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Autore: _Sherazade_    13/12/2015    2 recensioni
Tutti conosciamo la storia di Ade, misterioso e tenebroso signore dell'Oltretomba che un giorno rapì la bella Persefone, figlia di Demetra, per portarla nel suo regno e farne la sua sposa.
Tutti conoscono questa storia, eppure solo in pochi conoscono cosa sia successo veramente.
Solo in pochi conoscono ciò che realmente accadde molti anni prima di quegli avvenimenti, cosa spinse davvero Ade a fare di Persefone la sua Regina, cosa si celasse davvero nei loro cuori.
Questa è la storia di come la luce di superficie riuscì a toccare le tenebre dell'Averno.
Dal prologo:
- E dunque? Cosa vuoi in cambio? - chiese lei mandando le ninfe a prendere quello che gli serviva.
- Non ti chiedo nulla. Sarà l'Averno a chiedere qualcosa quando lo vorrà, perché ricordalo: niente di ciò che appartiene all'Averno, può essergli tolto. Un giorno, ciò che oggi mi hai chiesto e mi hai sottratto, troverà il modo di ritornare.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Demetra, Gea, Persefone, Zeus
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- L'ultimo sacrificio -




I giorni nell'Oltretomba trascorrevano sereni per Ade e Persefone. I due Sovrani, nonostante il lavoro incessante che sembrava aumentare sempre più, erano riusciti a ritagliarsi del tempo per loro, e per festeggiare il loro tanto sospirato matrimonio.
Le due divinità, padrone del Sottosuolo, che si erano finalmente ritrovate, erano finalmente libere di stare insieme, svincolati da ogni pregiudizio e limite.
Ma un'ombra si stava per abbattere di nuovo nel loro Regno. L'ombra di quello che stava accadendo in Superficie e che già da un po' di tempo aveva cominciato a far impensierire la dolce Persefone, che si chiese quale sciagura si stesse abbattendo lassù.
Nonostante Ade avesse provato a tenere all'oscuro la moglie dai problemi che si stavano verificando, era impossibile per lui nasconderle la verità.
Troppe anime stavano giungendo negli Inferi, per troppi giorni consecutivi.
- Lo so che lo sai, Ade. Perché non me ne vuoi parlare? Ha a che fare con mia madre? - chiese lei aggrottando le sopracciglia. Ade sospirò, e quando i loro sguardi si incontrarono, il Dio capì che non avrebbe potuto nasconderle più nulla.
- Non volevo angustiarti con quello che accade in superficie. Senza volerlo né saperlo, la causa di tutto, sei tu, mia amata.
Persefone abbassò lo sguardo. Lo aveva già intuito, ma ancora non sapeva cosa fosse accaduto.
- Cosa sta succedendo? Dimmelo, ti prego! - Ade la fissò sconsolato. Anche se quella richiesta le avrebbe fatto male, Ade decise di accontentarla, dicendole la verità.
- Siediti, perché non sarà piacevole.
- Sono pronta.


