3
L’aria
rimase immobile. Non vi furono scintillii, non vi furono bagliori
magici, nessun
segno che indicasse che la bacchetta dell’Apprendista stava
funzionando.
La
mente di Regina iniziò a turbinare alla ricerca di
un’altra soluzione che non
includesse Zelena, oppure di una soluzione che la includesse ma che non
comportasse correre dei rischi inutili.
C’è
oscurità dentro questa dannata
ragazza, pensava.
C’è
oscurità. L’oscurità di Emma! Deve
funzionare!
Uncino
si mosse in avanti. David allungò una mano per fermarlo e
Neve aprì la bocca
per dire qualcosa...
Poi
vi fu l’improvvisa sensazione che qualcosa stesse cambiando.
Regina avvertì
chiaramente la pelle delle sue braccia che si accapponava e un soffio
d’aria
che le spostava una ciocca di capelli.
La
bacchetta scintillò, sinistra.
-
Io credo... – cominciò Lily.
La
magia si attivò, esplodendo come un gigantesco tuono.
Lily
avvertì una fitta al petto che la costrinse a piegarsi in
due. Per qualche
secondo il mondo diventò nero e in quel nero lei vide gli
occhi argentei di
Murphy, il ragazzo che aveva ucciso a calci. Vide il suo corpo
abbandonato
sull’asfalto dell’area di servizio. Vide se stessa
mentre calava la pistola
sulla sua testa. Vide lo stivale sporco di sangue. Le fiamme che
avevano
bruciato l’auto che si levavano verso il cielo. E quelle
fiamme mutarono,
trasformandosi in un drago fatto di fuoco. Il drago spalancò
le enormi ali e
aprì la bocca per emettere un ruggito...
-
Che diavolo succede?! – gridò Uncino.
Il
nero si diradò e Lily vide che la bacchetta era caduta.
Regina
corse alla finestra e si sporse per guardare fuori. Nessun portale si
era
aperto all’interno dell’appartamento, ma era
accaduto tutto all’esterno. Le
foglie vorticavano e rotolavano lungo la strada principale di
Storybrooke. Il
vento era aumentato di intensità. Alcune finestre si
chiusero, sbattendo, ed
una andò in frantumi.
Lontano,
lungo la linea di confine che separava la città dal resto
del mondo, un’enorme
nube scura e solcata dai lampi si levò dalla terra come un
mostro rudemente
risvegliato dal suo letargo.
Tutti
si precipitarono in strada.
-
Quello è il portale? – chiese Robin, alzando la
voce per farsi sentire sopra il
frastuono.
La
nube mutò lentamente forma, trasformandosi in un gigantesco
tornado, che si
mosse minacciosamente verso di loro.
-
Sì – disse Regina.
-
Lily... ce l’hai fatta – disse Malefica, quasi
incredula, ma anche ammirata.
Lily
non rispose, ma guardò il tornado molto compiaciuta, mentre
ciocche di capelli
scuri le frustavano il viso.
-
E adesso... – disse Regina. – Andiamo a prendere
Emma.
-
No! – gridò una voce alla sua spalle. –
Andiamo da tutt’altra parte!
Zelena
usò la magia che aveva recuperato per avvinghiare Robin. Una
forza invisibile
lo afferrò e lui strisciò sull’asfalto
fino alla strega.
-
Zelena – sibilò Regina, maledicendo mentalmente
quegli idioti del manicomio. –
Lascialo.
Non
era stato molto difficile trovare una via d’uscita dal
manicomio. Dopo essersi
liberata della guardia e dell’infermiera con il suo dannato
cibo biologico,
aveva trovato la via per le cucine e lì aveva sparato tre
colpi a raffica,
costringendo i cuochi a gettarsi a terra in preda al panico. Lei non
possedeva
i suoi poteri, ma loro non li avevano mai posseduti. Sua sorella
tendeva a
sottovalutare le sue capacità. Il pesante coltello da
macellaio le era servito
per amputarsi il braccio poco sopra il fastidioso bracciale che inibiva
la sua
magia. Ed essa si era liberata, aveva ripreso a scorrere come sangue
nelle sue
vene, sotto la pelle, facendola sentire enormemente potente. Si era
ricostruita
il braccio con un semplice incantesimo. Suo figlio aveva approvato,
muovendosi
nel suo ventre. Le sembrava incredibile che una creatura ancora
così piccola
potesse essere già così forte.
-
Sì, tesoro – aveva risposto Zelena. –
Adesso la mamma ti porta a casa!
Era
scomparsa in una nuvola verde per riapparire sulla via principale di
Storybrooke, in tempo per ammirare il portale spalancato e pronto a
risucchiarli.
-
Oh, sorellina. Non fraintendermi. La cella era molto comoda, ho potuto
apprezzare un po’ di solitudine e meditare. –
rispose. Il sorriso della strega
era largo e trionfante. Costrinse
Robin
ad alzarsi. Onde di energia scaturivano dalle sue dita; deformavano il
viso di
lui e formavano pieghe sui suoi vestiti. – Dammi quella
bacchetta, se non vuoi
vedere il tuo preziosissimo Robin volare come una delle sue frecce e
sfondare
l’orologio. Sarebbe un peccato, non trovi? Tu sai che cosa si
prova. Ma per lui
sarà diverso. Lui non è te.
Regina
serrò la mascella. – Che cosa intendi fare?
Toglili le mani di dosso...
