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Autore: Slytherin_Eve    30/09/2015    2 recensioni
PRE CIVIL WAR
Steve Rogers prende il comando dei nuovi Avengers. L'Hydra si sta ricomponendo sotto la guida di nuovi, misteriosi individui. Rumlow è tornato, e con lui anche James Barnes. Elle Selvig, figlia del famoso astrofisico, si ritrova implicata in una storia più grande di lei quando accetta un lavoro come consulente presso la nuova base Avengers, spinta anche dalla sua amicizia con Natasha Romanoff. Ma non è detto che i guai ti trovino sempre per primi.
"Non tutto andrà come deve andare, ma certe cose seguono esattamente il filo nefasto del destino."
Genere: Azione, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Violenza
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ATTO PRIMO: DISCORSO


"They'll try to push drugs,

to keep us all dumbed down

and hope that we will never see the truth around."

Muse


Settembre 2015


Quando il taxi si fermò, l'autista emise un fischio ammirato. Non le interessava sapere se fosse dovuto all'armonica struttura in vetro, incastonata nel verde e che brillava al sole di inizio autunno; o alla bella donna dai capelli vermigli, sciolti in morbide onde lungo le spalle, che stava in piedi sul ciglio della strada. Aspettandola, un sorriso enigmatico sulle labbra e le braccia icrociate sul petto, sopra alla morbida giacca di panno verde militare.

"Avvisatemi, la prossima volta che cercate personale in questo posto!" Commentò smaliziato l'indiano, voltandosi verso i sedili posteriori con un ghigno divertito.

Elle rispose con una smorfia sorniona, pagando la cifra indicata sul tachimetro in silenzio, una mano portata al viso per scostare i lunghi capelli biondi dagli occhi. Scese dall'auto in silenzio, trascinando leggermente la gamba sinistra e trascinandosi dietro il fedele borsone nero, compagno di tanti viaggi .

Natasha Romanoff era molto cambiata dopo gli ultimi eventi che l'avevano vista tra i protagonisti di non una, ma due probabili fini del mondo. I capelli si erano allungati, rispetto al taglio corto che portava solitamente, e l'espressione si era indurita maggiormente, rispetto a come la ricordava all'inizio della loro conoscenza. Gli occhi scuri, di una particolare tonalità di verde, erano leggermente stanchi. La fronte diafana era solcata da alcune sottilissime rughe d'espressione, quasi come se il temperamento disincantato della donna avesse trovato un modo per esprimersi attraverso quelle pieghe quasi impercettibili.


Non erano mai state persone da saluti espansivi: bastò uno sguardo, da sopra la spalla, appena accennato. Quasi come due sconosciute che si vedono ai due lati di una strada. Se non fosse stato che, quella strada, le due l'avevano percorsa insieme. Stiracchiò le labbra in un sorriso pigro, mentre l'amica apriva il baule della vettura gialla, estraendo il primo di due pesanti scatoloni.

Due uomini in uniforme blu arrivarono alle loro spalle, preceduti dal rumore dei loro passi decisamente non felpati, a prelevare gli oggetti della donna. Li guardò per un secondo, ammettendo con sé stessa che era troppo tardi per cambiare idea, e che una buona parte dei suoi averi stavano in quel momento viaggiando verso la stanza che le era stata assegnata all'Avengers Facility.

Natasha seguì con lei il percorso dei suoi sottoposti, senza emettere un fiato. Attirò la sua attenzione con un leggero tocco al braccio, facendole strada verso l'ingresso del grande complesso. Le aprì la porta con i fianchi, facendo un ampio gesto con il braccio. "Elle Selvig, benvenuta al Quartier Generale degli Avengers."

Elle fece un fischio di ammirazione, voltandosi a guardare oltre le vetrate il prato ben curato ed, oltre questo, il bosco che circondava tutta la struttura.

"Anche tuo padre ha molto apprezzato la costruzione..." Commentò sarcasticamente la rossa, guardandosi attorno con aria vaga.

"Non cominciare, Natasha. Sono appena arrivata."

