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Autore: YuGiesse    03/11/2015    3 recensioni
"Era un ragazzo mai visto, aveva un'aria da menefreghista, sedeva su un'antica sedia di legno con le gambe incrociate sul tavolo, i suoi occhi profondi riuscivano a mettere in soggezione anche con un solo sguardo, quel tipo di ragazzi che lui odia."
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Aprì gli occhi e si alzò immediatamente, accompagnato dal suo respiro irregolare e dal sudore che scendeva lentamente.
Il suo membro in erezione contro i pantaloni non gli dava pace, tutto questo per colpa di uno stupidissimo , e bellissimo, sogno.
Si ributtò sul letto maledicendosi.

 Devo smetterla di dormire il pomeriggio

Anzi, realmente doveva smetterla di dormire proprio. Non era la prima volta che faceva sogni così, ultimamente non gli davano pace. Caesar, ogni volta che lui chiudeva gli occhi, puntuale si faceva trovare nella sua mente.

 Deve torturarmi anche quando non ce l'ho davanti.

Nell'ultima settimana lui aveva iniziato a trattarlo come sempre, soliti scontri e solite avance insensate.
D'altro canto Jonathan cercava di ignorarlo il più possibile, ce l'aveva ancora con lui per quella serata dove l'aveva lasciato come uno stupido senza risposta e lui invece sembrava aver dimenticato tutto, come al solito.
Si girò mettendosi a pancia sotto, cercando di evitare di pensare il più possibile a ciò che aveva giù.
Ancora era presto, quella sera doveva andare a casa di Sophie per il suo compleanno al quale era invitato anche Caesar.

 Sembra fatto apposta.

Decise di alzarsi e di farsi una doccia per riprendersi, non avrebbe passato tutto il pomeriggio così. Crogiolarsi nell'ansia per quello che sarebbe successo se lui e Caesar fossero rimasti soli un po' più del dovuto non avrebbe di certo migliorato le cose.
Sarebbe stato decisamente un pomeriggio infinito.
Scosse la testa.

 Basta pensarci adesso

Si avviò ancora assonnato verso il bagno chiudendosi a chiave nonostante a quell'ora non ci fosse nessuno in casa.
Si tolse i vestiti ed entrò dentro la doccia, dove iniziò a far scorrere l'acqua sopra la sua testa.
Uscì prendendosi l'accappatoio e si strofinò i capelli con il cappuccio:
"Dovrei tagliarli"
Si mise alla svelta dei pantaloni e si diresse verso la sua camera.
Mancava  ancora un po' prima della serata e doveva occupare il tempo in qualsiasi modo.
Andò verso l'armadio e lo aprì, posò gli occhi sulle sue camicie e scosse la testa.

 No, oggi no. Fa troppo freddo

Sospirò al pensiero di dover abbandonare le sue adorate camicie e posò i vestiti scelti sul letto con cura. Dopo avergli dato un'altra occhiata se li mise di fretta, si spruzzò un po' di profumo e scese di corsa al piano di sotto.
"Cazzo, si è fatto tardi!" 
Al contrario di ogni previsione il tempo passò fin troppo in fretta. Prese le chiavi della macchina e si precipitò fuori.
Casa di Sophie era non molto lontana da lì, ma di certo andando a piedi non avrebbe fatto la sua bella figura.
Accese l'auto e, dopo nemmeno 500 metri, notò una figura camminare sul marciapiede.

 Caesar?

Rimase un attimo fermo a pensare.
Tornare indietro ed affrontarlo nuovamente prima del previsto rischiando di rimanere soli oppure andare dritto continuando ad ignorarlo? Non era ancora pronto.
Sospirò e, senza ascoltare la mente ma dando retta solo al suo istinto, fece retromarcia fino ad arrivare di fronte a lui che sembrava già aspettarsi questo
"Vuoi un passaggio?" Chiese, abbassando il finestrino.

 Idiota, idiota, IDIOTA.