-
Oh, non sono venuta per fare del male a Robin. Non deve per forza
andare così. Come
vedi sto trattando. – disse sua sorella, in preda ad uno dei
suoi raptus. I
suoi occhi sembravano molto più azzurri; erano come i lampi
che squarciavano la
turbinante nube nera alle loro spalle. Erano pieni di potere e di
collera. Di
disprezzo. Erano bellissimi, eppure in quel momento non parvero neppure
occhi
umani. Si portò una mano al ventre. – Sono stanca
di perdere contro di te!
Continui a prenderti qualsiasi cosa! Adesso... è giunto il
momento di finirla.
Adesso ho qualcuno che mi amerà! Qualcuno che
amerà soltanto me! Ed è qualcosa
che nessuno mi porterà mai via! Io andrò molto
lontano da te e da Robin! Il più
lontano possibile! Dove non potrai seguirmi...
-
Oz... – mormorò Regina.
-
Già! Adesso dammi la bacchetta, altrimenti il tuo amato
fuorilegge farà una
brutta fine.
-
No! – intervenne Lily, rivolgendosi a Regina. – Non
lo fare! Non puoi!
-
Non ho scelta – rispose Regina. E allungò la
bacchetta alla sorella.
Zelena
si affrettò a prenderla e lasciò andare Robin,
spingendolo verso di lei. – Ben
fatto! Questo sì che si chiama essere ragionevoli. Ora...
lasciate che guidi
questo tornado nel posto giusto!
Estrasse
il ciondolo che aveva usato per assumere le sembianze di Marian e con
un gesto
della mano lo attivò. La luce verde brillò nella
gemma e Zelena usò la
bacchetta per tracciare tre cerchi immaginari intorno al suo talismano.
Dopodiché diresse la magia verso il tornado.
Regina
udì un ruggito basso e cupo. Sulle prime, troppo impegnata
ad osservare la
sorella guidare la magia verso Oz, pensò che fosse il
portale, pensò che il
portale avesse una voce, quasi fosse un essere vivente, una creatura
che
rispondeva al richiamo della nuova proprietaria. Zelena non era mai
sembrata
così raggiante come in quel momento.
-
Dannazione, state indietro! – gridò Uncino.
Un’ombra
enorme calò su di lei e Regina si girò di scatto.
I resti di un’altra nube
magica disparvero e l’enorme drago nero si drizzò
sulle zampe posteriori,
spalancando le ali e le fauci. Anche la strega si voltò,
colta alla sprovvista
dall’apparizione.
-
Lily, no! – urlò Malefica.
Il
drago rischiò di schiacciarla con una delle enormi zampe e
Malefica si ritirò
precipitosamente, urtando Azzurro, che l’afferrò
prima che potesse cadere. Arretrarono
tutti.
Il
tornado aveva assunto le stesse sfumature dell’invidia e si
avvicinava sempre
di più al centro della città.
Zelena
guardò Lily per nulla intimorita. – Avresti dovuto
mettere un collare al tuo
cucciolo!
Il
drago ruggì, indignato. Mosse un passo in avanti, scuotendo
la terra stessa.
Poi tirò indietro il collo e sputò una fiammata
contro la strega. Zelena
sollevò la bacchetta e formò uno schermo magico,
che deviò il fuoco spedendolo
dritto contro l’edificio più vicino. Le fiamme
intaccarono subito la struttura
e una vetrina esplose, mandando frammenti ovunque.
Lily
ruggì di nuovo e si preparò ad attaccare ancora.
Scosse la testa, sparando
altri lapilli infuocati sui tetti delle case. Sventagliò la
coda da una parte
all’altra. Sfondò due finestre e colpì
un palo della luce. Esso si piegò e si
schiantò al suolo. Gente spaventata prese a correre per le
strade, a casaccio,
il più lontano possibile dal drago. Uncino
avvertì chiaramente l’enorme coda sibilare
a pochi centimetri dalla sua testa.
-
Vieni avanti, piccolo drago, ma vediamo di sbrigarci! Ho un portale che
mi
aspetta! – Dettò ciò, Zelena
puntò la bacchetta e l’agitò.
Sprizzarono
scintille verdi.
-
Devo fermarla! – disse Malefica.
-
No, aspettate! State indietro. È pericolosa. Non sa quello
che fa – esclamò Uncino,
trattenendola per un braccio.
-
È mia figlia! – urlò Malefica,
liberandosi dalla sua presa. – Sei tu che
dovresti stare indietro.
Corse
verso il drago.
Zelena
cercò di attivare di nuovo la bacchetta, ma non rispose ai
suoi comandi. La
strega si piegò in due, in preda ad un dolore terribile. I
suoi polmoni erano come
due vesciche sforacchiate e aveva l’impressione di avere una
grossa scheggia
conficcata nel fianco. Lily aprì l’enorme bocca
fumante, alimentando la fornace
che aveva nella pancia.
Malefica
si mise tra lei e Zelena, alzando entrambe le mani. – Lily,
aspetta!
Il
drago si spostò in avanti e quasi la investì.
Sentì il calore che emanava e percepì
la sua furia.
-
Lily, non è per questo che hai aperto il portale. Ti prego!
Puoi controllarlo,
se lo vuoi!
Regina
non ci pensò due volte e raggiunse la sorella, intrappolando
il suo polso nel
bracciale nero. Zelena imprecò ferocemente.
