dolorosa. Il Marchio,
nonostante tutto, continua a bruciare quando entra in contatto con la
magia».
Quella non era una lezione, ma una grottesca farsa e
serviva da monito a tutti gli studenti invischiati con il lato
oscuro, a tutti i mangiamorte presenti che avevano appena odorato
l'aria di Azkaban senza respirarla davvero. La loro libertà
era
fittizia, proprio come il ruolo degli auror all'interno della
scuola.
Turner si sposto dietro Draco, puntò la bacchetta
sull'avambraccio teso e dalla punta di legno scuro uscirono
scintille, che sfrigolarono sulla pelle finché un grosso
sfregio
informe, un'ustione rossastra e rialzata, non apparì chiara
agli
occhi di tutti.
Draco continuava a dimenarsi, lasciandosi sfuggire
pochi lamenti soffocati, il respiro sempre più pesante.
Era un
orrendo spettacolo a cui non era disposta ad assistere. Non le
importava chi fosse quel ragazzo, cosa avesse fatto in passato o cosa
avrebbe fatto in futuro, lei era migliore, lei era superiore ai
metodi usati dai mangiamorte. Gli stessi utilizzati dagli auror in
quello stesso istante.
«Basta!» urlò prima ancora di collegare
la lingua al cervello e in breve tutta l'attenzione fu rivolta su di
lei.
Si sentì quasi sopraffatta dagli sguardi allibiti dei
Serpeverde e da quelli inorriditi dei Grifondoro, ma non si
lasciò
abbattere, non era da lei rinunciare ad una causa persa.
L'auror
sollevò la bacchetta e la guardò come se fosse
un'apparizione, un
raro animale mai visto prima.
«Hermione Granger?!» sbottò a
metà tra l'incredulo e il divertito «Tra tutti i
Serpeverde
presenti non mi sarei mai aspettato che proprio la migliore amica di
Harry Potter si levasse in difesa di un Malfoy!»
allargò le braccia
con enfasi, ricercando approvazione nei volti dei suoi
compagni.
Harry provò a trattenerla per un braccio, ma lei era
già salita sulla piattaforma degli orrori.
«E allora? Cosa crede
che me ne importi?» domandò stizzita.
«Questa non è una
prigione, né una sala interrogatori, questa è una
scuola e lei
dovrebbe essere un professore. Dovrebbe insegnare a questi ragazzi
qualcosa di utile, non trattarli come cavie da
torturare!»
«A
questi ragazzi? Lei non è compresa nel pacchetto
studenti?» la
schernì «Oh, quasi dimenticavo, lei è
un'eroina nazionale! Ha
imparato tutto sul campo e questa» indicò Draco,
ancora
immobilizzato «è una situazione a lei familiare,
dico bene?»
Aveva
ormai perso il tono stucchevole, ogni traccia di divertimento era
sparita per lasciare spazio ad una cupa aggressività.
Hermione
indietreggiò, toccando la bacchetta nella tasca del
mantello.
Quell'uomo, quel ragazzo, non era ostile solo ai Serpeverde. Con la
coda dell'occhio vide che anche Harry era pronto a raggiungerla e,
nonostante tutto, ancora stentava a capire cosa stesse
succedendo.
«Professore! Vedo che non ha perso tempo».
Una
voce calda e profonda giunse dal fondo dell'aula, accompagnata dal
rumore di passi leggeri.
«Adesso capisco perché gli studenti
sono così poco attratti dalla mia
materia...»
«Che vuoi,
Dukes?»
«...cosa vuoi che siano dei comuni oggetti babbani
in confronto a questo!» Brett lo ignorò,
continuando ad avvicinarsi
al palco. «Qual è l'argomento del giorno? Tortura
applicata?»
Turner si passò una mano tra i capelli e
lisciò le pieghe della divisa.
«No, stavo dimostrando agli
studenti come smascherare un mangiamorte» rispose allora
serafico;
la rabbia aveva fatto la stessa fine degli indumenti di
Malfoy.
«Capisco... be' io sono qui per lui»
indicò Draco con
un cenno della testa «Ieri sera non ha portato a termine la
sua
punizione e lo stavo aspettando fuori, quando ho sentito dei lamenti
e delle urla provenire dall'aula. Credevo che tu avessi
bisogno di aiuto, ma a quanto pare mi sbagliavo».