"Se proprio devo." Rispose e, senza farselo ripetere due volte, si accomodò accanto a lui.
"Dovresti ringraziarmi, a quest'ora saresti a piedi" disse mantenendo la calma.
"Si preoccupa per me! Ma che carino" ribatté Caesar, accennando uno strano sorriso.
Non rispose, sbuffò solamente. Ecco che ricominciava.
Continuarono quel piccolo tragitto, che per John pareva interminabile, in silenzio. Si girava spesso verso Caesar, il quale guardava fuori dal finestrino con aria annoiata. Sembrava quasi essere stato costretto ad uscire di casa. Rare volte incrociò il suo sguardo, al quale il moro rispondeva con un semplice sorriso.
"Eccoci" disse il riccio rallentando.
Poté notare subito l'espressione di stupore nel volto di Caesar
"Quella casa è grande quasi quanto la tua!" Affermò quasi come un bambino 
Dopo aver posteggiato si avviarono verso l'ingresso e suonarono il campanello.
La porta venne aperta da Sophie, che mostrava un enorme sorriso.
"Ciao ragazzi!" Disse, abbracciandoli
"Ciao Sophie, auguri" rispose John staccandosi da lei, lo stesso fece Caesar.
"Dammi la giacca Caesar, che la poso di là" affermo La ragazza con la solita calma.
Ubbidì e si sfilò la giacca di dosso.
Jonathan si fermò a guardarlo. Era perfetto. Indossava dei Jeans stretti che mettevano in risalto le sue gambe, talmente belle da far invidia ad un modello ed una camicia nera, era la prima volta che lo vedeva in camicia ed adorava questa visione. 
Quanta gente avrà mai abusato di questa perfezione? Quante mani avranno stretto quelle grandi spalle?
Quanto sarebbe stato bello sbottonare quella dannata camicia?

Scosse la testa

 Cosa diavolo sto pensando?!

Si diede due colpetti sul viso e si rimise in sesto, notando che il moro lo stava fissando divertito.
"Non guardarmi così, potrei sciogliermi." Disse passandogli accanto e tirando dritto, verso la sala dove stavano il resto degli invitati.
Si girò di scatto verso di lui quasi ringhiando.

 IDIOTA.

Ancora scosso seguì il ragazzo.
Doveva darsi una calmata, non poteva permettersi un attimo di debolezza, non davanti a lui.
Entrato nella stanza salutò tutti, come al solito il sestetto era presente. Improvvisamente qualcuno gli saltò sulle spalle.
"Guarda chi abbiamo qui!" 
"Anthony?! Scendi!!"
"Che c'è non sei felice di vedermi?" Chiese l'altro prendendolo sotto braccio.
"No, è che ..." Rispose, era confuso

 Non si erano lasciati...?

"Siamo tornati insieme" Affermò raggiante Sophie, come se avesse capito cosa stesse pensando.
"Sono contento per voi" disse il riccio ancora confuso
"E tu ancora niente? Quanto devo aspettare per fare un'uscita a quattro insieme a te?" Chiese guardando verso Cleo

 Ma che problemi hanno tutti?!

"Scordatelo!" Disse con tono seccato, staccandosi da lui e sedendosi.
"Mi sa che devo trovartela io la ragazza" affermò l'altro con tono sconsolato mentre si avvicinava a Sophie.
"Aspetta e spera Little Tony" Disse mandandogli una strana occhiata. 
In tutto ciò Caesar osservava la scena seduto accanto a Bethany.
Sapeva che non stavano più insieme, ma ogni volta che li vedeva uno accanto all'altra non poteva fare a meno di innervosirsi.
Era un caso perso.
Passarono i seguenti minuti a conversare del più e del meno, non era solito sentirsi a disagio durante le conversazioni, anzi, di solito era lui a tenere sempre argomento ma stavolta era diverso.
Come sempre, lui, gli rendeva tutto difficile. Non parlava, annuiva soltanto e continuava a fissarlo con la sua solita espressione indecifrabile.

  Che vuole adesso?!

Si soffermò ad osservare la bellezza di quella casa.
Era molto curata, la madre di Sophie doveva essere molto ordinata e con buon gusto.
C'era un tavolo con una Bibbia aperta e un rosario sopra, erano anche fortemente credenti.
Caesar seguì il suo sguardo e ghignò in direzione del libro sacro.
"Avete anche le reliquie di qualche santo? Solo per informazione, eh." Disse pungente.
Anthony ridacchiò mentre la padrona di casa scuoteva la testa sconsolata.
"Bene! Direi che possiamo scegliere qualche film da guardare!"
Casa di Sophie era davvero fantastica, sul piano superiore stava un grande divano circolare e due poltrone.
"Io opto per un film horror" disse Julia, buttandosi su una poltrona  e occupando tutto lo spazio.
"Assolutamente no!" Ringhiarono Bethany e Cleo.
"Che palle, dai!" Sbottò Iris.
John sorrise e si accomodò sul divano. Caesar invece si guardava intorno, probabilmente era rimasto meravigliato da quella casa.
"Caesar! Tu che dici?" Strillò Alison buttandosi sul collo del moro.
"Qualcosa in bianco e nero?" Ammiccò lui, tenendo la ragazza che si reggeva a stento.

