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Autore: Whatadaph    28/10/2015    1 recensioni
Nel centro di Londra, un clamoroso furto di opere d’arte dal valore inestimabile avviene in circostanze misteriose. Gli Auror brancolano nel buio e Scorpius Malfoy c’è dentro con tutte le scarpe.
Nel frattempo, a Hogwarts, Lizzie Dursley è alle prese con una cotta impossibile e Fred Weasley ne combina una dopo l’altra.
Sono passati sei anni e i nostri eroi si muovono nelle loro nuove vite, tra il Ministero della Magia, l’ospedale San Mungo, il Caffè Nero di Trafalgar Square e un certo castello in Scozia.
Come sempre, se i Potter-Weasley e compagnia non vogliono guai… Sono i guai che li vanno a cercare!
Con la partecipazione straordinaria di quattro squadre di Quidditch, alcune vecchie conoscenze e un grosso gatto peloso.
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Hugo Weasley, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Metamorphosis'
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CAPITOLO 4

The Banshee Boys
 
 
20 settembre 2027
Ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche
Londra
 
La caffetteria del San Mungo era quasi vuota, ma tra i tavoli albergava un chiacchiericcio sommesso e sonnolento, da prime ore del mattino.
Due maghi in abiti verdi da tirocinanti sedevano dai lati opposti di uno dei tavolini di plastica. Avevano entrambi  capelli scuri ma due atteggiamenti fisici molto diversi: uno dei due, il più basso, con i capelli lisci e fumosi occhi azzurrastri, era stravaccato con aria sfacciata e sembrava decisamente assonnato. L’altro sedeva composto e nel complesso aveva un’aria abbastanza riposata.
Due tazze fumanti erano posate sul piano del tavolo. Una era colma di caffè bollente, l’altra sprigionava un intenso odore di bergamotto.
Jake sbuffò, mentre Bernie prendeva la propria tazza e sorseggiava un po’ di Earl Grey.
“Sono stufo di questi doppi turni,” sbadigliò il primo, passandosi una mano sugli occhi. Il suo guaritore responsabile sembrava averlo preso di mira e lo faceva sgobbare come non mai.
“Vedi il lato positivo: stai facendo esperienza,” osservò Bernie, in apparenza innocentemente e in realtà non senza una nota di scherno.
Jake gli scoccò un’occhiataccia ma decise di ingoiare il rospo, visto che aveva troppo sonno per replicare debitamente. Bevve qualche sorso di caffè, salutando con un cenno Viviana Davis e un Medimago che non conosceva. Bernie a malapena si voltò per gettare ai due un’occhiata distratta.
Jake lo osservò con aria indagatrice. C’era qualcosa di leggermente sospetto nel modo in cui i movimenti dell’altro apparivano studiati e troppo precisi, come se stesse aspettando il momento giusto per dire qualcosa.
E Jake sapeva perfettamente cosa, perciò attese senza parlare. Era consapevole di cosa dovesse aspettarsi.
“So che sabato hai visto Christine,” fece poi Bernie in tono leggero, rompendo il silenzio. Lasciò cadere le parole dall’alto, con costruita casualità. “Come l’hai trovata?”
Jake roteò gli occhi; iniziava ad essere vagamente esasperato dall’atteggiamento di quei due. “In forma,” replicò, senza curarsi di nascondere una sfumatura di sarcasmo nel proprio tono di voce. “Quando deciderete di piantarla di usarmi come intermediario e vi manderete un gufo?”
“Non so di cosa tu stia parlando,” fece Bernie in tono piatto.
Ma Jake aveva un doppio turno e il suo caffè ancora non era finito: decisamente non era il momento migliore per mettere alla prova la sua pazienza. “Ogni volta che la vedo mi chiede come stai facendo finta che non le importi… E tu fai lo stesso se sai che l’ho vista. Se vuoi sapere come sta, mandale un gufo.”
Bernie gli gettò un’occhiata infastidita. “Non posso semplicemente mandarle un gufo.”
Jake inarcò le sopracciglia. “Non puoi? E perché?” sbuffò. “Dubito che per Alice sarebbe un problema.”
“Infatti probabilmente non lo sarebbe.” Tagliò corto Bernie in tono freddo, alzandosi in piedi. “La prossima volta le manderò un gufo. Ci vediamo dopo.”
Si allontanò senza neanche lasciargli il tempo di replicare. Jake sospirò e scosse la testa… Anche se inevitabile, era sgradevole pensarlo, forse anche ingiusto, ma gli pareva evidente che tra Bernie e Christine ci fosse ancora parecchio di irrisolto.
 
