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Autore: Marne    11/01/2016    5 recensioni
Il Mondo Magico è sconvolto da una lunga serie di scandali. Il Governo Shacklebolt, nato come faro di speranza, è sull'orlo di un precipizio fatto di menzogne, intrighi e spie. Il Bambino Sopravvissuto non riesce a dormire, le Forze del Male continuano a tramare fra le ombre delle anime che hanno rubato.
Uno specchio è ciò che impedisce al caos di rovinare sulla terra. Uno specchio divide la realtà dalla follia.
Hermione Granger, giovane Inquisitore del Ministero, è costretta a lavorare con Draco Malfoy, uno dei maggiori esperti di antichi artefatti magici.
Una serie di avventure nel cuore del vecchio Continente li porterà a scontrarsi con i demoni del passato, mentre la minaccia di un Ritorno aleggia su tutta la Comunità Magica.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Mangiamorte | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Mirror Universe'
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Ossimoro

Lo Specchio delle Anime.

 

One of the most difficult things to think about in life is one’s regrets.

Something will happen to you, and you will do the wrong thing,

and for years afterward you will wish you had done something different.

[Lemony Snicket – Horseradish]

        

        

Atto II – Parte II

Ossimoro.

 

Dicasi Ossimoro la figura retorica che consiste nell’accostamento di termini in antitesi fra loro. Ossimoro poteva essere l’accostamento calda neve, oppure dolce veleno. Meglio ancora, ossimoro era l’accostamento Granger-Malfoy, che al Ministro della Magia era sembrato così vincente.

«Se me l’avessi raccontato… diciamo otto anni fa, avrei dato per scontato che qualcuno ti avesse scagliato un Confundus, sai?» rise il mago stravaccato sull’elegante divano stile Luigi XIV.  Il velluto rosso dei cuscini si sposava meravigliosamente col verde del suo maglione, quasi avesse scelto i suoi abiti proprio per quel pezzo di mobilio.

«Nessun Confundus, posso assicurartelo» disse lui, con una risata secca, osservando con cupo piacere le sfumature ramate che il suo Whisky incendiario assumeva riflettendo le fiamme dell’enorme camino di marmo. «Shacklebolt si è detto entusiasta, questa mattina. Secondo il suo modesto parere, la mezzosangue non si sarebbe certo rifiutata di collaborare con me e, unendo le nostre immense capacità, potremmo ottenere abbastanza risposte da mettere fine a questa combutta infinita contro lui e contro tutto il nuovo Governo».

Blaise Zabini scoppiò in una risata assolutamente inarrestabile, ad un passo dal mettersi a piangere. Il suo migliore amico lo fissò per tutti i tre minuti che gli servirono per smetterla di chiocciare come una gallina e ritrovare quel minimo di dignità che gli consentisse di rapportarsi con lui o, più in generale, con qualunque essere umano.

«Immagino che la Granger fosse estasiata all’idea, vero?» gli domandò, con la voce ancora tremolante, le labbra strette per tentare invano di contenersi. «Secondo te lo ha schiantato? Oppure è arrivata subito ad una Maledizione Senza Perdono?».

Malfoy alzò gli occhi al cielo, liquidando il piccolo elfo che tentava invano di fargli mangiare dei biscottini alla cannella. Anni addietro l’avrebbe schiantato, dopo la terza offerta, ma aveva perso interesse nella sofferenza delle creature più deboli.

- Eri tu il debole, quella volta, non è vero?

«Quando sono andato via, era troppo sotto shock per avere delle reazioni vere e proprie. Ma il suo sguardo è stato impagabile» ammise, con un ghigno. I suoi occhi di ghiaccio si posarono nuovamente sul contenuto del bicchiere. «Avresti dovuto vedere la sua faccia, Blaise. Boccheggiava come un pesciolino fuor d’acqua».

Il giovane uomo davanti a lui si raddrizzò sul divano, fissandolo accigliato. «Da quando paragoni la Granger ad un pesciolino?» chiese, allibito, per poi sbuffare. «Non rispondere, non mi interessa. Chiedevo soltanto per amor di pathos».

Draco alzò gli occhi al cielo, incurante del commento fatto dall’amico. «Non è per questo che ti ho chiesto di venire, lo sai» sbuffò quindi, lanciandogli uno sguardo storto, per poi sollevare leggermente il braccio destro. Il dolore era aumentato al punto da non farlo dormire per due notti di seguito, stava iniziando a risentirne.