Lily
piantò gli artigli nell’asfalto e
allungò il collo verso la madre. Il suo
sguardo era acceso e furibondo. Malefica non si tirò
indietro. Per la seconda
volta nel giro di pochi giorni ebbe l’impressione di
osservarsi in uno
specchio. Sua figlia, in quella forma così selvaggia, era
enormemente simile a
lei. Era più incontrollabile, ma all’inizio lo
erano tutti. Lily lo era più
degli altri, certo, eppure vide il guizzo di consapevolezza nei suoi
occhi. Sapeva
che la stava ascoltando e che stava cercando un modo per fermarsi,
sebbene
l’istinto le suggerisse di colpire e distruggere.
-
Lily...
Regina
lanciò un’occhiata al tornado. Stava arrivando e a
gran velocità. Se non
l’avesse diretto subito verso il posto giusto si sarebbero
ritrovati ad Oz e
sarebbe stato un grosso problema.
La
testa di Lily scattò all’indietro e dalla fauci
esplose un’altra fiammata,
diretta verso il cielo come lava eruttata da un vulcano. Infine la nube
viola
riavvolse il drago, ricoprendolo completamente.
David
accorse per aiutare Regina con la strega, che si dibatteva.
Lily
recuperò la sua forma umana. Respirava affannosamente e
aveva la netta
sensazione che il fuoco stesse per uscirle dalla bocca
un’altra volta. Invece
tossì e basta. Malefica la aiutò.
-
Va tutto bene. – le disse. – È tutto
finito.
Lily
vide il fumo che saliva e udì il crepitio delle fiamme.
– Non mi sembra che
vada tutto bene. Dov’è quella strega?
-
Non si è fatta niente. Ha solo passato un brutto momento
come meritava.
Lily
si alzò in piedi. Il casino che aveva provocato era
notevole. – Mi dispiace.
-
Non è niente di irreparabile – commentò
Malefica.
Ma
avrebbe potuto esserlo, pensò
Lily, osservando la strega, mentre veniva strattonata. Non le sarebbe
dispiaciuto farle un po’ male... ma avrebbe anche potuto
uccidere persone che
non c’entravano nulla.
-
Che è successo? – domandò Uncino,
riferendosi a Zelena. – Cosa le ha fatto,
quella bacchetta?
-
È successo che io non sono stupida – rispose
Regina, sorridendo soddisfatta. –
Lei sarà anche capace di aprire il portale, ma so quali sono
le sue debolezze.
Zelena
la fissò, fuori di sé, i capelli che le
ricadevano disordinatamente sul viso.
-
La nostra famiglia sa fare molto bene una cosa, sorellina: sfruttare il
dolore.
E questo ti ha sconfitta.
-
TORNADO!!! – Leroy si fiondò all’interno
del Granny’s, seguito dagli altri
nani. – Tornado in arrivo! E c’è anche
un drago nei paraggi!
-
Sta tranquillo, Leroy. Non c’è più
nessun drago. E il tornado l’abbiamo visto.
Siamo stati noi – disse Neve, stringendo di più il
figlio. Ormai il rumore
prodotto dal turbine era diventato un boato e Regina aveva
già usato la
bacchetta sulla coperta perché li conducesse nel posto
giusto. Zelena, invece,
era stata legata saldamente ad una sedia.
-
Voi...? – si sorprese Leroy.
-
Ci porterà da Emma.
Veramente
sono stata io a farlo, avrebbe
tanto voluto dire Lily. Stava sbirciando da una finestra. La tromba
d’aria
sradicò alcuni alberi e si tuffò lungo la strada
principale, dirigendosi
rapidamente verso il locale di Granny. Sono
stata io a fare tutto.
-
Fuori, nani. Solo gli adulti sono ammessi – disse Regina.
-
No! – le rispose Leroy.
-
No? – chiese un altro nano.
Lily
si girò a guardare la piccola schermaglia. Regina aveva
tutta l’aria di averne
le scatole piene dei nani. Ovvio. La matrigna di Biancaneve non poteva
che
detestare quelle creature. Supponeva che il nano che guidava il gruppo
fosse
Brontolo. Bastava guardarlo in faccia per riconoscerlo.
-
Noi restiamo – precisò di nuovo, rivolto a
Biancaneve.
-
Restiamo?
-
Siamo stati estromessi per troppo tempo, sorella. Eravamo abituati alle
avventure.
Lily
sbirciò ancora dalla finestra. Il tornado era a pochi metri
da loro. Non vedeva
più niente, se non i lampi e il turbinare della tromba
d’aria che li avrebbe portati
da Emma.
La
tua oscurità... contro quella
del nuovo Signore Oscuro.
-
Ora sta diventando imbarazzante – continuò Leroy,
sempre più adirato. – Come ti
sentiresti se qualcuno ti chiedesse di raccontarti la tua avventura...
e non
potessi farlo perché non sei stato invitato?
Perché non c’era bisogno di te?
Abbiamo
davvero bisogno dei Sette
Nani?, si
chiedeva Lily.
-
Non ti volteremo le spalle di nuovo. Neanche dinanzi ad una morte certa.
Neve
sorrise. – Grazie.
-
Morte certa?
A
quel punto il tornado travolse il Granny’s. Lo travolse e lo
sradicò
letteralmente dalle sue fondamenta.
Lily
cercò invano di aggrapparsi a qualcosa, ma rovinò
sul pavimento, mentre il
resto della truppa si barcamenava per trovare un appiglio.
-
Tenetevi forte! – gridò qualcuno.
Piatti
e bicchieri si ruppero con fracasso, le sedie scivolarono fino alla
parete
opposta, le lampade oscillarono da una parte all’altra. I
muri vibrarono,
scossi dalla forza della magia.