 Buttala giù!

"Io vado giù a prendere le patatine!" Affermò Cleo con tono solare.
"Ok, horror! Deciso." Disse Julia prendendo il controllo del telecomando.
"Se guardiamo un Horror però tu dovrai abbracciarmi ogni volta che avrò paura!" Dichiarò Alison senza staccarsi da Caesar.

 Basta.

Si alzò di scatto avanzando con passo nervoso verso il piano di sotto
La casa era talmente grande che vi era una zona giorno ed una notte.
Una porta separava le due aree, dove si trovava un corridoio e molte stanze, tra cui il bagno.

 Non posso continuare così.

Si sciacquò il viso, aveva un colorito tremendo.
Questa situazione lo stava uccidendo.
Sentì dei rumori, qualcuno che parlava, ma riuscì a capire solo che si trattava di un ragazzo e una ragazza.

 Magari ora si appartano in qualche camera da letto lui e Alison.

Invece, inaspettatamente, si aprì la porta.
Si pietrificò.
Non sapeva se gioirne oppure se tirargli la prima cosa che gli passasse tra le mani in faccia. 
Non sapeva niente. 
Perché? 
Quella porta era stata spalancata da un Caesar, con addosso l'espressione più imbarazzata che avesse mai potuto avere.

  Calma...

"Da quando in qua non si bussa?!" Disse John spezzando l'imbarazzo. 
Peccato che pronunciò quella frase con un tono terribilmente ridicolo.
Il moro entrò e chiuse la porta alle sue spalle tenendo ancora lo sguardo basso.
"Insomma, che problemi hai?"
Insisté piazzandosi davanti a lui.
"Dovrei uscire" continuò, senza guardarlo.
Non ricevendo risposta avvicinò la mano alla maniglia ma fu bloccato da Caesar, che in risposta chiuse la porta a chiave 
"Ripeto, fammi uscire!" Strillò John girando la chiave.
Il moro gli bloccò il braccio.
"Mi sono stancato, basta." Sbuffò, facendo ancora forza sulla maniglia.
Il ragazzo lo fermò per le spalle lasciandogli un veloce bacio sulle labbra, dal quale si staccò sorridendo.
"Davvero?"
John scosse la testa senza riuscire a riprendersi e gli lanciò un'occhiata piena di rabbia
"Smettila di prendermi in giro, hai rotto adesso"
"Pensi davvero che ti stia prendendo in giro?"
"Sì"
"Sbagli"
Non sapeva che rispondere, aveva solo voglia di prendere a schiaffi quel magnifico viso che aveva di fronte.
"Non sei l'unico ad essere confuso qua" disse, cambiando espressione.
"fidati." Aggiunse
"Non capisci" rispose John. Lo aveva steso di nuovo, avrebbe nuovamente giocato con lui come aveva fatto le altre volte.

 E se stesse dicendo la verità?