Durante quei lunghi giorni di prigionia, Demetra si era ritrovata in uno spazio-tempo estraneo e nuovo.
Non vi era dimensione, non vi era spazio né alcun suono.
Demetra si era ritrovata a fluttuare nel nulla, avvolta da una luce immacolata.
Quel luogo in cui l'aveva relegata Madre Gaia era una immensa prigione dove l'unica cosa che esisteva, era la persona che vi veniva imprigionata.
- Madre Gaia, liberami! Io ti ho sempre servita con amore e devozione! Perché mi tratti così ora? Perché mi allontani dalla figlia che amo e che ho tanto cercato?
In quella strana dimensione bianca, Demetra si era ritrovata sola, ad implorare per la propria libertà, e per quella della figlia.
Come poteva essersi lasciata ingannare in quella maniera? Gaia l'aveva davvero solo usata per il bene del Cosmo?
Era davvero quella l'unica verità?
Demetra passò giorni ad interrogarsi su quei punti.
Ogni tanto alzava la voce, implorava, lanciava maledizioni contro la Madre della Terra e contro il fratello che l'aveva privata dell'amata figlia.
Si sentiva sola, e a volte scoppiava a piangere, ma nessuno rispondeva ai suoi numerosi tormenti.
In quel luogo non esisteva il giorno e la notte... Tutto sembrava infinito e Demetra finì col perdere la cognizione del tempo che passava.
- Ne hai abbastanza? - Un giorno, Demetra sentì di nuovo la voce di Madre Gaia, e fu per lei come un sogno. L'aveva tanto sperato, e a lungo aveva pregato di poter ricevere una sua risposta.
- Voglio tornare a casa e riabbracciare mia figlia. Ti prego, Madre di tutte le divinità che hanno solcato il tuo suolo sacro, ti prego, concedimi il tuo perdono e fammi tornare a casa.
- Sei pentita per aver tentato di ostacolare il Destino? Sei pentita di aver ostacolato il ripristino dell'Equilibrio dell'Averno? - Demetra non rispose subito.
- Io volevo solo proteggere la mia bambina. Non volevo che qualcuno me la portasse via.
Madre Gaia le pose ancora quelle domande, e infine, Demetra cedette.
- Sì, ho sbagliato, ma le mie intenzioni erano nobili.
- Nobili?
- Sì. - rispose Demetra. - L'amore di un genitore per i propri figli è nobile. Io volevo solo difendere la mia amata figlia dall'oscurità che si cela nel mondo. Io ho cercato di fare del mio meglio come madre... - gli occhi della Dea si riempirono di lacrime, - ma non è stato abbastanza. Ora Ade la tiene imprigionata nel suo regno, e non oso immaginare le brutture alle quali lui l'ha costretta.
- Costretta? Demetra cara, tu sottovaluti tuo fratello. Lui non ha dovuto costringere tua figlia, è stata lei ad accoglierlo, è ben diverso.
- Mai! - le urlò contro la Dea delle Messi, - Ciò che dici non è vero, mia figlia non avrebbe mai acconsentito.
- Ah no? Ne sei davvero sicura?
- Fermamente!
- E allora guarda, guarda coi tuoi occhi quello che è accaduto e quello che sta accadendo proprio ora.
Così, Madre Gaia, mostrò a Demetra dei primi faticosi giorni della figlia nel mondo del Sottosuolo e del suo rifiuto per il Signore dell'Averno.
- Avevo ragione!
- Aspetta, e non arrivare alle conclusioni troppo in fretta.
La divinità primordiale mostrò a Demetra del lento cambiamento della figlia, del suo ingresso nei Campi Elisi, e del suo incontro con Cloe.
Quando Demetra vide l'affiatamento naturale fra madre e figlia, si sentì male, come se la sua bambina l'avesse tagliata via dalla propria esistenza. Come se si fosse scordata di lei.
- Anche se non si sono mai viste, il legame di sangue sembra aver avuto la meglio.
- Mia figlia però rimane sempre mia figlia.
Demetra cercò di nascondere tutto il suo dolore a Gaia, ma all'antica divinità nulla poteva sfuggire. Essa però non infierì su quella ferita aperta.
Lo scopo di Gaia non era quello di far star male Demetra, ma di farle capire che c'era un ordine prestabilito per ogni cosa; che per il bene del Cosmo, avrebbe dovuto accettare i cambiamenti che erano avvenuti nel mondo che lei conosceva. Solo se fosse stata in grado di accettare tutti quei mutamenti, sarebbe stata in grado di essere felice.
- Alla fine ha accettato la corona... - disse la Dea della Natura, mentre l'immagine annebbiata della figlia che diventava Regina, si dissolveva nel nulla.
- Ed è stata una sua scelta indipendente, mia cara. - Demetra non rispose.
- Non potrò vederla mia più.
- Ci saranno alcune occasioni, Demetra.
- Ma non sarà più come prima.
- Questo è vero. Kore non è più una bambina, non potrai più trattarla come tale.
La Dea delle Messi si guardò attorno, tutto quel bianco le aveva fatto avvertire come un gelo nel cuore.
- Voglio tornare a casa.
- Non farai nulla per ostacolare il cammino di Persefone?
Persefone.
Quel nuovo nome che la figlia si era scelta le faceva venire una orribile sensazione di freddo. Sentiva come se il legame che aveva con la figlia fosse stato reciso di netto.
- Sia così, Gaia. Io non interferirò più con lei.
Demetra si sentì come risucchiare via da quel luogo in cui era rimasta rinchiusa per quel lunghissimo periodo. Demetra chiuse gli occhi e immaginò le verdi colline sulle quali conduceva la figlia quando era ancora solo una bambina.
- Vorrei tanto poter tornare a quei tempi in cui potevo ancora proteggerti...
Quelle parole svanirono assieme alla sua figura da quella dimensione in cui era stata confinata.


Demetra si ritrovò di nuovo nella sua amata terra, nella sua casa, con tutte le sue fidate ancelle riunite al suo capezzale. Demetra provò a parlare, ma non riusciva a proferire parola.
- Non sforzatevi troppo. - disse Atlanteia con il viso corrucciato dalla preoccupazione.
- Avete dormito per cinque giorni da quando siete ricomparsa sulla soglia del palazzo. - Anthea le porse una bevanda fresca e dall'aroma fruttato.
- Eravate ridotta davvero male. Era da secoli che non vi avevamo più vista in uno stato simile. - Egeria non era mai stata il tipo da lasciar trapelare le proprie emozioni, ma in quel momento si poteva leggere un misto di sollievo e di immensa pena. Per tutto il tempo che lei, la Dea delle Messi, era sparita dal mondo, le sue fidate ninfe si erano date da fare non solo per ritrovarla, ma anche per mantenere saldo l'equilibrio del mondo.
- Quando starete meglio...
- Dov'è Kore? Dov'è mia figlia? - Le cinque ninfe riunite nella sua stanza si scambiarono un'occhiata di rammarico.


Quando la loro Dea aveva fatto ritorno nel loro mondo, era svenuta fra le braccia di Anthea, ma non prima di pronunciare parole che inquietarono le cinque ninfe.


Questo non è che l'inizio. Questa era sta per finire. L'Estate Senza Fine è giunta al termine.


Quelle parole non erano il vaneggiamento di una donna provata e in fin di vita. Quelle parole erano una profezia.
Un'infausta profezia.
L'Estate Senza Fine era quel periodo meraviglioso nel quale tutti, uomini, ninfe, creature mostruose e divinità avevano vissuto per secoli, e che ora, con il ritorno di Demetra, stava mostrando il suo declino.
Già i primi cambiamenti erano stati visibili: le piante avevano cominciato a seccarsi, e le foglie a cambiare colore. Per quanto affascinante fosse vedere gli alberi dalle chiome variopinte, le ninfe sapevano che quello era l'inizio di un mutamento radicale.
E tale mutamento si verificò anche con alcuni animali, che avevano cominciato ad adottare certi comportamenti insoliti: alcuni volatili cominciarono a riunirsi in grandi stormi e ad abbandonare i propri nidi, mentre alcune bestie dei boschi sembravano nutrirsi più del normale.