Il lavoro stava iniziando a risentirne.

Blaise fece una smorfia preoccupata, alzandosi svogliatamente dal divano e facendo segno all’altro di raggiungerlo nell’unica poltrona vicina alla borsa da Guaritore poggiata sul tavolino. Sembrava molto leggera, nonostante fosse piena di pozioni e scorte medicinali di ogni tipo, legali o meno.

«Non dovresti aspettare di raggiungere livelli critici, lo sai» lo rimproverò Zabini. «Serve sempre una dose maggiore ed io potrei non procurarmela tanto facilmente»

Draco lo guardò sconcertato, prima di tirare fuori il migliore fra i suoi sorrisini soddisfatti. «Amico, contrabbandi pozioni fin dal terzo anno di Hogwarts. Negli ultimi anni le più assurde sembrano arrivare prima nelle tue scorte che nelle farmacie».

«Questo è perché io, mio caro, ho intenzione di sposare questa mia passione per le pozioni» ammise l’altro, con un sorriso ancora più enigmatico. Tirate fuori un paio di boccette dalla borsa, gli fece cenno di avvicinarsi, l’ilarità quasi completamente sparita dal suo viso. «Quando ha ricominciato a far male?».

Il biondo si strinse nelle spalle, iniziando a sollevare la manica della camicia. Come sempre, quel semplice gesto gli provocò delle fitte così dolorose da fargli quasi lacrimare gli occhi. Se non avesse sopportato di peggio, nella sua giovane vita, non avrebbe retto quelle sensazioni. Non avrebbe retto alla vista di quel simbolo.

Dove un tempo la pelle era immacolata e bianca come il latte, da oltre otto anni viveva – perché era vivo, Draco non aveva il minimo dubbio al riguardo – il marchio della vita che per poco non aveva rovinato tutta la sua esistenza, quella vita che era stata scelta per lui e che, alla fine, lui si era deciso a mettere da parte.

Il marchio nero.

Blaise emise un fischio sconcertato, notando il serpente d’inchiostro muoversi come in agonia. La pelle tutt’intorno sembrava ustionata, completamente coperta di vesciche e carne viva.

«Deve farti un male dell’Inferno. Mi chiedo ancora per quale motivo tu non sia andato al San Mungo» sbottò il Guaritore, stringendo le labbra con disapprovazione. Le sue dita abili sfiorarono la ferita con una delicatezza quasi incredibile, considerata la stazza dell’uomo, ma il dolore che l’altro provò fu comunque inimmaginabile.

«Al San Mungo quelli come me finiscono fra le mani degli inetti» sbuffò Malfoy, sospirando quando la presa sulla ferita si allentò. «L’ultima volta che Goyle ha provato a farsi curare un braccio rotto, ne è uscito con tre litri di sangue in meno» spiegò, mogio, accomodandosi sulla poltrona quando cominciò a sentire le gambe tremare. «Piuttosto, quanta di questa robaccia credi di potermi procurare? Non ho la più pallida idea di quanto possa durare questa missione»

Blaise fece una smorfia, iniziando a far cadere qualche goccia di pozione puzzolente sul braccio dell’amico. «Te ne farò avere un bauletto, pomeriggio» gli disse, tutt’altro che contento. «Ripetere quanto ritengo stupido tutto questo non ha senso, giusto?».

«Ti ripeterei soltanto di non avere altra scelta» Draco allungò il braccio sano per afferrare la bottiglia di Whisky sul tavolino. Bevve una lunga sorsata, nel disperato tentativo di diminuire il male che stava provando. «Questo è il prezzo da pagare»

«Per cosa?»

«Per il rimpianto, Blaise. Per il rimpianto»

 

***

 

C’era una puzza soffocante di erba, quel pomeriggio. Avrebbe dovuto convincere la segretaria del dottore a lasciare la porta aperta, fra un appuntamento e l’altro, così da far cambiare un po’ l’aria lì dentro. Alcune persone avrebbero potuto non sopportare quella cappa.

«Sigaretta, Draco?»

«Sì, grazie»

Non che a lui importasse più di tanto, in realtà.

«Allora…» iniziò il dottore, passandogli una sigaretta appena rollata ed una scatola di fiammiferi. Raramente tirava fuori la bacchetta, quando c’era lui in giro. Draco non poteva dargli tutti i torti. «Cos’è successo di nuovo, nell’ultima settimana?»

