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Autore: Marne    25/01/2016    4 recensioni
Il Mondo Magico è sconvolto da una lunga serie di scandali. Il Governo Shacklebolt, nato come faro di speranza, è sull'orlo di un precipizio fatto di menzogne, intrighi e spie. Il Bambino Sopravvissuto non riesce a dormire, le Forze del Male continuano a tramare fra le ombre delle anime che hanno rubato.
Uno specchio è ciò che impedisce al caos di rovinare sulla terra. Uno specchio divide la realtà dalla follia.
Hermione Granger, giovane Inquisitore del Ministero, è costretta a lavorare con Draco Malfoy, uno dei maggiori esperti di antichi artefatti magici.
Una serie di avventure nel cuore del vecchio Continente li porterà a scontrarsi con i demoni del passato, mentre la minaccia di un Ritorno aleggia su tutta la Comunità Magica.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Mangiamorte | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Mirror Universe'
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L’Università che sorgeva nel cuore di St

Lo Specchio delle Anime.

 

 

Fear is the main source of superstition, and one of the main sources of cruelty.

To conquer fear is the beginning of wisdom.

[Bertrand Russel]

        

        

Atto III – Parte II

Il Professore sopravvissuto.

 

 

L’Università che sorgeva nel cuore di St. Andrews, in Scozia, era un adorabile scenario da cartolina, che Hermione avrebbe volentieri immortalato in una fotografia da mostrare a sua madre, quando avesse trovato abbastanza tempo da farle visita.

­ Bugiarda.

L’odore di terra umida e mura antiche – non c’era altro modo per identificare quel profumo particolare, che l’aveva sempre incantata tanto – le solleticò le narici, mentre si avviava velocemente lungo il viale principale. Intorno a lei, la vita dell’Università continuava come sempre, indisturbata, fra lamenti e risate.

Sembrava di essere ad Hogwarts, senza la paura della guerra.

L’assistente del Professor Rochester era immobile davanti al portone d’ingresso, con i capelli impomatati praticamente incollati alla testa, dei grossi occhiali che continuavano a scivolargli sul naso e l’aria di qualcuno decisamente infelice del compito che gli era stato affidato.

«Ginger e Malfy?» disse, non appena lo raggiunsero, squadrandoli dall’alto in basso nonostante non superasse il metro e mezzo d’altezza. Quando la strega fece per correggerlo, lui alzò la mano per impedirle di aprire bocca. «Lui vi aspetta nel suo ufficio» comunicò, dando loro le spalle e risalendo i pochi gradini, senza neppure curarsi che lo stessero seguendo.

Il mago e la strega si guardarono, lei corrucciata per esser stata zittita e lui accigliato per quello strano modo di comportarsi.

Nel frattempo, l’assistente senza nome era già arrivato alla fine del salone d’ingresso, se non si fossero sbrigati li avrebbe semplicemente abbandonati lì. Per quanto l’idea fosse stimolante, vista l’antichità della struttura, decisamente non c’era il tempo per fare i turisti.

«Ginger, dopo di te» commentò Malfoy, con le sopracciglia inarcate, facendole cenno elegantemente di precederlo. Il fatto stesso che avesse deciso di soprassedere a quella storpiatura del suo nome aveva lasciato la giovane totalmente basita.

«Grazie, Malfy».

Seguirono l’ombra del giovane assistente lungo un paio di corridoi affollati, oltre delle scalinate e, infine, lungo un corridoio dalle infinite porte. Quando lo raggiunsero, lui li squadrò ancora una volta con i suoi occhietti scuri, per poi dar loro le spalle, bussare tre volte e spalancare la porta.

Sul legno chiaro, incisa sopra una placca d’oro, c’era l’iscrizione “Professor A. Rochester – Storia dell’arte Medievale”, accompagnata da un post-it che invitava chiunque a non disturbare.

«Sono arrivati, professore. Avverto il Suo sostituto che è impegnato e non potrà raggiungerlo» disse il giovane, chinando leggermente il capo,  prima di uscire e far cenno ai due ospiti di accomodarsi. Dall’interno della stanza non era arrivato alcun suono, forse il professore si era limitato ad un cenno.

«Mezzosangue» le sibilò Malfoy, richiamando la sua attenzione prima che lei potesse irrompere nella stanza. «Qualunque cosa succeda, non fissargli le gambe e non cedere alle sue provocazioni» l’avvisò, serio, indicando con un cenno l’interno della stanza. «È un tipo un po’ suscettibile».

Hermione si accigliò. «Cosa vuoi dire?» ebbe appena il tempo di sussurrare, prima di essere malamente spinta all’interno.

Bastò uno sguardo per capire cosa intendesse Malfoy.

Il professor Augustus Rochester era un uomo che aveva abbondantemente superato la sessantina, senza capelli e con il viso estremamente rugoso. I suoi occhi erano piccoli e azzurri, si muovevano nervosamente per la stanza, tornando molte volte alle finestre. Ma ad attirare l’attenzione erano le sue gambe o, per essere ancora più precisi, ciò che restava delle sue gambe. La destra era irrimediabilmente storta, contorta su se stessa come se qualcuno l’avesse tenuta ferma dopo aver fatto ruotare tutto il corpo; alla sinistra mancava il piede, sostituito da una protesi, ed era piegata in modo tutt’altro che naturale.