- Divina Demetra, - si fece avanti titubante Phoebe, per rispondere alle insistenti domande della sua Signora, - vostra figlia è diventata la Regina dell'Oltretomba.
Demetra non ebbe alcuna reazione.
Lei già lo sapeva, ma ancora non lo credeva possibile.
Sua figlia si era lasciata plagiare da quell'ingrato di suo fratello. Kore non sarebbe mai più tornata da lei.
Mai più.
Demetra sentì come una stretta lancinante al cuore, e un dolore mai provato prima che le percorreva tutto il fragile corpo.
- Dovete pensare solo a riprendervi, Mia Signora. - Kraneia le porse una ciotola calda. - Rimettetevi in forze, e poi ci riprenderemo Kore.
Il vociare delle ninfe fece quasi arrabbiare Demetra. Parlavano tanto di riprende Kore, la sua kore, ma non sapevano.
Del resto, però, come avrebbero potuto sapere quello che lei aveva passato nella prigione in cui Gaia l'aveva rinchiusa?
Kore non sarebbe più tornata da lei.
Gaia non l'avrebbe permesso.
- No, lasciatela dove sta. Lei ha... - le bruciava, le pesava dover dire quelle parole, - … fatto la sua scelta. E ha scelto Ade.
- Ma ci deve essere... - Demetra zittì Atlanteia. Non voleva più discuterne. Prese la ciotola con la minestra che le avevano preparato e la mangiò.
Non aveva fame, ma il suo corpo la spingeva a nutrirsi.
Sentiva il lamento della natura là fuori.
Sentiva il lamento delle creature.
Sentiva anche le paure degli uomini per quei cambiamenti improvvisi del mondo.
Era stata lei a causarli? Se lo chiese, ma non le importava di conoscere la risposta.
Demetra non voleva più preoccuparsi di nulla.
La sua bambina, la sua unica figlia le era stata strappata, e lei si sentì di nuovo persa e sola.
- Lasciatemi sola, ho voglia di riposare. - Le cinque ninfe esaudirono in silenzio la sua richiesta, ma prima di chiudersi la porta alle spalle, Egeria cercò di far ragionare Demetra: voleva spingerla a riprendersi.
- So che il momento è difficile, ma non dovete abbattervi, o la vita che noi conosciamo avrà fine. Non lasciate che l'oscurità avvolga il vostro cuore.
Demetra non le rispose. Il silenzio di quella stanza era come un macigno indistruttibile.


Passarono i giorni, Demetra riprese colore in volto, e il suo fisico cominciò a riprendersi, ma la natura attorno a loro sembrava ancora provata, e anzi, invece che migliorare, gli alberi perdevano sempre più foglie. Alcuni erano già completamente spogli, e un'aria fresca, come quelle che permeava nelle sere stellate, cominciò a farsi largo in pieno giorno sotto il sole, mentre le notti diventavano sempre più fredde.
Zeus, dopo aver saputo del ritorno della sorella, le fece visita, accompagnato dalla moglie, da Poseidone e da Estia.
Mancava solo Ade a quella rimpatriata, ma per ovvie ragioni, gli Olimpici ritennero opportuno non coinvolgerlo. I tre fratelli ne avevano discusso, e insieme avevano deciso che per un certo periodo, Demetra e Ade, non avrebbero dovuto incontrarsi. Non sapevano quali reazioni la Dea della Natura avrebbe potuto tenere nei suoi riguardi.
Se la tristezza l'aveva portata a far morire la natura, la vista del fratello avrebbe di certo scatenato una rabbia incontrollata, la quale avrebbe potuto dare origine a qualche calamità terribile. Forse addirittura peggiore di quella che Ade a malapena era stato in grado di contenere quando si era visto privato della sua Regina.
- Demetra, siamo contenti di rivederti. - le disse Zeus porgendole dei fiori. Demetra non si era mossa dal letto, e quando aveva visto i fratelli e le sorelle, si era limitata a salutarli debolmente.
- Sorella, se possiamo fare qualcosa per te non hai che da chiedere. - le disse Era, sedendosi accanto a lei. Ma Demetra non rispose, e si limitò a fissare un punto indefinito nel vuoto.
- La natura, quella che dovrebbe essere la tua priorità, là fuori sta morendo... - disse grave Poseidone. - Abbiamo atteso, ma sembra che a te non importi più nulla. A cosa vuoi portarci, Demetra?
Poseidone in genere era un Dio abbastanza amabile. Non amava i conflitti, ma quando le conseguenze delle scelte di altri andavano a ripercuotersi anche sul suo mondo, il buon Dio perdeva le buone maniere.
- Poseidone! - lo incalzò Estia, - Capisco le tue preoccupazioni, ma vedi di non esagerare con le tue accuse.
- Non sto accusando nulla. Voglio solo delle risposte. Quello che sta accadendo là fuori, è tutta opera sua. O se preferite, è la sua inadempienza. A prescindere, lei è l'unica che possa darci qualche risposta, e fare qualcosa per sistemare il problema.
Era e Zeus si guardarono, non sapendo più che dire.
Se da un lato Poseidone aveva ragione, dall'altro non potevano chiedere a Demetra di riprendersi così in fretta per quella che per la Dea delle Messi, era stata la più grande delle perdite.
Era il volere di Madre Gaia, era il volere del Destino stesso... ma ciò non rendeva la separazione meno dolorosa.
Parlando con Ade, avevano anche deciso di non far riunire madre e figlia. Non al momento, non così presto.
Se il loro riavvicinamento avrebbe anche potuto dare un nuovo vigore alla Dea della Natura, dall'altro avrebbe anche potuto distruggerla definitivamente.
Quindi cosa fare?
Far riunire madre e figlia per sempre, rischiando di nuovo un conflitto tra il Regno di Superficie e il Sottosuolo, o tenere le due separate?
Era una scelta ardua, ma alla fine optarono per la strada in apparenza più sicura.
- Demetra, prenditi il tuo tempo, - le disse Zeus accarezzandole i capelli, - ma non lasciare che tutto vada in rovina. Non aspettare che sia troppo tardi per tornare indietro.
Non sappiamo se quello a cui hai dato involontariamente inizio è una strada a senso unico. Non sappiamo se potremo tornare indietro...
Zeus una volta aveva sentito parlare della Fine della Lunga Estate. Lo aveva sentito da sua madre molto tempo prima, come una sorta di fiaba.
E ne era rimasto sia affascinato che terrificato.
La Fine della Lunga Estate rappresentava la fine di un'era. Lui già sapeva che non sarebbero potuti tornare a quello che c'era stato fino a quel momento. Lui l'aveva sempre saputo.
Quando la sorella venne da lui per chiedergli aiuto per la faccenda di Kore, aveva capito che quella bambina avrebbe portato con sé un grande cambiamento che avrebbe coinvolto non solo il regno del quale sarebbe un giorno diventata la sovrana, ma anche quello del mondo che lui aveva governato per tutti quei secoli, e che per molti altri secoli ancora lui avrebbe continuato a vegliare.
Quella strada che avevano oramai imboccato sarebbe stata la sola che avrebbero potuto percorrere. Non c'era più modo di cambiare percorso: avrebbero solo dovuto avanzare.
Ma in quel momento, il Dio degli Dei, il Signore dell'Olimpo che nulla aveva mai avuto da temere, si sentì per un attimo perso e impaurito.
Quel Dio impavido e sprezzante dei pericoli, ebbe paura.
Quei cambiamenti che in quei giorni dell'infanzia aveva tanto temuto e al tempo stesso sperato di vedere, e che in quel preciso momento erano così vicini, lo spaventavano.
Non sapeva ancora se quei mutamenti avrebbero portato a un'era migliore o peggiore.
Si augurò solo che Demetra non cedesse alla rabbia e al dolore, ma che si lasciasse invece guidare dall'amore che aveva provato per la figlia.
Un giorno avrebbe permesso ad entrambe di riabbracciarsi ancora, e sperava che quel giorno non fosse più così lontano. Lui sperava di poterle far riconciliare al più presto, per dare la svolta a quei mutamenti. Per permettere a quella nuova era di avere inizio e di essere ancora più bella di tutte le ere che l'avevano preceduta.