Nell' ampia hall, animata da un via vai di agenti in divisa e personale di varia natura, le due si affiancarono. Natasha alzò una mano, mimando un gesto di resa. Elle sospirò, sorridendole. "Dopo la sede dell'FBI, questo posto mi sembrerà un resort."

Natasha ridacchiò, facendole segno di seguirla verso l'interno dell'edificio.

"Ti piacerà: palestra, uffici con l'aria condizionata, piscina interna e un meraviglioso parco. Se decidessimo di cambiare settore, potremmo aprire un albergo di lusso."

Elle si guardò intorno, leggermente infastidita da tutto il chiacchericcio della Hall, dalla confusione generata dalla mente vigile di un centinaio di persone, tutte attorno a lei. Si sofferò a guardare l'architettura dell'edificio, illuminato da ampie vetrate, le colonne in acciaio che formavano uno strano ed accogliente contrasto con il banco in legno.

"Tienilo a mente per la nostra vecchiaia. Ci starebbe anche un ricovero per i randagi, vista la presenza di questo immenso parco." Rispose automaticamente Elle, indicando dietro di loro con un gesto del capo. Nat accennò una smorfia divertita, cominciando a salire delle ampie scale.

"Di qui ci sono gli uffici." Indicò un lungo corridoio al primo piano, dritto dopo le scale. "Il tuo dovrebbe essere prima del settore blu, in fondo."

Proseguì poi lungo un mezzo piano esposto sull'ingresso. "Di qui si va alla mensa comune..." Fece un ampio gesto verso destra. "E da queste scale, si arriva agli alloggi. Terzo piano, sei tre camere più in giù di me." Elle fischiò di nuovo, sapendo di dare fastidio all'amica, che infatti si voltò con le labbra strette in una smorfia.

"Sono vicino agli alloggi dei celebri Avengers!" Esclamò, fingendosi entusiasta la bionda. "Spero di essere la vicina di stanza di Tony Stark!" Natasha la guardò con un sorriso sarcastico, senza assentire né negare, lasciando l'esclamazione dell'amica a cadere nel vago. Elle, fermatasi a pochi passi, si voltò lentamente verso di lei, gli occhi socchiusi e le mani giunte davanti al viso.

"Non c'è Anthony, vero?" chiese con un'espressione funebre. Natasha scoppiò a ridere. "Se vuoi ti lascio il suo indirizzo di Malibu..."


xxx


"La signorina Selvig starà con noi per diversi mesi. E' qui per una mia direttiva, e chiunque verrà chiamato a colloquio da lei è obbligato a presentarsi, come se a chiamarlo fossi stato io."

Fury aveva pronunciato quel discorso nell'interfono, a reti unificate. Nei corridoi vuoti, nella grande mensa comune, nella hall piena di operatori, era sceso un silenzio glaciale. Tutti potevano immaginarsi la sua espressione dura, il modo in cui il suo occhio sano si era acceso, la postura rigida tipica di quando l'uomo dava un comando, non aspettandosi di essere disubbidito. Mai.

Lo sguardo accigliato di Fury andò a posarsi sull'individuo che aveva davanti, l'unico che era stato chiamato per assistere dal vivo al suo messaggio. Tolse il dito dal tasto del microfono, allontanandosi dalla scrivania lentamente, l'aria accigliata.

"Questo vale anche per lei, Capitano. E per la sua squadra." Il suo occhio buono si assottigliò ancora di più, mentre Steve Rogers rispondeva alla sua occhiata, mantenendosi intespressivo. "Elle Selvig è una dei migliori agenti dell'FBI. Ha collaborato più volte con lo S.H.I.E.L.D., una volta anche con quella che a suo tempo era la squadra Strike, affiancando Rumlow nella sua ultima missione." Rogers annuì appena. "Intuisco il perché sia stata l'ultima, Rumlow era...difficile anche quando sembrava uno dei nostri."