-
Stai bene? – le chiese Malefica, raggiungendola.
-
Per ora sì – rispose Lily.
Sua
madre la strinse saldamente contro di sé. Da sopra la sua
spalla, Lily vide che
Regina faceva lo stesso con suo figlio Henry.
***
Tempo
addietro Lily aveva assistito ad una gara di bull riding.
Gli
aspiranti vincitori erano uomini vestiti da cowboy che montavano tori
imbufaliti, lottando per restare in sella e per portarsi a casa un
generoso
premio in denaro. Alcuni venivano disarcionati subito, altri invece
riuscivano
a restare in groppa all’animale abbastanza a lungo da
ottenere un buon
punteggio e passare alla fase successiva, durante la quale venivano
abbinati ad
un altro toro.
Proprio
nel corso dell’ultima gara, Lily aveva visto un uomo robusto
e molto sicuro di
sé in sella ad un bestione di nome Thunder, che
più che un toro pareva un
mostro nero partorito da chissà quale incubo. Sbuffava
furiosamente, sgroppava
come un forsennato, gli occhi sembravano braci ardenti in procinto di
scoppiare
nelle orbite. Il suo cavaliere reggeva la corda con una mano e usava il
braccio
libero per mantenersi in equilibrio.
Aveva
resistito circa un minuto, poi era stato sbalzato dalla schiena della
bestia ed
era rotolato malamente nella polvere dell’arena. Si era
alzato, zoppicando e
aveva cercato di darsela a gambe. Il toro l’aveva caricato.
Non
ricordava più bene cosa fosse successo dopo. Di certo
l’uomo aveva riportato
una serie di fratture e lesioni, ma Lily non aveva pensato tanto allo
spettacolo del toro che cercava di ucciderlo, quanto al fatto che la
sua vita
era proprio ciò che aveva visto quella sera. La sua vita era
Thunder e
sgroppava esattamente come lui. L’oscurità che
aveva dentro era Thunder e più
lei si sforzava di controllarla, più ne perdeva il
controllo. Più cercava di
restare in sella, più l’oscurità la
costringeva con la faccia nella polvere.
Ma
l’oscurità di Emma era ben peggio.
L’oscurità
di Emma era qualcosa di più grande, qualcosa di molto
più tenebroso, che andava
oltre la maledizione che le aveva legate fin dal principio.
Lily
ne ebbe un assaggio quando, giunti nella Foresta Incantata, trovarono
la nuova
Oscura pronta a disintegrare il cuore pulsante di una tizia vestita di
azzurro
e con una fitta massa di riccioli rosso fuoco. Erano
all’interno di un cerchio
di pietre, in mezzo alla foresta. Sull’erba c’erano
delle frecce.
-
Emma, no, aspetta! – gridò Uncino, allungando una
mano per fermarla, ma senza
arrivare a toccarla.
-
Voi...? Come... – disse, vedendo sopraggiungere la sua
famiglia al gran
completo.
-
Il come non ha importanza. Niente ci avrebbe mai fermati.
-
Non sapete cosa sta accadendo. – Emma aveva uno sguardo
spiritato. Era scossa
dai brividi e non sembrava certo in forma; indossava una lunga tunica
di un
grigio polveroso, vecchia e consunta, quasi avesse vissuto in quei
boschi per
mesi. Non aveva l’aspetto che forse chiunque si aspettava. La
sua pelle era
pressoché immacolata, ma gli occhi era segnati da ombre
scure.
-
Devo. – rispose Emma. La mano che stringeva il cuore della
vittima tremava - Questo
è l’unico modo per trovare Merlino, lui
è l’unico che può sconfiggere
l’oscurità. È... l’unico modo
per proteggere tutti voi.
-
Controlla l’oscurità, se non vuoi che ti consumi.
– intervenne Regina, muovendo
un passo avanti. Nemmeno lei si azzardò a toccare Emma.
Lei
le rivolse una mezza occhiataccia. - Non puoi saperlo.
Regina
dovette pensare che fosse diventata pazza.
-
Non possiamo permettere che lo faccia. – Neve estrasse il
pugnale, pronta ad
utilizzarlo.
-
No. – disse Uncino. – Deve essere una sua scelta.
Lily
si rendeva conto che avrebbe dovuto dire qualcosa a sua volta. Era
abbastanza
vicina ad Emma e, quando l’Oscura sollevò lo
sguardo puntandolo su di lei, Lily
seppe che, forse, avrebbe anche potuto convincerla a lasciar perdere.
Ma era
molto difficile distogliere l’attenzione dalle dita che
stritolavano il cuore
rosso di quella poveraccia. Era difficile distogliere la mente da tutto
il
potere che sibilava intorno a loro.
Lo
sentiva.
Veniva
da Emma.
Era
come se ne fosse rivestita. Era... un sussurro. Allettante, ma
intimidatorio.
Attraente, eppure minaccioso e truce.
Era...
il potere era vivo. Era una cosa viva. Un essere reale. Se le avessero
chiesto
di definire il senso o la natura di quella paurosa vitalità,
non ne sarebbe
stata capace. Sapeva soltanto che era ricca di energia, intessuta di
possibilità.
Gli
occhi di Lily si riempirono di fuoco. Improvvisamente anche il taglio
che
Regina le aveva procurato sulla mano pulsava. Come un cuore. Pulsava
anche se
non c’era più.
-
Lily... – Sua madre era vicina. Però la sua voce
sembrava arrivarle come
attraverso una nebbia. Suonava distaccata. Lontana.