Il giovane mago sprofondò nella poltrona, dopo aver acceso la sigaretta. Il fumo dolciastro gli fece bruciare gli occhi, ma la terribile emicrania che l’aveva preso dopo l’incontro con Blaise si alleviò un po’, facendogli tirare un sospiro di sollievo. Dal tavolino accanto a lui, afferrò lo stesso libro che aveva iniziato nella scorsa seduta, ritrovando addirittura il segnalibro – l’involucro di una caramella mou – che lui stesso vi aveva lasciato.

«Mi è stato proposto un nuovo lavoro. Questa volta dai piani più alti» gli disse alla fine, dopo aver fatto un paio di tiri. Guardò l’uomo, quando lo sentì ridacchiare come una vecchia comare, ma decise di non approfondire. Non dubitava che quel tizio avesse problemi ben più grossi dei suoi, ma era grazie a lui se era riuscito a rifarsi una vita, dopo la guerra.

«Da solo?» chiese quello, allora, fissandolo con la coda dell’occhio mentre sistemava dei fogli su un mucchietto preesistente. «Oppure ti hanno dato compagnia, questa volta?».

Draco si accigliò. «Perché me lo chiede?»

Il dottor Crave si strinse nelle spalle, con un’aria incurante fasulla quanto i capelli rossi della sua segretaria. «Solitamente non tiri in ballo il tuo lavoro fin quando non l’hai portato a termine. Ho dedotto sia cambiato qualcosa e, visto che stimi così tanto la tua solitudine, ho optato per la compagnia forzata» spiegò, con un sorrisino rilassato. «Ho ragione, vero?»

Dal canto suo, il giovane non era affatto convinto di quella spiegazione, ma se la fece bastare. Non era il medico quello in cura e non era lui a tirar fuori trenta galeoni d’oro alla settimana. Per questo, si limitò ad un gesto vago della mano, accavallando elegantemente le gambe. «Non mi chiede come mi sento al riguardo?»

Il dottore lo guardò da sopra le piccole lenti rotonde, le sopracciglia così sollevate da raggiungere l’attaccatura dei capelli. «Sembri smanioso di raccontarmelo. Come mai?»

«Perché lei mi spaventa» ammise lui, tranquillo, guardandosi le unghie perfettamente curate della mano sinistra. «Rappresenta tutto ciò da cui sono scappato e da cui avrei preferito continuare a scappare, nonostante non sia possibile»

«Perché impossibile?» il dottor Crave sembrò improvvisamente incuriosito dalle sue parole. Fin dalla prima volta in cui si erano incontrati, Malfoy non aveva fatto altro che sbandierare il suo essere capace di realizzare qualsiasi cosa. «Non eri tu quello del “Impossibile è il mio secondo nome”?» aggiunse infatti, ironico.

«Uno dei tanti, in realtà» convenne Draco, stringendosi nelle spalle, dopo aver aspirato un altro po’ di fumo. «Draco Impossibile Infallibile Lucius Malfoy» si vantò, nonostante fosse evidente l’ironia nelle sue parole. C’era stato un tempo, anni addietro, in cui avrebbe creduto ciecamente nella realtà di quegli appellativi. Ma quel tempo era passato, cancellato da una maschera bianca riposta nel più piccolo, vecchio ed inaccessibile baule del Manor.

«E questa infallibilità da cosa dipenderebbe? Illuminami»

Il giovane ghignò, raddrizzandosi leggermente sulla poltrona. «Un nomignolo che si è diffuso fra le mie numerose amanti, prima, e poi nel mio ambiente lavorativo. Sa, io non fallisco mai un colpo» si pavoneggiò, prima di sospirare, sarcastico. «Naturalmente, queste persone non sapevano nulla del mio fallimento più grande»

«L’assassinio del Preside?» tentò l’uomo, assottigliando lo sguardo. Spesso anche lui trovava difficile seguire il filo dei pensieri di quel giovane, che tante pene aveva avuto nel suo passato. Da quando gli aveva raccontato l’episodio in questione – dietro un voto infrangibile, tanto era terrorizzato – lui non aveva fatto altro che tentare di riportarlo a galla. Solo in quel modo, infatti, credeva di poterlo aiutare ad affrontare i suoi fantasmi.