*
 
22 settembre 2027
Hogwarts, Scozia
Mattina
 
Alla mattina del giovedì, dopo due intere giornate trascorse al castello, la presenza di Tony Menley si era ormai rivelata meno molesta del previsto. Fino a quel momento, a dire il vero, si erano a malapena incrociati, dal momento che Hugo non aveva fatto altro che correre da un’aula all’altra in compagnia del professor Fortebraccio e l’altro era stato probabilmente rintanato in camera sua o chissà dove, dal momento che il seminario di Arte Magica non era ancora iniziato.
Il tempo più lungo che avevano trascorso insieme – dopo naturalmente il viaggio in treno, che a Hugo era parso interminabile – era stato quello della cena, alla sera del loro arrivo.
Avevano preso posto al tavolo degli insegnanti. Era stata una prospettiva bizzarra, che aveva fatto fare un balzo nel petto al cuore di Hugo: come se avesse avuto davanti agli occhi ribaltata la sala in cui aveva trascorso colazioni, pranzi e cene per ben sette anni. Invece di voltarsi e vedere le tavolate delle altre Case, scorgere quella delle autorità solo con la coda dell’occhio, di traverso rispetto a loro, da dove era seduto aveva potuto vedere i quattro tavoli uno in fila all’altro, occupati da studenti e attraversati da un chiacchiericcio costante.
Si era sentito strano, come se il suo posto non fosse quello tra il professor Fortebraccio e il professor Lumacorno, bensì in mezzo alla tavolata di Corvonero, con indosso il mantello nero e la spilla da Caposcuola al petto.
Per un istante solo si era chiesto se anche Tony si sentisse così e gli aveva gettato uno sguardo; l’altro sedeva quasi al capo opposto del tavolo e mangiava in silenzio, lo sguardo fisso sul proprio piatto. Hugo aveva concluso che dovesse semplicemente sentirsi molto ma molto a disagio.
Dopo due giorni, la sensazione di sedersi alla tavola sbagliata non era ancora scemata del tutto, ma Hugo sorrise mentre varcava la porta della Sala Grande, con tutte le intenzioni di affrontare la colazione con molto entusiasmo.
Il soffitto incantato rimandava l’immagine di un cielo a momenti sereno e attraversato da nuvole, come se fosse un po’ indeciso su come proseguire la giornata. I tavoli delle quattro case erano occupati solo a tratti: più fittamente quelli di Corvonero e Tassorosso, con più spazi vuoti Grifondoro e Serpeverde.
Anche il tavolo delle autorità era ancora semivuoto: Hugo salutò con educazione il professor Paciock, il professor Dodge di Antiche Rune, Hestia Jones che insegnava Difesa Contro le Arti Oscure; infine rivolse un sorriso allegro ad Hagrid e diede il buon giorno al preside Vitious, che sedeva sul suo scranno dorato sopra una pila di cuscini.
Si sedette vicino ad Hagrid. Il professore stava bevendo una tazza di tè che appariva minuscola tra le sue mani grosse almeno il doppio del normale; gli rivolse un sorriso pieno di calore.
“Allora, Hugo, come ti va questo inizio, eh?”
Lui si versò del caffè. “Mi sembra bene,” disse, prendendo lo zucchero e cominciando a rovesciare nella tazza un cucchiaino dopo l’altro. “Per adesso mi limito ad ascoltare le lezioni e assistere il professor Fortebraccio nella correzione dei compiti, più avanti farò qualcosina in più.”
Gli occhi di Hagrid scintillarono da sotto le sopracciglia cespugliose, mentre impilava nel proprio piatto una quantità considerevole di toast imburrati. Hugo sogghignò e frugò con lo sguardo la tavola alla ricerca di biscotti al burro: ne trovò un vassoio con tre o quattro tipi diversi che tirò verso di sé, prima di imitare Hagrid cominciando ad ammucchiarli nel proprio piatto senza vergogna.
Probabilmente sua madre gli avrebbe scoccato un’occhiataccia, come a dire che non era tanto dignitoso.
Ma dopotutto le tavolate sono in continuo auto-rifornimento…
Che inconsapevolmente sia stato questo a spingermi a voler tornare a Hogwarts?
