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Autore: Avenal Alec    27/10/2015    2 recensioni
La storia comincia alcune settimane dopo il termine della puntata 2x16 ed è incentrata sui personaggi di Bellamy e Clarke.
Bellamy e Clarke non sono più sottoposti alla tensione della sopravvivenza a tutti i costi. Dovranno affrontare non solo i fantasmi del loro passato ma la consapevolezza che la Terra è realmente la loro nuova casa e dovranno scegliere come vivere in questo nuovo mondo. . A complicare il tutto, la "quiete" in cui vivono li porterà a fare i conti con il tipo di legame che li lega :)
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'The 100 - Welcome to the new world'
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CAPITOLO 22

Credeva di galleggiare, la percezione del suo corpo sembrava ovattata, aveva la testa leggera. Si sentiva cullato dal buio che lo circondava. Stava dormendo o era sveglio?
Era disorientato.
Lentamente aprì gli occhi, non riconosceva quel soffitto grigio rischiarato debolmente da una luce, non era simile a nessun luogo che conosceva. Dov’era?
Respirò lentamente, un leggero dolore sordo lo colse alle costole.
Cominciò a ricordare. Girò il viso verso la fonte di luce. 
Una figura era accovacciata vicino a lui, le ginocchia piegate, trattenute fra le braccia, il suo viso era in penombra eppure avrebbe riconosciuto quella corona dorata di capelli che le incorniciava il viso dappertutto. 
Clarke!
Era riuscita a raggiungerlo ed era lì con lui.
Un sorriso si aprì sul suo viso. 
Tentò di tirarsi su a sedere, ma il movimento allertò la ragazza che si avvicinò subito.
La ragazza gli sorrise anche se il suo volto era tirato dalla preoccupazione. 
Allungò una mano verso il suo braccio.
“Con calma!” 
Bellamy si lasciò aiutare mentre tentava di mettersi seduto. 
Provò a ringraziarla ma la sua voce non rispondeva ai suoi comandi, sentiva solo la bocca impastata.
“Bevi” disse Clarke porgendogli una tazza.
Bellamy rispose con un breve sorriso e bevve grato.
Era una tisana dal vago sapore di menta.
Ricordò Laudria e la tisana che aveva bevuto solo il giorno prima.
“Laudria?” chiese quindi mostrando la tazza.
Clarke sorrise e annuì. 
“Si! ho imparato da lei e mi sono portata dietro un po’ di erbe per ogni evenienza e a quanto sembra è servita. Come stai?”
“Per uno che, come un’idiota, è caduto dalle scale direi bene, stranamente non sento molto dolore” .
“Quello grazie a una generosa dose di antidolorifici” rispose Clarke sorridendo.
Bellamy annusò l’aria e sentì un odore pungente vicino al viso.
“Che odore è questo?” chiese
“Arnica, te ne ho spalmata un bel po’ sul bozzo in testa e sulla caviglia. Sempre un regalo di Laudria.” Rispose la ragazza.
“Quanto sono stato svenuto?”
“Un paio di ore”
“La tempesta?”
“Ha cominciato poco dopo che ti ho trascinato qui dentro.” Rispose Clarke.
Bellamy osservò la stanza, un paio di brande, un tavolino e poco altro. 
“Posticino carino” disse.
“Già” rispose la ragazza.
Si accorsero entrambi di quanto le loro parole fossero forzate. Erano chiusi lì dentro e tutto quello che era rimasto in sospeso stava creando un muro invisibile. 
Sarebbero stati in grado di abbatterlo?
I minuti scorrevano, la paura di parlare fra loro.
“Senti..”
“Clarke..”
Cominciarono in simultanea.
“Prima tu!” replicarono nuovamente insieme.
L’assurdità della cosa, il sentirsi quasi come due adolescenti impacciati, loro che avevano visto la morte in faccia più volte e avevano letteralmente guidato eserciti, li fece ridere.
La loro risata spezzò il silenzio, si guardarono negli occhi e dopo settimane si riconobbero di nuovo.
I loro sguardi rimasero incatenati, il silenzio carico di tensione scacciò il ricordo delle risate.
Bellamy allungò una mano verso il viso di Clarke, una carezza sul suo volto.
“Mi sei mancata” disse senza distogliere lo sguardo da lei.
“Anche tu” replicò Clarke trattenendo la mano sul suo viso.
Delle frasi mormorate che raccontavano del loro rapporto. Di tutto quello che erano stati l’uno per l’altro.
Un attimo sospeso, poi Clarke interruppe il contatto come se quella vicinanza fosse insostenibile. Si alzò in piedi e si diresse verso il fondo della stanza. Cominciò a cercare qualcosa e a parlare.
“Avrai fame, ti preparo qualcosa…” 
Bellamy non la stava ascoltando conscio solo di un fatto: era scappata, di nuovo. Questa volta non da se stessa ma da lui, da loro. 