Non
aveva ascoltato una parola di quello che era stato detto fino a quel
momento.
Vide solo Emma che rimetteva il cuore nel petto della ragazza e poi si
appoggiava ad Uncino, che l’abbracciava.
-
Lily, dipende dalle tue emozioni. Puoi controllarlo. - Adesso sua madre
le
aveva messo una mano sulla spalla. Era preoccupata, ma decisa, come
poco prima
a Storybrooke. Cercava di guidarla.
Vagamente
lei sentiva le sue stesse unghie conficcate nella carne. Strinse le
palpebre
per alcuni istanti, avvertendo... il drago che premeva per uscire.
Poi
pian piano la sensazione disparve. Lily barcollò e Malefica
la sostenne.
-
Sto bene – disse. Parlava più a se stessa che ad
altri. – Sto bene.
-
Sei sicura?
-
Sì...
Non
lo era. Per niente.
-
Mamma, papà... è troppo pericoloso. Non sareste
dovuti venire – disse Emma,
poco dopo.
Suo
padre l’abbracciò. – Invece
sì.
Oh,
certo che è pericoloso. Io sono
pericolosa. Emma è pericolosa. Tutto è
pericoloso, pensò
Lily.
-
Tu sei nostra figlia. – disse Biancaneve.
-
Beh – intervenne Uncino, squadrandola. Sollevò un
sopracciglio. – Non hai l’aspetto
di un coccodrillo.
-
Perché sono stata attenta.
Neve
estrasse di nuovo il pugnale e glielo tese. – Tieni. Dovresti
averlo tu.
Emma
lo guardò, incerta sul da farsi. Per un istante a Lily
sembrò che stesse
accarezzando l’idea di prenderlo. Per l’Oscuro,
separarsi dal pugnale non era
mai una buona idea.
-
No – disse, alla fine.
-
Emma, pensaci – disse Uncino. – Pensa a cosa
potrebbe succedere se finisse
nelle mani sbagliate. A cosa tu... potresti fare.
Lily
seguì la direzione dello sguardo di Emma. Sembrava cercasse
qualcuno. Che
stesse guardando qualcuno che
avrebbe
dovuto essere lì con loro. Tra le alte pietre che formavano
il cerchio non
c’era nessun altro. Nessuno fuori dall’ordinario.
Eppure...
-
Forse il pirata ha ragione – commentò Malefica.
– Il pugnale è troppo potente.
È meglio che sia l’Oscuro ad averlo.
-
La mia lotta contro l’oscurità è appena
cominciata. È... un potere troppo
grande. – Senza esitazioni i suoi occhi si spostarono su
Regina. – Qualcuno
deve controllarmi.
Non
starà per..., si
disse Lily. Aveva intuito che cos’altro stesse per fare e
dire. E ne aveva
avuto sgomento. L’aveva intuito nel momento esatto in cui
aveva constatato che
quel potere era eccessivo per lei.
Ed
Emma lo fece. Afferrò il pugnale e lo diede a Regina. Glielo
porse, nello
stesso modo in cui avrebbe potuto porgerle qualcosa che andava
assolutamente
accettato. Qualcosa che era di vitale importanza e che necessitava di
una mano
ferma.
-
Fai sul serio? – domandò Regina, prendendolo.
-
Io ti ho salvata. Ora tu salva me – rispose Emma. –
E se non potrai salvarmi,
allora fa quello che nessun altro sarà capace di fare. Sei
l’unica in grado di
mettere da parte le emozioni e fare ciò che è
necessario. Distruggermi.
-
Non arriveremo a quel punto – ribadì fermamente
Henry.
-
No, ragazzino. – Emma lo strinse a sé. In
realtà sperava di non
arrivare a quel punto. Ma immaginava quanto potesse
essere facile arrivarci. – Quindi... intendete spiegarmi come
siete arrivati
fino a qui?
-
È tutto merito di Lily – disse Malefica.
-
Ah, davvero? – domandò Emma.
-
A quanto pare l’Anti-Salvatrice sa far funzionare le
bacchette magiche e
produrre tornado. È molto utile... – rispose Lily.
Istintivamente andò verso
Emma e le appoggiò una mano sul braccio. L’ondata
di potere che l’aveva
stordita e che aveva minacciato di farle perdere il controllo per ora
era
svanita. C’era qualcosa.
Ma era più
un rumore di fondo, come di una mosca rinchiusa sotto una campana di
vetro.
Emma
ricambiò la stretta. – Sai che non dovresti
definirti in questo modo.
Non
badò a quel commento. – Tutto sommato... ha
ragione il pirata. Non sei messa
poi così male. Non è esattamente il tuo look
ideale, ma almeno la tua pelle non
è verde.
Emma
accennò un
sorriso. - Perciò... il
tornado vi ha portati direttamente qui?
-
Sì. Vieni. Ti facciamo vedere il nostro mezzo di trasporto.
– Uncino allungò
una mano per prendere la sua e condurla fuori dal cerchio di pietre.
La
portarono alla tavola calda, che aveva trovato la sua nuova
sistemazione in
mezzo ai boschi. L’atterraggio non era stato dei migliori, ma
non aveva
riportato danni così gravi.
-
È davvero una buona idea? – domandò
Lily a sua madre, mentre la nonna si
lamentava delle friggitrici inutilizzabili e Leroy della conseguente
mancanza
del suo piatto preferito, cioè gli anelli di cipolla.
-
Che cosa?
-
Dare il pugnale a Regina.
