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Autore: effe_95    23/09/2015    6 recensioni
Questa è la storia di diciannove ragazzi, i ragazzi della 5 A.
Questa è la storia di diciannove ragazzi e del loro ultimo anno di liceo, del loro affacciarsi a quello che verrà dopo, alla vita. Questa è la storia di Ivan con i suoi tatuaggi , è la storia di Giasone con le sue stelle da contare, è la storia di Italia con se stessa da trovare. E' la storia di Catena e dei fantasmi da affrontare, è la storia di Oscar con mani invisibili da afferrare. E' la storia di Fiorenza e della sua verità, è la storia di Telemaco alla ricerca di un perché, è la storia di Igor e dei suoi silenzi, è la storia di Cristiano e della sua violenza. E' la storia di Zoe, la storia di Zosimo e della sua magia, è la storia di Enea e della sua Roma da costruire. E' la storia di Sonia con la sua indifferenza, è la storia di Romeo, che non ama Giulietta. E' la storia di Aleksej, che non è perfetto, la storia di Miki che non sa ancora vedere, è la storia di Gabriele, la storia di Lisandro, è la storia di Beatrice che deve ancora imparare a conoscersi.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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I ragazzi della 5 A
 
26. Luca, Graffe calde ripiene di nutella e Cambio d’orario


Dicembre
 
<< Andiamo Oscar … puoi dirmi seriamente cosa desideri per Natale? >>.
Quella sera del 18 Dicembre era la più fredda del mese.
La piazza che Catena ed Oscar stavano attraversando era ricoperta da un sottile strato di ghiaccio, mucchietti di neve incorniciavano gli angoli di ogni panchina e gli abeti sempreverdi sembravano accarezzati da uno spruzzo abbondante di zucchero a velo.
I lampioni ricoperti di condensa illuminavano con una luce soffusa e opaca la strada, macchiando di arancione lo strato di ghiaccio graffiato e luccicante.
Le inferriate che racchiudevano il perimetro della piazza erano decorate di numerose luci natalizie, giallo, verde e rosso si mescolavano producendo giochi di vari riflessi, sprazzi di calore contro il gelo dell’aria.
<< Ma ero serio quando dicevo che tu mi basti. >>
Catena non sentiva tutto quel freddo quando camminava attaccata al braccio di Oscar, le piacevano quelle passeggiate che facevano insieme una volta usciti da scuola.
Le piaceva utilizzale la scusa del ghiaccio per attaccarsi a lui e sentire il suo tepore, le piaceva camminare in silenzio e sentire il suo respiro caldo, osservare le nuvolette di condensa che si formavano nell’aria e le piaceva vedere come gli si arrossava il naso.
<< Capisco cosa vuoi dire, e lo apprezzo … ma per Natale ci vuole anche un regalo materiale no? Un simbolo, qualcosa che ti faccia ricordare di me quando lo guardi >>.
Non c’era tantissima gente quel pomeriggio, erano solo le cinque ma era già buio, si gelava e nessuno aveva davvero voglia di restare per strada.
Oscar guardava davanti a se senza prestare molta attenzione, la bocca era completamente coperta dalla sciarpa nera e nascondeva le mani prive di guanti nelle tasche del giaccone, rallentò leggermente il passo e si voltò a guardare Catena, intenta già a fissarlo.
Lei non poteva dirlo con certezza, ma dai suoi occhi sembrava le stesse sorridendo.
<< Vuoi dire che senza qualche oggetto che ci leghi … mi dimenticherei di te? >>
La stretta di Catena si attenuò leggermente senza che lei lo facesse apposta, avevano rallentato del tutto il passo fino a fermarsi completamente, proprio di fronte la fontana congelata dal quale non usciva acqua tutto l’inverno.
<< Non sto dicendo che sparirò Oscar … >>
Avevano entrambi gli occhi puntati in quelli dell’altro, azzurro contro castano, senza rendersene conto Catena aveva infilato a sua volta le mani nelle tasche del cappotto di Oscar, posizionandosi proprio di fronte a lui.
<< Ho deciso cosa voglio per Natale >> Commentò lui reggendo lo sguardo, stringendole le mani all’interno delle tasche.