E forse esorcizzare anche i suoi.

«No. Ma non voglio parlarne»

Non che Malfoy collaborasse, ovviamente.

«Vuoi dirmi perché è impossibile continuare a scappare, secondo te?» gli domandò allora, afferrando una penna a sfera dalla scrivania vicina, scribacchiando qualcosa sul suo taccuino. «Dopotutto, è da questo che siamo partiti. Un amante delle sfide che si da per vinto deve avere una ragione molto più che buona, non credi anche tu?»

Il giovane fissò con aria torva il tavolino che aveva davanti ed il dottore si ritrovò a ringraziare di avergli vietato la bacchetta. Continuando su quella strada, avrebbe fatto saltare in aria qualcosa per il solo piacere di infastidirlo.

«Non posso scappare dal mio passato. Tornerà sempre a farmi visita» ammise controvoglia, tornando a stravaccarsi sulla poltrona, improvvisamente dimentico di ogni buona maniera insegnatagli da sua madre. «Non che io possa permettermi di sperare in qualcosa di diverso. Ho una ricordella ancorata al braccio» sbuffò, sollevando svogliatamente il braccio destro, su cui, sotto la camicia bianca, spiccava una fasciatura molto recente.

Newton Crave si accigliò, improvvisamente preoccupato. «Ha ricominciato a far male? Credevo avesse smesso, dopo l’incantesimo di cura» disse, raddrizzandosi.

La sua preoccupazione era più che altro legata al fatto che lui stesso avesse partecipato alla preparazione di quell’incanto, capace di far sbiadire il Marchio Oscuro con una somministrazione regolare nell’arco di sei settimane. Tutti i pazienti – Mangiamorte di Azkaban, Mangiamorte pentiti – sembravano aver reagito positivamente al trattamento, arrivando alla guarigione completa anche in tempi più brevi rispetto a quelli previsti.

Draco fece un altro tiro, inspirando il fumo. Poi, con uno sbuffo, alzò gli occhi in quelli del suo psicologo. «Con me non ha mai funzionato, dottore» ammise. «Il mio Marchio si è ribellato, si è rifiutato di andare via. Ancora oggi non fa che distruggermi dall’interno, una lotta senza fine fra ciò che sono e ciò che ero»

Il dottor Crave lo fissò, sconvolto, per poi massaggiarsi gli occhi con pollice e indice della mano destra. Sembrava improvvisamente stanco, deluso. Draco non sapeva se l’ultima emozione fosse riservata a se stesso o a lui.

«Dottore?»

«Questo significa che non sono serviti a niente» ammise alla fine, cupo, alzandosi in piedi per afferrare una bottiglia di Rum da sopra la mensola del camino. Non si disturbò a prendere un bicchiere, bevendo direttamente da lì. «Tutti i nostri incontri… sono stati assolutamente inutili».

«Cosa vuole dire?»

«Voglio dire, Malfoy, che il mio compito era quello di farti accettare te stesso, per farti andare avanti. Ma tu…» sospirò ancora, nervoso. «Tu non sei cambiato. Ti sei semplicemente rassegnato» sbottò, guardandolo come se gli avesse assassinato il gatto.

Gatto che, giusto per chiarezza, adorava Draco. Anche in quel momento, il vecchio blu di Russia – chiamato Schopenhauer, nome che Malfoy proprio non riusciva a comprendere – si trovava fra i suoi piedi, piuttosto che sotto la poltrona del suo padrone, dove risiedeva durante tutte le sedute. Era una bestiola di oltre quindici anni, a detta del medico, magro come un asticello ma pigro come un bradipo. Draco sospettava che avesse inalato così tanti fumi alternativi da essere diventato stupido. Oppure un drogato cronico.

O magari entrambi.

«Cosa sta cercando di dirmi, dottore?» domandò alla fine, non avendo il minimo interesse a fare il solito giochino per indovinare cosa stesse passando per la mente di quell’uomo. «Abbiamo solo un’ora, se vuole passarla fissandomi in cagnesco posso togliere subito il disturbo. Mi basta andare a trovare mio padre, per questo»

Il medico digrignò i denti, fissandolo malamente. «Tu non ti rendi proprio conto, vero?» gli domandò, con un sibilo, per poi passarsi una mano fra i capelli e sospirare. «Bene, non importa. Non esiste il tempo perso, solo quello speso in modo alternativo. Risolveremo tutto, in qualche modo».

