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Autore: giulji    16/10/2015    1 recensioni
*Storia corretta e rivisitata nei primi capitoli, in modo tale che adesso, anche a coloro che non hanno letto la saga di Hunger Games, risulti una lettura comprensibile*
Questa fanfiction, ambientata in un survivial game, avrà come protagonisti la maggior parte dei personaggi presi dalla saga dello zio Rick, ricollocati sotto forma di tributi/sacrifici.
Il tutto averrà attraverso più punti di vista (POV).
Chi sarà il vincitore finale ? Chi morirà durante i giochi ?
In che circostanze ? Quali saranno le alleanze ?
Dal testo :
"... Nonostante la sua enorme voglia di lasciarsi cadere tra le braccia di Morfeo, affogando in un sonno privo di memorie, che lo avrebbe momentaneamente esonerato dalle tenebre che gli offuscavano perennemente il cuore, Nico non era invece riuscito ad addormentarsi nemmeno per un ora di seguito e le occhiaia violacee che gli contornavano lo sguardo già corrucciato ne costituivano una prova.
Sapeva che quella mattinata, non rappresentava infatti, l'inizio di un giorno comune, bensì quella maledetta giornata portava con se la consapevolezza che di li a poche ore ci sarebbe stata la fatidica mietitura per il distretto 13 dello stato di Panem..."
Genere: Azione, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Hazel Levesque, Leo Valdez, Nico di Angelo, Percy/Annabeth, Talia Grace
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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POLLUCE

 

Ethan continuava ad avanzare, muovendo una gamba alla volta, strascicando il passo in maniera estremamente lenta, lo faceva al fine di scatenare maggiore angoscia nell'individuo che si trovava difronte a lui, ed il suo intento stava perfettamente riuscendo.

Quella situazione era intrisa già di panico, e lui ne era estremamente affascinato, e lo dimostrava facendo raschiare la sua lunga lama di ferro lungo il terriccio secco, con fare estremamente psicotico.

Polluce stava visibilmente tremando, il cuore gli pulsava pressantemente in gola, la sua razionalità stava man mano sfumando, lasciando spazio ai suoi oscuri sentimenti, dei quali prevalevano la paura e la disperazione, che mischiate fra loro lo lasciavano in preda ad una totale e fitta confusione mentale.

Ad un certo punto, quando udì uno tuono provenire da una zona estremamente distante di quell'isola, si riprese momentaneamente da quell'assurda paralisi che l'aveva attanagliato al suolo, e provò a muovere qualche passo frettoloso in retromarcia,, mosso da un fremito di adrenalina, non osando però voltarsi verso la direzione in cui si stava dirigendo, perché ciò avrebbe comportato il dare le spalle a quel temibile avversario. Ascoltando questa sua sbagliata forma di logica, commise, per la seconda volta di fila, il medesimo errore.

Infatti, fu forse per questo motivo, o forse per la sua infinita sfortuna, che finì con il posizionare il piede sopra un estremamente inopportuno masso arrotondato, che ovviamente gli fece perdere l'equilibrio, già vacillante di per se.

In pochi istanti si ritrovò disteso precipitosamente a terra, accompagnato da un grande dolore alla caviglia, procuratosi nell'impatto di quella brutta caduta.

Il cielo sembrava divenire man mano più grigio, si stavano accumulando dei grossi nuvoloni proprio nella zona in cui era avvenuto l'incontro dei due ragazzi, Polluce suppose che di lì a poco avrebbe sicuramente iniziato a piovere.

Sembrava quasi che anche il meteo si stesse preparando per piangere la sua amara scomparsa.

Il vento soffiava violentemente, facendo barcollare i secchi alberi che contornavano quel panorama spettrale, portando via le poche foglie marroncine che erano rimaste coraggiosamente attaccate ai rami.

L'unico occhio tirato e profondo di Ethan, quello che non era stato ricoperto da quella logora bendatura biancastra, continuava a luccicare in maniera sinistra, quanto lo faceva il suo ghigno obliquo, che non prometteva decisamente nulla di rassicurante.

Quando il moro fu abbastanza vicino a Polluce da poterlo toccare, il cuore del biondo venne attraversato da una fitta di ricordi ed amarezza. Abbassò repentinamente lo sguardo, socchiudendo gli occhi in due piccole fessure e smettendo di cercare il volto bianchissimo del tributo, mentre si trovava ad esser ancora accasciato su quello sporco e ghiacciato terreno dell'est, in attesa che la sua fine straziante giungesse in maniera rapida ma dolorosa.

