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Autore: effe_95    18/11/2015    3 recensioni
Questa è la storia di diciannove ragazzi, i ragazzi della 5 A.
Questa è la storia di diciannove ragazzi e del loro ultimo anno di liceo, del loro affacciarsi a quello che verrà dopo, alla vita. Questa è la storia di Ivan con i suoi tatuaggi , è la storia di Giasone con le sue stelle da contare, è la storia di Italia con se stessa da trovare. E' la storia di Catena e dei fantasmi da affrontare, è la storia di Oscar con mani invisibili da afferrare. E' la storia di Fiorenza e della sua verità, è la storia di Telemaco alla ricerca di un perché, è la storia di Igor e dei suoi silenzi, è la storia di Cristiano e della sua violenza. E' la storia di Zoe, la storia di Zosimo e della sua magia, è la storia di Enea e della sua Roma da costruire. E' la storia di Sonia con la sua indifferenza, è la storia di Romeo, che non ama Giulietta. E' la storia di Aleksej, che non è perfetto, la storia di Miki che non sa ancora vedere, è la storia di Gabriele, la storia di Lisandro, è la storia di Beatrice che deve ancora imparare a conoscersi.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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I ragazzi della 5 A
 

31. One-on-one, Scivolate e Ricotta.


24 Dicembre

Giasone aveva tentennato per tutta la strada.
Aveva tentennato domandandosi se avesse fatto la cosa giusta ad invitare Muriel.
Le aveva dato appuntamento davanti la palestra dove svolgevano gli allenamenti, era stato un impulso che non era riuscito a controllare, ma poi aveva cominciato a tentennare.
L’aveva fatto perché non era mai stato bravo in certe cose, non era mai stato bravo con le ragazze, erano troppo delicate, piangevano immediatamente e si arrabbiavano.
Cambiò immediatamente idea non appena la vide.
Non era diversa dal solito.
Indossava un paio di jeans stracciati e leggermente pendenti che si stringevano verso le caviglie in un leggero risvolto, attraverso gli squarci nella stoffa si intravedevano porzioni abbondanti di pelle e i muscoli delineati delle gambe.
Sulla parte superiore indossava la maglietta extralarge di una squadra di basket che non conosceva e un cappotto color kaki leggermente peloso sul collo e sulle maniche.
I capelli neri e corti erano tenuti di lato da due mollettone rosse, ma un ciuffo ribelle era scappato alla stretta e le ricadeva sbarazzino sulla fronte, era leggermente truccata ma nulla di troppo appariscente, sui lobi spiccavano come fanali i soliti orecchini a forma di coccinella.
Giasone la trovò bellissima, e si diede dello stupido per averlo pensato.
Muriel non gli aveva mai fatto quell’effetto prima che gli venisse la brillante idea di baciarla, prima che si accorgesse di quello che lei provava per lui.
La verità era che Giasone aveva paura di quei sentimenti, non credeva di esserne all’altezza.
Anche se … anche se provava una rabbia tremenda al solo pensiero che Muriel potesse capitare ancora una volta con un tipo come Cristiano.
<< Ehi, sei in ritardo di dieci minuti lo sai?! >>
Lo aggredì immediatamente lei tirandogli un cazzotto piuttosto forte sulla spalla, Giasone rimase talmente spiazzato che l’unica cosa intelligente da dire che gli venne in mente fu:
<< Nove in realtà >>.
Muriel incrociò le braccia al petto, stringendo la maglietta sotto il seno, e si lasciò scappare una risata divertita piegandosi leggermente in avanti, Giasone deglutì leggermente e distolse lo sguardo, sperava vivamente che le guancie non fossero troppo rosse.
<< Hai finito di ridere?! >> Brontolò aggredendola, Muriel si passò frettolosamente i pollici agli angoli degli occhi e tentò di mettere su una faccia seria, senza riuscirci troppo. << Al diavolo! >> Sbottò Giasone e le diede le spalle, ma non fece in tempo a muovere nemmeno un passo che lei lo afferrò per un braccio, prendendogli una mano con tale forza da far male.
<< Andiamo, non rido più, lo prometto >>
Giasone fece il gravissimo errore di guardarla, e si ritrovò con i suoi occhi verdi, limpidi e sinceri puntati sul viso.