<< Cosa? >> La voce di Catena era quasi un sussurro, Oscar liberò una delle mani e si abbassò la sciarpa, rivelando le labbra che fino a poco tempo prima erano state nascoste, come Catena aveva sospettato, erano attraversate da un triste sorriso.
<< Voglio che tu mi prometta che non mi tradirai mai, che non te ne andrai mai … almeno non prima di me. >> Catena aprì la bocca per ribattere immediatamente qualcosa, ma Oscar l’attirò forte a se stringendola in un abbraccio strangolatore. << E’ questo che voglio >>.
<< Oscar … >> Catena riuscì a pronunciare solamente il suo nome, perché Oscar intensificò la stretta rendendola quasi soffocante.
<< Lo so che non dovrei pensarla in questo modo, ma ti assicuro che non ho più nessun rimpianto, dopotutto … lei è morta con il ragazzo che le piaceva, no? >>.
Catena sentiva le lacrime pizzicarle gli angoli degli occhi, era la prima volta che Oscar si apriva spontaneamente con lei, e sebbene stesse soffocando la faccia nell’incavo del suo collo e non la guardasse negli occhi, era pur sempre un passo avanti. Catena sollevò le braccia e lo strinse a sua volta, permettendogli di stringerla completamente, facendo del suo corpo una colonna a cui Oscar avrebbe potuto aggrapparsi per non cadere mai.
<< Oscar?! >>
Quando sentirono quella voce estranea chiamare il nome del ragazzo, entrambi sciolsero automaticamente la stretta per volgere la loro attenzione all’interlocutore improvviso.
Oscar e Catena si ritrovarono con gli occhi puntati su un ragazzo, un ragazzo che aveva all’incirca una ventina d’anni. Se ne stava poco distante da loro reggendo il guinzaglio di un cane, che trotterellava allegro proprio accanto alla fontana, era imbacuccato in un giubbotto di stoffa nero, aveva i capelli biondi protetti da un cappello messo alla bell’e meglio e gli occhi verdi spalancati e sorpresi puntati su di loro.
<< Ma sei davvero tu allora! >> Continuò lo sconosciuto facendo un passo verso di loro, Catena sollevò lo sguardo in direzione di Oscar e lo vide oscurasi in volto, gli occhi ancora un po’ arrossati per lo sfogo di pochi secondi prima.<< E’ da un anno esatto che non ci si vedeva, vero? Sembra quasi un cattivo scherzo del destino, no? >>.
Per Catena le parole di quel ragazzo non avevano alcun senso, era spaventata e aveva inconsciamente afferrato il braccio di Oscar, che ricambiava lo sguardo dello sconosciuto.
<< Luca … ti trovo bene >>. Il viso del ragazzo venne attraversato da uno strano sorriso quando Oscar aprì bocca, la voce gli uscì un po’ roca e cadente.
<< Davvero? Strano … anche io ti trovo piuttosto bene. Probabilmente anche meglio di quanto mi sarei aspettato >>. Luca calcò maggiormente le parole dell’ultima frase e poi volse improvvisamente la sua attenzione a Catena, rivolgendole un sorriso improvvisamente radioso ma sorprendentemente finto. << Chi è questa bella ragazza, non me la presenti? >>.
Oscar si mosse sul posto un po’ irrequieto, strattonando Catena senza nemmeno accorgersene. << Sarà per un’altra volta, andiamo piuttosto di fretta >>.
Sbottò lapidariamente e afferratala per le spalle la girò intenzionato ad andarsene immediatamente, la presa sul braccio di Catena si faceva sempre meno gentile.
<< Hai dimenticato piuttosto in fretta mia sorella, eh?! >>.
Al suono di quelle parole si irrigidirono entrambi, ma a differenza di Oscar, Catena smise di camminare, si bloccò sul posto e tornò a fissare Luca, ancora accanto alla fontana con il guinzaglio stretto tra le mani.
<< Ho avuto le mie ragioni. Andiamo via Catena >>.
Oscar aveva usato una voce talmente fredda e tagliente che Catena rabbrividì, non l’aveva mai sentito così tanto risentito. Le afferrò una mano strattonandola, ma lei rimase ferma sul posto, trattenendolo. Oscar le rivolse un’occhiata interrogativa, con le sopracciglia aggrottate, chiedendole silenziosamente di assecondarlo.