“Devo andarmene da qui”, pensò Demetra, posando un ultimo sguardo alle sue fidate ninfe che dormivano placidamente.
La Dea abbandonò la sua casa e cominciò ad errare per il mondo che lei aveva involontariamente scosso.
Demetra camminò per giorni e giorni, celando la sua identità sia ai mortali che agli immortali.
Vedendo le famiglie in difficoltà per i cambiamenti che non riusciva più a contrastare, e per la dura vita che i mortali avevano sempre condotto, la Dea sentì come una stretta al cuore.
Da un lato avrebbe voluto poter fare qualcosa, come aveva già fatto in passato, ma dall'altro si sentiva ancora più sola.
Aveva provato a superare la separazione dalla figlia, ma ancora, per lei, era un peso inimmaginabile. Un peso che temeva non sarebbe mai più riuscita a levarsi dal cuore.
Non avrebbe mai smesso di amare la sua Kore, mai!
Ade poteva anche avergliela portata via, ma il loro legame era indissolubile. Non avrebbe potuto ribellarsi ai voleri del Destino, di Madre Gaia, e degli altri Dei: loro erano dalla parte di Ade.
Ma non poteva nemmeno subire silenziosamente quell'ingiusta perdita facendo finta che fosse contenta. Avrebbe anche potuto sorridere, ci provava, ma il tumulto nel cuore si rifletteva fuori di lei, nel suo dominio: la Terra.
Demetra non voleva punire gli uomini. Lei li sentiva chiedere perdono e implorare la Dea di ristabilire il mondo, ma quello non era più nei suoi poteri.
Zeus le aveva chiesto più volte se lei sapeva qualcosa, se Madre Gaia le aveva spiegato cosa sarebbe accaduto da quel momento e cosa avrebbero dovuto aspettarsi dalla nuova era.
Zeus glielo chiese, ma Demetra non rispose.
I fratelli e le sorelle di lei pensarono che il suo silenzio fosse dovuto soprattutto per il grande dolore da lei provato, e che l'aveva portata a chiudersi sempre di più in sé stessa.
In realtà, Demetra non rispondeva perché non sapeva nulla, se non che lei stava perdendo sempre più il contatto sia con i suoi poteri, che con la Terra stessa.
Lei non era più padrona di nulla.
Per questo abbandonò la sua casa.
Per questo abbandonò le sue care ninfe.
Demetra si sentiva sempre più persa, e prima che tutto crollasse definitivamente, voleva assaggiare ancora una volta un po' di felicità.


- Quanto a lungo pensavi di tenermelo nascosto? - chiese Persefone al marito, fissandolo con occhi velati dalle lacrime che minacciavano di solcarle il volto da un momento all'altro.
- Mia adorata, speravo che la situazione si risolvesse da sola, ma ora che Demetra è scomparsa... È vero che la situazione sembra essersi stabilizzata lassù, ma siamo fermi in questo stato di “morte” per la natura. Di certo una situazione del genere non può essere definitiva. - Ade scostò lo sguardo fissando lo specchio della sua camera. Sperava che da un momento all'altro Madre Gaia si mettesse in contatto con loro, o che lo facesse Demetra. Persefone sospirò preoccupata. - Se la situazione non dovesse cambiare, la vita finirà con l'estinguersi dal nostro pianeta.
- Lo so. Dobbiamo trovarla e costringerla a mettere tutto a posto. - l'espressione pensierosa del marito mise in allarme la giovane Sovrana.
- A cosa stai pensando?
- Tu non potresti sistemare questo problema? Anche tu, come lei, sei una Dea della Natura. Hypnos sta cercando fra le pergamene se esistono documenti che possano aiutarci, ma intanto forse coi tuoi poteri potresti sistemare un po' la situazione. Arrestare almeno il freddo che ogni giorno è sempre più forte. - Persefone scosse la testa.
- Non sono potente come lei. Potrei provarci, ma temo che i miei poteri non possano nulla di fronte a quello che ho visto.
Persefone si rifugiò fra le braccia del marito che la strinse dolcemente a sé.
- Provarci è già qualcosa. Il mondo è portato a cambiare, in bene e in male, ma non è detto che debba farlo violentemente. Deve andare avanti, mia Regina, ma noi possiamo dargli una mano, agevolando questa fase di passaggio.
- E se non fossimo pronti per questo nuovo mondo? - chiese lei con un sussurro.
- Lo accetteremo comunque, perché non possiamo fare altrimenti. Il mondo cambia, indipendentemente da noi e dai nostri desideri, Persefone.