Non voleva guardare negli occhi il suo assalitore mentre compiva l'atto di togliergli la vita, non voleva farlo perché sapeva che leggendo la probabile espressione di pazza soddisfazione che avrebbe contornato l'unico occhio di quel mostro, la reazione che si sarebbe scaturita nel suo cuore stanco e ferito sarebbe stata pura rabbia, una rabbia folle ed inutile, e lui non voleva assolutamente estinguersi provando sentimenti stupidi come il rancore e la vendetta, perciò preferì concentrarsi nel rimirare quelle crepe scure che dividevano impercettibilmente quel suolo quasi roccioso.

Continuò a tenere lo sguardo basso, mentre i suoi occhi iniziavano a luccicare per la commiserazione, era talmente nervoso che senza accorgersene aveva iniziato a scavare nel terreno con i palmi delle mani, tanto che aveva le unghie rovinate dal fango.

Delle lacrime cominciarono a cadere dai suoi occhi, precedendo quelle che di lì a poco sarebbero precipitate dal cielo, andando a formare delle piccole chiazze umide sul terreno.

Il tempo continuò a trascorrere lentamente, e Polluce cominciava a chiedersi il motivo per il quale la sua attesa straziante si stava prostrando per così tanto tempo, capiva che probabilmente l'individuo che aveva incontrato era un sadico, ma tutto quell'aspettare gli sembrava alquanto esagerato, anche se non era totalmente sicuro dell'affidabilità della sua cognizione delle misure, non in quegli attimi stralunati.

Si fece forza ed alzò faticosamente il capo verso l'alto, cercando con il suo tremolante sguardo violaceo, quello cattivo ed allegro dell'altro.

Quando incrociò il viso consumato di Ethan però, restò parecchio interdetto e sorpreso.

La sua espressione era serie ed immobile, quasi triste. A quanto pareva aveva riposto la katana dentro l'elegante fodero scuro che portava legato alla vita, e sembrava pronto a tutto fuorché il commettere un omicidio.

“Perché non mi hai ancora ammazzato?” domandò fievolmente il biondino, utilizzando tutto il coraggio che gli era rimasto in circolazione per poter pronunciare quelle parole.

Il ragazzo si limitò ad offrirgli una calda mano, così da aiutarlo a rialzarsi da terra, ripetendo lo stesso gesto che aveva compiuto qualche giorno prima con la povera Rachel.

“Perché avrei dovuto fare una cosa simile? Non sono quel genere di persona, non sto partecipando attivamente a questo gioco, non uccido proprio nessuno per fare un favore al governo. Sono disperato quanto te, ho paura, non voglio morire, ed ho bisogno di un alleato” pronunciò tutto d'un fiato, perdendosi ad osservare il vuoto con le sopracciglia e le mani spalancate, emanando una credibilità degna dei migliori attori di Hollywood.

Polluce per un momento fu portato addirittura a credere nelle sue parole, tanta era la determinazione e la convinzione con cui erano state pronunciate.

La sua ipnosi però, fu presto interrotta dal ricordo delle urla strazianti che aveva lanciato la rossa ragazzina del 10, memorie che si abbatterono sul suo stomaco martoriato, capovolgendolo.

Continuò a scrutare in maniera riflessiva quella sottile pupilla, estremamente felina, che distingueva un terribile tributo, che proprio in quel momento, gli stava offrendo con un falso sorriso la sua graziosa mano macchiata dall'omicidio.

Realizzò che probabilmente era esattamente in quello stesso modo che era riuscito a convincere Rachel della sua affidabilità, aveva fatto leva sui suoi sentimenti smarriti e gli aveva offerto un ala di protezione sotto cui ripararsi, così da azzerare completamente i suoi sospetti.

Poi, quando si era stancato di lei, non aveva dovuto far altro che tradirla brutalmente, senza pietà, con un sangue freddo pari a quello di un rettile o di un verme, riducendo in mille pezzi il suo piccolo cuore confuso.

Una eruzione d'ira si fece spazio nelle vene pulsanti del più piccolo, che repentino riabbassò lo sguardo ormai corrucciato e fulminante verso il terreno, tentando di calmarsi e di non far trasparire minimamente le sue emozioni violente come una tempesta.

Quando rialzò la testa, la sua espressione pareva, infatti, tranquilla e rassicurata, anche se il suo corpo sentiva solamente il bisogno di vedere del sangue e della vendetta verso quel ignobile.

Mosse energicamente il braccio destro ed afferrò con candore la mano di Nakamura, tanto che lui, credendo che la sua recita fosse andata a buon termine , rispose al suo gesto all'apparenza simbolico con un largo e sincero sorriso, gesto che andò a creargli due fastidiose fossette ai lati della bocca.