<< Le tue ragioni eh? Oggi è l’anniversario della sua morte! L’hai dimenticato, vero? >>
Catena sussultò quando sentì quella frase, vide Oscar abbassare lo sguardo, sospirare pesantemente e passarsi indice e pollice sulla radice del naso in un gesto di stanchezza.
No, non l’aveva affatto dimenticato. << Non sei nemmeno venuto al suo funerale! Non sei andato a trovarla al cimitero nemmeno una volta! >> Luca aveva cominciato a scaldarsi, stava alzando sempre di più la voce e sballottava il guinzaglio del povero cane ogni volta con più foga, tanto che la povera creatura guaiva a causa degli strattoni violenti.
<< Mia sorella … >>
<< Tua sorella stava in macchina con un altro quando è morta! Con il suo ex ragazzo, quello che diceva di aver lasciato per me! >> Sbraitò improvvisamente Oscar, lasciando andare di scatto la mano di Catena, si era interamente rivolto a Luca e aveva deciso di affrontarlo.
<< Tua sorella era una troia! >>
Nella piazza calò un silenzio imbarazzante, Catena trasalì trattenendo il respiro, Oscar invece era affannato come se avesse appena corso una maratona lunghissima.
Le gote gli si colorarono improvvisamente di rosso quando si rese conto delle parole che aveva appena pronunciato, se ne vergognò profondamente e aspettò che Luca gli si scagliasse addosso riempiendolo di pugni, ma aspettò in vano.
<< Anche le troie si pentono >>.
Oscar trasalì per l’ennesima volta quella sera, quando sentì l’altro pronunciare quelle parole, Luca aveva utilizzato un tono di voce remissivo, stanco, completamente differente.
<< Pentirsi? E’ troppo tardi ormai >>. Mormorò Oscar dandogli nuovamente le spalle, quella volta Luca non replicò nulla e rimase in silenzio, con lo sguardo fisso sulla fontana, perso nel vuoto. Catena non poteva fare a meno di volgere lo sguardo dall’uno all’altro, probabilmente non avrebbe voluto scoprire tutte quelle cose in quel modo, non immaginava che Oscar covasse tutta quella rabbia, lo vide stringere convulsamente i pugni, stava soffrendo.
Gli afferrò velocemente una mano, risvegliandosi dallo stato di torpore in cui era caduta e lo strattonò verso di se. << Andiamo via Oscar >>.
Lui non ribatté nulla e si limitò a seguirla, prima di allontanarsi eccessivamente dalla piazza Catena si girò un’ultima volta in direzione di Luca, il fratello della ragazza che Oscar aveva amato fino a poco tempo prima, lui la stava fissando e le sorrideva tristemente.
 
<< Ehi Fulvia, la vuoi una graffa calda ripiena di nutella? >>.
Quella sera Romeo non sopportava il freddo, non lo sopportava perché continuava a pizzicargli la pelle in maniera fastidiosa, penetrando nelle ossa fino a fare male.
Non lo sopportava, ma non voleva nemmeno privare Fulvia della passeggiata che le aveva promesso. Romeo non le avrebbe mai confessato quanto fosse faticoso spingere la sua carrozzella su quelle strade innevate e ghiacciate, non le avrebbe mai detto quanto avesse paura di perdere il controllo del mezzo, quanto gli prudessero le mani a causa della lana dei guanti e di quanto detestasse andarsene in giro con i calzini bagnati nonostante gli stivali.
<< Mi hai per caso presa per un maiale? E poi sono le sette di sera, la nonna si arrabbierà se non mangio >>.Commentò distrattamente Fulvia, anche lei se ne stava imbacuccata in un cappotto pesante, la sciarpa stretta attorno al collo, le mani nei guanti intrecciate sul grembo e un cappello rosa scuro sui capelli biondi. << Non è che sei tu a volere la graffa? >>
Lo prese un po’ in giro, le labbra di Romeo furono attraversate velocemente da un sorriso ironico, tutto sommato non era del tutto terribile camminare con lei in quel modo.
<< Ehi Romeo … >> Lo richiamò lei dopo alcuni minuti di silenzio << … sei stanco? >>.