«Esatto, ti
sbagliavi! E ti conviene tornare alle tue cose da babbano, la lezione
non è ancora finita»
Brett sistemò gli occhialetti sul naso e
sorrise, un sorriso diverso dai soliti... gelido.
«Io
dico di sì» sollevò gli occhi su
Turner, due pezzi di tormalina
blu incastonati in una maschera di sfida e ostilità.
«Signorina
Granger, porti Malfoy in infermeria» disse senza distogliere
lo
sguardo.
Turner scoppiò in una risata sguaiata, ma Brett non si
scompose.
«Che cerchi di fare, Dukes?»
«Oh, niente di
particolare, quello che faccio di solito»
«Sarebbe?»
«Insegno»
disse e poi guardò l'orologio «Ma guarda un po'
come passa veloce
il tempo! E il tuo è appena scaduto» sorrise
sornione.
Matthew,
le orecchie rosse come pomodori, i pugni stretti e i denti serrati
alla fine dovette accettare la sconfitta.
«La lezione è
terminata!» disse compiendo uno sforzo titanico.
Il ragazzo con
la benda rivolse un mezzo sorriso a Hermione e poi lasciò
andare
Malfoy come fosse un sacco di immondizia, dirigendosi assieme agli
altri auror verso l'ufficio del professore di Difesa.
La ragazza
non ebbe il tempo di preoccuparsene, Draco giaceva sul fianco, forse
svenuto.
«Be'? Che ci fate ancora qui? Non avete un'altra lezione
da seguire? Tutti fuori!» Brett rimproverò gli
altri studenti che
si stavano accalcando intorno al Serpeverde.
«Tu no,» disse
rivolto a lei «sei Caposcuola e devi aiutarmi a trasportarlo
in
infermeria»
«Non... non vedo il nesso tra le due cose»
protestò
debolmente. Alcuni suoi compagni erano ancora lì e la
accusavano in
silenzio, ma tra tutti quei visi arrabbiati cercò quello di
Harry,
l'unico di cui le importasse davvero. Lui la guardò con
apprensione.
«Fa' attenzione. Ci... ci vediamo più
tardi» disse
e poi seguì gli altri fuori dall'aula.
Si sentì confortata da
quelle parole, almeno Harry non aveva perso l'ultimo pizzico di
umanità.
Una volta che tutti se ne furono andati, si avvicinò a
Malfoy ma questi scattò in piedi facendola sobbalzare.
Era livido
di rabbia, aveva i capelli incollati alla fronte e alcune gocce di
sudore gli scendevano lungo le tempie, il viso era segnato dalla
sofferenza causatagli dall'incantesimo, mentre il braccio era ancora
arrossato. Da vicino riuscì a vedere l'infinità
di piccole
cicatrici chiare che gli segnavano il resto del corpo e di nuovo le
si strinse il cuore.
Non la degnò di uno sguardo, né di una
parola, nessun ringraziamento da parte del Serpeverde. La
scansò
infuriato e, dopo aver recuperato il mantello e la borsa, si diresse
all'uscita a passo di carica.
«Seguilo, ovunque vada, e non
permettergli di scendere nei sotterranei» le disse Brett
quando
furono anche loro fuori dall'aula.
«Perché proprio io?» arrossì
imbarazzata.
«Perché nessuno oserebbe sfidarti» le
fece
l'occhiolino e poi si incamminò nella direzione opposta a
quella
presa da Draco.
«E Malfoy?» gli chiese prima che girasse
l'angolo.
«Andiamo, sei troppo in gamba per lui!»
*
Ferito
e umiliato davanti a quella manica di idioti e soccorso da una
Grifondoro mezzosangue e dal professore di Babbanologia. Se il
fantasma di suo nonno l'avesse visto sarebbe morto un'altra volta,
dissolto per sempre nel nulla.
Non avrebbe mai smesso di pagare
per quel marchio impostogli, per le azioni commesse contro la sua
volontà, per non aver scontato la propria pena ad Azkaban.
Si
aggrappò al pensiero di sua madre, ancora rinchiusa in una
cella
buia e sporca, tenuta sotto scacco da auror senza scrupoli. Il
Ministero aveva deciso, dopo molte accese discussioni, di non
utilizzare più i Dissennatori come guardie della prigione e
questo
un po' lo consolava. Aveva molte più possibilità
di restare viva
mentre lui compiva la propria missione e, se ce l'avesse fatta,
avrebbero potuto andarsene via insieme, in un altro posto, il
più
lontano possibile da Londra.