Polluce in quel momento non desiderava altro che uccidere quel ragazzo, la paura era svanita in un solo battito di ciglia, per lasciare spazio ad una rabbia immensa, sentimento che non provava dai tempi della scomparsa del suo gemello.

Fino ad allora si era sempre limitato a reprimere la sua funesta ira, soffocandola con molta difficoltà, o nell'alcool o nelle lacrime. In quel momento però, sapeva che non sarebbe andata in quel modo, lui non avrebbe dimostrato più filtri ne limiti, e avrebbe dato libero sfogo alle sue emozioni, a costo di percorrere la via più ardua.

Non capiva il motivo per cui Ethan si ostinasse a lasciarlo vivo per così tanto tempo, ma supponeva che il motivo fosse dovuto alla sua psicopatia.

Probabilmente per la sua mente malata, un assassinio così semplice e diretto sarebbe stato troppo monotono, troppo facile, con ogni possibilità lui avrebbe voluto costruire qualcosa di più scenico e divertente, avrebbe voluto sentire delle grida straziate e tradite, non solo nella carne, ma anche nell'animo, e ciò non sarebbe potuto avvenire se prima la vittima non riponeva fiducia in lui.

Voleva giocare con Polluce, e il biondo, l'avrebbe sicuramente accontentato.

Si sollevò rapidamente in piedi, tenendo stretta la mano dell'altro ragazzo, strofinò i palmi sui vestiti sporchi, levandosi un po' di poltiglia di dosso, e si asciugò una timida lacrima solitaria, fingendosi ancora timoroso e titubante.

A quanto pareva, ad Ethan piacevano molto le commedie, adorava recitare e fingere di esser qualcuno che non era, per poi fare la sua mossa.

Polluce allora non sarebbe stato da meno, si sarebbe finto indifeso e soggiogato, ed al momento giusto, quando il moro, convinto di esser riuscito nel suo intento, avrebbe avuto un secondo di distrazione, l'avrebbe finito senza un minimo di riguardo, ricambiandolo con la sua stessa moneta.

Sapeva che fisicamente Ethan era molto più forte di lui, ed in più possedeva quella splendida spada lavorata a mano, mentre lui non avrebbe avuto niente con cui difendersi, perciò e per altro, la sua unica possibilità era quella di colpirlo alle spalle.

Decise che l'avrebbe seguito ed assecondato fino a quando non fosse giunto il momento propizio.

“Polluce, calmati, smettila di tremare. Non devi aver timore di me. Ti assicuro che sono dalla tua parte, non ti farò del male.”

Nakamura poggiò una mano sulla gracile spalla del basso tributo che barcollava dinnanzi a lui, si avvicinò mestamente, fingendosi preoccupato per la sua integrità mentale.

Il biondo alzò leggermente lo sguardo, andando ad incontrare l'occhio inespressivo dell'altro, con fare teatrale si strinse nelle spalle, e simulò dei singhiozzi.

Ethan lo abbracciò, colto leggermente alla sprovvista, ma gongolante per la piega che stava assumendo quella situazione, se veramente quel ragazzo era così insicuro, il suo piano sarebbe andato a buon fine senza complicazioni.

“Senti, vuoi stipulare un alleanza con me? In questo modo potremmo entrambi coprirci le spalle a vicenda, avremmo maggiore sicurezza e più probabilità di sopravvivere Non voglio metterti pressione, e se rifiuti non ti biasimerò. Quindi… ci stai?” domandò Nakamura, stringendo ancora più forte il corpo dell'altro tra le braccia, cercando di far trasparire un finto calore emotivo, ansioso di ricevere una risposta positiva.

Polluce nascose il suo sorriso sulla spalla destra destra del suo assalitore, contento di aver ottenuto esattamente l'effetto desiderato con quel suo gesto melodrammatico, Ethan credeva di aver trovato un piccolo cerbiatto ferito, e questo si sarebbe capovolto sicuramente a suo vantaggio.

Polluce sussurrò un sì di risposta e ricambiò quel falsissimo abbraccio, poi si staccò da quel corpo caldo e fece qualche passo all'indietro, mentre Ethan continuava a fissare con cura minuziosa ogni suo singolo gesto.

Il biondo si chinò a terra, ed afferrò l'unico strumento concreto che era riuscito a procurarsi dall'inizio dei giochi, ossia il piccolo zainetto giallo che aveva trovato nella piattaforma, che in quel momento giaceva per terra, vicino al masso rotondo dov'era inciampato qualche attimo prima.