Sembrava che la Dea delle Messi fosse destinata ad errare in eterno, e per quanto Zeus e gli altri Dei la cercassero, nessuno era stato in grado di ritrovarla.
Demetra, priva di forze, stava per perdere le speranze e ad abbandonarsi alla totale tristezza, ma qualcuno ebbe pietà di lei. Nonostante il suo aspetto di figura anziana, ridotta pelle e ossa, una donna dal nobile aspetto decise di accoglierla e di ospitarla nel suo palazzo. La mortale non sapeva di avere di fronte una delle Grandi Dee, ma mossa dalla semplice pietà verso una donna che sembrava così stremata e sul punto di morire, si era guadagnata subito il rispetto e la benevolenza di Demetra.
Mentre all'esterno l'aria si faceva sempre più pungente, e gli alberi, lentamente, morivano, Demetra stava ritrovando il calore di una famiglia.
Era tornata in una terra a lei davvero cara, e che per parecchio tempo, non aveva più visitato.
Eleusi, quella città che, con la figlia, aveva tanto amato, ora stava restituendo un po' di quel calore che la Dea delle Messi aveva ricercato.
La donna che aveva accolto Demetra, altri non era che Metanira, moglie di Celeo, re di Eleusi.
La donna era molto gentile, e l'aveva presa davvero in simpatia. Vedendo poi l'attaccamento che quell'anziana donna provava per i suoi figli, decise di chiederle di diventare la loro nutrice.
Demetra accettò con piacere, e anche le piante e gli animali che vivevano nei dintorni della cittadina, parvero riprendersi, riacquistando il solito splendore. Usciti però dal territorio di Eleusi, la situazione non dava cenni di miglioramento.
Un giorno uno dei due figli dei sovrani si ammalò, e Demetra riuscì a curarlo, attirando però su di sé i dubbi di uno dei guaritori di corte: Hosios.
Quell'uomo non aveva mai nutrito particolare fiducia nell'anziana donna, e così cominciò a metterla sotto sorveglianza.
Demetra, presa dalla sua nuova famiglia e da quel nuovo ruolo di nutrice, non si era accorta di nulla.
Il benessere che stava provando le bastava, ed era decisa a restituire un po' di quella felicità a quella famiglia. Demetra aveva deciso di rendere immortale il maggiore dei figli dei sovrani della sua amata Eleusi.
Demofoonte le si era molto affezionato, e Demetra sperava che quel bambino avrebbe potuto colmare, anche solo in parte, la perdita della sua bambina.
Con lui le cose sarebbero andate diversamente, pensava lei.
Ogni notte faceva addormentare il bambino, e seguendo alcuni antichi riti, la Dea cercava di eliminare le vesti mortali del bambino, e di renderlo immortale.
Una notte, però, era stata poco cauta, e Hosios era riuscito a sorprenderla. L'uomo non la fermò, ma corse invece dalla regina, che, una volta accorsa sul posto, gridò allontanando la Dea dal figlio, che si svegliò e scoppiò in un pianto dirotto per lo spavento.
- Tu, disgraziata! Cosa cercavi di fare al mio bambino? - gridò lei fra le lacrime, mentre sul posto accorrevano le guardie.
- Ve l'avevo detto io che non potevamo fidarci di questa straniera. - le disse il medico, fissando con disprezzo la povera Demetra che si guardava attorno mentre le guardie la accerchiavano.
- Parla! Cosa volevi fargli? - chiese Metanira con rabbia.
Demetra la fissò e si alzò in piedi. Quando si tolse il velo che le copriva il capo, mostrò ai mortali il suo vero aspetto, e proprio in quel momento arrivò nella stanza anche il re, Celeo, che riconoscendola si inchinò di fronte a lei, implorando il suo perdono.
Lui fu l'unico a riconoscerla, e intimò agli altri presenti di inchinarsi a loro volta.
- Perdonateci, Sua Signoria. Perdonate mia moglie. Perdonate noi poveri mortali per non avervi riconosciuta.
A Demetra non importava più nulla. Con sguardo spento si allontanò dalla stanza di Demofoonte, si allontanò dal palazzo, si allontanò dalla città un tempo amata, mentre le piante si spogliavano di nuovo e definitivamente.
Un'aria gelida si abbatté su Eleusi, fatta dello stesso gelo che aveva preso il comando del suo cuore.
Demetra si era vista di nuovo privata della felicità.
Metanira, interrompendo il rito, lo aveva compromesso definitivamente, e Demofoonte non sarebbe mai potuto diventare un Dio.
Non sarebbe mai potuto restare al suo fianco.
Demetra si sentì ancora più persa, più sola e abbandonata.
Si trascinò per i boschi, mentre il cielo si coprì di nubi, e una strana sostanza comincio a cadere dal cielo.
Era un qualcosa che nessuno aveva mai visto prima di allora. Bianco e freddo come null'altro.
Attoniti, Dei e mortali assistettero alla prima nevicata.
Demetra camminò a lungo nei boschi di alberi morti, mentre la neve ricopriva il suolo. Il mondo venne lentamente coperto da un manto bianco, e le temperature si abbassavano sempre più.
La Dea venne avvolta da dei rami, come a proteggerla, e sotto la loro protezione, lei si addormentò.
Quella non era nemmeno più Demetra, ma solo un involucro svuotato da tutto.