Fury appoggiò un gomito sul piano di vetro della scrivania, e si tenne la testa con la mano. "Se avesse intuito qualcosa dell'Hydra allora, non sono sicuro che sarebbe venuta a riferirmelo. Nonostante questo dubbio, ha la mia piena fiducia. Le ho chiesto favori molto grossi, negli ultimi anni. E non mi ha mai deluso.". Allungò la mano libera sulla scrivania, facendo strisciare la cartella di cartoncino, misura standard e con il simbolo dell'ex S.H.I.E.L.D. verso l'altro. Rogers fece un passo avanti, prendendola in silenzio. Arretrò, iniziando a sfogliarla lentamente, le sopracciglia aggrottate. Fury rimase a guardarlo, mentre la sorpresa si faceva largo sul volto del Capitano.

"Elle ha svolto lavori anche per NSA, e per la Marina. Ha effettuato alcune complesse operazioni in territori molto caldi. Iraq. Sud-Est Asiatico. Corea. Di solito accompagna una squadra di Special Air Service, la Sessantaseiesima."

Rogers pensò che Sam avrebbe emesso uno dei suoi fischi sorpresi-ma-positivamente, se fosse stato con lui a leggere quella cartella. "Perché non i Navy Seals o qualcuno dei nostri?" chiese spontaneamente.

"Selvig odia gli americani. Ci trova grossolani." Commentò Fury tranquillamente, quasi ghignando. Rogers alzò gli occhi di scatto, dal faldone a Fury, incredulo.

"Lei è svedese, nata e cresciuta là con la madre. Si è trasferita qui solo quando questa è morta, per raggiungere il padre che era docente alla Culver Univesity."

"Erik Selvig... quello di Loki." Esclamò improvviamente Rogers, alzando istintivamente gli occhi su Fury, che annuì appena con il capo.

"Esatto, Capitano. Lei è la figlia."

Rogers deglutì. Aveva visto recentemente Erik Selvig proprio lì al quartier generale, ma non poteva non ricordarlo come un uomo molto confuso e molto trascurato per un incantesimo della gemma della mente. Uno scienziato pazzo, insomma. Nonché il collega della fidanzata di Thor. Si appuntò di chiedere al dio, la prossima volta che lo avresse incontrato, se magari gli avesse accennato ad una figlia.

"Per quale motivo una donna si sporcherebbe le mani con lavori di questo genere?" Chiese curioso, guardando il fascicolo. Dopo Natasha, non avrebbe più dovuto stupirsi di certe cose. Ma il suo spirito Vintage era duro a morire. Incontrò degli occhi azzurri che lo scrutavano, senza una particolare espressione. La foto ritraeva il viso di una ragazza molto pallida, con i capelli di un biondo molto chiaro e le ciglia dello stesso colore. Gli occhi erano gli stessi del dottor Selvig, di un azzurro quasi irreale, sormontati da delle sopracciglia molto decise. Aveva un naso dritto, piccolo e molto a punta, al centro di un viso piuttosto scavato. Guardava dritta nell'obiettivo, con un'espressione molto professionale e poco informativa.

"Elle è specializzata in indagini, anche di guerra, e nella negoziazione e recupero di ostaggi civili. " Fury riprese la cartella che l'uomo gli stava ritornando, con un sospiro. "L'ultimo favore che le ho chiesto, un'indagine particolare, le ha quasi fatto rischiare la pelle e non potrà tornare sul campo per diversi mesi. Qui si occuperà di questioni puramente d'ufficio, sedute terapeutiche e valutazioni del personale. In particolare, spero riesca a rintracciare se vi sono altri agenti Hydra rimasti fra le nostre fila. Abbiamo reclutato parecchia gente dall'Ex S.H.I.E.L.D."

Rogers lo guardò, in attesa. Fury alzò gli occhi al cielo. "Visto che era sotto alle mie direttive quando è incorsa in quell'incidente, dovevo trovarle qualcosa da fare durante la riabilitazione. Inoltre, penso che stare vicino agli Avengers possa essere utile ad entrambi."

Rogers fece uno sguardo interrogativo, ma Fury lo fermò subito con una mano.

"Ora vada a spiegare al resto della squadra quello che le ho detto, Capitano." Concluse Fury, alzandosi improvviamente, i palmi appoggiati alla scrivania.