<< E non guardami in quel modo! >> Strepitò infastidito, ma non fece nulla per liberarsi dalla sua stretta, Muriel aveva le mani piccole, leggermente callose a furia di tutte le volte che aveva stretto tra quelle dita una palla da basket, ma calde.
Lui finse di essere offeso per tutto il tempo che ci misero a raggiungere la palestra, quel giorno non avrebbe dovuto essere aperta, ma lui aveva ottenuto le chiavi e grazie all’aiuto di Livia anche un permesso speciale per poterla utilizzare per qualche ora.
Quando misero i piedi nell’immensa stanza vuota, con gli spalti desertici e le luci ancora fioche perché appena accese, i loro passi sul pavimento lucido rimbombarono ovunque.
<< Allora, perché mi hai portata qui? >> Chiese Muriel, guardandolo con i suoi grandi occhi.
In realtà Giasone non sapeva perché l’avesse portata proprio lì, era il primo posto che gli era venuto in mente e la sera prima l’aveva invitata quasi per impulso, dopo aver subito per un’ora intera il lavaggio del cervello da parte di Ivan.
 Aveva sperato di scampare a quella domanda, perché non avrebbe saputo come rispondere, allora fece la prima cosa che gli venne in mente, vide una palla da basket abbandonata sul campo, la raccolse e la mostrò alla ragazza.
<< Ti sfido in uno one-on-one >>
Muriel rimase talmente stupita che le si spalancò leggermente la bocca e gli occhi si sgranarono, Giasone sperò con tutto il cuore di averla distratta.
Non voleva che Muriel continuasse con altre domande imbarazzanti, o che tornasse su quella precedente, l’avrebbe mandato proprio nel panico.
<< Ci sto >> Replicò poco dopo la ragazza con sua enorme sorpresa, e Giasone notò una strana luce competitiva farle scintillare gli occhi.
Muriel si sfilò velocemente il giaccone pesante, rivelando che la grossa maglietta che indossava era a giro – maniche, e che sotto portava la solita maledetta fascia.
Era già in posizione quando Giasone si riprese dallo shock, si liberò a sua volta del cappotto e rimase in camicia e canottiera.
Nella palestra faceva piuttosto freddo, ed entrambi non avevano le scarpe adatte per dribblare, penetrare, saltare oppure schiacciare, ma nessuno dei due sembrava intenzionato a perdere. Il primo a tenere palla fu Giasone, palleggiò distrattamente per alcuni secondi, scrutò attentamente la posizione di Muriel e poi tentò di scartarla sul suo lato cieco, ma come una pantera ben addestrata, la ragazza lo raggiunse bloccandogli il passaggio verso il canestro. Giasone sgranò gli occhi, lei gli regalò un sorriso furbetto e poi gli rubò la palla con una velocità tale da scombinargli i capelli, lui non poté fare altro che ammirare il meraviglioso salto di Muriel e vederla schiacciare con il sorriso sulle labbra.
Tentarono altre quattro volte, ma il risultato fu sempre lo stesso.
Giasone era piuttosto frustrato, ansimavano entrambi per lo sforzo fisico, lui si era alzato le maniche della camicia perché stavano sudando entrambi nonostante il freddo.
Muriel lo scrutava dall’altra parte del campo, palleggiava distrattamente e aspettava che lui si riprendesse, poiché era piegato in due con le mani appoggiate sulle ginocchia e respirava a pieni polmoni.
<< Ti arrendi? >>
Lo rimbeccò Muriel, anche lei aveva il fiatone, ma a differenza di Giasone sorrideva, e sembrava ancora fresca come una rosa e agile come un’anguilla. Aveva i muscoli delle braccia tesi per lo sforzo del palleggio e la pelle accarezzata da un sottile strato di sudore.
<< Sta zitta! Questa volta di batterò >> Si limitò a replicare lui, Muriel rispose con un verso di scherno e si scagliò nuovamente contro di lui per dribblarlo con eleganza.
Giasone non poté fare a meno di perdersi a contemplare i movimenti fluidi della ragazza, i capelli che le accarezzavano il viso, il sorriso a trentadue denti, la maglietta aderente sul ventre, la vide avvicinarsi come un piccolo tornato e scartarlo ancora una volta.