Draco inarcò le sopracciglia. «Tempo alternativo? Ha inventato questa definizione per giustificare la pigrizia?».

«No, l’ho trovata quando passato i pomeriggi in compagnia, piuttosto che studiare per i miei esami».

Si guardarono entrambi con un ghigno complice, stemperando ancora di più la tensione che si era creata nella stanza. C’era così tanto testosterone, fra quelle quattro mura, da far venire il mal di testa a qualunque animale dotato di un fiuto più affilato del normale. Tranne per Schopenhauer, lui era ridotto troppo male per poter sentire qualunque cosa.

«Quindi l’incantesimo su te non ha mai fatto effetto, dico bene?» chiese lo psicologo, riaccomodandosi sulla sua vecchia poltrona e fissando il suo paziente da sopra le piccole lenti rotonde. Quel suo sguardo inquisitore aveva sempre infastidito l’altro, che però era riuscito, col tempo, ad abituarsi. Il dottor Crrave aspettò che annuisse, prima di continuare. «Certo, un caso più unico che raro. Ha sempre funzionato. Ma tu mi sembri tranquillo, come mai?»

Draco emise una risatina sarcastica, sollevando appena gli occhi di ghiaccio sul suo psicologo. «Come ho detto, niente è impossibile, per me. Non c’era modo che l’incantesimo fallisse? Beh, io ho dovuto confermare il contrario» disse, tornando a guardare le pagine del libro che aveva preso ma non ancora iniziato a leggere. Aveva dimenticato di aver scelto una storia babbana, un certo Macbeth, costretto dalla moglie ad andare contro le più basilari regole della società per ottenere potere e fama.

Senza sapere perché, Draco sperò che quel tipo avesse ottenuto un lieto fine.

«Non prendermi in giro, Malfoy. Sono quattro anni che sopporto te ed il tuo insopportabile sarcasmo, dacci un taglio» lo rimproverò l’uomo. «Non costringermi a toglierti la voce e farti rispondere con una sola parola. Non saresti il primo» minacciò poi, puntandogli contro il dito.

Il gatto, dalle gambe del giovane, sgusciò via e si rifugiò sul vecchio poggiapiedi, grattando un po’ il cuscino con le unghiette, per poi rilassarsi ed iniziare a ronfare.

«Sa, dovrebbe farlo vedere ad uno specialista. Non è normale che si addormenti così velocemente… sembra morto».

«Non cambiare discorso, ragazzo».

Draco alzò gli occhi al cielo, sbuffando sonoramente.

«Ho una teoria» ammise soltanto, scorrendo un altro paio di righe nel libro. «Ma non ho voglia di parlarne adesso. Diciamo soltanto che, se ho ragione, probabilmente convivrò con questo dolore finché l’universo non mi farà un favore e mi manderà nell’inferno che mi merito».

Il dottore non gli staccò gli occhi di dosso, increspando leggermente le labbra. Nei suoi occhi, Draco riusciva a notare tutte le macchinazioni che quel suo bizzarro cervello stava elaborando. Continuò in quel modo per almeno due minuti interi e, alla fine, si voltò per afferrare due bicchieri dal tavolino alle sue spalle. Ne porse uno al ragazzo e, un momento dopo, appellò una nuova bottiglia di Scotch.

«Non dirmi nulla, d’accordo» disse alla fine, riempiendo di liquido ambrato entrambi i calici. «Se non vuoi parlarmene, è inutile insistere. Inizieresti a mentire come sempre e perderemmo tempo prezioso».

Il giovane si accigliò. «Rinuncia? Davvero?» chiese, sinceramente confuso. «L’ultima volta che non ho risposto alla sua domanda ha minacciato di mettermi il veritaserum nello-» si fermò, abbassando gli occhi sullo Scotch che aveva già assaggiato. «Sta cercando di avvelenarmi di nuovo? Non avevamo detto basta a questi trucchi da Auror?» sbottò, irritato, spingendo di alto il bicchiere.

Il dottore scoppiò in una risata allegra, per poi alzare gli occhi al cielo. «Bevi e prova a dire una bugia, ma posso assicurarti che stavolta non ti ho avvelenato. Voglio soltanto andare avanti con le sedute, senza perdere tempo».

