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Autore: Amanda FroudeBlack    27/12/2015    2 recensioni
Vi voglio raccontare una storia, e lo farò al meglio delle mie capacità. Sarà lunga, spossante, e non so dirvi se alla fine ne sarà valsa la pena.
Vi racconterò di famiglie che non pretendono di essere le migliori al mondo, ma saranno quelle che non puoi fare a meno di ammirare perché ti spiegano il mondo attraverso l'amore. Ci saranno famiglie che, al contrario, useranno l'odio per dividere, accecate dal potere e rese folli dall'odore del sangue.
Poi, vi racconterò di chi sa da che parte stare, ma non giudica chi ha dovuto attraversare il male per comprendere la via del bene.
Vi parlerò di seconde possibilità, del dolore della morte e della sconfitta. Spiegherò il sacrificio, il sudore, la frustrazione.
E forse, vi racconterò una vittoria.
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Famiglia Black, Famiglia Potter, I Malandrini, Un po' tutti | Coppie: James/Lily, Rodolphus/Bellatrix
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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CAPITOLO XXVII: “Conosci il tuo amico (?)”
 
CHARLUS
 
 
 
Signor Potter,
la ringrazio per l’ultima lettera. Innanzitutto, da vera irlandese, le auguro un felice San Patrizio! Le sciarpe che sua moglie ha confezionato per me e Layla sono cascate a pennello; è stato molto freddo al Castello. Qui, tutto è tranquillo, mi preme piuttosto sapere come sta lei. Sono contenta che sia tornato a lavoro, e spero che per le prossime vacanze di Pasqua potremmo accordarci per vederci e magari visitare il Ministero. James e Jade non sono molto entusiasti che mi sia decisa ad intraprendere la stessa carriera di mio padre, e sono stati molto carini a dirmi che sono brava quanto loro in Difesa solo con lo scopo di dissuadermi – il perché, fra l’altro, mi è ancora sconosciuto... come se l’ambizione che hanno loro di diventare Auror sia meno pericolosa!
So che conosce il vero significato di questo giorno per me. Ero abituata a scrivergli ogni anno, e questa mattina ho preso in mano piuma e pergamena, pronta a inviare un biglietto di auguri a mio padre, ma poi mi sono ricordata. Allora, ho pensato che scrivere ad un suo caro amico mi avrebbe aiutato, a lui avrebbe fatto piacere sapere quanto lei si stia dando tanto da fare per me e mia sorella. Non avrei nemmeno indossato il mio solito cappello, se Sirius non mi avesse convinto a farlo; è stato carino, credo che sia un modo per continuare a festeggiare il ricordo dei miei genitori, ovunque si trovino.
La ringrazio per averci detto che siamo le benvenute a casa Potter, ma per questa estate ho convinto Layla ad andare a Inishmòr, dove abitava mio zio Patrick. La sua casa è grande e vuota, e staremo bene lì, dopo essere tornate dalla nostra ‘vacanza’ in tenda. Ho detto a Jade che non ci saranno problemi se volesse raggiungermi a Mainistir. Ovviamente, l’invito è esteso anche a voi, vorrei potermi sdebitare in qualche modo per tutto quello che state facendo per noi.
Ah, dimenticavo: in questo periodo ho sospeso la pozione, quindi non è necessario che me la procuriate. Ho parlato con il Professor Silente e lui è d’accordo; i picchi di magia stanno lentamente diminuendo, credo di aver trovato finalmente il modo di ‘scaricarla’ senza nuocere a nessuno.
Con affetto,
Amanda
 
p.s.: Jaded mi dice di far sapere a Dorea che “è del terzo tipo” – credo sia un linguaggio in codice – e James, seccato, continua a ripetere che “non si fida molto delle sue scarpe” – giuro, non ho idea di cosa stiano parlando! Ma perché non scrivono direttamente a lei? Giusto, ci si mette anche Sirius: vuole sapere “se l’erba è cresciuta” … ma credo che voglia solo prendermi in giro, per sicurezza gli ho dato un pugno!
 