Ma prima che potesse andare a segno di nuovo, Giasone la bloccò per un polso e se la tirò contro, la palla scivolò e continuò a rotolare incurante fuori campo, mentre il ragazzo premeva avidamente le sue labbra su quelle della ragazza.
Il movimento era stato talmente brusco che entrambi scivolarono su del sudore e finirono rumorosamente a terra, ma nonostante tutto, Giasone non le liberò le labbra fino a quando non rimasero entrambi a corto di fiato, fino a quando lei non gli poggiò le mani sul petto e strinse forte la stoffa della canottiera bianca che portava sotto la camicia.
Giasone si scostò leggermente e batté un pugno sul pavimento.
<< Dannazione! >>
Non era riuscito a controllarsi, non ci era proprio riuscito.
Era la seconda volta che la baciava in quella palestra, si passò una mano tra i capelli e azzardò un’ occhiata verso Muriel, la ragazza si era messa seduta sulle ginocchia, aveva le mani tramanti schiacciate sulla bocca e gli occhi sgranati.
Lui sospirò pesantemente, si mise seduto come un indiano e appoggiò un gomito sulla coscia, abbandonando una guancia sul pugno della mano, la guardava con occhi stanchi.
<< Te la sei proprio cercata sai? >> Muriel mise su un’espressione indignata quando sentì quelle parole, la voce sembrava esserle morta in gola, perché cercò più volte di articolare qualcosa, ma non ci riuscì mai. << Perché devi essere così dannatamente bella?! >>
Giasone pronunciò quelle parole imbronciato, come un bambino capriccioso.
<< B- bella?! Ma io non … >>
Cominciò a balbettare lei, ma Giasone la stroncò con un verso di scherno.
<< Smettila, sei bella, e questo mi fa incazzare ancora di più! >>
Muriel era fermamente certa che quella conversazione non avesse più alcun senso, non sapeva nemmeno come controbattere ad una frase del genere, tra l’altro, le pizzicavano ancora le labbra per il contatto appena avvenuto e il cuore galoppava senza sosta.
<< C- come? Perché dovrebbe farti incazzare? Che cosa stai dicendo?! >>
<< Mi fa incazzare perché preferirei tu fossi una brutta racchia, piuttosto che sopportare gli sguardi che gli altri di puntano addosso! >>
Giasone perse totalmente il controllo e alzò la voce, poi cadde un silenzio di tomba.
Muriel sobbalzò e strinse forte i pugni sulle gambe, continuando a guardarlo con gli occhi sbarrati, sospirò pesantemente e sciolse la posizione che aveva avuto fino a quel momento.
<< Tanto vale che adesso mi giochi tutte le carte, no? Mi sono innamorato di te mia piccola power forward. Hai fatto proprio canestro, complimenti … >> Giasone si lasciò scappare un sorriso amaro << … non me ne ero accorto fino ad un istante fa, ma cavolo non hai idea … >>
Non riuscì mai a terminare la frase che Muriel gli saltò addosso stringendolo in un abbraccio talmente potente che finirono ancora una volta per terra.
<< Davvero? Davvero sei innamorato di me? >>
Giasone avrebbe voluto scostarla bruscamente e dirle di stare zitta, ma quando vide il sorriso luminoso che le incideva il viso, la luce in quegli occhi, non ci riuscì proprio.
Si limitò a sollevare una mano e a scostarle una ciocca di capelli dalla fronte.
<< Ci sono solo due regole che dovrai seguire da adesso in poi … >> Mormorò, continuando ad accarezzarla << … non guardare e non parlare con altri ragazzi, non fare la stupida e sorridi il meno possibile, e poi … >> Muriel scoppiò a ridere e Giasone tacque.
<< Ma questa è più di una regola … >> Sussurrò, ancora con il riso sulle labbra.
Giasone alzò gli occhi al cielo, poi infilò con una certa fatica una mano nella tasca dei jeans ed estrasse un biglietto un po’ stropicciato.
<< Facciamo così allora, per ora prendi il tuo regalo di Natale >>
Muriel afferrò il pezzetto di carta con mani tremanti e le sopracciglia aggrottate, poi spalancò gli occhi e si portò una mano sulla bocca.