Persefone, pur svolgendo al meglio il proprio ruolo di Regina, non poteva far altro che pensare alla madre.
Ade non poteva in alcun modo distoglierla dalle angosce che lei provava, e questo fece nascere un senso di inadeguatezza nel Dio. Sentimenti che finirono col ripercuotersi nei suoi atteggiamenti, tanto che i giudici e la stessa Persefone, furono stupiti nel vedere Ade in quello stato.
Non era mai stato un Dio simpatico o gioioso, ma l'ansia di Persefone finì col renderlo più distaccato ancora dalle anime che giungevano al loro cospetto.
- Ade, - quella notte, Persefone non poté fare a meno di esternargli le sue preoccupazioni, - io lo so che qualcosa ti turba, ma non puoi comportarti così nella sala del giudizio.
Nel letto accanto a lei, Ade non le rispose, e si girò su un fianco, dandole le spalle.
Da quando si erano sposati, i due avevano sempre dormito assieme, abbracciati teneramente. Lui non l'aveva mai rifiutata, non l'aveva mai allontanata da sé.
Persefone però non era tipo da lasciarsi abbattere, e con forza rigirò il marito sul letto, portandolo a guardarla di nuovo.
- È inutile che tu ti volti. Non puoi ignorarmi!
- Scommetti? - chiese lui alzando un sopracciglio.
- Vuoi scommettere su qualcosa che sai già che non puoi vincere? - disse sorridendogli. - Lo so che sei preoccupato per me, ma non devi. Io... - la Dea distolse lo sguardo mentre pronunciava quelle parole. Nemmeno lei ne era certa, - … Io troverò un modo per superare tutto questo. Sono certa che con mia madre le cose si risolveranno prima o poi.
Sarebbe stato bello poter credere a quelle parole, ma nessuno dei due era realmente convinto di ciò.
- Persefone... il mondo lassù sta andando in rovina a causa di tua madre. Quando hai provato a restituire vigore alle piante del bosco che costeggiano l'entrata del nostro regno, hai visto tu stessa che anche se inizialmente la cosa sembrava funzionare, dopo poco tempo, le piante si spegnevano di nuovo.


Giorni addietro, Ade, Persefone e Hypnos erano saliti in superficie per testare i poteri di Persefone.
Da quando era diventata Sovrana dell'Averno non aveva quasi più esercitato i suoi poteri sulla natura di Superficie.
Persefone spese molte energie per restituire alla Natura che li circondava l'antico splendore e la bellezza rigogliosa che da sempre aveva caratterizzato quel bosco.
Dopo grandi sforzi, sembrava che la natura fosse rifiorita, e lei si era voltata raggiante verso il marito.
- Ce l'ho fatta! Forse posso sistemare tutto, forse posso... - ma il sorriso le morì sulle labbra.
Le piante a cui lei aveva restituito le floride chiome del colore degli smeraldi, stavano di nuovo cambiando, lasciando spazio alle foglie color dell'oro e del fuoco.
Non senza una certa delusione, Ade inviò Hypnos dal fratello per annunciargli l'esito di quell'esperimento.
Demetra aveva dato involontariamente inizio a quello stravolgimento del mondo di Superficie: era quindi l'unica che poteva porvi rimedio.
Nemmeno Persefone, Dea che era diventata potente tanto quanto lei, poteva contrastare quell'immenso potere che la Dea delle Messi aveva involontariamente scatenato.


- Io sono certa che esisterà da qualche parte un rimedio. Ci deve essere. - E Persefone aveva ragione, anche se ancora non lo sapeva.
- Lo spero, mia adorata. Anche se in superficie tutto sta gelando, magari nei prossimi tempi potremmo riuscire a trovare una soluzione. - disse lui stringendo la moglie a sé.
- Lo spero.
Persefone si addormentò abbracciata al marito, ma lui non riuscì a chiudere occhio.


Quel giorno non era stato strano solo per via della preoccupazione che nutriva nei confronti dell'amata sposa.
Hypnos gli aveva rivelato importanti notizie che, dopo una lunghissima ricerca, il Dio del Sonno era stato in grado di scovare.
- Mio Sovrano, mi rincresce, ma per ora queste sono le uniche notizie che mi è stato dato di scovare. - disse il Dio con la voce quasi strozzata, mentre Ade stingeva la pergamena fra le mani.
- No. Mi rifiuto di credere che questo sia l'unico modo per contrastare Demetra. Non dopo tutto quello che abbiamo passato. No, è impossibile! - gridò il Dio facendo tremare la stanza. - È impossibile. - sussurrò ancora, lasciando cadere il documento per terra.
Sembrava che la chiave di tutto potesse essere ancora una volta Persefone. Diventando Regina dell'Oltretomba, essa aveva in parte rinunciato a quel lato di sé legato all'amata superficie, ma in realtà quel legame non era mai stato reciso.
Nel suo Regno, la Dea era ancora in grado di dominare le piante che vi crescevano, ma aveva perso i contatti con la Natura che dominava la Superficie.
Persefone, per riacquistare il potere che aveva sul mondo superiore, avrebbe dovuto rinunciare in parte all'Averno.
-Non è possibile che serva questo. Non dopo tutto quello che è stato fatto per averla con noi. Non dopo tutto quello che lei ha passato. - disse Ade tenendosi la testa fra le mani, con la voce che tremava dalla rabbia e dallo sconforto.
- Di sicuro non rinunceremo a lei, ma se vogliamo fermare l'ondata di morte che si sta diffondendo in Superficie, con Demetra che non si riesce a trovare, l'unica soluzione è quella di chiedere all'unica altra Dea della Natura abbastanza potente, di fare qualcosa. - concluse Hypnos.
- E se dovessi rinunciare a lei? - chiese il Dio con rabbia. - Tu che faresti al mio posto? Se l'unica persona al mondo che ami ti venisse portata via, tu che faresti?
Hypnos sostenne quello sguardo e alla fine gli rispose: - Farei di tutto per salvarla.
Ade sospirò e, prima di lasciare la biblioteca, disse a Hypnos di non farne parola con nessuno. Sarebbe stato lui a dire tutto a Persefone, ma alle sue condizioni, e con i suoi tempi.