Romeo aveva aspettato a lungo quella domanda, Fulvia gliela ripeteva ogni volta che uscivano insieme e lui era costretto a spingere la carrozzella per lei. Un sorriso triste apparve sul volto del ragazzo, Romeo sapeva di non avere esattamente il fisico prestante, di essere basso, mingherlino e di avere un carattere pessimo, spesso era lunatico, ambiguo, fastidioso e disinteressato. << No >> Si limitò a rispondere, spingendo ancora più velocemente la sedia a rotelle come un riflesso incondizionato, quelle sera le strade sembravano essere più affollate del solito. I marciapiedi erano sovraccarichi di persone indaffarate, chiacchierone, allegre, irose e scocciate, era più faticoso del solito farsi strada in quei dedali di vite, lo sguardo di Romeo venne catturato, quasi calamitato, dal primo negozio di dolci che trovò lungo la via. << Oh, ma guarda com’ è carina quella pasticceria, che dici, le vendono le graffe calde ripiene di nutella? >> Domandò il ragazzo indicando le vetrine del negozio sempre più vicine, Fulvia sospirò pesantemente e incrociò ulteriormente le mani sul ventre.
<< Credo di si … >> Si arrese alla fine << Però ne prendiamo solo una da dividere in due! >>.
Romeo sorrise divertito sghignazzando come una iena, Fulvia gli dava le spalle, ma non riuscì a fare a meno di sollevare gli occhi al cielo e farsi scappare un sorriso a sua volta.
Erano quasi arrivati completamente all’entrata quando la porta si spalancò improvvisamente, Romeo riuscì a frenare la sedia a rotelle prima di andare a schiantarsi nel vetro, lo stridio delle gomme sul marciapiede scivoloso fu accompagnato da quello di alcune risate cristalline, proveniente dalle due persone che stavano lasciando il negozio.
Erano due ragazzi, allegri e con le mani occupate da un sacchetto pieno di bomboloni ripieni di crema, sul primo momento non sembrarono accorgersi di Fulvia e Romeo, ma quest’ultimo li riconobbe entrambi.
<< Ehi, Zosimo e Alessandra! Cosa fate qui? >>
Domandò Romeo alzando con brio il tono di voce, i due smisero di ridere e volsero lo sguardo sorpreso, incrociando gli occhi accesi e vivi di Romeo e quelli contrariati e gelidi di Fulvia. << Oh, Romeo! Che bello vederti qui, state entrando nel negozio? >>.
Zosimo pose la domanda con brio, aveva i capelli ricci e scombinati spolverati di neve in alcuni punti, sembravano umidi, indossava una sciarpa giallo canarino avvolta malamente intorno al collo, Romeo suppose l’avesse infilata al rovescio perché l’etichetta spuntava in bella mostra sul cappotto nero. Alessandra se ne stava al suo fianco, anche lei era avvolta in un giubbotto peloso dall’aspetto caldo, Romeo non la conosceva benissimo, l’aveva vista alcune volte in compagnia di Gabriele, e doveva ammettere che la somiglianza tra i due era notevole. << Già, a Fulvia è venuta una voglia improvvisa di graffe calde ripiene di nutella >>
Spiegò Romeo appoggiando comodamente le braccia sui manici della sedia a rotelle, Zosimo aveva il viso attraversato da un sorriso fiabesco, e quando sentì nominare la ragazza lo indirizzò su di lei.
<< Smettila di dire stupidaggini, non sembra, ma Romeo è un vero goloso! >>
Lo schernì immediatamente lei, girandosi per rivolgergli un’occhiataccia che non scalfì minimamente il sorriso ironico e malandrino di Romeo, che aveva indifferentemente scrollato le spalle in un segno di assoluta noncuranza.
<< Noi siamo scappati dal gruppo di ricerca >> Raccontò Alessandra << Con la scusa che servivano alcuni cartelloni siamo scappati lasciando Gabriele, Aleksej, Miki e Katerina a sgobbare sui libri. >> I due si lanciarono uno sguardo complice, evidentemente divertiti dalla loro bravata, Romeo trovò curioso e interessante la complicità genuina che li legava.
<< Ma non saremo troppo cattivi >> Si intromise Zosimo, mostrando il sacchetto pieno di bomboloni ancora fumanti e caldi << Li corromperemo con questi, così ci perdoneranno >>.