Scosse la testa. Era impossibile, era come confermare che i suoi sentimenti fossero ricambiati. 
Era inutile sognare. Stava sperando l'impossibile.
Lui era solo un giocattolo, il passatempo del ragazzo che aveva mandato a quel paese tutti i suoi ideali.
"TU non capisci"
"Stai facendo la vittima" Affermò il riccio, ormai arreso.
Il ragazzo fece spallucce e gli alzò il mento con le dita, avvicinandolo a se.
"Forse"
Si piegò leggermente verso il suo viso, facendo sfiorare le loro labbra. Accarezzò con la lingua il suo labbro inferiore, mordendolo. L'altro lo assecondò, non poteva non farlo, era impossibile. Buttò le sue braccia attorno al collo del moro. Voleva maledire quelle terribili labbra che non gli davano più pace.
Caesar si staccò per un secondo, il tempo di spingerlo verso il muro accanto alla porta.
Ritornò tra le sue labbra, facendo pressione verso il suo corpo. Senza riuscire a controllarsi il riccio posò le mani sul suo petto iniziando a sbottonare la camicia, in risposta l'altro scese le mani sui suoi fianchi e li le posò. Si fermò nuovamente. John lo fissò con uno sguardo che chiedeva sempre di più.
Si sentiva stupido a ricascarci ma, ormai, non aveva più niente da perdere.
"Sai perché sono entrato di colpo qui dentro?" Chiese Caesar 
studiando il suo corpo.
"Perché ti sei rincretinito?" Chiese retoricamente John guardando le sue mani che pericolosamente scendevano un po' troppo in basso.
L'altro accennò una risata.
"Perché mi ero fatto degli stupidissimi film mentali su te e Cleo" affermò.
"Me e Cleo?" 
Il moro si avvicinò ancora di più al suo viso, gli accarezzò la guancia e sussurrò: "Pensavo che fossi sceso per pomiciare con lei." Fece un sorriso.
John sorrise a sua volta, come contagiato.
Lui continuò a guardarlo come per studiarlo, lo fece sentire quasi a disagio, nudo.
"Perché ti vergogni di me?" Domandò Caesar con voce dolce.
"Non devi." Continuò.
Il più piccolo si sentì, se possibile, ancora più a disagio e iniziò a guardarsi le scarpe, arrossendo.
"Ehi, mi stai ascoltando? Non devi." Gli alzò con forza il mento e lo fissò dritto negli occhi.
"Sono geloso marcio. Ecco perché ho aperto la porta in quel modo, non posso più resistere senza di te."
John provò a rispondere ma lui lo precedette, stringendogli le mani ai lati del viso con fare possessivo, dicendo: "Fammi finire o non riuscirò a dirtelo più. Sei il mio chiodo fisso, ho bisogno di te. Voglio abbracciarti, baciarti e fare tutto con te"
Jonathan non poteva crederci, aveva paura che cambiasse nuovamente idea e che gli facesse male.
Sospirò.
"Il tuo è solo un capriccio." Affermò, ma la sua convinzione venne meno appena vide lo sguardo del moro. 
Sembrava davvero convinto questa volta di ciò che faceva e di ciò che voleva.
Decise che per una volta nella sua vita poteva correre un rischio, poteva tentare.
Così, si avvicinò alla bocca di Caesar e lo baciò con dolcezza, con amore.
L'altro lo fece appoggiare ancora di più al muro e lo prese per i fianchi alzandolo da terra, facendo entrare in contatto i loro sessi ancora coperti da strati di vestiti.
Iniziò una lenta tortura sul suo collo, lo lambiva e lo succhiava senza controllo.
Il riccio si arcuò e mugolò eccitato, poi mise una mano sotto la maglietta dell'altro e iniziò ad accarezzargli ogni centimetro di pelle.
Si staccavano solo per riprendere fiato e poi ricominciavano a baciarsi, con maggior esigenza.
Come se da quei baci dipendesse la loro stessa sopravvivenza.
D'un tratto il più grande lo mise sopra un ripiano del bagno, a gambe aperte e gli tolse la maglietta.
Poco dopo si trovavano nella stessa posizione ma con solo i pantaloni.
John non era molto a suo agio, non gli era mai piaciuto il suo corpo.
Caesar parve intuire i suoi pensieri perché disse: "Sei bellissimo."
E riprese a baciarlo, toccandolo ovunque.
Il fisico dell'americano era proprio come aveva sempre immaginato, come quello che vedeva nei suoi dannati sogni che si stavano avverando i quei pochi minuti. Era perfetto. Aprì gli occhi e lo guardò per qualche secondo. Ricordò la prima volta che lo vide e al poco peso che diede a quell'incontro, chi l'avrebbe mai detto? Continuava a credere che stava sbagliando, erano due ragazzi e probabilmente quello di Caesar era solo un capriccio, non poteva funzionare, ma lo desiderava, desiderava così tanto che la sua stupida cotta fosse assecondata e stava iniziando a crederci, Lui glielo stava facendo credere. 
Era sbagliato,
Era stupido,
Era fottutamente bello.
Mentre lottava contro la zip dei jeans di Caesar qualcuno entrò nel bagno.
Si staccarono di colpo, ma ormai non c'era più niente da fare.