Una folata di vento scosse le fronde
dell'albero che lo sovrastavano e alcuni raggi di sole penetrarono
attraverso le foglie, illuminandogli il viso. Toccò l'erba e
ne
strappò alcuni fili, respirò l'aria a pieni
polmoni. Stando lì, ai
limitare della Foresta Proibita, dove nessuno studente si avventurava
mai, poteva rimettere insieme i pezzi, riflettere sul da farsi, in
piena solitudine, la sua nuova amica, la più preziosa
alleata.
Peccato, però, che quella volta non fosse solo.
«Puoi smetterla
di nasconderti, i tuoi passi saranno anche silenziosi ma i rami e le
foglie secche che spezzi fanno parecchio rumore. Ribadisco, sei
patetica» disse annoiato.
Hermione gli si accostò con cautela,
mantenendosi ad una sorta di distanza di sicurezza.
«Un altro
passo e potrò vedere quali misteri si celano sotto la tua
gonna»
sospirò stanco, mettendosi a sedere. La guardò di
traverso, aveva
le guance in fiamme e guardava la foresta a disagio, continuando a
sistemarsi i capelli dietro le orecchie, che però sfuggivano
mossi
dal vento.
«Vattene via Granger, non mi accompagnerai in
infermeria»
Lei non rispose subito, ma prese posto sull'erba
accanto a lui, restando in silenzio per un po'.
«Ti ci posso
sempre mandare in infermeria»
«Oh cielo! Era una
battuta?»
«Mai stata così seria» disse laconica,
come se
con la mente fosse da tutt'altra parte.
Provò a sondare i suoi
pensieri, ma incontrò un muro, o meglio, una vera fortezza
difensiva. Stava per raggiungere il limite e se lo avesse
attraversato avrebbe mandato a puttane l'intera operazione.
«Si
può sapere che cosa vuoi?» domandò
esasperato balzando in piedi
«Credi che io sia un elfo domestico da salvare? Ti faccio
pena, è
per questo che mi segui, che mi guardi, che mi dedichi minuti del tuo
prezioso tempo? Io sono un fottuto mangiamorte, Granger! Ho fatto
cose terribili e, soprattutto, noi ci odiamo! Sì,
perché tra tutte
le incertezze l'unico punto fermo che mi sia rimasto è
l'odio che
provo per te. Ti ho fatto un favore, sapevo di poter ottenere
qualcosa in cambio ed è successo, il tuo debito è
saldato! Sei
libera di tornare alle tue inutili occupazioni!» si era
sfogato,
aveva detto tutto quello che gli passava per la testa, ma non si
sentiva affatto meglio.
Era come vivere con il collo dentro una
ghigliottina pronta a scattare, non c'era niente che riuscisse a
dargli pace.
La Granger, che era rimasta seduta ad ascoltarlo, si
alzò, lisciò le pieghe del mantello,
riavviò indietro i capelli e
poi gli tirò un pugno dritto sullo stomaco, così
forte che gli fece
mancare il respiro.
«Vaffanculo, Malfoy!»
Il
suo cognome era di nuovo un insulto e aveva visto il disprezzo
riaccendere quei grandi occhi marroni.
Ancora piegato in due dal
dolore, sorrise vedendo la sua schiena e la massa di ricci ribelli
allontanarsi.
Almeno
una cosa era tornata al proprio posto.
*
«Cosa
ti è saltato in mente? Hai rischiato di rovinare
tutto!» abbatté
una cesta piena di oggetti con un calcio. Le ore passate nella
Foresta non erano servite a calmarlo.
«È tutto quello che hai da
dire?» gli domandò Dukes, poggiato sulla cattedra
con le braccia
incrociate al petto.
«Sì, cazzo!»
«Un grazie non mi
farebbe schifo».
Draco fece un respiro profondo, sedendosi
sopra un banco della prima fila. Alla fine aveva saltato tutte le
lezioni, non aveva voglia di rivedere le facce dei suoi compagni,
ancor meno quella della Granger, per non parlare di quella di Blaise.
Il suo migliore amico che era rimasto in silenzio a guardare...
«Che
ti aspettavi? Un po' di sano coraggio Serpeverde? Per loro sei solo
un traditore, dovresti saperlo ormai» gli disse Brett senza
mezzi
termini.