Meglio non condividere mai e poi mai questo pensiero con Lily, o l’avrebbe preso in giro a vita.
Stava per bere un sorso di caffè quando Tony attraversò le porte aperte della Sala Grande, per una volta solo e non alle spalle del professor Bulstrode. Aveva un’espressione assonnata e leggermente seccata, come si fosse svegliato con la luna storta; un ciuffo di capelli castani sembrava non volerne sapere di stare giù, di traverso rispetto agli altri da un lato della fronte.
Hugo riuscì a evitare di bere proprio all’ultimo secondo, accortosi appena in tempo che il suo caffè era ancora ustionante.
Nel frattempo qualche altro docente aveva raggiunto il tavolo dell’autorità: Madama Bumb e Madama Chips si erano sedute vicine all’estremità destra del tavolo, a una sedia di distanza dal professor Cattermole di Trasfigurazione e Jenkins di Babbanologia. L’unico punto del tavolo in cui ce n’erano due libere una accanto all’altra era alla sinistra di Hugo: i due posti vuoti lo separavano dal professor Rüf, che ovviamente non mangiava, essendo un fantasma, ma si limitava a fissare un piatto colmo di salsicce con espressione tetra.
Tony attraversò la Sala Grande senza guardare nessuno, con il fare circospetto e stizzoso di un gatto braccato. Quando giunse di fronte al tavolo delle autorità si diresse verso il lato sinistro e si fermò per un istante, esitando. Gli unici posti liberi erano quello alla sinistra di Hugo e due posti ai lati del professor Rüf.
Ma nessuno voleva mai mangiare vicino al professor Rüf. Era noioso, un filino inquietante e sentirlo parlare dell’argomento delle sue lezioni del giorno dalle prime ore del mattino, con quella sua voce monocorde, non era proprio il modo migliore di iniziare la giornata.
Tony dovette decidere che tra i due Hugo era il male minore, perché girò intorno al tavolo e si lasciò cadere sulla sedia accanto alla sua.
Fino a quel momento, capì Hugo, aveva evitato accuratamente di farlo.
Lo scrutò di sottecchi sporgersi verso qualche fetta di pane tostato che Hagrid aveva risparmiato e metterla nel proprio piatto. Una ruga di concentrazione gli solcava la fronte, proprio in mezzo alle sopracciglia, e non sollevò gli occhi da quello che stava facendo nemmeno per un secondo mentre tagliava sottili fette di formaggio salato e le depositava sul pane, per poi versarsi del tè e aggiungere una dose generosa di zucchero alla tazza.
“Ciao,” disse Hugo automaticamente.
L’altro parve irrigidirsi appena. “Ciao,” rispose senza guardarlo, cortesemente ma in modo definitivo, con un tono che sembrava dire che, per quanto lo riguardava, quella conversazione finiva lì.
Hugo aggrottò le sopracciglia, avvicinando la tazza alle labbra solo per scoprire che il caffè era ancora troppo caldo. Provava la netta sensazione di essere respinto. Non avrebbe saputo bene spiegarlo, perché non era razionale, ma si sentì come se ci fosse un muro attorno a Tony, un muro che faceva rimbalzare via tutto quello che lo circondava, che faceva rimbalzare via Hugo stesso.
Non era maleducazione né freddezza, ma era invalicabile.
Meglio così, no? pensò Hugo.
Dopotutto la presenza dell’altro lo metteva tremendamente a disagio, e gli sarebbe stato estremamente grato se avesse continuato a evitarlo come nei giorni precedenti. Se Tony avesse mantenuto le distanze, non si sarebbe dovuto preoccupare di mantenerle lui.
Avvicinò la tazza alle labbra e iniziò a bere il caffè. Adesso, per i suoi gusti, era un filino troppo freddo.
Improvvisamente gli venne in mente qualcosa. Stava per dirlo a Tony, quando un frastuono improvviso si levò oltre il portone di legno massiccio.
“Ma che diav–”
Saltò su dalla sedia e scattò alle calcagna degli altri professori, che adesso si stavano precipitando verso la Sala d’Ingresso.
 