Charlus sorrise, terminando la lettera. No, pensò, non è cresciuta, Sirius. Appoggiò la tazza di tè e terminò la fetta di pane tostato col burro controvoglia. Intercettò lo sguardo curioso di sua moglie, seduta di fronte a lui. Si alzò e fece il giro del tavolo.
“Allora? Che dice? Passa qua!” esclamò, prendendogliela dalle mani.
“Tutto bene, Dorea, ti ringraziano per i regali.”
“Oh, sono piaciute? Meno male, ero così in ansia per il colore della sciarpa di Amanda…” sospirò, scorrendo veloce le righe della lettera. “Voglio dire, dopo tutta quella storia della Casa non ero sicura che il verde facesse a caso suo. Il blu sono convinta che valorizzi di più i suoi occhi!” esclamò poi. A Charlus sembrò piuttosto che stesse giustificandosi. Rise, divertito.
“Sì, sicuramente,” disse. Osservò la moglie terminare la lettura. Un sorriso commosso le increspò le labbra sottili.
“Caspita, un terzo tipo!” esclamò, sconvolta. “Devo fare un discorsetto a tua figlia!”
Charlus aggrottò la fronte, confuso.
“Ecco, a proposito… che accidenti significa?” 
“Lo saprai a tempo debito,” lo zittì sua moglie, scacciando la discussione con una mano come fosse un fastidioso insetto. “Comunque, che cara ragazza, Amanda… sono proprio contenta che abbia legato così tanto con i nostri figli.”
“Di quali parli, in particolare?” le chiese, sorridendo.
Lo sguardo di Dorea guizzò nella sua direzione.
“Di tutti e tre, ovviamente,” rispose con una smorfia altezzosa da tipica Black. Ciò lo divertì ulteriormente, non era abituato a vederla in quell’atteggiamento.
Guardò l’orologio sulla parete di fronte a lui, accanto alle numerose foto magiche incorniciate appese. Erano quasi le dieci. Doveva muoversi, o avrebbe fatto tardi.
“È ora che vada,” sospirò, alzandosi. “Ho una scommessa da vincere,” continuò. Si scambiò un fugace bacio con la moglie e prese il mantello appoggiato all’attaccapanni dell’ingresso. Prima di uscire, si voltò indietro un’ultima volta.
“Sarebbe carino se facessi una foto alla faccia di Malocchio, dopo,” si raccomandò lei. “E salutami quell’idiota di Orion.”
 
 
*
 
Portaleen, Irlanda
 
Dal punto in cui si era appena Materializzato, Charlus avrebbe potuto ammirare la bellissima casa dalle pareti rosa che dava sul mare, se l’Ardemonio non avesse distrutto tutto. Invece, davanti a lui, solo la terra nera e incolta gli diede il benvenuto. E anche Orion Black, in realtà, seduto su un masso a pochi metri. Sedeva sempre su quella roccia, dalla prima volta che si era imbattuto in lui, un mese prima.
 
FLASHBACK
 
Era già passato un mese da quella terribile giornata, e Charlus non aveva avuto ancora il coraggio di tornare nel luogo dell’accaduto. Tuttavia, quella mattina si era svegliato con la consapevolezza di dover trovare la forza di andare avanti, che restare a piangersi addosso a casa non avrebbe cambiato le cose. Si alzò, si vestì, e salutando a malapena la moglie, si diresse a Portaleen. Quel giorno, il mare era una tavola. Ogni traccia di macerie era scomparsa; davanti a lui, solo un enorme spiazzo di terra nera. E un masso, a pochi metri. Su quel masso, seduta, stava una figura che decisamente stonava.
“Orion?” sussurrò tra sé e sé. “Black!” ripeté. L’uomo alzò lo sguardo e si voltò finalmente verso di lui.
“Charlus,” borbottò in risposta, alzandosi. Si guardò intorno, nervoso, come se si sentisse fuori posto, dopo essere stato visto.
La prima domanda che gli venne in mente fu un banalissimo ‘cosa ci fai, qui?’, ma scrutando il suo volto si ammutolì. Le occhiaie nere e il volto scavato furono una risposta sufficientemente dolorosa. Non c’era traccia di vita in quegli occhi scuri, sembravano due pozze nere dentro cui l’anima era stata sepolta.
Gli tornarono in mente le parole che Joe aveva usato quel pomeriggio per descrivergli Orion, il modo in cui fosse uscito di senno per Mary Anne senza essere contraccambiato. Comprese all’istante, ma non riuscì a dire una sola parola.
“Non dovrei essere qui, mi dispiace,” lo sentì dire.
Charlus si schiarì la voce e si guardò intorno.
“Perché allora ci sei?”
Vide chiaramente Orion deglutire, poi si voltò verso il mare.
“Per la vista.”
Charlus aggrottò le sopracciglia, confuso, ma ancora una volta non parlò.
“La migliore,” spiegò Orion, indicando il mare. “E
 la peggiore che io abbia mai visto, insieme,” terminò poi, accennando la terra scura.