<< Non è possibile … >>
<< E’ un biglietto per vedere la nazionale di basket italiana, giocano tra un mese. Avrei voluto prendere anche un altro biglietto per accompagnarti, ma erano già finiti allora … >>
Giasone si interruppe quando sentì Muriel frugarsi nella tasca ed estrarre a sua volta un biglietto, identico a quello che le aveva dato lui.
<< Anche io … anche io ti avevo preso un biglietto per la partita >>
Giasone rimase talmente stupito che strappò senza troppi complimenti i biglietti identici dalle mani della ragazza e li guardò con gli occhi sgranati dalla sorpresa.
<< Non posso crederci … >> Mormorò << … guarda! >>
<< I posti sono vicini! >>
I due ragazzi si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere, Muriel era ancora stesa sul petto di Giasone, e vi appoggiò la testa contro continuando a ridere.
<< Buona Vigilia di Natale, power forward >>
<< Buona Vigilia di Natale, coach >>
 
Ivan era nervoso.
Se ne stavano seduti al tavolo di quel bar già da una mezz’oretta, ma lui non era ancora riuscito a bere il suo caffè perché gli tremavano le mani e aveva paura di rovesciare tutto.
Quando Italia gli aveva dato appuntamento la sera precedente all’Olimpo, Ivan aveva rischiato di collassare, lei aveva un’espressione talmente seria che l’aveva messo in agitazione, così quella notte non era riuscito a dormito bene.
Strinse distrattamente le mani intorno al bordo del pullover, all’interno di quel piccolo bar un po’ stravagante faceva davvero caldo, era stato costretto a sfilarsi prima il giubbotto, poi la felpa e in fine a sollevarsi anche le maniche, mettendo in risalto le braccia tatuate.
<< Il caffè si fredda se non lo bevi, sai? >>
Il commento di Italia gli fece alzare la testa di scatto, probabilmente Ivan non si era reso conto di avere la faccia aggrottata e un’espressione arcigna, come se fosse perso in altri pensieri, ma Italia preferì non farglielo notare e si limitò a sorridergli.
<< Scusami … sono un po’ distratto stamattina >>
Si giustificò miseramente lui, lasciando andare finalmente la maglietta stropicciata per stringere le dita sudaticce intorno alla tazzina ormai congelata.
<< Forse ti ho disturbato? Dopotutto è sempre la Vigilia … >>
Ivan scosse freneticamente la testa e lasciò andare nuovamente il caffè, conscio del fatto che non l’avrebbe bevuto più.
<< No, assolutamente no, mi ha fatto davvero piacere! >>
Italia gli sorrise lievemente, ed Ivan trovò che fosse ancora più bella del solito.
Non era struccata, aveva solamente un po’ di mascara sulle ciglia nascoste dalla montatura nera degli occhiali, dunque non lo si notava nemmeno se non si faceva attenzione, eppure Ivan non poteva fare a meno di pensare che fosse la ragazza più bella che avesse mai visto.
<< Ivan … posso farti una domanda? >> Italia accompagnò le sue parole allungando timidamente le dita verso il braccio di Ivan, che sobbalzò impercettibilmente quando i polpastrelli caldi si posarono su uno dei suoi tatuaggi << Cosa … cosa rappresenta questo?>>
Ivan sbatté ripetutamente le palpebre, abbassò lo sguardo e vide l’indice di Italia puntato su uno dei primi tatuaggi che aveva fatto, si schiarì leggermente la voce e tornò a guardarla.
<< Questo tatuaggio rappresenta un amore non corrisposto >>
Mormorò distrattamente, cercando di non badare troppo al fatto che Italia glielo stesse accarezzando ritmicamente, probabilmente senza nemmeno rendersene conto.
<< Hai un amore non corrisposto? >> Domandò lei con le sopracciglia aggrottate.
Ivan si sentì leggermente a disagio, aveva la forte tentazione di scostare il braccio, abbassare le maniche e nascondere tutto, non poteva certo dire ad Italia che quel tatuaggio l’aveva fatto a causa sua, in un momento di disperazione.