*
 
22 settembre, pochi minuti più tardi
Giusto una sala più in là
 
 
Elizabeth Dursley era rimasta a bocca aperta, ma si affrettò a richiuderla prima che qualcuno si accorgesse che era rimasta di stucco. Lucrezia, al suo fianco, non si trattenne dallo sgranare gli occhi dalla sorpresa, mentre le sue labbra si incurvavano in quella che era inequivocabilmente una risatina divertita. Le loro orecchie erano colme di un frastuono assordante e di quelle che a Lizzie parevano urla inconsulte, con l’aggiunta di qualche fischio e un paio di strilletti entusiastici.
Come possono essere così idioti?!” sbottò prima di riuscire a trattenersi, in un’esclamazione abbastanza forte che tuttavia riuscì a malapena a lambire le orecchie di Lucrezia.
CHE COSA?” le gridò infatti l’amica di rimando; aveva cominciato a saltellare sul posto passando  da un piede all’altro.
Lizzie roteò gli occhi. “TI HO CHIESTO COME FANNO AD ESSERE COSÌ IDIOTI!” ripetè.
Lucrezia scosse la testa e sollevò le spalle, mentre si picchiettava leggermente l’indice sull’orecchio a indicare che non riusciva a sentirla. Adesso aveva anche cominciato a dondolare i fianchi a ritmo della musica.
Se poi musica si poteva chiamare quell’ammasso di suoni confusi e scoordinati a volume tanto alto da perforarle i timpani.
Ma come possono essere così idioti?! si ripeté tra sé e sé.
L’accesso allo scalone di marmo era stato bloccato da un piccolo gruppo di persone radunato su diversi gradini, a impedire la circolazione degli studenti, che a dirla tutta per la maggior parte non sembravano particolarmente scontenti della cosa.
Era stato interrotto il passaggio sia a scendere che a salire, cosicché l’accesso alla Sala d’Ingresso era stato impedito a parecchi studenti che adesso affollavano le scale, sporgendosi dalle balaustre per guardare. Anche nella sala una piccola folla si era radunata all’imbocco dello scalone di marmo, acclamando stupidamente quattro imbecilli armati di strumenti musicali, uno dei quali era ovviamente suo fratello Max.
Ancora non riusciva a credere che si potesse essere così stupidi, e ancora di più era sconvolta dal comportamento di Lucrezia, che invece di comportarsi con dignità aveva iniziato a ballare scatenata sul margine della piccola folla stupidamente sovreccitata.
Guardò nuovamente verso le scale, dove il gruppetto di ragazzi suonava sotto uno striscione ricavato da un vecchio lenzuolo con su scritto Banshee Boys chiaramente in fretta e furia con un’orribile vernice fluorescente. Proprio lì sotto, Fred Weasley suonava la batteria a torso nudo – la faccenda diventava meno dignitosa ogni secondo che passava – DJ Jordan pizzicava le corde del suo basso elettrico con aria lugubre, Bastien Leclerc, con la chitarra a tracolla, sbraitava parole incomprensibili nel microfono dandosi un sacco di arie e infine Max – che nel giro di mezz’ora sarebbe stato strozzato dalla sua stessa sorella – suonava anche lui la chitarra, con la cravatta di Tassorosso allacciata intorno alla testa.
Qualcuno le batté una mano sulla spalla. Si voltò di scatto, trovandosi di fronte Bernice e Candida. La prima stava atteggiando la sua graziosissima faccia nella solita smorfia a metà tra il disgusto e lo scherno, con le sopracciglia sollevate e il labbro superiore leggermente arricciato. Mosse la testa per scacciare dietro le spalle la massa di lunghissimi, folti e lucenti capelli biondi – facendo come sempre ingoiare a Lizzie un moto d’invidia.
Candida Flint, invece, poco dietro di lei, aveva i capelli rossi legati in una coda e si guardava intorno con espressione indecifrabile, probabilmente registrando informazioni su quello che vedeva.
CIAO, DURSLEY!” strillò Bernice per farsi sentire.
Lizzie la salutò con un cenno. Nel frattempo avevano fatto capolino dai sotterranei anche Harvey Higgs, Marcel Buckley e – il suo cuore diede nel solito tonfo – Stanley.
CIAO, RAGAZZE!” gridò Marcel quando le raggiunsero. “SECONDO VOI PER QUANTO TEMPO LI METTERANNO IN PUNIZIONE?”
I professori avevano cominciato a sciamare nella Sala d’Ingresso, attratti dal frastuono. Tuttavia, con sommo orrore di Lizzie, non intervennero immediatamente: il più di loro si limitava ad assistere alla scena con aria basita.
Dannati Grifondoro.
… E dannati Tassorosso!
Si voltò per gettare uno sguardo a Stanley, solo per scoprire che la sua visuale era coperta da Harvey e Bernice, impegnati a scambiarsi il bacio del buongiorno, rituale che Lizzie trovava quantomeno vomitevole.
Così fece il giro attorno a loro e raggiunse Stanley. Reputando il mettersi a strillare per ottenere la sua attenzione una cosa troppo poco dignitosa perché fosse disposta a farla, si limitò a battere una mano sulla sua spalla, pentendosi un istante dopo perché davvero non aveva idea di cosa dirgli.
Fu salvata, inaspettatamente, dai Banshee Boys. Infatti, improvvisamente la loro musica prese un ritmo più facile e orecchiabile e le parole si fecero più chiare, in una melodia burlona…
… NON È UN PETARDO, NON UN RAZZO…”
Elizabeth fu colta da un inspiegabile e inconfondibile brutto presentimento.
“… CHE GLI FA IL DIDIETRO ARDENTE…”
Aveva capito. E anche Stanley doveva aver capito, a giudicare dalla sua espressione e dal modo in cui aveva irrigidito le spalle.
… NON UN DRAGO, NÉ ARDEMONIO…
Lizzie era certa di aver visto la mano di Stanley subire uno spasmo involontario in direzione della bacchetta magica.
“… È PROPRIO HARVEY COTTO AL DENTE!
Non era sicura che nel complesso il periodo avesse una vera e propria logica sintattica. Sapeva solo che un gorgoglio aveva aggredito la bocca del suo stomaco non appena aveva sentito la presa in giro ai danni di Harvey Higgs, un gorgoglio che si tramutò presto in una risata impossibile da trattenere, nel vedere quel totale imbecille mutare la solita espressione di superiorità e scherno – per niente diversa da quella di Bernice – in una costernata e arrabbiata.
Non vedendo altra soluzione, scappò in Sala Grande prima che Stanley potesse rendersi conto che stava ridendo a crepapelle.
Decise di tenere a mente che avrebbe dovuto stringere la mano a suo fratello. Dopo averlo strozzato, naturalmente.
 