“E… quale scegli, oggi?” gli chiese Charlus, sedendosi sul masso.
“Sempre la peggiore,” mormorò Orion, affiancandosi a lui.
 
***
 
Scoprì che tutti i giorni, da quando aveva appreso la notizia della morte dei Froude, Orion si Smaterializzava a Portaleen e, per un lasso di tempo che non sapeva stimare – Charlus lo vide restare in quella posizione persino un pomeriggio intero – sedeva su quel sasso e fissava la terra. Lo sconvolse sapere quanto la loro morte avesse toccato Orion nel profondo, e probabilmente fu quella la causa di una sorta di avvicinamento che percepì avvenire tra loro. Da quella mattina, passava spesso a controllare se lui fosse lì, il tempo di una chiacchiera superficiale, poi intensi minuti di profondo silenzio, un saluto accennato e poi andava al Ministero. A Sirius non ne aveva parlato nella lettera che gli aveva inviato qualche settimana prima, e probabilmente era meglio così. Gli aveva detto, tuttavia, di essere andato spesso a Portaleen per fare delle indagini, e Sirius, ora, voleva sapere se l’erba era cresciuta. Purtroppo, dove l’Ardemonio ha bruciato, non cresce più nulla. La terra si tinge di nero, ma non a causa della cenere, quanto per la magia oscura di cui si impregna, e costruire nuovamente diventa impossibile, poiché il terreno contaminato dall’Ardemonio non regge alcuna costruzione.
“Buongiorno,” avanzò Charlus, ancora claudicante. Il terreno sconnesso non aiutava la leggera zoppia che da quel maledetto giorno lo accompagnava e che, probabilmente, non lo avrebbe più abbandonato.
Orion si alzò e lo guardò avvicinarsi, il mantello nero allacciato e la solita postura impettita. Tuttavia, come sempre, il suo sguardo era ancora vuoto, spento. Charlus aveva sempre avuto un’immagine ordinata e pulita di Orion Black, ma nell’ultimo mese si era completamente rivoluzionata: non mostrava più alcuna cura del proprio aspetto, la barba incolta, i capelli neri – tra cui qualche filo argenteo spiccava -  cominciavano a crescere disordinatamente ai lati di un viso sciupato, gli zigomi alti e appuntiti facevano apparire gli occhi ancora più infossati e sottili, cerchiati da un’evidente stanchezza che non sarebbe guarita nemmeno con qualche giornata di sonno.
“Buongiorno,” rispose.
Charlus sospirò, incapace di trovare le parole giusto per iniziare il discorso.
“Orion,” cominciò, “devo parlarti.”
Notò immediatamente un guizzo nel suo sguardo. Aveva attirato la sua attenzione.
“Sirius sta bene?” s’informò, cogliendolo di sorpresa. Da come aveva parlato, era normale che la prima preoccupazione di un padre fosse il proprio figlio, e si vergognò quasi di essersi stupito tanto. Tuttavia, Orion non aveva mai chiesto di Sirius nel tempo in cui avevano iniziato a condividere quel sasso, e a Charlus non era mai venuto in mente di nominarlo, perché non aveva idea di come potesse reagire. Si domandò quante volte fosse stato sul punto di chiederglielo, ma poi si fosse tirato indietro.
“Sì, certo,” rispose. “Non si tratta di Sirius, ma di questo luogo,” spiegò, indicando lo spiazzo scuro davanti a loro.
“Che vuoi dire?” chiese, stringendo le labbra sottili.
Charlus si schiarì la voce, cercando le parole giuste.
“Silente verrà qui a breve, questa mattina, a fare un sopralluogo insieme a qualche agente del Ministero. Ti volevo avvisare nel caso-”
“Sopralluogo?” ripeté, perplesso. “Ancora? E per cosa? Ora mi dirai che quel pazzo ha intenzione di ricostruire sopra questa terra?” domandò, sprezzante.
“Non ho detto questo,” borbottò, ma sapeva che si trattava di una bugia. Ad Orion non sfuggì, lo capì dal modo in cui strinse gli occhi.
“È impossibile ricostruire qualcosa, qui. Silente lo sa meglio di me e te.”
“Questo è tutto ciò che posso dire,” ammise, con un’alzata di spalle. “Arriverà tra poco, pensavo di dirtelo, nel caso avessi intenzione di non farti vedere qui. So che sarebbe difficile da spiegare…”
L’uomo tacque e continuò a fissarlo. Charlus si rese conto che qualcosa era cambiato, in quello sguardo. Orion sembrava essere tornato a vedere davvero.
“È un’idea di Silente?” chiese all’improvviso. Poi, fece un verso a metà tra uno sbuffo e una risata, gli ricordò Sirius. “Ma certo che lo è, non so nemmeno perché te l’ho chiesto!” esclamò, poi.
Charlus aggrottò le sopracciglia.
“Non ti seguo.”
“Vorrei tanto illudermi, Charlus, che tu non abbia riferito di vedermi qua ogni giorno, ma so che non è così. Ai tuoi colleghi del Ministero non interessa che io fissi della terra, mentre immagino che questa notizia abbia incuriosito Silente,” spiegò Orion, serio. “Quello che ti chiedo è: vuole che non mi faccia trovare al suo arrivo o si aspetta che io faccia una scelta?”
Charlus trattenne il fiato per qualche secondo, poi si lasciò andare ad un sospiro. Apprezzava il fatto che Orion ci fosse arrivato da solo, lui stesso non avrebbe potuto trovare parole migliori. Sorrise.
“Tu sembri capirlo meglio di me. Secondo te?” domandò di rimando, sedendosi.
“Scegliere, ovviamente. Si tratta sempre di scegliere,” rispose, distogliendo lo sguardo da lui. Fissò il terreno davanti a sé.
“Quindi, Orion?”
La domanda rimase sospesa in aria; poi, una risposta secca squarciò il silenzio.
Resto.”
L’Auror sorrise di nuovo, vittorioso. Pensò che fosse il caso di procurarsi una macchina fotografica prima dell’arrivo di Alastor. Sapeva di aver scommesso sulla persona giusta, e pensò con soddisfazione al momento in cui avrebbe detto a Malocchio che gli doveva ben dieci galeoni.
 