 Non posso crederci... Abbiamo dimenticato di richiudere la porta...

Julia se ne stava là davanti, come se avesse appena visto una cosa totalmente normale e chiuse la porta alle sue spalle.
"Non sia mai che i genitori di Sophie spuntino proprio ora." Disse con un sorriso malizioso sul viso.
"Sono contenta che finalmente vi siate decisi ma devo andare in bagno, quindi trovate un posto dove scopare in santa pace." Concluse sempre senza peli sulla lingua.
Si rivestirono in fretta e furia e uscirono dal bagno senza sapere cosa risponderle.
John non si era mai sentito così in imbarazzo, perfino Caesar sembrava in qualche modo a disagio mentre si sedeva su un divano del salotto.
Nemmeno il tempo di formulare questo pensiero che lo prese per il sedere e lo costrinse a sedersi sopra le sue gambe.

 Come non detto.

Avvicinò le labbra all'orecchio del riccio e, dopo aver posato un delicato bacio proprio sotto al lobo, disse: "La ragazza ha ragione, dobbiamo trovare un luogo più appropriato per la nostra prima volta. Perciò temo che dovremo pazientare un po’, non credo nemmeno che  tu sia pronto."
Jonathan arrossì tantissimo e borbottò: "Beh, non saprei, poco fa mi piaceva, anche tanto."
Il bel moro gli scoccò un sonoro bacio sulla
fronte.
"Abbiamo tutto il tempo del mondo. Non c'è bisogno di correre."
Poi fece un ghigno ambiguo e gli sussurrò: "Fosse per me non ti potresti più sedere per giorni." 
Prese la mano del riccio e la portò sulla sua erezione ancora molto palpabile.
Fu in quel momento che Julia uscì nuovamente dal bagno.
"Okay, faccio finta di non aver visto niente" Affermò lei avviandosi verso le scale
Il riccio, rosso di vergogna,scese dal divano e si ricompose.
"Credo che dovremmo salire anche noi"
Caesar gli si avvicinò avvolgendogli i fianchi con un braccio.
"Hai ragione" dopo avergli lasciato un leggero bacio sulla guancia  superò il riccio e si diresse verso il piano superiore.
John lo fissò salire le scale era decisamente irreale.

 Chissà cosa gli passa per la mente

Scosse la testa. Per una volta doveva smettere di pensare e di farsi complessi inutili, doveva solo godersi quella serata, diventata ormai fin troppo strana.
"John sbrigati! Ti stai perdendo tutto il film!" 
Fece spallucce come per scacciare ogni pensiero e salì sopra.
La stanza era completamente al buio, illuminata soltanto dalla luce della TV in pausa.
Tutti i posti più comodi erano stati sfortunatamente occupati. 
Antonio e Sophie erano seduti insieme in una poltrona e nell'altra stavano sedute Bethany, Cleo e Iris.
Sul divano invece vide Caesar affiancato da Julia e Alison.
Fece una smorfia.

 Sempre in mezzo alle palle lei, eh?

Agì di istinto e senza pensarci si fiondò accanto a Julia e Caesar.
Entrambi accennarono una risata, eccetto Alison che lo squadrò come al solito.
"Possiamo iniziare adesso? Che se no rischio di addormentarmi" mormorò Antonhy. 
Sophie sbuffò e fece partire il film.

 Che cazzate.

Non amava i film horror, li riteneva stupidi e probabilmente non era l'unico. Anche Caesar, come lui, osservava lo schermo con lo stesso interesse con il quale seguiva una lezione di storia. 
Le altre ragazze invece sembravano divertirsi, soprattutto Alison che con tutta la tranquillità del mondo aveva steso le sue gambe su quelle del moro.

 Scendi quelle gambe, porca miseria.