*
 
23 settembre 2027
Parco di Hogwarts, Scozia
Mattinata
 
Era stato semplicemente grandioso: di rado Fred si era divertito così tanto nella sua intera vita. Certo, adesso erano in punizione per una settimana, dopo aver fatto tutto quel casino, ma ne era valsa la pena.
Era stato pazzesco ed emozionante stare lì a suonare di fronte all’intera scuola, e quando avevano fatto quel pezzo su Higgs, beh… L’espressione dei Serpeverde era stata impagabile.
“Secondo me si vendicheranno,” stava dicendo Winifred con voce divertita ma anche un filo apprensiva.
Si trovavano al parco, approfittando di due ore libere e una mattinata serena per prendere un po’ di sole. Fred aveva la schiena appoggiata al tronco del grande faggio e Winifred era sdraiata con la testa sulla sua pancia. Viola sedeva a gambe incrociate davanti a loro, impegnata a scrivere un tema con aria estremamente dignitosa, ostentando una calma ammirevole, dal momento che solo pochi passi più in là DJ, Laurie e Bastien giocavano a Sparaschiocco facendo più confusione di un gruppo di scimmie urlatrici.
Era bello avere degli amici così allegri, pensò Fred con soddisfazione, stringendo un filo d’erba tra i denti, mentre i suoi occhi scivolavano sulla figura di Darren che lanciava una pallina con un tiro perfetto – davvero, con quella mira poteva essere un ottimo Battitore – ed esultava, tuffandosi all’indietro sul prato. Come sempre aveva la divisa abbastanza in disordine, la camicia spiegazzata fuori dai pantaloni e la cravatta allentata – anche se Fred era l’ultimo a poter dire qualcosa in proposito, dato che solitamente lui non l’annodava nemmeno, lasciando che le due bande piovessero come capitava ai lati del colletto, come due strisce rosso-oro.
Darren era bello, con la sua liscia pelle scura e gli occhi profondi. Fred continuò a studiarlo nella luce del mattino, assorto, finché…
“… Freddie, mi stai ascoltando?”
Si riscosse e chinò la testa per guardare Winifred, che lo stava ancora usando come cuscino.
“Scusami, mi sono distratto,” arrangiò in tono incerto.
La ragazza roteò gli occhi. “Me ne sono accorta, sai?”
Fred sorrise in segno di scusa, ma colse con la coda dell’occhio Viola scoccargli un’occhiata indagatrice. Avrebbe dovuto fare più attenzione, si ripromise, soprattutto quando lei era nei paraggi… Certe volte sapeva essere fastidiosamente intuitiva.
“Che cosa stavi dicendo?” disse in fretta a Winifred, eludendo in anticipo ogni possibile domanda.
Lei girò gli occhi di nuovo. “Stavo dicendo che sono seria! Questa volta non ve la faranno passare liscia. Non ho mai visto Warrington e Higgs più arrabbiati di così.”
Fred scoppiò a ridere. “Andiamo, Wins! Che cosa mai possono farci quelle serpi umidicce?” Rise di nuovo per la sua stessa battuta. Era consapevole che non fosse una freddura brillante, ma non gli dispiaceva immaginare i Serpeverde a battere i denti nei loro sotterranei mentre l’aria dei dormitori si riempiva di condensa per l’umidità.
“Non ridere!” lo rimproverò Winifred. “Quando ridi ti trema tutta la pancia, sembra un terremoto.”
“L’hai scelto tu di sdraiarti sopra di me!” protestò Fred.
Da pochi passi più in là, Bastien rise, voltandosi con espressione luminosa. “Detto così potrebbe avere un doppio, triplo e quadruplo senso, Freddie.”