Lo mise velocemente sulle spalle, senza pronunciare una sola parola, sotto le occhiate inquisitorie dell'altro. Dopo aver fatto ciò, si risollevò da terra e si riavvicinò all'alta sagoma del moro.

Il vento continuava a soffiare insistentemente, e la folta chioma riccioluta del ragazzo si muoveva in maniera coreografica da destra verso sinistra, ricadendogli spesso sul viso arrossato dal gelo.

Il sole avrebbe dovuto cominciare a sbucare nel cielo, eppure, tanto si era nascosto bene tra le nuvole, che pareva che in quel giorno stesse già calando la sera.

“Che facevi da queste parti?” domandò, cercando di parere disinteressato e tranquillo.

Ethan gli lanciò rapidamente un occhiata che gli fece gelare il sangue, poi però, nel suo volto ritornò la medesima espressione pacifica che aveva mostrato fino a qualche attimo prima, annullando quel poco sentimento che era trasparito dalla sua aura qualche attimo prima.

Il suo stomaco lo salvò da quella domanda parecchio scomoda, brontolando rumorosamente.

In realtà, il vero motivo per cui il moro si trovava in quella parte trista e desolata di arena, era dovuto al fatto che lui fosse da giorni sulle traccie della forte Clarisse La Rue, ma spiegare una cosa del genere senza esser preso per matto risultava parecchio difficile.

“Come hai appena potuto constatare, si da il fatto che io abbia piuttosto fame, dal momento che non mangio qualcosa da ieri mattina. Il problema è che per colpa di questo tempaccio tutti gli animali si sono rintanati nei loro rifugi, e per me è a dir poco impossibile trovare del cibo in queste condizioni.”

Polluce poté leggere nei suoi occhi che quella che aveva appena pronunciato era chiaramente una bugia, stava per controbattere con qualcosa, quando improvvisamente una folle quanto geniale idea gli illuminò la mente, facendolo boccheggiare.

“Ah, se è così hai trovato la persona giusta. Io vengo dal distretto dell'agricoltura, ed è già da qualche giorno che raccolgo viveri presi in natura. Si trovano all'interno della mia borsa, potremmo girare un altro po' tra questi boschi per procurarci altre due piantine commestibili e poi potrei preparare io il pranzo.” rispose frettolosamente il ragazzo, stringendosi nervosamente le mani sudate dietro la schiena, cercando di non far notare il suo fremito nella voce.

“Mi faresti un gran favore agendo in questo modo.” si limitò a rispondere Ethan, accennando un sorriso bianco sull'angolatura destra delle labbra.

Era perfetto, Polluce era in grado di distinguere le piante e le bacche mangiabili, da quelle nocive, perciò gli sarebbe bastato raccogliere qualche spezia velenosa e servirgliela su un piatto d'argento, per poterlo fare fuori.

Nella sua mente era deciso, il metodo che avrebbe usato per eliminarlo sarebbe stato l'avvelenamento.

I due cominciarono ad incamminarsi verso un sentiero che sfociava verso l'ovest, in quanto entrambi avessero concordato di procurarsi del cibo nei boschi, e quelli di est erano veramente troppo miseri e rinsecchiti per poter offrire un qualsiasi tipo di risorsa. In più i gradi cominciavano a calare sempre di più, e la prospettiva di fermarsi in quel luogo per poi morire assiderati non era per niente appetibile.

Camminarono per un paio di ore, superando diversi massi che bloccavano il passaggio nelle zone frontali, cercando di muoversi cautamente, perlustrando il territorio, in modo tale da non rischiare incontri indesiderati con altri giocatori.

Sicuramente per Ethan sarebbe divenuto un problema fingersi buono e caro mentre squartava una persona, e nello stesso modo, a quel punto, anche la copertura di Polluce sarebbe crollata, quindi avevano concordato ambedue sull'essere prudenti e rapidi.

Comunque, dopo un po' di tempo erano riusciti ad imbucarsi, ancora indenni, all'interno della boscaglia mediterranea dell'ovest, dove in quel momento si stavano aggirando, in cerca di cibo.

Il panorama, in quella determinata zona, era tanto fitto di alberi e verde che a mala pena si riusciva a scorgere il colore spento del cielo.

Gli alberi si estendevano rettamente in tutte le direzioni, diversi per dimensione ed altezza, contornati da fiori piuttosto che frutti, ed accompagnati da cespugli schiariti.

Polluce propose a Ethan di andare da solo a cercare le risorse, desiderando di liberarsi della sua presenza durante la selezione, dato che comunque vi era una piccolissima percentuale di possibilità che Ethan sapesse riconoscere una pianta velenosa.

Così gli propose gentilmente di tenergli le spalle coperte mentre si dedicava al raccolto.