Stava diventando insopportabile, ma non avrebbe fatto un'altra scenata scappando giù.
"AAAAH!"
Ebbè un sussulto, l'urlo stridulo di Alison lo fece spaventare più del film. 
"Puoi staccarti, gentilmente?!"
Si girò verso di loro e osservò una scena che lo fece rabbrividire.
La ragazza era saltata letteralmente sulle gambe di Caesar e lo stringeva tenendo il viso sul suo collo.
Nonostante il buio, poté notare l'espressione seccata del ragazzo.
"Ma fa paura!"
"Mettendoti sopra lui non ti passerà certo la paura, Ali. Dai accompagnami in bagno." Le disse Iris.
Appena le due scesero al piano di sotto Julia ne approfittò per spostarsi verso Cleo e Bethany, lasciando così ai due ragazzi il divano tutto per loro.
Caesar con indifferenza mise il braccio sulle spalle del riccio. 
Quest'ultimo lo guardò confuso, voleva farsi vedere davanti a tutti?
Il più grande alzò le spalle e gli sorrise.
Aveva un sorriso fantastico, non era più il suo solito ghigno malizioso o irriverente ma un vero sorriso felice.
John si accoccolò sulla spalla del moro, improvvisamente stanco a causa delle emozioni della giornata e, con il ritmo del respiro del ragazzo, si rilassò. 
Nel frattempo il moro aveva preso ad accarezzargli la guancia dolcemente e, poco dopo, iniziò a dargli teneri baci tra i capelli.
"Mi piace il tuo odore." Disse d'un tratto Jonathan, aspirando quasi il profumo del collo di Caesar.
"A me piaci tu." Sentenziò l'altro.

    A me piaci tu

Gli si bloccò il fiato per un secondo.
Lo aveva detto? Seriamente? Le farfalle allo stomaco cominciavano a farsi sentire ancora più insistentemente ed il suo respiro cominciava a farsi più irregolare, ciò attirò l'attenzione del moro.
Lo aveva ammesso, era successo e tutto nel solo giro di una settimana. Da quando? Come lo aveva capito? Era straziante, troppe domande e nessuna risposta.
Aprì la bocca per parlare ma si fermò subito. Non era il momento, sprecare quel momento sarebbe stato da idioti.
Sfortunatamente, Caesar si accorse del modo in cui lo stava fissando.
"Che succede? Ti dà fastidio?" Chiese.
"No no, anzi. Non ho niente." Disse, tornando a mettere il viso sulla spalla dell'altro. 
Ma lui non sembrava del suo stesso avviso perché si staccò leggermente e lo guardò fisso negli occhi.
"Sul serio, non voglio rovinare questo momento." 
L'americano riprese ad accarezzargli la guancia con dolcezza.
"Hai ancora dei dubbi, non pensi che io sia veramente interessato a te."

 Come fa a leggermi dentro così bene?

Proprio in quel momento partirono i titoli di coda e qualcuno accese la luce.
"Direi che è il momento dei regali!" Trillò Cleo emozionata, come se fosse il suo compleanno. 
I due ragazzi si alzarono dal divano e il moro fece segno all'altro che il loro discorso non era finito.
Si avviarono verso il salone al piano di sotto dove su una tavola stavano dei regali e la torta
"Si mangiaaaa!" Affermò contenta Iris.
"No! Prima i regali!" Rispose Sophie prendendo i pacchi per le mani.
John si limitò a guardare la scena sorridendo. Non avrebbe mai pensato di trovarsi a festeggiare il compleanno di una delle ragazze che lo avevano tormentato per tutti gli scorsi anni. 
Era stranamente felice, aveva dei nuovi amici, gente che nel bene o nel male gli riempiva le giornate.
"A che pensi?" Antonhy puntuale come sempre interruppe il suo pensare
"Le avevo sempre etichettate come cattive ragazze..." Rispose John con tono sereno
"...ed invece sono tutto il contrario" continuò l'altro.
Sorrise.
"Adesso Smettila, tutta questa dolcezza mi fa rabbrividire" 
Aggiunse dandogli un colpetto in testa.
"Idiota!" Strillò Lui.
Nel frattempo Sophie si accingeva a spegnere le 17 candeline.
"Ora mangiamo la torta su! Che ho fame" affermò Bethany.
La festeggiata affondò il coltello sulla torta ed iniziò a distribuire le fette.
Ognuno prese la sua, eccetto Caesar che si sedette accanto a John.
"Come mai non ne vuoi?" Gli chiese il riccio.
L'altro si limitò a scrollare le spalle e disse: "Non mi piacciono i dolci."
"Cooosa?? Non si può non amare i dolci! Dai, assaggia è deliziosa." 
Dicendo questo gli offrì una grande forchettata di torta con tanta panna e anche una fragolina.
Il moro sbuffò, ma non obbiettò e avvicinò la bocca alla forchetta, assaggiando la torta.
E, forse volontariamente, si sporcò leggermente il labbro superiore.
Fece un sorriso sghembo e guardò l'altro.
Jonathan accarezzò quel punto con un dito e lo portò in bocca, succhiandolo.
Caesar sorrise ed annuì soddisfatto, allontanandogli la mano dalla bocca.
"Ne gradirei un altro po'"
Il riccio scosse la testa e spostò il piatto quando notò, forse troppo tardi, che Sophie li stava osservando divertita.