Fred roteò gli occhi e gli fece una pernacchia. Winifred, inspiegabilmente, non disse nulla ma arrossì appena.
Per alcuni istanti si udirono solo gli scoppi di Sparaschiocco. Poi, all’improvviso, qualcun altro prese la parola.
“Winnie non ha tutti i torti,” si intromise Viola in tono piatto. Tutti guardarono verso di lei mentre chiudeva la boccetta d’inchiostro e arrotolava il proprio tema, sempre con i suoi caratteristici movimenti calmi e misurati. “In realtà volevo complimentarmi con voi,” proseguì con la stessa voce priva di inflessione. “Eravamo vicini a liberarci della Flint grazie alla sua stessa squadra. Adesso però avete dato loro un motivo per smetterla di scannarsi a vicenda… Dovremmo iniziare a guardarci alle spalle.”
Fred non era avrebbe saputo dire con certezza se stesse scherzando o meno; a giudicare dall’aria attonita di Laurie e DJ, non ne erano in grado neanche loro, mentre dall’espressione di Winifred sembrava che non stesse ascoltando affatto.
Solo Bastien incurvò le labbra in un pigro sorriso, mentre si lasciava cadere all’indietro sul prato, incrociando le braccia dietro la testa. La ciocca che gli cadeva sempre in mezzo alle sopracciglia scivolò indietro, scoprendogli la fronte. “Adoro il tuo catastrofismo, Vi, ma non penso che succederà nulla di che. Si prenderanno la loro piccola vendetta e finirà lì, come al solito.” Sogghignò. “E tu potrai fare il tuo dovere di Caposcuola andando a denunciarli da Vitious.”
“Ah, sì?” Viola lo guardò, inarcando un sopracciglio. “E davvero pensi che io lo farò?”
Bastien le rivolse un sorriso acceso. “Andiamo, Vi! Dobbiamo fare buon uso dei tuoi nuovi superpoteri.”
“Farne buon uso significa abusarne e approfittarne biecamente?”
“Non così biecamente,” precisò Bastien. “Solo un pochino.”
Fred chiuse gli occhi, godendosi il sole che gli pioveva sul viso. Una mano salì automaticamente ad accarezzare i lisci capelli di Winifred, tanto corti da sfuggirgli tra le dita; la ragazza ridacchiò e mosse la testa incontro alla sua mano, come un gatto che vuole le coccole.
Nel frattempo, Laurie e DJ avevano ripreso la partita a Sparaschiocco e Viola e Bastien continuavano a battibeccare.
“Ma è per una buona causa!”
“Continua pure, Bastien. È un piacere guardarti mentre ti impegni inutilmente.”
“Sei sadica, Viola.”
“Sono una persona garbata e d’indole mite.”
Fred scoppiò a ridere di nuovo, beccandosi un brontolio da Winifred, che si tirò su dalla sua pancia sbadigliando e riassestando con la mano la corta zazzera scura. La vide assottigliare gli occhi verso il castello. “Ehi, Freddie,” disse. “Ma quello non è tuo cugino?”
Fred guardò nella direzione indicata da Winifred. Una figura alta e snella stava discendendo sul verde crinale di una collina. Aveva capelli rossicci raccolti in un codino sulla nuca e occhiali dalla montatura sottile; Hugo muoveva passi rapidi nella sua direzione, ma era ancora troppo lontano per carpirne l’espressione.
Oh, no, pensò Fred, perché nel giro di una frazione di secondo aveva pensato ai possibili motivi per cui suo cugino avesse bisogno di parlargli, e gliene era venuto in mente solo uno. È per il concerto… Oh, no.
 