Questa interruzione secca del discorso, da parte di un uomo come Nick Fury, non presagiva niente di buono. Rogers decise che avrebbe approfondito più tardi, e con la sua squadra. Si alzò, mimò un saluto formale ed uscì dalla stanza, valutando velocemente la situazione nella sua testa.


xxx


Quando le era stato proposto da Fury un lavoro a New York, fisso, Elle aveva accettato subito. Prima di tutto, perchè era vicino a casa, anche se durante la settimana avrebbe dovuto soggiornare alla base. In secondo luogo, perchè la Selvig non aveva molte amicizie. Qualche collega, qualche conoscenza in giro per il mondo. Ma, quelle poche persone con le quali si sentiva a proprio agio, erano proprio in quell'edificio. In primis, la sua amica del College, Maria. Le due avevano diviso la stanza per tre anni, e dopo erano rimaste spesso in contatto. Poi, Natasha. Un'amica che la aveva accompagnata, da pochi anni a questa parte, durante alcune delle peggiori missioni. Ora che la rossa aveva bisogno di lei, anche se non lo avrebbe mai ammesso, Elle non si sarebbe tirata idietro per nessun motivo dal suo fianco.


Maria Hill non le lasciò nemmeno un secondo di pace durante la sua prima sera nella nuova sistemazione.

La sala mensa era molto grande, con lunghi tavoli di metallo ed altrettanto lunghe panchine, un bancone che dava sulla cucina ed un grosso scaldavivande posti lungo la parete ad est. Non dava sull'esterno, e la luce al neon faceva sembrare tutti più emaciati e smunti di quanto non fossero in realtà.

Maria le stava raccontando il favoloso After Party da Stark qualche mese prima, la festa durante la quale si era palesato Ultron: i bicchieri di cristallo, la vista sulla città dalle mille luci, i robot assassini. Li aveva trovati particolarmente decorativi.

Le parlò dei nuovi arrivi nella squadra, in particolare di un tizio piuttosto inquietante di nome Visione e della sua amica, che dalle parole di Maria sembrava uscita da un film di Dario Argento.

"E così Nosferatu arriva da me e mi fa con un terribile accento da est Europa: Noi siamo abituati ad abbattere i muri!" Maria si mise a ridere da sola. Elle la guardò interrogativa, senza nemmeno un guizzo divertito negli occhi. "Maria, dovresti sapere che non è facile abituarsi ad una nuova sistemazione, soprattutto quando sei in una base militare dall'altra parte del mondo."

"Era una storia fantastica, raccontata agli altri. Non dai soddisfazione, ti hanno programmata senza senso dell'umorismo." Esclamò Hill, prendendo un bel sorso dalla sua bottiglietta.

"Maria, ho fatto un viaggio quasi eterno da Londra, sono stata a casa due ore scarse e parlato della mia sistemazione con Fury per quasi tre... A vederti così, poi, mi sembra di essere tornata al dormitorio Ovest..."

Elle sogghignò, l'amica che la guardava con espressione arcigna. "Ricordi la prima volta che ti hanno relegato in stanza con me? Nessuna del nostro anno voleva condividere la camera con un'attaccagrane come te."

"E così anche Hill ha dei lati oscuri!" Natasha si sedette con un movimento aggraziato sulla panca vicino ad Elle, appoggiando un braccio alla spalla dell'amica.

"Mi sento un po Burton adesso..." Elle osservò la posizione che avevano, ridacchiando.

"E' bello vedere un po di facce amiche..." Affermò poi la nuova arrivata "Non trovo nessun altro che mi sopporti, là fuori. Maledetta deformazione professionale." Sorrise timidamente alle due, le guancie che avevano preso una leggera sfumatura rosata.

"Adesso sei a casa." Commentò Maria, indicando ciò che le circondava con la forchetta. Elle, quasi in risposta, sbadigliò sonoramente. “Casa, eh?”. Sbadigliò di nuovo.

"Jet Lag. Mi ritiro nella mia magione. Stanza. Cella.Sov så gott! " Si alzò con una smorfia, tenendosi una mano sulla schiena. "Välkommen tillbaka!" Sorrise Natasha, voltandosi a guardarla con un sorriso. Elle annì, sorridendo, e si diresse verso il fondo della stanza, sperando di non perdersi in quel labirinto di corridoi e androni.