<< E’ … è complicato >>
<< Oh … capisco >>
Italia scostò immediatamente le mani e le nascose sotto il tavolo, quel contatto mancato così velocemente fece bruciare la pelle di Ivan lì dove fino ad un momento prima erano state adagiate le dita della ragazza. Probabilmente lui si rese conto troppo tardi dell’enorme sbaglio che aveva commesso, rispondendo in quel modo così evasivo, le aveva fatto credere di non voler affrontare l’argomento, le aveva fatto credere di essere innamorato di un’altra.
<< Beh … ecco vedi … non vado proprio fiero di questo tatuaggio >> Italia si accigliò nuovamente quando Ivan pronunciò quelle parole, ma lui non lo notò perché aveva lo sguardo fisso sul caffè che non aveva bevuto << Lei … lei mi piace da moltissimi anni, dalla prima volta che l’ho vista, ma non sono mai riuscito a dirglielo >> Ivan sollevò lo sguardo a fatica e lo pose nuovamente su quello di Italia, che lo osservava con i suoi profondi occhi neri, scuri come l’ossidiana più pura << Quel giorno mi ero proprio arreso, e allora, come monito, mi sono fatto tatuare questo … >>
Non aggiunse altro dopo quelle parole, si limitò ad abbassare nuovamente gli occhi.
<< Ma sei davvero così sicuro che lei non ricambierebbe mai? >>
<< Non lo so … puoi dirmelo tu? >>
Quando pronunciò quella domanda, Ivan aveva la voce bassa, aveva rialzato lo sguardo e le aveva anche afferrato una mano, delicatamente, aveva intrecciato tre delle sue dita a quelle di lei, con lo stesso braccio sul quale si era tatuato quello che lui aveva definito un monito.
Italia trattenne impercettibilmente il fiato quando si rese conto di quelle parole, il cuore le galoppava freneticamente nel petto senza sosta, sapeva di aver spalancato gli occhi per la sorpresa, era felice, si sentiva scoppiare dalla gioia, ma allora perché …
Perché Ivan la guardava con quegli occhi tristi?
Le bastò guardarlo ancora una volta negli occhi per capirlo, perché Ivan non ci sperava affatto, non ci aveva mai sperato in tutti quegli anni.
Tutti quegli anni?! Italia non poteva credere che lui l’avesse amata per tutto quel tempo.
Non poteva credere di aver avuto l’oro a portata di mano senza accorgersene mai.
Era stata proprio una stupida.
<< Andiamo … andiamo a farci un giro? >>
Domandò all’improvviso, sciogliendo bruscamente le loro mani intrecciate, Ivan rimase talmente di stucco che annuì senza nemmeno rendersene conto, la vergogna e la delusione arrivarono solamente successivamente, quando pagarono il conto e lasciarono il bar.
La sensazione di essere rifiutati in quel modo brusco non l’aveva ancora provata.
E decise da quel momento in poi che non avrebbe voluto provarla mai più in vita sua.
Era una stretta talmente forte allo stomaco che gli veniva quasi da rimettere, avrebbe tanto voluto tornarsene a casa e sprofondare sotto le coperte per almeno cent’anni, magari farsi un bel pianto liberatorio, vegetare nel letto un altro secolo ancora e poi abbuffarsi di gelato.
Non era stato diretto con le parole, ma non pensava ci fosse bisogno di aggiungere altro, il gesto di Italia era stato piuttosto chiaro.
<< Eccoci arrivati! >>
La voce allegra di Italia lo riscosse dai suoi pensieri provocandogli un moto di nausea, come poteva avere quella voce così spensierata dopo averlo rifiutato in quel modo?
Poi rimase ancora più perplesso quando si rese conto di dove l’aveva portato.
Erano davanti l’enorme scalinata che portava alla chiesa più antica di tutta la città, quella che visitavano i turisti durante le vacanze, e anche in quel periodo era gremita di gente.
<< Cosa ci facciamo qui? >> Domandò con un filo di voce, Italia lo guardò con uno strano luccichio negli occhi e gli diede un colpetto affettuoso sul braccio.
<< Mi aspetteresti un attimo qui? >>
E prima che lui potesse rispondere, prima che potesse anche solo capacitarsi di quello che stava succedendo, la vide salire frettolosamente la scalinata, fino a fermarsi proprio a metà del percorso, dove c’era il primo spiazzo.