 
Hugo sollevò le sopracciglia nel vedere l’espressione atterrita che si era dipinta sulla solitamente disinvolta faccia da schiaffi di Fred. Era la faccia di quando da piccolo veniva sorpreso a fare qualche monelleria e aveva paura di essere sgridato.
Ah, già. Il concerto. Ha paura che io impersoni l’autorità familiare e lo sgridi.
No, grazie. Non sono interessato. Sono qui per un tirocinio, non per stare dietro al cuginetto.
“Ciao, Fred,” gli si rivolse in tono piatto. “Non sono qui per metterti in punizione, quindi sentiti pure libero di respirare.”
Visibilmente, Fred smise di trattenere il fiato e parve estremamente sollevato.
“Allora che cosa succede?” gli domandò, ritrovando il tono allegro e l’espressione sfacciata.
Hugo emise un piccolo sbuffo. “Sarai stato informato della riunione familiare di questo finesettimana.”
Senza alcun preavviso, Bastien si intromise. “Questo finesettimana? Non mi avevi detto nulla, Fred! E le selezioni?”
L’espressione di Fred si fece colpevole mentre si batteva una mano sulla fronte. “Le selezioni! Zio Charlie!” esclamò incoerentemente. “Per le mutande di Merlino, me n’ero dimenticato.”
Hugo inarcò un sopracciglio. “Vedo,” commentò acido. “Ma non preoccuparti, possiamo partire di sabato pomeriggio, ero venuto a dirti questo. Il preside mi ha autorizzato ad accompagnarvi con Materializzazione Congiunta, così non dovremo andare a disturbare nessun professore per la Metropolvere.” L’espressione di Fred era talmente felice, adesso, che Hugo pensò seriamente che l’avrebbe abbracciato da un momento all’altro – e tenne la bacchetta pronta per Schiantarlo, all’evenienza. Non gli piacevano tutte queste manifestazioni d’affetto. “Dillo tu ai Dursley, così mi risparmio di dover andare a cercare anche loro.”
Lasciò a malapena a Fred il tempo di un saluto sbrigativo e fece per dirigersi nuovamente verso il castello, salvo poi cambiare idea all’ultimo e decidersi per una camminata intorno al lago. Dopotutto era una bella mattinata di sole, e da quando era arrivato a Hogwarts ancora non si era concesso neanche cinque minuti per una passeggiata nel parco.
Si incamminò attorno al perimetro della grande polla d’acqua, sorvolata di tanto in tanto dalla discesa obliqua di qualche corvo. Il sole scintillava sulla cresta delle piccole onde e qualche volta un grosso tentacolo si distendeva pigramente sopra la superficie dell’acqua, liberando increspature concentriche che si allargavano fino a scomparire.
Hugo sorrise, sfilandosi gli occhiali perché il riflesso del sole sulle lenti lo infastidiva. Li fece scivolare nel taschino sul davanti del mantello, godendosi la sensazione di essere di nuovo a Hogwarts e sperando una volta in più di potervi restare per il resto dei suoi giorni, come insegnante.
Il vento soffiava fresco, ma il sole era abbastanza caldo, perciò dovette togliere il mantello e proseguire in maniche di camicia dopo un po’ che camminava.
Giunse poi in un punto in cui il perimetro del lago formava un’ansa e quasi si pietrificò sul posto. Non si era accorto che ci fosse qualcuno proprio a causa della forma della riva, oltre che per un grosso salice piangente che oscurava la scena, con il suo fogliame che sfiorava il suolo.