Malefica
osservò il gruppetto di persone assiepate fuori dal
Granny’s. - È... credo sia
una buona soluzione. Regina ha avuto il precedente Oscuro come
insegnante, ha
più esperienza degli altri in questo genere di cose.
-
Tu ti fidi di lei.
Non
capì se fosse o meno una domanda. - Sì. La
conosco da molto tempo, Lily. Regina
è... cambiata. Ma so che potrebbe ancora fare ciò
che Emma ha detto: distruggerla,
se le cose dovessero volgere al peggio.
-
E come intende distruggere l’Oscuro? Mi hai detto che
può morire solo se viene
colpito con il suo stesso pugnale. Ma a quel punto... Regina
diventerà il nuovo
Oscuro. E il sacrificio di Emma non sarà servito a niente.
Malefica
non sapeva rispondere a questa domanda. Intuiva di dover fornire una
risposta
sensata, ma non ne aveva. Non aveva mai sentito parlare di un Oscuro
che aveva
eliminato l’Oscuro precedente senza che questo avesse
comportato diventare il
nuovo contenitore dell’oscurità.
-
Dovrai raccontarmi che cos’è successo tra te e
Regina. – continuò Lily
Malefica
sorrise. C’era qualcosa di limpido e di positivo nei suoi
grandi occhi celesti.
– Mi ha aiutata in un momento difficile. Grazie a lei mi sono
ricordata chi
ero, ovvero, come dici tu, un drago feroce e spaventoso. Te lo
racconterò.
-
Prima non sembravi molto contenta.
-
La mia preoccupazione riguardo a quella bacchetta era comprensibile.
Era la
bacchetta di un mago potente.
Lily
stava per aggiungere qualcos’altro, ma vennero interrotte dal
rumore di cavalli
lanciati al galoppo e da grida di uomini che li incitavano. Venivano
verso di
loro.
-
State indietro – disse Emma.
Da
una svolta in fondo al sentiero sbucò un piccolo gruppo di
cavalieri, tutti in
armatura, con i mantelli rossi e in sella a dei bellissimi destrieri.
Quando si
fermarono davanti ad Emma, l’uomo che li guidava, su un
cavallo bianco, rivolse
loro un sorriso. Sembrava un sorriso cordiale, circondato dalla barba
scura. In
più, era il sorriso di chi si aspettava di trovarli
lì. Lily vide l’elsa della
spada che spuntava dal fodero. Nel pomolo era incastonata una grande
pietra
rossa.
-
Chi siete voi? Che cosa volete? – chiese Emma, sulla
difensiva.
-
Sono re Artù di Camelot – annunciò
l’uomo. – E siamo venuti a prendervi.
-
A prenderci? – chiese Uncino, perplesso.
-
Mio signore – disse il cavaliere biondo che stava alla
sinistra del sovrano. –
Credo che il nostro arrivo sia una sorpresa.
-
Ci stavate aspettando – disse Neve.
-
È stato Merlino. Ha profetizzato il vostro arrivo molto
tempo fa. Così come ha
previsto molte altre cose. – Artù aveva
l’aria di divertirsi un mondo mentre
rivelava quei dettagli.
Lily
pensò a Merlino e vide solo un vecchio mago con la barba
lunga e bianca,
vestito di azzurro, con il classico, lungo cappello a punta calcato in
testa,
che combatteva contro la sua acerrima nemica, la maga Magò,
trasformandosi
prima in un coniglio, poi in una tartaruga e poi in un verme. Non
ricordava
bene quale fosse l’ordine.
-
Merlino? – Emma era incredula. –
Dov’è? Ci avevano detto che era scomparso.
-
Lo è. Sì. – ammise Artù,
chinando leggermente il capo. – Ma non per molto.
Infatti ha previsto che vi sareste uniti a noi. Adesso... se volete
seguirmi...
-
Dove? – chiese Emma.
-
A Camelot... naturalmente.
Le
guardie schierate lungo il ponte si portarono le trombe alla bocca e
suonarono
per annunciare l’arrivo del re e dei suoi ospiti.
Artù
aveva parlato molto lungo il tragitto. Aveva chiesto loro
com’erano arrivati
nella Foresta Incantata e naturalmente David gliel’aveva
raccontato,
parlandogli della bacchetta e di chi l’aveva attivata.
-
Abbiamo un’altra maga potente tra di noi – aveva
commentato il sovrano,
rivolgendosi a Lily.
Lei
aveva esitato prima di trovare la risposta adeguata. L’aveva
guardato di
sottecchi. – Non sono una maga. Me la so cavare.
Nessuno
si era curato di dirgli perché erano
arrivati fino a lì. Troppo rischioso. Quei cavalieri si
sarebbero innervositi
se avessero saputo che l’Oscuro era tra loro. E che stavano
per farla entrare a
Camelot. L’aspetto di Emma non aveva attirato
l’attenzione del sovrano o del
suo seguito. I cavalieri sembravano concentrati sul cammino da
percorrere. Il
giovane biondo, che si chiamava Percival, scrutava la compagnia,
valutandone i
componenti, ma non dava segno di avere dei sospetti per quanto
riguardava Emma.
Ora,
giunti a Camelot, Artù camminava davanti a tutti, una mano
appoggiata all’elsa
di Excalibur. Gli altri lo seguivano, guardandosi intorno meravigliati.