Era un gioco cui non voleva più giocare, poteva accettare qualunque scelta da parte di Clarke, ma non la fuga. Non più. 
Bellamy cercò di alzarsi in piedi ma il dolore alla caviglia lo impedì, irritato si guardò in giro in cerca di un sostegno, dietro di se vide con la coda dell’occhio la brandina. Dopo qualche tentativo riuscì ad avvicinarsi quanto bastava per poter appoggiare la schiena alla struttura in metallo e alleviare la pressione anche sul torace.
Rivolse l’attenzione a Clarke, continuava a dargli la schiena, parlava di cosa avesse fatto quando lui era svenuto, di come l’avesse soccorso, di cosa avesse trovato nel rifugio e cosa avrebbero potuto portare via quando la tempesta si fosse acquietata e fossero arrivati i soccorsi, lui di certo non avrebbe potuto ritornare con le sue gambe al campo Jaha a causa della distorsione alla caviglia.
“Clarke Basta!” sbottò Bellamy stanco di quel chiacchiericcio. 
La giovane si volse di scatto, gli occhi sgranati, turbata di quel tono così fermo che Bellamy non usava mai con lei. 
“Parlami” le disse deciso.
La vide inclinare il viso, osservare a terra poi alzò lo sguardo e annuì. 
Si sedette sulla seconda brandina posta di fronte a quella cui era appoggiato Bellamy, meno di due metri di distanza eppure sembravano lontani miglia. 
Non avevano più bisogno di chiacchere inutili, non c’erano mai state fra loro, adesso era il momento di osare e affrontare il cambiamento che entrambi stavano percependo qualunque fosse stata la conclusione.
“Parlami” le sussurrò Bellamy, una preghiera nella sua voce. Un ordine in quella parola.
“Quando non sei con me” cominciò la ragazza esitante, non osava guardarlo negli occhi “ Ti sento sempre comunque vicino. Il pensiero di cosa tu faresti mi da la forza di agire, di andare avanti. Quando poi ti vedo mi sento protetta, al sicuro. Tu sei l’unica persona che ci sarà sempre, non vuoi niente da me, ma condividi le mie sofferenze. Lenisci le mie ferite e scacci le mie paure con la tua sola presenza.”
Clarke alzò gli occhi e scrutò il volto del ragazzo “Ho paura Bellamy. Ho paura di quello che succederà se…” lasciò le parole in sospeso, consapevole che stavano imboccando una strada senza ritorno.
“Ho paura che non ci sia futuro per noi, di perdere le poche sicurezze che ho trovato”. riprese, esitante “Ho paura che se mi aprissi a te, che se qualcosa dovesse accadere fra noi, sarebbe troppo grande. Mi sento come se, rischiando e amandoti, potrei ridurmi in mille fragili frammenti e perdere me stessa. In questo mondo non me lo posso permettere.” concluse abbassando gli occhi sulle mani. Mai come in quel momento Clarke era parsa così vulnerabile.
Bellamy avrebbe voluto alzarsi, raggiungerla e cullarla eppure era lì incastrato a terra. Come rispondere alle sue parole, come trasmetterle quello che lui stesso provava?
“Anch’io ho paura Clarke. Ogni giorno ho paura che quello che provo per te non sia altro che una scappatoia al quale mi aggrappo perché tutto il resto non ha senso. Eppure non possono arrendermi al fatto che noi siamo solo due anime che ruotano attorno ad uno stesso fato. Non posso arrendermi senza credere che siamo destinati ad altro. Io voglio vivere, non scappare da questa vita” Bellamy s’interruppe, nei suoi occhi la stessa fragilità di Clarke. 
Prese un respiro, si rizzò a sedere e continuò “Clarke, baciami, fai l’amore con me…” levò una mano verso di lei, un invito a raggiugerlo “Capiremo più di mille parole se il nostro destino è lenire la nostra solitudine, trovare conforto per le responsabilità che gravano sulle nostre spalle o, se questo legame, è l’unica cosa reale cui possiamo aggrapparci. E se le nostre anime si ridurranno in mille pezzi, forse si mescoleranno e diverranno una cosa sola.” Bellamy tacque, la sua mano ancora sollevata verso Clarke.
In attesa.
Gli attimi sembrarono minuti poi, la giovane, si alzò e si avvicinò.
Allungò la mano verso di lui, una stretta, una promessa.
Bellamy la guidò verso le sue braccia.
Un contatto così diverso ora, una consapevolezza che entrambi non avevano mai avuto. Si guardarono negli occhi, si videro, si sentirono per la prima volta da quando si erano conosciuti. Non più due estranei costretti dallo stesso destino. Ora erano solo due persone, due anime, due corpi e nient’altro.
  
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