Per una frazione di secondo rimase immobile, indeciso sul da farsi. Una parte di lui non avrebbe voluto altro che andarsene immediatamente, ma sapeva che non avrebbe potuto allontanarsi senza far rumore, e non voleva che Menley si accorgesse che lo stava evitando.
Era proprio Tony Menley a sostare seduto sul bordo del lago, seminascosto dalla chioma del salice. Aveva le braccia attorno alle ginocchia, che invece erano piegate e avvicinate al petto; i capelli gli cadevano sul viso ma a Hugo parve che stesse scrutando la superficie del lago. Come sempre, appariva decisamente teso.
Deglutì, perché se il suo cervello gli diceva di salutarlo e andarsene, il suo istinto strepitava per essere ascoltato. E Hugo ascoltò.
“Ciao,” disse in tono disinvolto, avvicinandosi a Tony.
Nel sentirsi interpellare, il ragazzo sollevò la testa e lo guardò con aria guardinga e sospettosa, come se fosse subito scattato sulla difensiva, per poi distogliere gli occhi, tornando a fissarli sul lago – o forse nel vuoto. “Ciao,” replicò in tono distaccato.
Hugo si sforzò di non apparire troppo imbarazzato. “Posso sedermi qua o–”
“Come vuoi.” Tony scrollò le spalle, come a dire che la cosa non lo riguardava. 
Lui trattenne uno sbuffo e si lasciò cadere al suo fianco sulla riva del lago. La sua mano scivolò automaticamente sopra le pietruzze della riva, finché le sue dita non si chiusero su di un sasso tondo e piatto. Lo lanciò sul lago, osservandolo rimbalzare una, due, tre volte. Anche Tony aveva seguito la traiettoria del sasso, per poi voltarsi verso Hugo: i loro occhi si incrociarono per una frazione di secondo.
“Allora, come sei finito a studiare storia dell’arte?”
“Non è stata una scelta di riserva,” precisò Tony in tono immediatamente polemico. Non lo guardava neanche, ma perlomeno aveva risposto. “Mi è sempre interessato. Nell’Arte Magica contemporanea le applicazioni della magia sono sempre nuove e originali.”
Hugo aggrottò le sopracciglia. “Dunque ti interessi di arte contemporanea.” Constatò. “Come mai sei finito a occuparti di arte rinascimentale?”
Tony scrollò le spalle. “Abbiamo dei tirocini obbligatori. Io ho scelto il tirocinio di Magimuseologia, quindi affiancavo il professor Bulstrode nell’allestimento di mostre temporanee al Museo Magico Britannico di Londra.”
“Non ne so molto,” ammise Hugo francamente, “ma sembra un lavoro interessante e stimolante.”
“Lo è,” convenne Tony, brusco.
“Ma quindi come mai adesso siete a Hogwarts e non al Museo?”
Gli era parsa una domanda normale, ma evidentemente si sbagliava, visto che Tony parve rabbuiarsi, si alzò in fretta e si rassettò i pantaloni con le mani per rimuovere foglie e terriccio. “Mi dispiace, Weasley, ma adesso devo andare,” biascicò in un evidente tentativo di apparire educato, nonostante apparisse – inspiegabilmente – vicino ad entrare in panico, per poi allontanarsi prima di lasciargli il tempo di salutarlo a propria volta.
Hugo rimase seduto lì dove si trovava ancora per parecchi minuti, lanciando sassi sul pelo dell’acqua e chiedendosi cosa mai avesse sbagliato.
 
 


 
Note dell’Autrice
E anche questo capitolo è andato!
Mi scuso del ritardo nel rispondere alle recensioni, ma in questi giorni sono stata impegnatissima. Cercherò di rispondere quanto prima!
Grazie a tutti voi <3
Daph
 
   
 
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