"Non so tu..." Commentò Natasha ad Hill, prima di alzarsi anch'ella. "Ma mi è sembrata ancora più magra dell'ultima volta che l'ho vista. E..." Indicò la direzione in cui era sparita l'amica con l'indice, unghie smaltate di nero. “Zoppica ancora.”

Maria fece un sorriso tirato. "Non so quale è stata la sua ultima missione. Ma si muove in modo strano. So che è stata a lungo ricoverata.”

Natasha prese il vassoio dell'amica per andarlo a svuotare. "E non hai visto le foto del referto..." commentò triste, allontanandosi.


xxx


Il terzo giorno della settimana era sempre il peggiore.

Si sfregò una manica della felpa grigia sul viso, asciugando il sudore caldo, che diventava freddo appena toccava l'aria frizzante di settembre. L'altra mano andò automaticamente al fianco destro, dove sentiva un dolore sordo e palpitante, un bruciare sopportabile, che sapeva per certo non essere dovuto alla milza fin troppo allenata agli sforzi di una corsetta mattutina.

Il boschetto intorno al Quartier Generale degli Avengers stava iniziando a diradarsi, seguendo il sentiero di terra brulla e sassosa; così lei aveva deciso di fermarsi in un punto dove questo era più largo, ma vi erano ancora alberi a coprirla dal cielo aperto. Come se potessero esserci dei cecchini sul tetto, i fucili imbracciati a minacciare il suo cammino. Era proprio una stupida.

Alzò le braccia e tirò verso l'alto finché riusciva, sentendo le cosce ed i polpacci bruciare e tendersi seguendo le ossa sottili. La coda di cavallo che le teneva lontani dal volto tutti i capelli biondi dondolava ad ogni suo movimento, accarezzandole la schiena. Le ossa delle scapole, eccessivamente magre, sembravano poter bucare la pesante felpa accollata, lo stemma dell'FBI ben visibile sul petto. Una provocazione, tanto per avvicinarsi ai nuovi colleghi. Sospirò, respirando ampie boccate di aria fredda.

"Mi hanno detto che correte nella foresta per trentacinque chilometri, quando fa bel tempo."

Sentì arrivare la battuta prima che questa uscisse effettivamente dalla bocca dell'uomo, che arrivava a buon passo dal sentiero dietro di lei. Afroamericano, stazza normale,sulla trentina, occhi vispi ed un sorriso piuttosto amichevole.

Elle strizzò gli occhi, a metà fra essere offesa per il tono sarcastico, quasi come a voler svalutare le sue capacità, oppure contenta che la voce si fosse già diffusa fra i corridoi della Facility. Si piegò in avanti, tenendosi la caviglia sinistra, fingendo di pensare alla sua affermazione. "Solo durante la selezione SAS. E le selezioni sono solo per maschi fino ai 32 anni."

"E' vero, negli uffici dell'FBI sono tutti piuttosto in carne a dire il vero." Ridacchiò lui, indicando la sua felpa con un gesto della mano.

"In America sono tutti piuttosto in carne. A dire il vero." Sentenziò lei, passando con le braccia verso la destra, con una smorfia.

'Che caratterino.'

Come se lo avesse urlato, il pensiero di lui si conficcò nella sua mente. Elle sospirò, rialzandosi, e isolandosi dal vortice di voci circostante. Non sapeva ancora spiegarsi se fosse un desiderio di dare a chiunque la sua privacy, oppure se fosse perchè, in realtà, non le importava poi molto di cosa pensassero gli altri. In generale.

"Piacere, Elle Selvig." Disse, allungando una mano all'uomo, che ancora la fissava tenendo le mani sui fianchi.