 
 
REMUS
 
Il giorno dopo il plenilunio era quello in cui sapeva esattamente quante ossa possedeva. Era capace di contarle una per una e descriverne perfettamente l’ubicazione, perché bastava seguire il dolore.
Un’altra luna piena è passata, pensò, coprendosi il volto con le mani. Si stropicciò la faccia, ancora dolorante, dopodiché si costrinse ad aprire gli occhi. Era l’unica mossa che gli consentisse un contatto diretto con il mondo esterno, la mattina dopo. Non avrebbe avuto le forze per fare nient’altro. Era come aver preso dieci sbornie in un colpo solo. Imprecò quando l’unico filo di luce che penetrava dalle imposte sgangherate della stanza in cui si trovava decise di illuminare proprio il suo cuscino e, di conseguenza, una considerevole porzione del suo volto ancora intontito e assonnato.
“Ben svegliato, amico,” esclamò pimpante una voce che somigliava decisamente a quella di James.
Remus gemette, ma non rispose. Qualcosa, o molto probabilmente qualcuno, coprì l’imposta, permettendogli di aprire definitivamente gli occhi e guardarsi intorno. Prese completamente coscienza del suo corpo e si rese conto di essere sdraiato su un polveroso pavimento di legno che scricchiolava sotto ogni suo piccolo movimento.
Si trovava ancora nella Stamberga Strillante, e quello che credeva essere un cuscino era in realtà un mantello, molto probabilmente di James.
“Lo so che non mi vuoi sentire, e io nemmeno vorrei parlarti per lasciarti riposare, ma ci tenevi tanto che ti ricordassi del compito di Storia della Magia che ci sarà fra tre ore e che non volevi assolutamente saltare,” borbottò il compagno, contrariato. “Per cui ti informo che Lily mi ha dato la pozione revitalizzante che volevi. Anche se è stata fatta con le sue perfette mani ti sconsiglio di prenderla, perché dovresti riposarti come si deve e non pensare ad uno stupido compito.”
Compito? Pozione? Remus ricordò improvvisamente e provò a tirarsi su con uno scatto. Dolorose fitte al petto e al ventre lo fecero gemere ulteriormente, e si ritrovò ad accucciarsi al pavimento, steso su un fianco.
“Stupido testone,” sentì bofonchiare James. La sua mano si posò su un fianco. “Ti faccio male?”
L’unico suono che riuscì ad emettere fu un grugnito. James sbuffò, e Remus lo sentì chiaramente stappare qualcosa.
“Tieni,” mormorò, e l’aiutò a sorseggiare una nauseante pozione con un retrogusto di cavolo amaro bruciato. Osservò il compagno che lo scrutava, più serio del solito.
“Non devo avere un bell’aspetto, da come mi guardi,” mormorò, affaticato. Si fece aiutare da James e si tirò su a sedere. Il senso di nausea sparì, e seppe che la pozione iniziava a fare effetto. L’amico si sedette accanto a lui e tirò su le ginocchia.
“Hai avuto nottate migliori,” ammise. “Come ti senti? Ce la fai ad alzarti?”
Remus sospirò. Non ricordava assolutamente nulla della nottata. Doveva essere stato parecchio doloroso, considerando le condizioni in cui si era risvegliato. Aveva davvero voglia di passare l’intera giornata a letto, ma non voleva avere trattamenti preferenziali da parte dei professori. L’idea di attirare l’attenzione dei compagni di corso non lo entusiasmava. Poi, la pozione compì finalmente il suo miracolo, perché pian piano avvertì una sensazione di benessere in tutto il corpo, e ogni fastidio svanì. Si sentì riposato e attivo, come se avesse dormito venti ore di fila.