Naturalmente, Draco non si fidò. C’era una foto di Newton Crave nei sotterranei, lo stesso Piton aveva spesso confermato quanto quell’uomo fosse stato d’esempio per i veri Serpeverde: studente modello, Prefetto e pure Caposcuola, senza mai perdere fascino o il primato nella vita sociale di Hogwarts.

Mantenendo lo sguardo corrucciato, sorseggiò ancora un po’ di liquore, per poi guardare il medico negli occhi. «Io ritengo che lei sia un grande mago ed un gentiluomo impeccabile… è vero, non mi ha avvelenato» constatò, mentre l’altro gli lanciava un’occhiataccia. «Ma io ancora non mi spiego per quale motivo ha deciso di lasciar perdere. Non è da lei» assottigliò lo sguardo. «Cos’è, l’andropausa sta iniziando a colpire? Crisi di mezz’età che lo rende meno paziente? Oppure ha un appuntamento galante con qualcuna delle sue prostitute e vuole raggiungerla prima? Le fa un buon prezzo?».

Se lo scopo del giovane era quello di provocare l’altro, non sarebbe servito un genio per comprendere che non l’avesse avuta vinta. Il dottore si limitò ad inarcare le sopracciglia, con un ghignò compiaciuto, e bevve d’un colpo tutto il contenuto del bicchiere. «Posso giurare di non aver mai pagato per avere compagnia. Di solito sono loro a pagare me»

Il giovane rise, gettando il capo indietro. «Mi sta dicendo di aver fatto la prostituta, dottore?».

L’uomo si strinse nelle spalle, noncurante. «Mi annoiavo facilmente, da giovane. Ed ho mantenuto gusti costosi anche dopo esser stato cacciato di casa».

«Dottore!»

Crave alzò le mani, arretrando contro lo schienale della poltrona. «Ero una sgualdrina d’alta società, solo le migliori signore purosangue potevano permettersi il sottoscritto».

Dopo quell’affermazione, entrambi restarono in silenzio per qualche istante, squadrandosi a vicenda. Infine, fu il dottore stesso a cedere, con un sospiro.

«Tu e questa tua nuova collega… quando inizierete?» domandò, accavallando le gambe elegantemente.

«Venerdì inizieremo il programma, abbiamo una visita da fare. Dovremo girare un bel po’ per trovare la soluzione giusta» rispose il giovane, con un ghigno. «Una parte di me è terrorizzata all’idea, l’altra, invece, non vede l’ora».

«Come mai?»

«Ah, dottore… ho passato i sei anni della mia formazione scolastica a tentare di infastidire quella donna. Immagini la faccia che potrebbe fare, dall’alto della sua carriera al Ministero, scoprendo di essere lei la mia assistente e non l’opposto» si pavoneggiò, con un ghigno sardonico.

«Potrebbe anche metterti i bastoni fra le ruote, non credi?»

Draco si strinse nelle spalle, con l’aria soddisfatta di un gatto accanto ad una ciotola di latte. «Potrebbe, ma sarà troppo impegnata a tentare di non uccidermi».

 

 

*** *** *** ***

 

»Marnie’s Corner

 

Bentrovati, voi che avete aspettato una settimana, e benvenuti, voi che siete appena giunti!

Come avevo preannunciato, anche questo è un po’ un capitolo di passaggio, ma con più informazioni.

Prima di tutto: sorpresa! Crave è lo psicologo di entrambi! Non è curioso?

Vi assicuro che lui adora questa cosa.

 

Punti importanti:

» La citazione è di Lemony Snicket, autore che io adoro. Il fatto che riguardi il rimpianto non merita spiegazioni, credo. Malfoy rimpiange il suo passato e questo sembra influire sul suo presente.

» Crave è un Guaritore a dir poco geniale. Ha partecipato a questa cura, ma nessuno ospedale riesce a tollerarlo. Diciamo pure che si considera uno spirito libero.

» Blaise Zabini è un Medimago ad un passo dal concludere gli studi. Draco chiama lui perché i pregiudizi verso quelli come lui sono troppo forti per garantirgli un’assistenza adeguata.

 

Grazie infinite a tutti coloro che hanno commentato, i vostri pareri sono il cibo della mia ispirazione, senza di voi non so neppure se avrei avuto il coraggio di pubblicare ancora. Grazie, davvero.

 

Grazir ancora a chiunque leggerà,

-Marnie

   
 
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