Ivan la osservava con le sopracciglia contratte, la vide sistemarsi la giacca, schiarirsi la voce, portasi le mani a coppa attorno alle labbra e poi gridare:
<< IVAN! SONO STRAMALEDETTAMENTE INNAMORATA DI TE! >>
Ivan ci mise un po’ di tempo per recepire quelle parole, si sentiva estremamente ottuso in quel momento, il groppo che sentiva allo stomaco era stranamente scomparso, come se l’organo avesse capito prima di lui il significato di quell’espressione.
La gente che saliva e scendeva le scalinate si era fermata per guardare quei due ragazzi un po’ strani, lui era sicuro di essere arrossito fino alla punta dei capelli, ma poi ci arrivò …
Italia era innamorato di lui?! Proprio di lui?
Il cuore gli scoppiò nel petto, fu preso da una sensazione indescrivibile, raccolse anche lui le mani a coppa intorno alle labbra e diede fiato alla poca voce che aveva sempre avuto.
<< IO LO SONO DA TUTTA LA VITA! >>
Italia non ebbe bisogno di sentire altre parole, ignorò gli sguardi delle persone, i sorrisi maliziosi sulle labbra degli adulti e le foto e i video che stavano girando alcuni turisti, si slanciò immediatamente in avanti scendendo le scale di corsa.
<< Attenta, le scale sono ricoperte di ghia … >>
Ivan non fece nemmeno in tempo a pronunciare la frase, che proprio all’ultimo gradino Italia mise un piede in fallo e scivolò, finendo dritta con la faccia sul petto del moro.
Lui le strinse talmente forte le braccia da farle male, ma per Italia il dolore fu assolutamente secondario, sollevò di scatto la testa, si mise in punta di piedi e lo baciò.
<< Ti ci sono voluti cinque anni per dirmelo? >>
Bisbigliò quando si furono separati, Ivan non riusciva a trovare le parole per quanto sentisse il cuore scoppiargli nel petto in quel momento, Italia sorrise quando lo vide imbambolato.
<< Buona Vigilia di Natale >> Mormorò, e si alzò ancora sulle punte per baciarlo, quella volta però, Ivan la strinse tra le braccia.
Italia non poté fare a meno di pensare che quella fosse stata la scivolata migliore della sua vita.
 
Igor si sentiva piuttosto irrequieto per giorno.
Senza saperne il vero motivo, si era svegliato proprio con la luna storta quella mattina, e per rincarare la dose, sua sorella l’aveva spedito al supermercato a comprare il pane.
Igor non riusciva davvero a capacitarsi di come si potesse dimenticare un alimento tanto importante proprio il giorno della vigilia, quando venivano a mangiare a casa tutti i parenti.
Tuttavia, dopo che gli avevano urlato contro per almeno mezz’ora sia sua sorella che sua madre, Igor non aveva avuto altra scelta che andarci, e quando aveva trovato le strade ancora più affollate del solito, si era proprio imbufalito.
Quando raggiunse il supermercato, era appena uscito da uno scontro di spalle con un tizio che era il doppio di lui, aveva i capelli scombinati e la giacca che gli era scivolata di traverso, sospirò pesantemente davanti le porte scorrevoli e poi entrò.
Era l’inferno.
Non aveva mai visto un supermercato talmente pieno di signore che correvano avanti e indietro come ossesse, di bambini che strillavano a tutto spiano e di mariti esauriti.
Si passò con esasperazione una mano sulla faccia e avanzò tra quel marasma di persone furtivamente, come se non volesse farsi notare, almeno gli toccava compare solo il pane
Proprio mentre formulò quel pensiero, il cellulare nella tasca della giacca prese a vibrare.
Lo estrasse con una certa difficoltà e aprì accigliato il messaggio di sua sorella.
Igor senti, dovresti prendere anche questa roba :
  • Latte
  • Burro
  • Bicchieri e piatti piani di plastica rossi
  • Limoni
  • Maionese “
Quando ebbe letto il messaggio, Igor fece un respiro profondo e cercò in tutti i modi di non fracassare l’apparecchio elettronico, dopotutto lui non aveva alcuna colpa.