 NO.

"Te la sei cercata" Gli sussurrò Caesar all'orecchio mentre si alzava per avvicinarsi alle ragazze.
Alzò gli occhi al cielo. 
Se lo avesse visto Anthony sarebbe stata la fine.
"Bene ragazzi, grazie di tutto siete stati fantastici." Annunciò Sophie.
"Di nulla! Tutto per te tesoro" dissero le ragazze abbracciandola.
"Qualcuno ha bisogno di un passaggio? Caesar non credo che tu conosca molto bene questa zona, ti accompagno?" Chiese Anthony, prendendo in mano le chiavi della sua auto.
"No, Grazie. Vado con lui" Rispose l'altro indicando John il quale distolse subito lo sguardo per non fare notare l'imbarazzo.
"D'accordo! Vi accompagno alla porta" disse la ragazza facendo l'occhiolino al riccio.
La seguirono all'ingresso, dove presero le proprie giacche e le indossarono.
"Grazie ancora di tutto, ragazzi" disse Sophie abbracciandoli
"Grazie a te" risposero, ed uscirono fuori.
"Cazzo, si gela"  affermò il moro avvicinandosi alla macchina.
"Ancora non hai sentito il vero freddo" ammiccò John entrando in macchina.
"Sono in momenti come questi che mi manca l'America" sospirò l'altro facendo lo stesso.
Dopo aver messo in moto si girò a guardare l'americano che stava guardando fuori dal finestrino.
Erano di nuovo soli, sperava con tutto il cuore che Caesar dimenticasse il discorso di poco fa.
Tornò a guardare la strada, il tragitto sarebbe durato pochi minuti ma quel silenzio lo rendeva interminabile.
"Non hai niente da dirmi?" Chiese d'un tratto il moro, rompendo il silenzio. 
John strinse il volante con forza, non sapeva cosa dirgli.

 Dannazione.

Decise di fingere indifferenza, scuotendo il capo.
Il più grande si avvicinò a lui, non indossava la cintura.
"Allaccia la cintura. Subito." Sibilò.
Non poteva staccare gli occhi dalla strada, aveva paura di fare un incidente.
L'altro fece una risata.
"La allaccio solo se mi dici cosa ti passa per la testa, ecco." Dichiarò in falsetto, imitando la voce di un bambino.
Jonathan parcheggiò in un luogo isolato e si voltò a guardare l'americano, il quale sorrideva sfrontato.
Come sempre del resto.
"Beh, non ne ho più bisogno." Mormorò.
Jonh continuava a stare in silenzio, doveva evitare in qualsiasi modo di non perdere la calma, non voleva affrontare il vecchio Caesar dopo una giornata come quella, non ne valeva la pena.
Ma a quanto pare l'altro non era dello stesso parere visto che con un gesto gli slacciò la cintura e abbassò il sedile, mettendosi sopra di lui.
"Che cazzo fai?!" Strillò il riccio rosso dalla vergogna
Il moro gli avvicinò il dito sulle labbra per chiuderle
"Shh, sei insopportabile quando alzi la voce"
Il ragazzo allungò le braccia verso il suo petto spingendolo inutilmente verso il suo posto.
"Insomma, che vuoi?" 
"Non sai spiegarti perché mi comporto così, vero?"
Il piccolo sbarrò gli occhi e distolse lo sguardo dal viso dell'americano, il quale gli prese il viso con una mano e le girò bruscamente verso il suo
Era bellissimo, come sempre.
"Muori dalla voglia di sapere cosa mi ha fatto cambiare idea..."
Sussurrò avvicinandosi al suo orecchio.
"...ma hai una gran paura di scoprire quale sia la verità" continuò abbassando sempre di più il tono della voce.

 La sappiamo entrambi la verità.