Lui accettò, e Polluce cominciò ad inoltrarsi in solitudine tra gli arbusti, studiandoli ed attraversandoli con cautela, riportando a galla i suoi ricordi del passato.

Cominciò a strappare con cauzione delle foglie e dei fiori, annusandoli, strofinandoli sul retro della mano, verificando la consistenza e il potenziale rischio in cui eventualmente poteva incappare.

Trovò molto materiale commestibile, tra cui degli aranci dolci, e degli aranci amari, che decise di riporre per prevenzione dentro la borsa.

Poi continuando a cercare, trovò una pianta di citrus medica, a lui del tutto familiare, dato che offriva quegli splendidi frutti che sarebbero serviti in seguito per andare a creare il chinotto.

Ripose anch'essi nello zaino, perseguitato ancora da quell'impellente voglia di bere, e deciso a preparare un po' di quella bevanda con le sue stesse mani, entro quella ispida giornata.

In quel momento, mentre raccoglieva con foga con questi ultimi frutti, scorse quella che sarebbe stata la sua salvezza.

Intravide un albero, molto basso e all'apparenza fragile ma estremamente colorato, dotato di piccole foglie giallognole che ricordavano per la forma quelle di una palma.

Da questo piccolo alberello penzolavano degli adorabili frutti di un colore rosso acceso, con qualche sfumatura nera, che ricordavano tanto delle coccinelle giganti.

Si avvicinò mestamente, con il proposito di scrutare meglio quella scoperta, in modo tale da togliersi ogni dubbio sulla sua provenienza.

Dopo una rapida ispezione, constatò che aveva visto giusto, quello in cui si era appena imbattuto era propriamente un albero dei rosari.

Quella magica creatura clorofilliana, produceva dei frutti, che all'apparenza sembravano terribilmente succosi, ma che in realtà erano tra i più pericolosi esistenti al mondo.

Un solo morso ad uno di quelli avrebbe comportato senza alcun dubbio la morte di un essere umano, e Polluce, fu terribilmente contento di esser riuscito a scorgerla tra tutte quelle piante.

Si guardò rapidamente intorno, riuscendo a percepire solamente la presenza di quegli alti arbusti, dopodiché si chinò verso quella pianta mortale, e si limitò a raccogliere un paio di quei frutti maledetti.

Con lo zaino carico delle risorse agricole più disparate, si diresse verso il punto in cui aveva stabilito per trovarsi con il suo alleato, ossia una piccola area tondeggiante nascosta dalle piante e dagli alberi, che gli avrebbe permesso, almeno finché il tempo e la foschia non li avessero aiutati con il loro offuscare, di passare momentaneamente inosservati, almeno per il tempo necessario che sarebbe servito per riposare le gambe e preparare il pranzo.

Polluce trovò Ethan accasciato ad un piccolo albero marroncino, con gli occhi semichiusi, e la spada stretta tra le dita biancastre, occupato da una specie di stanca dormiveglia.

Appena Polluce si addentrò nel loro cerchio, l'altro spalancò subito gli occhi, pronto ad un eventuale attacco, che placcò immediatamente quando notò il volto sorpreso del ragazzo dell'11.

“Quindi, hai trovato qualcosa?” domandò con voce roca Nakamura, rilassando le spalle e tornando ad appoggiarsi a quel magro tronco, fissandolo di sottecchi.

“Sì, sono riuscito a trovare parecchio materiale per oggi. Certo dalla frutta e dalla verdura on si può minimamente ricavare il livello energetico e proteico che si può invece trarre dalla carne.

Però fidati che se adesso mangiamo tutta questa roba, non siamo a rischio di svenimenti almeno fino a domani mattina.”rispose prontamente l'altro, con un sincero sorriso scaltro a contornargli il volto.

Polluce si avvicinò ad Ethan, sfilandosi lo zaino dalle spalle ed andando a sedersi di fianco a lui.

Poi entrambi aprirono quella sacca e cominciarono ad estrarne i vari frutti che il ragazzo aveva colto, andando a disporli ordinatamente su delle larghe foglie che erano già presenti in quella borsa. ambedue attenti nello schiacciare gli insetti e le blatte che provavano a bersagliare il loro pasto.

Tutti e due cominciarono a mangiare affamati le cose che si trovavano in superficie, cominciando dal cedro e dagli aranci, e finendo con l'ingerire persino cose poco appetitose come il rosmarino.

Ad un certo punto, Nakamura estrasse dallo zaino un frutto della citrus medica, ossia del chinotto, e spinto dalla fame e dall'apparenza soddisfacente ed appetitosa di quel frutto, provò ad addentarlo, ma dopo tre secondi si ritrovò a sputarlo mentre tossiva, con la lingua di fuori, estremamente schifato.