<< Secondo me Gabriele ti perdonerà con un calcio nel sedere >> Commentò distrattamente Romeo, Zosimo e Alessandra scoppiarono a ridere contemporaneamente, facendo risuonare per strada le stesse risate cristalline che li avevano accolti all’ingresso del negozio.
Romeo fece per replicare qualcosa, quando con la coda dell’occhio captò un movimento convulso prodotto dalle mani di Fulvia, la ragazza stava distrattamente martirizzando il bordo del suo cappotto, adesso spiegazzato e maltrattato, era a disagio.
Fulvia era sempre a disagio quando incontravano degli amici di Romeo.
Si sentiva a disagio perché provava vergogna, provava vergogna per Romeo e non voleva che lui passasse per un poveretto costretto a badare ad una disabile.
Romeo conosceva fin troppo bene quei pensieri, senza riflettere nemmeno una volta, avvolse le braccia intorno al collo di Fulvia e la strinse forte, poggiando la faccia sulla sua spalla e facendo in modo che le loro guance si toccassero. << A proposito, sono davvero un maleducato … >> Commentò, guardando prima Zosimo e poi Alessandra << … lei è Fulvia >> Disse indicandola con un pollice, Fulvia aveva ancora gli occhi spalancati per la sorpresa e le mani strette e irrigidite intorno alla stoffa grezza. << … la donna della mia vita >>.  Romeo concluse la frase stampandogli una bacio sulla guancia, sentiva l’esile corpo di Fulvia completamente irrigidito sotto la sua presa.
<< E’ un piacere conoscerti >>
Replicò immediatamente Alessandra, rivolgendole un caldo sorriso.
<< Romeo, non mi avevi detto che conoscevi una regina! Brava donna, fatti portare sul tuo trono e schiavizzalo! >> Sbottò Zosimo con entusiasmo, aveva le labbra aperte in un sorriso a trentadue denti scintillante, accompagnato dalle fossette agli angoli delle guance.
Romeo sentì il corpo di Fulvia sciogliersi lentamente, e un pallido sorriso increspargli le labbra. << Non mancherò di farlo >>. Zosimo le fece l’occhiolino e sollevò il pugno affinché lei potesse colpirlo, Fulvia eseguì il movimento con una certa timidezza.
<< E’ stato un piacere sul serio, ci vediamo domani a scuola Romeo, alla prossima Fulvia >>
Zosimo e Alessandra li salutarono calorosamente e poi si allontanarono, Romeo e Fulvia li seguirono per un po’ con lo sguardo, fino a quando non sparirono tra la massa di gente che stava attraversando la strada proprio in quel momento.
<< Bene, andiamo a prendere quelle graffe una volta per tutte! >> Commentò allegramente Romeo sciogliendo l’abbraccio, fece giusto un passo cominciando a spingere la carrozzella quando Fulvia lo richiamò: << Aspetta Romeo … >>.
Il ragazzo si fermò leggermente interdetto, lanciando all’amica uno sguardo interrogativo.
<< Non vuoi più metà graffa? Hai cambiato idea vero? La vuoi intera! >> La prese immediatamente in giro lui, Fulvia sospirò pesantemente e scosse frettolosamente la testa.
<< E’ … è per quello che hai detto! >> Sbottò improvvisamente, completamente a disagio, Romeo smise di sorridere, fece il giro della sedia a rotelle e le si mise davanti.
<< Qualcosa ti ha turbato? Ti ha dato fastidio che io ti abbia mostrato i miei sentimenti in questo modo? >> Guardandola negli occhi, Romeo si rese conto che Fulvia non riusciva a reggere il suo sguardo, si torturava ancora una volta le mani e aveva lo sguardo basso, fisso sulla strada. << Ma … ci sono Catena, Italia, tante altre ragazze. Non sono tue amiche loro? Non conosci anche altre persone, io … >> Fulvia aveva improvvisamente sollevato lo sguardo traendo coraggio dal discorso che aveva appena cominciato, ma non riuscì a terminare la frase, completamente schiacciata dallo sguardo gelido e ferito di Romeo.
<< Stai dicendo che posso anche trovarmi un’altra? >> Fulvia gelò sentendo quelle parole.