«È sempre un piacere parlare con te» lo
fulminò con
lo sguardo «Conosci i principi base di una conversazione
civile? In
genere si aspetta che sia l'altro a dire qualcosa, non si fruga nella
sua testa»
«Oh sì, ti prego continua, adoro le tue lezioni di
bon ton» disse, un sopracciglio pericolosamente alzato e le
labbra
tese in una smorfia di disapprovazione.
«Se non fossi intervenuto
avrebbe cancellato l'effetto dell'incantesimo e poi ti avrebbe messo
sotto torchio. Ho visto i suoi pensieri, è convinto di
essere un
auror migliore dei suoi superiori e voleva costringerti con la forza
a confessare»
«Confessare cosa?» chiese allibito.
«Qualcosa,»
fece spallucce «qualsiasi cosa per poterti rispedire al
fresco e
buttare per sempre la chiave. E poi, ovviamente, voleva dare una
dimostrazione di forza agli altri Serpeverde e a Harry
Potter!» rise
pronunciando il nome dell'acerrimo rivale di Draco.
«Che c'entra
quell'idiota adesso?!»
«Sai,» gli si avvicinò «dallo
scontro
tra Silente e Voldemort al Ministero, le regole di addestramento sono
molto cambiate e le reclute sono sottoposte a sforzi disumani. Gli
stessi auror sono stati costretti ad adeguarsi alle nuove norme,
perciò credo che il
“successo”» mimò con le dita
le virgolette
«ottenuto da Potter non sia andato giù ai nuovi
auror come
Turner»
«Perfetto!» si passò una mano sugli
occhi «Non avrei
potuto chiedere di meglio di un auror fuori come un balcone e il suo
un fedele seguito di marionette, un auror idiota come
contatto...»
«Idiota? So che puoi fare di meglio» prese
posto sul banco accanto a Draco.
«Sì, ma è inutile sprecare
fiato con te» gli scoccò un'occhiata al vetriolo.
Brett ignorò
l'ultima affermazione e si accese una sigaretta.
«Ne vuoi una?
Sono quelle alla rosa canina» sorrise, stringendola tra i
denti per
non farla cadere.
Draco restò a guardare il pacchetto aperto che
Dukes gli tendeva.
«Ti odio, lo sai vero?» disse
prendendone una.
«E tu sai che leggo nella mente, vero?»
ridacchiò porgendogli l'accendino.
«Sì, non ho dubbi al
riguardo» espirò una grossa boccata di fumo.
«”Ti odio”.
Quante volte l'hai detta questa frase oggi? Non ne combini una
giusta, lasciatelo dire» stese le gambe in avanti fino a
toccare la
cattedra con i piedi, puntellandosi sulle mani per non cadere.
«Se
ti riferisci alla Granger, ti assicuro che ho fatto la cosa giusta.
Stavo diventando il suo nuovo caso umano da salvare. Io! La guerra
deve averle spostato qualche rotella»
«Mmh, ne sei sicuro?»
«Sì,
il passato non si cancella»
«Hai ragione, ma si può sempre
decidere di andare avanti. Secondo me la Granger è l'unica
amica che
ti rimane»
«Amica?! Come fai a sapere sempre tutto quello che
penso e allo stesso tempo non capire un cazzo? Io e lei non siamo
amici e mai lo saremo»
«Va bene, ma resti comunque un incapace.
Visto che di lei non ti importa, perché non sfruttarla? Lo
sanno
tutti che senza di lei Potter avrebbe combinato ben poco. La sua
intelligenza potrebbe tornarti utile, hai mai pensato a questo
zuccone?»
«Oh, certo! Dato che sono un Serpeverde marchiato ed
ex-prigioniero devo manipolare e sfruttare gli altri a mio
piacimento»
«Ehm, fammici pensare... Sì!»
«Che
stronzo! Altro che Tassorosso, tu sei il diretto discendente di
Salazar!»
«Si fa quel che si può. In ogni caso, è
meglio che
tu vada, la scusa della punizione non reggerà a lungo e poi
è quasi
ora di pranzo» scese dal banco e si stiracchiò
come un gatto appena
sveglio.
Anche Draco balzò giù «Non vedevo
l'ora» disse
allontanandosi verso l'uscita.
«Menti sapendo di mentire, tu mi
adori già!»
Si girò e, con tutta la nobile grazia di cui la
natura lo aveva dotato, sollevò il dito medio, scatenando
l'ilarità
del professore.
«Ti amo anch'io!» lo sentì urlare mentre
si chiudeva la porta alle spalle.
Dannato
irlandese!