“Che Lily sia benedetta,” mormorò, alzandosi e spolverandosi i pantaloni. Raccattò il Mantello dell’Invisibilità da terra e lo porse al compagno.
“Se ti dovesse capitare di ringraziare anche me, giuro che non mi offenderò,” commentò sarcastico, afferrando il Mantello e tirandosi su.
Remus alzò gli occhi al cielo.
“Tu sei sempre il primo a cui sono grato,” confessò con un sorriso. Il compagno rise e gli diede una sonante pacca sulla spalla.
“Scherzavo, non mi diventare sentimentale anche tu! Felpato basta e avanza,” rispose James, dietro di lui.
Scesero le scale e si inoltrarono nel passaggio, in direzione del Castello.
“Sai che Lily mi ha chiesto di te, qualche giorno fa?” si ricordò Remus improvvisamente.
L’amico si voltò verso di lui, incuriosito.
“Perché? Era arrabbiata? Cosa le hai detto?” chiese immediatamente.
Remus aggrottò le sopracciglia, confuso. Doveva esserci qualcosa sotto.
“Che hai combinato, James?” domandò, sospirando.
“Cosa? No, non ho fatto niente, davvero!” esclamò, convinto. “Cosa ti ha chiesto?”
Remus guardò il buio tunnel davanti a sé, facendosi luce con la bacchetta, e rispose.
“Beh, è stata un po’ strana… crede che ti piaccia Layla, mi è sembrata un po’ gelosa,” affermò.
L’amico reagì esattamente come si aspettava. Emise un verso vittorioso e fece un salto abbastanza in alto da rischiare di battere la testa contro la parte più alta del tunnel.
“Sì! Il piano sta funzionando alla perfezione,” esclamò soddisfatto, con un ampio sorriso.
“Di cosa stai parlando? Allora c’è qualcosa dietro! James, ti avviso, se hai dato modo a Layla di credere-” cominciò, ma lui lo interruppe subito.
“Certo che no, ovviamente è d’accordo con me,” sbottò, sulla difensiva. “Da quando Lily ha saputo che andrò via con Layla, Sirius e Amanda, quest’estate, ho notato che si comportava in modo strano. Le ho anche chiesto se la cosa la infastidiva, ma mi ha insultato,” raccontò poi, infervorato. “Ho chiesto a Layla se fosse il caso di farla ingelosire un po’ e lei era d’accordo!”
“Se posso esprimere la mia opinione… è un piano stupido. Quando la smetterete di fare i dodicenni ed uscirete insieme, tu e Lily?” borbottò Remus, esasperato.
“Dipende da lei!” esclamò James, risoluto. “L’hai presa un po’ sul personale, comunque! Devi dirmi qualcosa?” chiese poi, sornione.
“Del tipo?” fece Remus, confuso.
“Non saprei, sembri essere piuttosto protettivo con Layla… e si dà il caso che ora sia libera-” ipotizzò James, ma questa volta fu proprio Remus ad interromperlo bruscamente.  
“Non affronterò questo discorso con te,” puntualizzò subito.
“Cosa? E perché?” chiese James, con tono offeso.
Perché mi odieresti, pensò, ma si limitò a scuotere energicamente il capo. Si arrampicarono verso l’uscita del tunnel e controllarono che non ci fosse nessuno in giro. James immobilizzò il Platano Picchiatore ed uscirono dal passaggio. Si infilarono sotto il Mantello dell’Invisibilità e, sebbene i piedi di entrambi fossero ben visibili al di sotto di esso, si diressero indisturbati verso l’entrata del Castello.
“C’è qualcuno in giro?” chiese Remus, cambiando argomento. James gli rivolse un’occhiata sospetta, dopodiché tirò fuori uno specchio che a Remus parve familiare.
“Sbaglio o Amanda ne ha uno identico?” fece, incuriosito. James annuì.