<< No, non ho detto questo! >>
<< L’hai detto! >> Gridò Romeo avvicinandosi a lei e battendo le mani sui braccioli della sedia, tra i due cadde un silenzio imbarazzante, gli occhi fissi negli occhi.
Romeo fu il primo a distogliere lo sguardo, si allontanò dalla ragazza, aggirò la sedia e sparì dalla sua vista. << Torniamo a casa, sono quasi le otto, non ho più voglia di graffe >>
Fulvia non replicò nulla, guardò solo con rammarico il ricamo rovinato del suo cappotto.
 
<< Che cosa?! >>
<< Già >>
Zoe e Fiorenza erano sicure che quella fosse stata la conversazione più breve della loro amicizia, tre frasi gettate a caso e poi il silenzio più assoluto per i successivi cinque minuti. Erano entrambe bloccate davanti la bacheca e Zoe stava cercando di trascrivere il cambio d’orario del giorno seguente tenendo il diario sollevato a mezz’aria.
Fiorenza non riusciva a capire perché Zoe avesse la maniacale abitudine di appuntare tutto sull’agenda con una calligrafia precisa ed eccessivamente sfarzosa, avrebbe potuto benissimo scattare una foto con il cellulare, risparmiando tempo prezioso per tornare a casa.
<< Dunque tu … >> Riprese a parlare Fiorenza, facendo attenzione ad appoggiare la spalla sulla parete vuota e non sulla bacheca, l’ultima volta che l’aveva fatto si erano stracciati numerosi fogli << … ti sei innamorata di Igor? Quell’Igor?! >>
Zoe aveva le sopracciglia contratte nello sforzo di mantenere sollevato il diario e scrivere contemporaneamente, le si intravedeva la punta della lingua tra le labbra e aveva un’espressione talmente buffa che Fiorenza sarebbe scoppiata a ridere se la confessione dell’amica non l’avesse lasciata completamente basita.
<< Uhm, si >> Si limitò a replicare Zoe, cancellando con la gomma incastrata tra due dita una piccola e insignificante sbavatura sull’orario di matematica.
<< Ma … ne sei sicura? Insomma, sai come sei fatta, non è che … ti affascina per il suo lato goffo? Per la sua totale estraneazione a qualunque cosa abbia a che fare con il socializzare con un altro essere umano? >>. Fiorenza aveva posto quella domanda con una certa disapprovazione nella voce, diventando sempre più scettica mano a mano che la domanda incalzava. Zoe abbassò finalmente il diario e si girò a guardarla, i lunghi capelli lisci elettrizzati lungo le punte e i grandi occhi castani limpidi e privi di trucco.
<< No, anche Igor me l’ha detto, sai? >> Fiorenza aggrottò le sopracciglia.
<< In che senso? >> Zoe sospirò pesantemente, abbassò una delle tracolle della sua borsa, la aprì con una certa difficoltà e vi ripose dentro, con una certa cura maniacale, il suo prezioso diario. << Mi ha detto che sono una persona falsa, che mi piace giocare con le persone per poi buttarle via. >> Fiorenza spalancò la bocca quando sentì quelle parole, le due amiche continuavano a strasene davanti la bacheca, mentre i professori e gli studenti gli sfrecciavano accanto in un tripudio di chiasso e confusione.
<< Ti ha detto una cosa del genere … e a te continua a piacerti? >>
Zoe fece spallucce e sorrise tristemente, incrociando le braccia al petto sotto il seno.
<< Ma non ha detto la verità? >> Fiorenza si staccò velocemente dal muro, fece un passo in avanti e appoggiò le mani sulle spalle ossute e mingherline della sua migliore amica.
<< Non sei solo questo, no, altrimenti non potrei volerti così bene >>
Zoe sorrise spontaneamente e gettò le braccia intorno al collo di Fiorenza, abbracciandola con tutte le forze che aveva a disposizione.  << Mi ha fatto male..  >> Sussurrò con la faccia nascosta sul collo dell’amica, Fiorenza le passò una mano sui capelli. << Anche se non gliel’ho detto, sentirmelo dire mi ha fatto male lo stesso >>.