Polluce emise una fievole risatina, e poi lo avvertì su come stavano le cose riguardo quella piantina.

“Oh, quello è il pezzo forte, avevo intenzione di lasciarlo per ultimo, ma vedo che anche tu hai una gran voglia di mangiarlo. Si tratta di chinotto, ma è assolutamente impossibile mangiarlo in questo modo, il suo sapore è oltremodo amaro ed acido, perciò avevo intenzione di farne una spremuta, aggiungendo qualche spezia dolce e magari qualche altro frutto, in modo tale da creare qualcosa di decente. Ho davvero bisogno di bere qualcosa che non sia acqua.” affermò sospirando e passandosi una mano tra i capelli.

Ethan annuì, desideroso quanto lui di assaporare qualcosa di veramente gustoso, ed in men che non si dica gli offrì la sua bottiglietta vuota, abbastanza larga orizzontalmente, in modo tale che lui avesse un minimo spazio dove preparare quell'intruglio..

Polluce cominciò il suo rapido lavoro, spremendo e filtrando con le mani nude quel dolce e amaro frutto che sarebbe stato il mezzo attraverso il quale sarebbe arrivata la sua salvezza.

Lavorò su quel succo per un po' di tempo, mentre Ethan continuava a mangiucchiare qualche fogliolina di verdura, tra quelle ancora presenti nell'alto mucchio che avevano creato.

Poi, finalmente, il lavoro del biondo terminò.

Davanti a lui non si trovava più un anonimo frutto dagli ambigui colori del sole, bensì una specie di frullato, contornato con qualche grume, e nel quale vi era presente qualche galleggiante di spezia.

Di sicuro non si avvicinava minimamente al chinotto che il ragazzo era abituato a mangiare nel distretto, ma sembrava decisamente invitante in quel momento di panico e fame.

Ne sorseggiò un goccio davanti all'affannato Ethan, constando con stupore quanto quel sapore fosse decisamente squisito al suo palato in astinenza, lasciandolo deliberatamente vedere.

“Perfetto Ethan. Credo di aver terminato.

Non è esattamente perfetto ma è decisamente apprezzabile.

Adesso, per favore, porgimi anche la mia bottiglietta d'acqua, si trova nella piccola tasca interna del mio zaino.

Così divido la bevanda esattamente in parti uguali e non litighiamo per la quantità da spartire a vicenda.” pronunciò il ragazzo, sempre con un leggero sorrisino ed un tremito d'ansia a fargli tremolare il labbro.

Ethan si sporse verso il contenitore giallo, oramai vuoto e leggero, che si trovava a pochi centimetri oltre il mucchio di piante che avevano suddiviso.

Tastò un po' al suo interno, poi finalmente riuscì a prendere il medio contenitore vuoto che si trovava in quella tasca di fondo.

Porse il contenuto a Polluce, che l'acchiappò rapidamente, cercando di non far esplicare il suo tremolare.

Per non farsi beccare, nella cintura della sua divisa aveva riposto i frutti velenosi del rosario, in attesa solamente di inserirne uno dentro la bottiglietta del suo nemico.

Si voltò di spalle, e cominciò a travasare quella sostanza liquida equamente nella bottiglia trasparente di uno, come in quella dell'altro, attento a non far cadere nemmeno una goccia al suolo ed a non fare le porzioni inesatte.

Poi con una rapidità fulminante, mise una mano in tasca e afferrò i piccoli semini rossi e mortali che cominciavano a pesare nella sua cintura.

Con molta chalance, senza farsi vedere, li lasciò cadere frettolosamente dentro una delle due bottiglie, quella che avrebbe poi offerto ad Ethan.

L'operazione richiese pochissimi istanti, ed il moro non si accorse di nulla, nuovamente intento a dormivegliare ancorato a quel tronco secco e ruvido.

Polluce si sedette di fonte ad Ethan, scansando qualche pietrisco ed adagandosi, a gambe incrociate, con le bottiglie di chinotto ben strette tra le mani.

“Tieni Ethan, questa è la tua bevanda” disse Polluce, sforzandosi di sorridere forzatamente sotto gli occhi stanchi e offuscati dell'altro, offrendogli ovviamente il liquido avvelenato.

“Spero che questa specie di chinotto non ti faccia completamente schifo” concluse ridendo sotto i baffi.

Nakamura avvicinò il suo braccio lentamente, e poi afferrò la bottiglietta che gli stava porgendo l'altro, provocando un impercettibile senso di sollievo e leggerezza nel torace del biondo.