“Sono due, ma Amanda li ha dati a me e Sirius, in modo che possiamo comunicare anche se la McGranitt ci mette in punizione divisi,” spiegò. “Felpato sta venendo ad aprirci!” concluse poi, riponendo il pezzo di vetro nella tasca interna del Mantello.
Remus pensò solo in quel momento al fatto che non aveva idea del perché, quella mattina, si fosse svegliato solamente in compagnia di James.
“Perché Sirius e Peter non erano alla Stamberga, a proposito?”
“Un’ora fa Peter è caduto dalle scale della Stamberga, e sembrava essersi rotto una caviglia, perché si è gonfiata ed è diventata tutta nera. Sirius l’ha riaccompagnato al Castello a prendere l’Ossofast. Fortunatamente, Amanda ne ha sempre una scorta tra le sue cose e non è stato necessario introdursi in Infermeria!”
Remus stava per rispondere, ma all’improvviso le giunture del vecchio portone di legno scuro davanti cui stavano aspettando cigolarono un po’, e una testa bionda e arruffata fece capolino. Era Layla.
“Entrate, veloci,” bisbigliò, concitata. “Fortunatamente è già ora di colazione e c’è qualcuno in giro, così passeremo inosservati.”
Attraversarono speditamente l’ingresso, guardandosi attorno con circospezione per evitare di incrociare Gazza, già sicuramente indaffarato a complicare la vita a qualche studente.
Layla si affiancò a Remus, e lui lanciò subito uno sguardo minaccioso a James, che gli sorrideva malizioso.
“Come stai?” gli chiese la compagna, preoccupata.
“Io… bene,” borbottò Remus, imbarazzato. Immaginava che Layla avesse capito da tempo la sua maledizione, soprattutto perché nell’ultimo periodo si erano trovati a passare più tempo assieme; tuttavia, il fatto che ne parlasse come se nulla fosse lo spiazzò.
“Perché sei qui?” chiese James, confuso. “Dov’è Sirius?”
“È con Amanda, stanno portando Peter in Infermeria… quella di Minus è una frattura scomposta in più punti, deve aver fatto un bel capitombolo! Davvero pensavate che una sola dose di Ossofast sarebbe stata sufficiente?”  
James si limitò ad un’alzata di spalle.
“Non sono un Guaritore!” si giustificò. “Tu, piuttosto, perché sai queste cose?”
“Layla è abbonata a ‘Medimagia Oggi’,” rispose Remus al posto suo. La compagna annuì e sorrise.
“La Medimagia mi esalta!” esclamò, infervorata. “Il mese scorso c’era un intero inserto sulla pozione Rimpolpasangue con tanto di formula per prepararla! Ho fatto un tentativo e non sapevo come fosse venuta, finchè il rospo di Norah Storm non l’ha bevuta per sbaglio…” aggiunse, dispiaciuta. Fece qualche secondo di pausa e si schiarì la voce, imbarazzata. “È esploso, nel caso ve lo stiate chiedendo.”
Remus incontrò lo sguardo di James, indeciso se trovare la questione più divertente o inquietante.
“Più ti conosco, più penso che tu e il mio amico Remus stareste bene insieme,” affermò James, guardando Layla convinto.
“James, smettila, non c’è bisogno di riempire silenzi imbarazzanti dicendo cose imbarazzanti,” disse Remus, indignato.
Layla rise, divertita, e si fermò. Erano arrivati davanti all’Infermeria.
“Potter, più ti conosco e più penso che dovresti usare meglio gli occhi,” rispose la ragazza, sconcertata. Remus intercettò poi lo sguardo di Layla, e lei gli rivolse un sorriso che parlava chiaro.
Con me il tuo segreto è al sicuro, gli aveva appena detto.
 