Fiorenza trovava davvero ironica quella situazione, la sua migliore amica innamorata del migliore amico del suo ex ragazzo, sciolse delicatamente l’abbraccio e prese Zoe per le spalle, spalancò la bocca per dirle qualcosa che le tirasse su il morale, ma si interruppe quando una voce roca e lamentosa sovrastò completamente le prime parole che aveva cominciato a pronunciare con ardore.
<< Andiamo Igor! Perché non puoi fare una dannata foto e basta? Devi per forza trascriverlo sul diario? Perdiamo il treno! >> Zoe e Fiorenza spostarono simultaneamente lo sguardo su Telemaco ed Igor, che si stavano avvicinando alla bacheca proprio in quel momento, il primo con passo strascicato e aria contrariata, il secondo composto e taciturno.
<< Le foto non si vedono bene sul mio cellulare, sono sempre sgranate >>
La voce pacata di Igor era in netto contrasto con il tono lamentoso e aggressivo dell’amico, i due continuarono a camminare battibeccando finché non si accorsero di Zoe e Fiorenza, ancora ferme di fronte alla bacheca in quella strana posizione.
L’imbarazzo era talmente palpabile che tacquero tutti e quattro nello stesso istante, Fiorenza tolse le mani dalle spalle dell’amica e le nascose dietro la schiena, Zoe gonfiò le guance super imbarazzata, Telemaco infilò le mani nelle tasche dei pantaloni, mentre Igor si limitò a trascrivere il nuovo orario sul diario con gli zigomi imporporati di rosso.
<< Andiamo a casa Fiore? >> Mormorò Zoe, rivolgendo all’amica un sorriso eccessivamente ampio, Fiorenza pensò che fosse una buona idea, l’atmosfera era davvero troppo tesa e non era sicura di riuscire a reggerla.
Annuì frettolosamente e afferrò l’amica per un braccio, il movimento risultò talmente brusco e frettoloso che Zoe andò a sbattere contro il bordo della bacheca e la borsa le cadde a terra rovesciando tutto il contenuto, l’amato diario atterrò sulla scarpa di Igor.
<< Oh cielo! >> Sbottò Fiorenza abbassandosi per raccogliere le cose dell’amica, Zoe la imitò immediatamente, si chinò e cominciò a riprendere i quaderni, fino a quando non si vide porgere il diario direttamente da Igor.
<< Questo è tuo >> Commentò il ragazzo con voce incolore, Zoe sollevò lo sguardo e gli regalò un sorriso gentile, Igor sussultò impercettibilmente a quella vista.
<< Ti ringrazio >> Replicò Zoe mentre si affrettava a richiudere nuovamente la borsa, detestava averla così disordinata, ma si rendeva perfettamente conto che non era il momento giusto di perdere tempo a riordinarla.
Igor e Telemaco se ne andarono nel giro di pochi secondi, rivolgendo alle amiche solamente un rapido cenno cortese di saluto.
<< E’ per questo che mi piace >>
Commentò ad un certo punto Zoe, quando anche lei e Fiorenza ebbero finalmente raggiunto i cancelli della scuola per tornarsene a casa pochi minuti dopo.
Fiorenza non credeva di capire davvero quali fossero le ragioni, ma non replicò nulla.
Aveva ancora lo sguardo indifferente di Telemaco stampato nella mente.



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Effe_95

Salve :)
Vi chiedo perdono per il mio terribile ritardo, ma ho avuto due settimane infernali per colpa degli esami e non ho nemmeno finito. Sono arrivata a scrivere perfino mentre mangiavo pur di non ritardare ancora, roba che se mi avesse visto mia mamma mi avrebbe cacciata di casa xD
Comunque, spero che il capitolo vi piaccia, la prima parte di Oscar e Catena è stata dura da scrivere, e si scoprono altri dettagli sul passato del ragazzo. 
Spero di avervi dato più informazioni sul personaggio di Fulvia e anche su quello di Zoe, che comunque fino adesso è stato abbastanza controverso e particolare.
Vi chiedo perdono se a volte non vedete per un po' dei personaggi che vi piacciono, ma vi assicuro che io ho tutto lo schema preparato, quindi dovete avere fiducia :)
Grazie mille come sempre per il sostegno.
Alla prossima spero.

 
  
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