In quel momento un tono squarciò violentemente il cielo, accompagnato da una scintillante saetta che si abbatté nel terreno proprio vicino al loro, con il rischio di colpirli, facendo di loro due spiedini arrostiti.

Entrambi emisero un leggero urlo e sobbalzarono, Polluce si lasciò addirittura sfuggire da mano la sua bevanda, che ricadde al suolo e si riversò parzialmente.

Presto però si affrettò a riprenderla, ricomponendosi e tornando serio, nonostante il suo cuore battesse a mille per via dello spavento appena subito.

“Che tempaccio, vero Polluce? Sicuramente da qualche parte nel campo ha già cominciato a piovere bellamente, anche se è solo questione di tempo perché accada anche qua. Direi che è meglio muoverci, se in questo momento siamo ancora vivi è solo per fortuna, ma è meglio non approfittare troppo del fato. Non credi?” domandò Ethan, rimirando le foglie chiare degli alberi che volavano a mezz'aria, trasportate da una corrente fredda, ed accompagnate dal suono sinistro della pioggia in lontananza.

“Certo, prima di andarcene però è meglio se beviamo questo chinotto.

Anzi, proporrei un brindisi, brindiamo perché siamo ancora vivi, perché siamo dei sopravvissuti al destino.” esclamò Polluce, con il cuore stretto in una morsa di ansia.

Un sorriso ambiguo si diffuse sul volto di Ethan, che annuì con la testa e portò in alto la bottiglietta, facendola riflettere nel cielo.

Poi, cominciò ad avvicinare quel contenitore alla bocca, seguito a ruota dall'altro, che imitava alla perfezione i suoi movimenti, mentre sudava freddo, in pressante attesa che il ragazzo esaurisse quel veleno.

Entrambi fecero arrivare la bottiglia ala bocca, e tirarono un lungo sorso che prosciugò quasi l'intera bevanda, contemporaneamente.

Si staccarono assieme, e presero fiato, guardandosi negli occhi, come in una muta sfida.

Polluce sapeva che sarebbe stata una questione di attimi, prima che il veleno cominciasse ad agire nelle viscere del ragazzo, uccidendolo tra agonia e sofferenza, nello stesso modo in cui si era estinta la povera Dare.

Presto, le sue previsioni furono avverate, solamente, non come lui aveva previsto.

Polluce sentì una morsa stringergli violentemente lo stomaco, impedendogli di respirare decentemente.

Si piegò a terra, in preda ad un dolore atroce.

La sua salivazione cominciò ad aumentare a dismisura, uscendo dagli angoli delle labbra, ed affogandolo con il suo pressare.

Ad un certo punto dalle sua rosea ed angelica bocca bocca cominciò ad uscire una sinistra schiuma biancastra che pizzicava sula lingua.

Il ragazzo si sdraiò a terra e cominciò a contorcersi, non capendo cosa stava accadendo, troppo scombussolato dal dolore lancinante.

La sensazione era quella di milioni di aghi che ti tiravano le budella in svariate parti differenti, eppure le sue carni erano decisamente integre.

Cominciò a tossire, incapace di respirare, graffiandosi il collo per il panico, andando a togliersi la pelle che gli rimase attaccata alle unghi9e.

In quel momento tornarono in mente tutte le parole che avevano pronunciato i suoi compaesani, quando dicevano che sarebbe stato proprio il vino a metter fine alla sua vita d'inganno, che l'avrebbe ucciso come un cane proprio com'era accaduto a suo padre.

Tutto tornava, lui sarebbe veramente morto in quella condizione ridicola e vergognosa.

Spirò il suo ultimo sospiro, tra un boccheggio e l'altro, soffocando un grido di disperazione, con gli occhi totalmente spalancati ed un orripilante colorito verdognolo sulla pelle, proprio come era successo a suo fratello qualche anno prima.

Il cannone rimbombò nel cielo, arrivando a rimbombare perfino nelle zone più desolate di quel luogo.

Ethan, che era rimasto per tutto il tempo muto a gustarsi quella scena con grande piacere, si alzò lentamente da terra, con un colorito pallido.

Esplose in una sonora risata psicotica, tanto che cominciò a lacrimare.

Veramente quello stupido ed ingenuo biondino aveva provato a raggirarlo ed a fregarlo?

In verità, lui si era accorto fin dal primo momento che quell'individuo gli stava deliberatamente mentendo, ma aveva continuato a reggergli il gioco, solo perché tutta quella situazione si prospettava parecchio esilarante, e così era stato.