Era sempre stato un tipo calmo che esternava poco i proprio sentimenti, e sebbene fosse incavolato nero, si diede un pizzico sul braccio e avanzò tra la ressa.
Il bancone dove vendevano il pane era invaso di persone, gli toccò prendere il numero e scoprire che era il centosedicesimo, mentre i numeri digitali annunciavano che stavano appena servendo il novantesimo.
Decise allora di andare a prendere prima tutto il resto nel frattempo che la fila scorreva, non fu difficile come si aspettava, riuscì a trovare il latte ed il burro al primo colpo, ci mise un po’ di più per trovare i limoni e la maionese, mentre i piatti non li trovò rossi ma blu, e li comprò lo stesso per fare un dispetto alla madre e alla sorella che l’aveva trattato come uno schiavo. Quando ritornò al bancone del pane, mancava solo una persona prima di lui, una ragazza che si stava sporgendo verso il bancone per prendere la sua porzione di ricotta.
Igor si ritrovò ad osservarla senza saperne il motivo, aveva il fisico flessuoso nascosto da un cappotto nero abbottonato, sotto quest’ultimo indossava un vestitino pieno di tulle su delle calze nere e un paio di stivaletti scuri, i capelli lisci e biondi le nascondevano il viso.
Quando si accorse del suo sguardo troppo attento, e del modo scandalizzato con cui lo stava fissando una vecchietta, arrossì prepotentemente e distolse l’attenzione.    
Si era sentito attratto fisicamente da quella sconosciuta e non ci trovava niente di male.
Era un uomo, e sebbene fosse così apatico, certe cose le sentiva anche lui.
Alzò nuovamente lo sguardo, giusto in tempo per vedere la ricotta sfuggire malamente tra le mani della bionda, che reggeva anche un cestino della spesa piuttosto pesante.
<< Attenzione! >>
Sbottò, e senza pensarci nemmeno un secondo, abbandonò il suo cestino per terra e afferrò il latticino prima che cadesse a terra provocando un bel disastro, aprendosi e riversando il contenuto sul pavimento già piuttosto provato dalla sporcizia.
<< Grazie mille! Mi hai salvato la vita … Igor? >>
Igor alzò immediatamente lo sguardo quando si sentì chiamare, e incassò il collo nelle spalle dalla vergogna quando si rese conto di aver appena aiutato Zoe, e di aver pensato quelle cose su di lei nemmeno un minuto prima. Non poteva credere che quell’incontro fosse davvero casuale, era il karma che stava cercando di punirlo per il modo in cui l’aveva trattata.
<< Zoe … tieni! >>
Balbettò rosso in viso, mentre la ragazza afferrava l’involucro con la ricotta miracolata, poi si girò verso il bancone, ignorando il sorriso malizioso del commesso, e chiese mezzo chilo di pane.  << Cosa ci fai qui? >>
Alla domanda di Zoe, Igor pensò che dopotutto fosse troppo sperare che lei avesse recepito il messaggio e se ne fosse andata facendo finta che non si conoscessero troppo.
<< Mi ci hanno mandato mia sorella e mia madre >>
<< Anche a me! >> Replicò immediatamente Zoe, con una voce eccessivamente squillante che lo infastidì parecchio. << Mia madre si dimentica sempre qualcosa, ma dico io! Come si fa a dimenticarsi il pane il giorno della vigilia?! >>.
Igor rimase piuttosto colpito da quel commento, lo stesso che aveva formulato lui appena uscito di casa, prese il pane che gli porgeva l’uomo e si voltò per la prima volta a guardarla negli occhi. Zoe stava sorridendo, e stringeva il cestello della spesa con entrambe le mani, quando Igor le guardò, notò che erano solcate da piaghe rosse per lo sforzo.
<< Hai preso tutto? Posso portarti il cestino fino alla cassa? >>
Le domandò senza nemmeno riflettere, ma gli era venuto spontaneo quando l’aveva vista con quelle mani sofferenti senza lamentarsi, non ci aveva mai fatto caso in effetti, ma Zoe non sembrava affatto una ragazza lamentosa come aveva creduto.
<< Oh, ti ringrazio … ma guarda che pesa! >>
Igor le sfilò gentilmente il cestello dalle mani e le rivolse un sorriso un po’ tirato.