Tuttavia, quando le due divinità vennero chiamate poche ore dopo per recarsi di nuovo nella sala del giudizio, dato che molte, troppe anime, avevano letteralmente invaso il loro regno, il Dio si vide costretto a dire alla Dea quello che Hypnos aveva scoperto; così, nonostante il gran trambusto, costrinse la moglie a tornare nelle loro stanze.
Persefone ascoltò in silenzio ciò che il marito aveva da dirle. Apprese con dolore quella notizia, in special modo per via di tutti i patimenti che la coppia aveva subito dopo che Madre Gaia le aveva rivelato la verità.
Persefone sperava che ci potessero essere altre spiegazioni, che esistessero altri modi per poter rimediare al danno provocato da sua madre, ma il Dio scosse la testa tristemente.
- Madre Gaia non può averci fatto patire così tanto, per poi di nuovo costringermi alle Superficie per arginare il danno causato da mia madre.
- Lo credo anche io. - rispose lui composto, mentre la moglie camminava avanti e indietro per la loro camera da letto.
- Per poter ricreare ciò che era stato, dovrei riconnettermi con il mondo di Superficie... questo non implica che debba abbandonare l'Averno, no?
Ade non rispose. Nemmeno lui sapeva con certezza cosa potessero fare.
- Forse dovremmo lasciare che tutto si svolga così come sta accadendo ora. - continuò Persefone. - Del resto era previsto un mutamento, e forse questo fa parte di questo processo. Forse stiamo sbagliando nel volerlo contrastare, forse... - ma la Dea si fermò. Una parte di lei voleva che quelle parole appena pronunciate rispecchiassero il vero, ma lei lo sapeva che le sue erano bugie dette più per convincere sé stessa che Ade.
I visi dei mortali che aveva scorto, morti per il freddo o la carestia, le erano rimasti tutti nel cuore, e ogni volta lo sentiva come se stesse sanguinando per il dolore.
Non poteva essere giusto tutto quello che si era riversato nel Regno che una volta aveva tanto amato, nel Regno che una volta era la sua amata casa.
Persefone abbracciò Ade, chiedendogli fra i singhiozzi che cosa dovesse fare, ma nemmeno lui sapeva cosa dirle, se non “Non lasciarmi solo”.
Quando Persefone incontrò gli occhi lucidi di Ade, il Signore dell'Averno le esternò tutto il dolore e il patimento che lui avrebbe provato nel doversi separare da lei. Sapeva che era giusto lasciarla andare se era per il bene del Cosmo, ma lui non voleva, né poteva rinunciare a lei, alla sua unica e amata sposa. Non dopo tutto ciò che avevano trascorso.
Quelle parole piene di preoccupazione e amore non erano da Ade, e nessuno lo avrebbe mai saputo. Nessuno avrebbe mai conosciuto quel lato tanto tenero e fragile del suo carattere. Solo a Persefone sarebbe stato concesso quel grande onore.
L'amata Superficie o il suo Sottosuolo? Cosa mai avrebbe potuto fare? Cosa mai avrebbe potuto scegliere?
Prima ancora che potesse davvero prendere in considerazione solo una delle due scelte, Persefone vide un melograno sul tavolo della stanza, e allora qualcosa scattò nella sua testa.
- Ade...
- Cosa c'è?
- So cosa devo fare. Non devo rinunciare a te e all'Averno. Non devo nemmeno rinunciare a mia madre e alla Superficie. Io posso fermare il gelo che si sta espandendo nel mondo senza doverti dire addio. - disse lei baciandolo per la gioia.
Ade non capiva, e quando le chiese spiegazioni, lei lo trascinò fino all'ingresso del loro Regno.
Persefone non era mai uscita in Superficie da quando questa aveva cominciato a ricoprirsi dal freddo manto bianco. Ad accoglierla ci fu una bufera tremenda, che per un attimo la fece desistere dal proseguire.
Ma nonostante avvertisse la morsa del gelo, la Dea si fece largo nella neve, e si avvicinò all'albero di melograno che sembrava protetto ancora da un mistico potere. L'albero aveva ancora i suoi frutti, e non sembrava essere toccato dal freddo che invece aveva intaccato tutte le altre piante.
- Amore mio, ti ricordi quando mi hai raccontato la leggenda di questo albero? - Ade annuì. - Io ho capito che anche io sono come lui. Lui ha un gemello nel nostro regno, è come se l'uno fosse un aspetto ulteriore dell'altro. I due alberi sono un tutt'uno, divisi nel corpo, ma non nello spirito. Come loro, anche io sono come divisa in due entità. Io sono sia Persefone, la Regina dell'Averno, che Kore, figlia di Demetra e Dea della Natura.
Questi sono entrambi aspetti del mio essere. Io sono diventata un tutt'uno col Sottosuolo; amo ognuno dei suoi abitanti e adoro le sue terre, così quanto amo ogni cosa di te, mio amato. Io non smetterò mai di amare tutto questo... così come non ho mai smesso di amare le verdi colline, i fiori variopinti, o il calore del Sole con cui sono cresciuta.
Persefone fece comparire il melograno nella sua mano, e ne colse un altro dall'albero.
La Dea si avvicinò al Dio, e con le lacrime agli occhi gli comunicò la sua decisione.
- Io non voglio stare senza di te, ma anche qui hanno bisogno di me. Una delle antiche leggi dell'Averno stabilisce che chiunque mangi il cibo degli Inferi, vi sarà per sempre legato... - disse fissando il Melograno dell'albero che loro avevano fatto ricrescere. - … Tu però non mi hai mai fatta nutrire con esso, ma solo coi frutti di questo mondo. Perché? Anche se ero già diventata tua, anche se l'Averno mi aveva accettato come sua Regina, ancora qualcosa ti frenava dall'incatenarmi definitivamente al nostro mondo.
- Non lo so nemmeno io. Forse sentivo che non eri pronta ancora a rinunciare del tutto alla superficie, e ora me ne sto pentendo. - disse lui distogliendo lo sguardo. Persefone sorrise, prendendo il viso di lui fra le mani, baciandoglielo con passione.
- Io sono e rimarrò tua per sempre. Ti chiedo però di lasciarmi libera di scegliere questo percorso.
Ade la abbracciò, dandole così il suo assenso, anche se molto forzato.
Ade non avrebbe mai voluto dover rinunciare a lei, ma Persefone aveva già fatto la sua scelta.
La Dea e il Dio aprirono i due frutti, il melograno dell'Averno e quello della superficie, prendendo sei semi da ognuno.
- Io sono sia Persefone che Kore, e appartengo ad entrambi i Regni, ora e per sempre.
La Dea inghiottì i dodici semi, e per un momento il tempo parve fermarsi. Una luce inghiottì le due divinità, e quando essa si esaurì, la bufera si placò di colpo.
Ade guardò stupefatto la sua Persefone, i cui occhi d'ambra miravano fissi verso un punto lontano.
- So dove si trova. -