Lily
alzò lo sguardo alle torri della corte del re, al castello
che sembrava
risplendere di una luce propria in mezzo al verde dei boschi e dei
prati, con
le montagne a fare da sfondo. Un luogo da fiaba. Gli stendardi rossi
sui quali
capeggiava il simbolo del sovrano, un dragone dorato su sfondo rosso,
sbatacchiavano
scossi dal vento.
-
Beh, non sono mai stata in un castello prima d’ora.
L’unico castello che ho
visto era in un luna park. – commentò Lily. Lei e
sua madre erano in coda al
gruppo.
-
Magari un giorno ti farò vedere il mio. – rispose
Malefica.
-
Che cosa mi devo aspettare? Un enorme castello nero a strapiombo su una
landa
desolata?
Malefica
batté le palpebre. Si scostò una ciocca di
capelli biondi. – Beh... sì. Come
fai a saperlo?
-
La fiaba. Sai, le ho lette tutte da quando ho scoperto... chi sono. E
ho anche
guardato i cartoni animati da piccola.
-
Ah, certo.
Le
porte di Camelot si aprirono per lasciarli passare. Proprio
un’accoglienza
regale. Artù doveva aspettarsi molto da loro.
-
Hai anche un corvo, per caso?
***
Il
mondo era precipitato nell’oscurità.
“Hai
anche un corvo, per caso?”
Lily
aprì gli occhi lentamente.
Intorno
a lei lamenti, gemiti di dolore, grugniti. Tavoli rovesciati. Sedie.
Lampade che
dondolavano.
Molte
persone.
“Che
cosa mi devo aspettare? Un
enorme castello nero a strapiombo su una landa desolata?”
Una
vaga luce che penetrava attraverso le persiane di una finestra.
Dove
sono?
La
lingua le sanguinava per un improvviso, involontario morso che le aveva
dato.
La mente gli turbinava e aveva lo stomaco sottosopra, come se fosse
appena
scesa da un ottovolante.
Si
tirò su a fatica, avvertendo una fitta di dolore al collo.
Gli altri stavano
facendo lo stesso.
Si
portò una mano alla fronte e scoprì una ferita
fresca all’altezza del
sopracciglio.
Era
il Granny’s, senza dubbio.
Dov’è
Camelot?
Ebbe
giusto il tempo di notare che tutti erano vestiti in modo diverso
rispetto a
pochi minuti prima. Poi
la porta della
tavola calda si aprì e un nano che era rimasto a
Storybrooke, quello che
starnutiva in continuazione, entrò seguito da un suo
compare. Indossava una
giacca rossa di pelle. Si guardò intorno, incredulo.
-
Che diavolo ci fate voi qui? – chiese, guardandoli con gli
occhi fuori dalle orbite.
Aiutata
da sua madre, Lily riuscì a rimettersi in piedi.
-
Cos’è successo? – chiese Neve,
stringendo il suo bambino.
-
Siamo tornati – mormorò David.
Gli
occhi di Lily caddero sull’orologio appeso alla parete. Il
quadrante era andato
in frantumi, ma le lancette segnavano le otto e un quarto. Fuori era
buio.
-
Per tutti i diavoli... – disse Uncino.
-
Com’è possibile? – domandò
Malefica. – Fino ad un attimo fa eravamo a Camelot.
-
E perché diamine siamo vestiti così? –
chiese Brontolo.
-
Già. Tutto questo non ha senso. – disse Regina.
Indossavano
tutti abiti... antichi. Abiti da medioevo. Sete pregiate e molto
eleganti. Il
vestito di Regina era rosso, con rifiniture in oro. Quello di Uncino
era una
classica uniforme da pirata, pantaloni in pelle, stivali, giubba rossa
sotto la
lunga giacca con il colletto alto. Malefica indossava un vestito lungo
e nero,
con alcuni dettagli viola e le maniche che si allargavano, coprendole
le mani. Zelena
non era più legata, ma aveva comunque il bracciale nero
ancorato al braccio, e
il suo abito era... giustamente verde. Verde chiaro.
Incapace
di liberarsi del senso di confusione, Lily ammirò i suoi, di
vestiti: non
indossava abiti eleganti come quello di Regina, però aveva
una camicia scura
con le maniche a sbuffo e dei pantaloni in pelle simili a quelli di
Uncino,
infilati negli stivali alti. Sopra alla camicia aveva una giacca senza
maniche,
munita di tasche. In una di esse Lily vi trovò un fiore
bianco e ormai
appassito.
-
Eolo, che cos’è successo? Quanto siamo stati via?
– chiese Brontolo.
Prima
ancora che lui parlasse, Lily conobbe la risposta. Sapeva che era
successo
qualcosa di grosso, qualcosa di grave. L’aria era strana,
più pesante,
elettrica... piena di magia. Magia che si stava scaricando.
L’ultimo ricordo
era il castello di Camelot con le guardie che suonavano le trombe e le
porte
che si aprivano.
“Che
cosa mi devo aspettare? Un enorme
castello nero a strapiombo su una landa desolata?”
“Beh...
Sì. Come fai a saperlo?”
“La
fiaba. Sai, le ho lette tutte
da quando ho scoperto... chi sono. E ho anche guardato i cartoni
animati da
piccola”.
“Ah,
certo”.
“Hai
anche un corvo, per caso?”
E
poi più nulla.
Come
se qualcuno avesse provveduto a staccare la corrente e
l’avesse riattaccata al
momento opportuno.
-
Sei settimane – disse Eolo. Il suo tono sembrava quello di
chi trovava la
risposta più che ovvia.
-
Come? – Regina stentava a crederci.
-
I nostri ricordi... sono perduti. – disse David.