 
 
 
Note:
 
Buongiorno a tutti, e soprattutto BUON NATALE! Spero che le vostre vacanze stiano procedendo lisce e felici, a differenza delle mie, che vedono solo distese interminabili di libri e un mare di esami alle porte. Bene, dopo questo piccolo momento auto-commiserativo, parliamo del capitolo:
  • Scena Orion/Charlus: il pov di Charlus qui mi è sembrato più calzante. Che Orion fosse depresso ce ne siamo resi conto tutti, ma l’Auror, da inguaribile ottimista quale è, pensa sempre che le seconde occasioni siano dietro l’angolo! Chissà cos’hanno in mente *^*! Orion inizia a tirare fuori un po’ di carattere (alla buon’ora, eh!) e a me piace, voi che ne pensate?
  • Remus: sì, lo so, le vicende e la trama lo mettono sempre un po’ da parte, e questa volta invece ho pensato di dedicargli un’intera parte del capitolo. Che carino è James che si fa trovare lì quando si sveglia? *^* Lo amo! Remus e Layla, inoltre, sono molto vicini in questo periodo. La biblioteca è il loro luogo, è inevitabile che ci fosse un avvicinamento (soprattutto da quando – come James ha fatto notare – adesso non frequenta più Regulus) e mi piacciono, ma bisogna vedere in che termini! Amici? Qualcosa di più? Zan zan zan, chi lo sa! Chissà poi se Reg l’ha notato e come ha reagito alla faccenda! Il personaggio di Layla prende sempre più forma, vi avevo avvisato che non avrebbe avuto un ruolo marginale, spero lo apprezziate :D!
  • Lily gelosa è un po’ prevedibile, lo ammetto, ma era anche ora di dare un po’ di soddisfazione a James!
 
 
Ora, veniamo all’ultima – ma non meno importante – questione. Di seguito vi lascio una piccola scena (formata per lo più da dialogo) che la mia mente malata ha partorito un po’ di tempo fa. Ai fini della trama non è importante, ma è divertente; quindi, malgrado non l’abbia inserita nel capitolo, volevo comunque lasciarvela, nel caso vi possa strappare un sorriso. È il mio piccolo pensiero per questo Natale, insomma :*
Premessa: questa scena si svolge una sera del mese di marzo del 1977, e in questa ff è qualcosa che sicuramente è successo ad un certo punto.
 
Titolo: La sera in cui Amanda restò a dormire nel dormitorio maschile di Grifondoro

Ore 00:18. Buio pesto.
 