Con Ade che la accompagnava, la Dea si fece largo fra la neve che si sciolse al suo passaggio.
Camminarono a lungo, per ore, ma alla fine trovarono quel bozzolo in cui la Dea delle Messi si era rinchiusa.
- Madre! Madre! - gridò lei, cercando di farsi largo fra i rovi che avevano coperto la Dea. Demetra, sentendo la voce della figlia, si risvegliò da quel torpore, da quel sonno apparentemente imperturbabile, in cui era caduta.
- Kore? - chiese sbalordita. - Sei davvero... la mia Kore?
- Sì, sono io.
- No, non è vero. La mia bambina non c'è più. - Persefone e Ade si guardarono sbalorditi. Avevano fatto tutta quella strada per lei, a causa sua la natura si era spenta, e lei non riconosceva più la figlia?
- Demetra, non dire stupidaggini, certo che è tua figlia! - disse Ade con un impeto di rabbia.
- No, la mia bambina mi è stata portata via. - disse la Dea con voce tremante.
- Madre, so di avervi fatta angustiare, ma sono sempre io. Io sono Persefone, Regina dell'Averno, e la tua unica figlia.
- No, mia figlia non c'è più.
- Madre! Ti sarai anche arresa, ma in nome di tutto ciò che io amo, io non lo farò! Non ti abbandonerò e salverò tutti quanti. - Persefone riuscì a far breccia nel groviglio di rami, e ad allungare una mano per toccarla.
Con forza riuscì a far ritirare i rovi e si trovò davanti una donna tremante e provata. Con dolcezza le si avvicinò, la abbracciò e le posò un bacio sulla guancia.
- È tutto finito.
Demetra pianse e la neve tutto intorno si sciolse, mentre il sole riprendeva a splendere sempre più caldo nel cielo.
- La mia bambina... - tremando, Demetra abbracciò Persefone, mentre sul posto arrivavano anche Zeus, Poseidone e gli Dei Gemelli.
Finalmente era tutto finito.
Il calore di Persefone, il suo amore e la sua gioia di vivere, avevano appena battuto la fredda morsa del gelo che si era impadronita del cuore di Demetra.
Quello era un inizio, quella era una nuova era.
La primavera aveva vinto sull'inverno.



 
L'angolo di Shera ^^

Salve a tutti, è un bel po' che non pubblicavo nulla, e oggi, finalmente, sono stata in grado di postarvi il penultimo capitolo di questa storia che mi ha tenuta impegnata negli ultimi cinque mesi.
Questo capitolo è stato scritto a più riprese nelle ultime tre settimane.
La prima settimana di lavoro il Pc non l'ho praticamente visto, solo qualche rapida connessione, ma nulla di che. Le mie notti erano un incubo continuo O_O. È stata dura, e, per certi versi, lo è ancora.Per un nuovo lavoro è sempre così, e riprendere a ritmi serrati, dopo così tanto tempo di inattività, si sta rivelando più arduo di quanto non avessi previsto.

Riguardo il capitolo, io spero vi sia piaciuto.
Stavolta ho voluto riprendere Demetra, e darle l'ultimo grosso spazio, dato che è grazie a lei se si sono venute a creare le stagioni... anche se negli ultimi anni pare che autunno e inverno si siano quasi del tutto esaurite.
La storia del melograno e della "pazzia" di Demetra, erano uno dei punti cardine della storia fin dal suo concepimento.
Non mi è mai piaciuta l'idea della creazione dell'inverno come forma di protesta o punizione, da parte di Demetra. Io ho sempre appoggiato di più l'idea che la sua fosse un'esplosione di dolore.
Voi che ne dite?
Una parte di me è un po' triste nel dover dire che siamo praticamente alla fine, ma dall'altra, non posso che esserne contenta ^_^.
È stato un bel percorso e sono fiera di quello che ho fatto e scritto, ma è giunto il momento di mettere la parola fine anche a questa storia.
Settimana prossima probabilmente pubblicherò l'ultima OS, pronta praticamente da un mese XD.
Potrebbe non piacere, ma era una sfida, e me la son giocata così :P.

Ringrazio APTX_4869 per aver aggiunto la mia storia fra le seguite e Arya Tata Montrose, ubriachi_di_sorrisi e Damned  per aver aggiunto la storia fra le preferite. E ringrazio ancora tutti voi che ancora mi seguite e commentate, in particolar modo ringrazio Manto, sempre in prima linea a confortarmi e a commentare, Elpida e Saliman, grazie a tutte voi.

Un abbraccio e, spero, a presto ^_^

Baci

Shera ♥

 
  
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