"Non sono la tua puttanella, Jackson." Gli disse improvvisamente arrabbiato.
Ci era cascato un'altra volta. Non credeva che Caesar lo volesse solo per una scopata. 
Cercò in tutti i modi di toglierselo da sopra, ma lui riuscì a bloccarlo tranquillamente.
"Non mi hai nemmeno fatto dire niente che già passi alle conclusioni?" Domandò divertito.
"Già da questo capisco le tue intenzioni."
Disse John, riferendosi alla posizione poco casta che aveva preso l'altro.
Aveva il cuore a pezzi.
Voleva solo tornare a casa e piangere.
Si era innamorato di qualcuno che non lo ricambiava e giocava coi suoi sentimenti.
"Lasciami." Sibilò il riccio, tentando di sembrare risoluto ma la sua voce tremava.
Caesar invece non sembrava dello stesso avviso, perché inizio a far vagare le mani ovunque sul suo corpo.
"Hai paura, piccolino?" 
Che diavolo voleva fargli?!
"No! Lasciami!" Gridò John, scalciando.
Improvvisamente Caesar rise.

 Ma che ...

"Dio, Jonathan, hai una stima cosi bassa di me?"
Dicendo questo si staccò leggermente da lui.
Si passò una mano tra i capelli e parlò con voce calma.
"L'ho capito quando vedevo Cleo accanto a te. Quando ogni ragazzina con la scusa del 'rappresentante' ti si avvicinava, quando ti ho baciato. Beh si, ho capito che mi piaci quasi subito ma non volevo ammetterlo. Ma che senso ha nascondere questi sentimenti? Non me ne vergogno più."
John lo fissò con gli occhi quasi lucidi, lo aveva ammesso di nuovo, crederci o no? Sembrava sincero, ma non conosceva ancora bene Caesar, non era un cattivo ragazzo ma non sapeva nulla di lui. Voleva fidarsi ma non voleva stare ancora male.
"Sei libero di non credermi, sai cosa penso adesso"
"Io..."
"Se ti stai chiedendo cosa ne sarà di noi non ti so rispondere" affermò rimettendosi al posto.
"Sono confuso quanto te" disse allacciandosi la cintura.
Il riccio si ricompose.
Non sapeva come comportarsi, era rimasto letteralmente senza parole. Era una situazione nuova, non aveva mai dato peso a cose come l'amore e adesso si trovava nella peggiore delle posizioni. 
Innamorato di un ragazzo ancora troppo sconosciuto che, a detta sua, ricambiava i suoi sentimenti.
Mise in moto e ricominciò a guardare la strada senza staccarne gli occhi.
Non voleva tornare a casa, quella sera era stata fin troppo perfetta e stava finendo così in fretta.
A me piaci tu
Continuava a non crederci, come si sarebbe dovuto comportare d'ora in poi? 
"Ehi, casa mia è qui, svegliati." Improvvisamente Caesar interruppe il suo pensare.
"Ah giusto, perdonami" rispose L'altro accostando
Il moro aprì lo sportello, si slacciò la cintura e lo salutò con cenno.
Continuò a guardarlo mentre si allontanava, probabilmente lo aveva fatto arrabbiare.

 Non così ti prego.

Si slacciò in tutta furia la cintura ed uscì dalla macchina completamente privo di senno

 Ora o mai più.

Si avvicinò velocemente verso Caesar e lo afferrò per la manica della giacca costringendolo a girarsi di colpo. 
Lo guardò, giusto il tempo di fargli intuire le sue intenzioni e si mise sulle punte avvicinandosi al suo viso e poggiando le labbra sulle sue. Fu un bacio veloce ma tremendamente dolce, si staccò immediatamente tenendo la testa bassa sentendosi un completo idiota.
Il più grande gli alzò il viso dal mento sorridendogli. Non si sarebbe mai stancato di vedere quel sorriso. 
"Buonanotte Jackson" sussurrò il piccolo.
"Notte Brown" rispose l'altro.
 


Note Autrice-
Buona sera a tutti! Ecco l'undicesimo capitolo, con un po' di ritardo ma vabbè. Grazie mille a tutti, come sempre, per il vostro sostegno. Ringrazio in particolare FRAMAR e NobodyUnderstandsMe che, puntualmente, recensiscono ogni capitolo. Alla prossima!
YuGiesse-


 
   
 
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