"Samuel Wilson." Rispose lui, gioviale, guardandola dritta negli occhi. Fece per aprire la bocca, ma lei lo anticipò.
"Si, mio padre è l'astrofisico, Erik Selvig." Esclamò automaticamente lei. Lui la fissò accigliato. "Sicuramente stavi per chiedermelo, ci sono abituata." Si schermò lei, facendo un sorriso di circostanza e guardandosi intorno. "Invece no!" Ammise lui ridendo, le braccia alzate in segno di resa.

Sembrava simpatico, l'uomo che correva. Senza volerlo, Elle si distrasse.

'Rogers l'ha descritta come un mostro bolscevico, ma davanti a me vedo una ragazzina timida.'

Elle faticò a non ridacchiare, piegando una gamba all'indietro e tenendola con la mano, facendo tendere il muscolo della coscia.

Così Captain America era già bendisposto nei suoi confronti? Bene, perché la simpatia per il bambolotto americano era corrisposta.

"Oggi verrai a vedere gli allenamenti degli Avengers?" Chiese lui improvvisamente, allungando prima un braccio e poi l'altro sopra il capo, con i piedi ben piantati a terra.

"Sto già vedendo gli allenamenti degli Avengers, perché sei un Avenger, no?" Rispose prontamente lei. In fondo, quel ragazzone le sembrava simpatico.

"Comunque penso di si. In giornata. Speravo che sarebbe venuto Fury, con me, ma pare che dovrò affrontarvi tutti da sola."

"Tranquilla, non abbiamo ancora mangiato nessuno."

La voce arrivò da dietro di lei, profonda e poco amichevole. Elle sapeva chi era anche prima di girarsi a verificare. Osservò da capo a piedi l'uomo che era appena sbucato dal sentiero, t-shirt sportiva aderente ed espressione accigliata. Aprì la mente, mettendosi sulla difensiva.

'Che ragazzina minuscola.'

Ancora c'era gente che la valutava secondo la sua altezza? Oltretutto, Elle si valutava di un'altezza medio-alta, un metro e settanta. Statisticamente non era lei quella minuta, era quel Rogers ad essere fin troppo alto. E muscoloso.

"Immagino che ti sarei indigesta. Ti davano latte e steroidi, all'asilo?" Chiese scocciata lei, alzando il viso per affrontarlo.

'Che occhi glaciali che ha questa ragazzina.' Lei strizzò le pupille in due fessure, quasi in risposta.

Rogers strinse le labbra, facendo un passo avanti verso di lei. "No, ma immagino che a te abbiano dato il latte inacidito. Visto il caratterino."

Elle quasi scoppiò a ridere. Se voleva offenderla, avrebbe dovuto impegnarsi decisamente di più.Quegli insulti non avrebbero offeso nessuno nemmeno negli anni '20.

'Questi due fanno scintille insieme.' Samuel interruppe lo scambio di gentilezze, frapponendosi fra i due con le braccia aperte.

Time-out, ragazzi! Palla al centro.”

Elle abbassò lo sguardo su di lui, con un sopracciglio alzato, l'irritazione che trapelava in modo palpabile.

"Fasiken! Sono stufa di dover difendere il mio operato solo perché sono una donna, e perchè non sono pompata come il tuo amico lì dietro." Affermò con tono glaciale facendo un gesto verso i due. Samuel la guardava, le labbra dischiuse dalla sorpresa, mentre l'altro, dietro di lui, si guardava intorno, la mascella contratta. Riportò gli occhi su dilei, mentre questa rilassava le spalle, lo sguardo sempre arrabbiato. "Non sottovalutatemi. Voi fate il vostro lavoro, ed io farò il mio."

Girò i tacchi e ripartì verso il quartier generale, correndo ad ampie falcate.

"Cosa hai combinato, Steve?" Chiese Samuel, incredulo."Non ti ho mai visto così maldisposto." Rogers si strinse nelle spalle, girando su sé stesso e ripartendo correndo nella direzione opposta, in preda al nervosismo.

"Sei stato un vero stronzo!" gli urlò dietro Wilson, agitando le braccia.

"Ecco." sospirò, rimanendo nella radura da solo.

xxx

Capitolo riformattato e corretto in data 27/01.

Grazie ad Electricsoul, su Tumblr Rise-Doe, per il bellissimo banner!

   
 
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