Nakamura si era insospettito parecchio quando aveva constatato la determinazione dell'altro nell'andare a raccogliere del cibo, poteva capire che essendo stato un tempo un agricoltore dell'undici quella prospettiva poteva risultare piacevole, ma quella reazione che aveva avuto era stata a dir poco esagerata.

Così non aveva fatto altro che seguirlo a distanza mentre raccoglieva fugacemente le sue risorse.

A quel punto, aveva certamente notato il suo timore ed il suo stupore nel trovare quell'ambigua piantina dai colori rossastri, così aveva presupposto che fosse velenosa.

Dopodiché, era tornato rapidamente nel posto dove si erano dati “appuntamento”, ed aveva cominciato a fingere un area spenta ed assopita, mentre in realtà stava trepidando interiormente per l'eccitazione.

Era riuscito senza dubbio a scorgere quel rapido ma non impercettibile movimento che aveva compiuto l'altro quando aveva aggiunto nella sua bottiglietta quelle palline rossastre, e ciò aveva confermato le sue teorie, quel biondino stava tentando di farlo fuori intossicandolo.

A quel punto, non aveva dovuto far altro che aspettare un momento di distrazione da parte sua, che in quel caso era stato costituito dal fulmine che era arenato proprio al loro fianco, per scambiare i recipienti.

Ed adesso si stava godendo a polmoni aperti quelle macabre e teatrali scene che stava mettendo i atto il suo amato alleato.

Si inchinò verso il corpo che giaceva in una posizione improponibile sulla terra, un orribile posa scombinata ed immobile.

“Oh, che dolce Giulietta, per mio amore si è suicidata con la stessa bevanda che ha amato tanto durante la sua esistenza”. Passò lentamente una mano tra i boccoli dorati del ragazzo, cominciando ad accarezzargli lentamente il capo, poi strinse i ciuffi in una forte morsa, e cominciò a tirarglieli, strappandoli a ciocche.

“Però, ahimè, il tuo Romeo ti ha mentito, non ti voleva realmente bene, ed in questo momento non è pronto a praticare un harakiri con questa sua bella lama giapponese.”

Finì di strappargli tutti i capelli che gli erano rimasti in testa e cominciò a tirargli calci energicamente sullo stomaco, ridendo a gran voce, con il pressante fiatone per via di quello sforzo.

Poi, una volta che ebbe massacrato al punto giusto quell'inferiore cadavere che aveva osato affrontarlo, riacquistò un minimo di serietà.

Guardò nuovamente il cielo, e si strinse le mani, rabbrividendo per via di quel freddo, cominciando ad incamminarsi verso la parte sud dell'isola.

Ma non prima di aver lanciato uno straziante grido al vento, urlo talmente forte ed intriso di sentimenti repressi, che fece tremare gli alberi e le foglie, facendo eco nella confusione della sa anima.

Quel grido malsano ed affannato affermava, con cotanta convinzione:- “Clarisse, ti amo, quindi: muori per me!”.

Intanto, Polluce continuava a giacere morto su quel terreno ormai fangoso, per via della pioggia che cominciava ad atterrare dall'alto, con la bocca spalancata e violacea, e gli occhi rossi che sembravano voler esplodere da un momento all'altro.

“Polluce e Castore si sarebbero ricongiunti, l'avrebbero fatto, almeno nell'aldilà, perché loro erano e sarebbero stati dei gemelli, per sempre, fino alla fine, anche nella morte.”

 

Nda: Mi scuso per l'infinito ritardo che ho impiegato nel postare questo capitolo.

Ho avuto due settimane assolutamente piene e la scuola mi sta uccidendo, ma in realtà sarei un ipocrita se usassi queste scuse per giustificarmi.

Questo perché, in verità, se davvero avessi voluto, avrei trovato sicuramente due minuti di tempo per scrivere.

Il punto è che ho avuto una specie di “blocco”, e perciò mi sono aggrappata a mille giustificazioni differenti pur di rimandare.

Però per fortuna questo periodo di crisi sembra esser terminato, ed in più a me non è mai piaciuto lasciare le cose fatte a metà, perciò sicuramente terminerò questa fanfiction (ed ho anche in previsione di postarne delle altre).

Dato che era da un po' di tempo che non pubblicavo nulla, spero di non ave fatto troppi errori, e che la mia scrittura sia egualmente comprensibile. In caso contrario mi farebbe realmente piacere ricevere una qualunque recensione negativa o comunque contenente di suggerimenti al fine di migliorare.

Se ce la farò posterò il prossimo capitolo questo lunedì.

Infine chiedo perdono e due minuti di silenzio per la morte del povero Polluce.

Alla prossima <3

   
 
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