“Cos'è stato questo rumore?” bisbigliò James, curioso.
“Ho ingrandito il letto, così stiamo più comodi,” spiegò Sirius.
“Ah, ottima idea! Fantastico, se allungo la mano riesco a toccarti, Felpato!”
“Ehm, no, Potter, quelle sono le mie tette,” borbottò Amanda, imbarazzata.
“Dannazione, James, giù le mani!” sbuffò Sirius.
“Ops, scusami! Mi sembrava troppo morbido per essere il petto di Sirius...”
“Amanda, vieni da quest'altra parte!”
“Non esagerare, Sirius, non l'ha fatto apposta! Dai, se vuoi per rimediare puoi toccarle anche tu.”
“Amanda!” sbottò Sirius.
“Beh, che c'è? Non vuoi toccarle?”
“No, smettila,” esclamò, infastidito.
“Perché? Non ti piacciono più le mie tette?” chiese lei, perplessa.
“Amanda, smetti di parlare delle tue tette, per favore?” intervenne Remus, dall'altra parte della stanza.
“Perché? Ne hai in mente un altro paio?” lo schernì Amanda, divertita.
“Quelle di Lily!” esclamò James, estasiato.
“James, dacci un taglio! E Amanda, non mi va di parlare delle tue tette in questo momento, con tutti che ci ascoltano, chiaro?” fece Sirius, infastidito.
“Quelle di Lily sono più grandi delle mie, comunque...” sussurrò lei, voltata verso James.
“Ragazzi, vi prego, basta!” esclamò Remus, esasperato.
“Davvero?” s'intromise Peter, curioso.
“Hey, Peter, le tette della mia futura fidanzata non devono interessarti, chiaro? Smetti anche solo di immaginarle!”
Si sentì un tonfo, e poi un lamento dall'altra parte della stanza.
“Se ve lo steste chiedendo, ho appena tirato una scarpa a Codaliscia,” ammise James, con una punta di orgoglio.
“E mi hai preso in pieno! Ma come hai fatto?” si lamentò il compagno, piagnucolando.
“… ma quelle più grandi le ha comunque Jaded! Ti interessa, Peter?” domandò Amanda, ridendo.
“No! A lui non possono interessare nemmeno quelle di mia sorella! 
È ora di dormire!”
“Okay,” mormorò Amanda. Ci fu qualche secondo di silenzio, poi riprese. “A proposito di tette, Remus...”
“Amanda!” sbottò quest'ultimo, mentre James soffocava una risata nel cuscino e Sirius sbuffava.
“È una cosa seria,” si difese. “Domani c'è il compito di Rune Antiche?”
“Adesso mi spieghi che c'entrano le tette con il runico,” rise James.
“Beh, c'è una runa che somiglia ad un seno!” esclamò lei, come se fosse ovvio.
“E io che non la seguo…” commentò James. “Comunque, la seconda regola qui dentro era di non parlare di compiti, quindi smettila! Per stasera abbiamo già trasgredito abbastanza,” continuò, serio. “Parlare di Rune Antiche a quest'ora... Santo Godric!”
Nessuno parlò più. Sirius cinse Amanda per un fianco e l'attirò a sé.
“È ancora valida l'offerta di prima?” le chiese ad un orecchio. Amanda soffocò una risata.
“Avrei un'idea migliore,” rispose, girandosi a baciarlo.
“Ragazzi, per favore, sono praticamente accanto a voi!” sbottò James, tastando il letto.
“Sirius, lasciala stare,” esclamò Remus, sconvolto. “Caspita, siamo qui!”
“Ma è lei che mi sta circuendo...”
“Amanda! Vieni a dormire qui, se non ci dai un taglio,” disse James.
Lei scoppiò a ridere, mentre Sirius rivolse all'amico un'occhiata di sbieco. James se ne accorse benché fosse buio pesto.
“Cioè... non in quel senso,” si corresse subito, sbuffando. “Passo sempre sopra al fatto che sei una ragazza...”
“Ah, grazie!”
“James, ti prego, taci,” sospirò Sirius.
“Ma dai, avete capito cosa intendo… Amanda è un po’ come te!”
“Oh, James, davvero?” domandò lei, emozionata.
“Scusa? Stai paragonando la nostra amicizia con quella che hai da qualche mese con lei?” sbottò Sirius, infastidito.
James si maledisse, appena si rese conto dell'impasse in cui era finito.
“Uffa, basta! Amanda, non dormirai più qui con noi. Buonanotte,” borbottò, girandosi dall'altra parte con uno scatto.
Sirius tirò le tende del baldacchino e insonorizzò il letto, poi tornò a dedicarsi alla compagna.
“Dovremmo dirglielo che stavamo scherzando...” sorrise Amanda, strusciandosi contro di lui.
Sirius le mordicchiò un orecchio.
“Ora ho qualcosa di meglio da fare...”
***
Il mattino dopo, James si svegliò, senza alcuna ragione apparente (anche se il sonnambulismo potrebbe spiegare perfettamente ciò che accadde) completamente disteso sopra Amanda e Sirius, e, involontariamente, la sua mano destra sfiorò una natica della compagna. Amanda, sempre più imbarazzata, glielo fece notare.
“Accidenti, James, smettila!” sbottò Sirius. “Con questa mi devi due palpate alla tua futura ragazza!”
“Che cosa? Sei un maiale!” proruppe Amanda, riempiendolo di pugni.
“Dagliene un paio anche da parte mia,” esclamò James, contrariato. “Che porco!”
“Ma che...? Amanda, non dormirai mai più qui,” sentenziò Sirius, esasperato.
In realtà, non fu davvero l’ultima volta, ma questa è un’altra storia.
 
   
 
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