<< Guarda che lo stesso vale anche per te >>
Zoe non aggiunse altro e lo seguì lentamente verso la cassa, prendendo a fregarsi le mani doloranti e ferite, Igor cercò di non dare troppo peso a quel gesto, che lei stava facendo di nascosto perché lui non se ne accorgesse.
La fila per la cassa era piuttosto lunga, i due si misero in fila in silenzio.
<< Con chi festeggi oggi? >> Le domandò improvvisamente lui, e Zoe trovò piuttosto sorprendente che fosse stato proprio Igor a cominciare la conversazione.
<< In realtà con tutta la mia famiglia sai? Vengono sia i genitori di mamma che quelli di papà, e siccome non ho molti zii ne molti cugini, riusciamo sempre a festeggiare tutti insieme. Quest’anno è toccato a casa nostra e allora mamma … >>
<< Mi dispiace >>
Zoe smise bruscamente il suo monologo quando sentì quelle due parole, si era bloccata con la bocca semiaperta e aveva guardato Igor leggermente sorpresa, come per accertarsi di aver sentito bene. Lui non la stava fissando, ma fece un sospiro fortissimo e sollevò lo sguardo.
<< Mi dispiace per quelle cose brutte che ti ho detto, per come ti ho trattata … >> Zoe sollevò immediatamente le mani e le scosse freneticamente, mettendo su un sorriso un po’ forzato, sembrava quasi che volesse fermarlo, rassicurarlo, ma Igor la interruppe prima che lei potesse aprire bocca. << La verità è che tu mi piacevi, ma mi ero fatto un’idea sbagliata di te. Non ti conoscevo, e ti avevo immaginata diversa. Quando ho scoperto che non eri esattamente come ti vedevo nei miei sogni io … mi sono spaventato. Ho dato la colpa a te, e invece era solo mia. Scusami davvero >>
Per la prima volta in tutta la sua vita, Zoe non trovava le parole esatte da utilizzare, non sapeva come replicare, cosa dire, le sudavano le mani e le stringeva convulsamente senza nemmeno rendersene conto.
Igor sospirò profondamente e le accennò un altro sorriso, finalmente si era tolto quel peso dalla coscienza, quando l’aveva vista al bancone non aveva pensato che potesse dirglielo, ma era stata proprio quella consapevolezza a farlo fuggire per tutto quel tempo.
<< Ascolta, quella volta, durante l’ora di educazione fisica … mi dicesti che anche tu eri capace di creare dei legami profondi … ti va di dimostrarmelo? Ti va di provarmi che avevo torto? >> Zoe percepì un leggero tremore nella voce di Igor, e riuscì a capire quanto gli stesse costando ammettere di essersi sbagliato, quanto fosse stato difficile per lui scusarsi con lei e pronunciare quelle parole. Annuì lentamente e gli sorrise.
<< Va bene >> Igor espirò profondamente quando sentì quelle due semplici parole.
Per lui furono meglio di un perdono.
<< A proposito … buona Vigilia di Natale Igor >>
<< Buona vigilia anche a te >>


___________________________
Effe_95

Buongiorno :)
Lo so che questa volta ho postato proprio tardi, ma come vi avevo accennato nel capitolo precedente, ho fatto una prova intercorso la settimana scorsa. Tra l'altro questo capitolo è estremamente lungo e ha richiesto di una produzione piuttosto faticosa.
Non so se esserne propriamente soddisfatta, e siccome non so cosa dire, aspetterò che siate voi a farmi sapere cosa ne pensate.
Volevo poi rettificare una cosa che mi sono accorta di aver sbagliato, avevo detto che i capitoli dedicati al giorno della vigilia erano cinque, ma in realtà ne sono quattro, e il prossimo è l'ultimo.
Vi chiedo scusa per l'errore, ma a quanto pare non so più contare xD
Nel prossimo e ultimo capitolo sulla vigilia troveremo Catena ed Oscar, Lisandro e Beatrice (anche se per loro sarà una situazione un po' particolare) e Telemaco e Fiorenza.
Grazie mille come sempre, risponderò alle recensioni il prima possibile.
Alla prossima spero :)
 
 
 
  
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