-
Di nuovo? – disse Neve.
-
Che fine ha fatto Emma? – domandò Lily, rendendosi
conto che c’erano tutti a
parte lei.
Uncino
si guardò in giro come se sperasse di trovarla sdraiata da
qualche parte,
insieme a loro. Solo che non c’era.
La
porta della tavola calda si spalancò ancora, di colpo,
andando a sbattere
contro la parete.
-
Rilassatevi – disse Emma. – Sono qui.
La
prima cosa che Lily pensò vedendola sulla soglia del
Granny’s, circondata dal
buio e da scoppi di elettricità, fu che Emma somigliava ad
uno dei replicanti
di Blade Runner. Aveva i capelli
bianchi come Roy Batty, raccolti in una crocchia, una di quelle
acconciature
che, era sicura, Emma non aveva mai portato in vita sua. La sua pelle
era di un
pallore spettrale. Il viso sembrava scolpito nel marmo, nella roccia
bianca più
dura. Gli abiti in pelle nera la facevano sembrare rivestita di
oscurità, una
vera Oscura, non più la Emma che avevano incontrato nella
foresta, la Emma tormentata
dalla nuova entità che la possedeva e in procinto di
sbriciolare un cuore, ma
una Emma che non si sarebbe fatta scrupoli a polverizzarlo, quel cuore.
Lily
la fissò a bocca aperta.
-
Mamma? – Henry non credeva ai suoi occhi. – Cosa ti
è successo?
-
Non è ovvio? Siete andati a Camelot per liberarmi
dall’oscurità. – Emma entrò e
persino la sua andatura risultò diversa. Si muoveva con
un’eleganza
sconcertante. Senza fretta, ma con determinazione. Sicura di
ciò che era.
Sicura del suo potere.
Si
avvicinò a sua madre e le fece una carezza.
Neve
sussultò.
-
E avete fallito. – concluse.
Eolo
gettò uno starnuto.
Emma
si girò a guardarlo.
Forse
il nano non se ne rendeva conto, ma aveva commesso un grave errore. E
l’errore
non era stato starnutire in presenza dell’Oscura.
-
Chi diavolo saresti tu? – chiese, osservando la sua giacca
rossa. La giacca da
sceriffo.
Lui
non ebbe il tempo di rispondere. Emma lo pietrificò con un
gesto della mano,
interrompendo il nuovo starnuto.
-
Non c’è più nessuna Salvatrice in
questa città. - disse, valutando freddamente
il suo operato.
-
Emma, ferma – disse Regina, facendosi avanti. - Adesso basta.
Emma
la fissò con implacabile concentrazione. - Altrimenti?
-
Altrimenti farò esattamente quello che mi hai chiesto di
fare. - Regina cercò il
pugnale, portandosi una mano al fianco.
Il
pugnale non c’era. La consapevolezza colpì Regina
come un getto d’acqua fredda,
per quanto avrebbe dovuto aspettarsi che, con la scomparsa dei ricordi,
doveva
essere scomparso anche ciò che le avrebbe permesso di
controllare l’Oscuro.
-
Cerchi questo? – Emma sollevò l’arma,
mostrandole il suo nome inciso sulla lama
ondulata. Dalla sua posizione Lily vide che era all’altezza
della gola di
Regina. Come se, mostrandoglielo, Emma la stesse anche minacciando.
– Nessuno
toccherà questo pugnale a parte me.
Passò
oltre.
“Non
c’è più nessuna Salvatrice in
questa città”.
Lily
mosse un passo in avanti. La sua voce suonò aspra quando le
rivolse la parola.
– Dove sono i nostri ricordi? Che cosa ci hai fatto?
Emma
si girò verso di lei. Malefica impedì alla figlia
di avvicinarsi troppo, sbarrandole
la strada con un braccio. L’altra mano reggeva il lungo
bastone. Lo puntò
contro Emma e la sfera su di esso sfavillò.
L’Oscura
non la degnò di un’occhiata. Inarcò il
sopracciglio. Quando gli occhi si
posarono su Lily, a lei il volto della sua vecchia amica
sembrò strano,
vagamente assorto. Un sorriso misterioso e appena accennato le
incurvò gli
angoli della bocca. Ma scomparve subito dopo, sostituito da
quell’espressione
dura che nascondeva appena tutta la furia.
-
Tieni a bada i tuoi bollenti spiriti, drago – disse a
Malefica. – Non sono
venuta qui per combattere. Ma per dirvi... che per quello che mi avete
fatto,
sarete puniti.
Lily
rovistò in quel buco nero che era la sua memoria,
rovistò disperatamente alla
ricerca delle sue memorie, ma l’ultima cosa che ricordava
erano le porte di
Camelot e la propria voce mentre chiedeva a sua madre se avesse un
corvo.
“Per
quello che mi avete fatto,
sarete puniti”
La
sua mente era diventata un labirinto pieno di svolte cieche e angoli
troppo
bui.
-
Emma – disse Uncino, ottenendo la sua attenzione. -
Perché stai facendo questo?
Con
la stessa voce calma e indurita, carica di potere, lei disse: -
Perché... io
sono l’Oscuro.
Scomparve
in una nuvola di fumo grigio.
Lily
continuò a fissare il punto in cui, fino ad un attimo prima,
c’era Emma, come
se si aspettasse di vederla ricomparire. Regina fece lo stesso.
Guardò
di nuovo il fiore appassito che aveva trovato in una delle tasche. Era
un
giglio bianco.
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Angolo
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