Se Malfoy non l’avesse avvisata, Hermione si sarebbe ritrovata a fissarlo senza il minimo ritegno. Invece, spostando immediatamente gli occhi sul suo viso, riuscì a cogliere perfettamente la sua espressione contrariata. Lui voleva che lei lo fissasse. Voleva trovare una scusa per aggredirla e farla sentire a disagio: per quel motivo non si era nascosto dietro la scrivania, preferendo accomodarsi accanto al camino acceso.

Vecchio bastardo.

 

«Tornerò fra un’ora per il tè, professore» disse, pedante, l’assistente, chiudendo la porta con tale violenza da far quasi inciampare Malfoy, non ancora entrato. Il giovane si voltò e dedicò al legno uno sguardo irritato, senza tuttavia aprire bocca.

«Draco Malfoy» chiamò il Professore, dedicandogli uno sguardo che avrebbe dovuto essere di benvenuto, ma che, in realtà, non fece altro che trasmettere stizza. «Credevo non saresti venuto, considerato il terribile ritardo» commentò, voltando poi gli occhi verso la strega, con un sorriso affilato. «E voi dovete essere la Signorina Granger. Molto piacere di conoscerla».

Con un riflesso incondizionato, Hermione gli porse la mano, che però lui non strinse, fissandola come se avesse avuto paura che potesse rivoltarsi contro di lui e bruciarlo. Solo dopo vari secondi, imbarazzata, si ritirò, raccogliendo le mani in grembo.

L’uomo sorrise, assolutamente non imbarazzato. «Perdonatemi, Signorina, ma io non tocco mai nessuno» spiegò, con tranquillità. «Inoltre, pregherei entrambi di lasciare le bacchette magiche e tutte le possibili armi sulla mia scrivania, dove nessuno potrà raggiungerle» nel dirlo, indicò il tavolo alle sue spalle. I suoi occhietti chiari indugiarono su Hermione finché lei non fu costretta ad alzarsi e riporre la bacchetta, ricevendo in cambio solo un cenno stizzito ed un cenno ad accomodarsi su una delle due poltrone, disposte il più lontano possibile dalla sedia a rotelle e dalla scrivania. Subito dopo, gli occhi dell’uomo si posarono sul giovane mago, ma, una volta che lui ebbe deposto la bacchetta, non fece altro che inarcare le sopracciglia. «Tutte le armi, Malfoy, non credere che non abbia visto il resto» sibilò quindi il vecchio, con crudeltà.

Hermione si accigliò e fece per intervenire, ma, in quel momento, Malfoy ridacchiò, tirando fuori dalle tasche quelli che avevano proprio l’aria di essere diversi coltellini svizzeri, oltre che strumenti mai visti prima d’allora.

Posato l’ultimo oggetto nelle sue tasche, il giovane mago si accomodò accanto alla collega, accavallando elegantemente le gambe sotto lo sguardo compiaciuto ma ancora preoccupato del Professore.

«Benissimo» mugugnò il vecchio, soddisfatto, prendendo a fissarli entrambi con maggiore interessamento, una volta completamente disarmati. Il punto in cui erano seduti, così lontani da lui e dalle bacchette, avrebbe impedito qualsiasi movimento imprevisto. «Beh? Devo anche farmi le domande da solo?» sbottò quindi, con tono antipatico, allargando le mani come se tutto il tempo perso fino a quel momento fosse stato esclusivamente causa loro.

Il primo a riprendersi fu Malfoy. «Ci stavamo semplicemente sottoponendo al vostro esame, professor Rochester» disse, sarcastico. «Non vorremmo mai che le sfuggisse uno stuzzicadenti nascosto sotto la suola delle scarpe, potremmo tentare di accecarla» aggiunse, alzando gli occhi al cielo, mentre Hermione, al suo fianco, tentava disperatamente di intimargli il silenzio.

«Siamo spiacenti del ritardo, signore, ma siamo stati trattenuti» si scusò immediatamente, con un sorriso gentile.

«È stato lei a dirci di venire, Professore. Sa cosa ci interessa, prima parlerà e prima potremo togliere il disturbo, non crede?».

«Malfoy».

Il professore rise – una risata roca, graffiante e fastidiosa – impedendole con un cenno di continuare. «Lo lasci stare, Signorina Granger. Sono abituato a questi modi prepotenti, lui non è diverso dagli altri studiosi alle prime armi che si presentano alla mia porta, credendo di conoscere tutto» la rassicurò, mentre il giovane commentava con un verso sprezzante. «E lei non grugnisca, non è certo un maiale» aggiunse, divertito. I suoi occhi sembrarono brillare, per un singolo momento. «Siete qui per lo Specchio delle Anime, se non sbaglio. Il gioiello di Luigi XIV o, com’era conosciuto altrove, l’Occhio di Dio».

«I suoi appunti sono stati sufficienti a convincere la mia scettica collega» Malfoy indicò Hermione, con un cenno del capo. «Ma, adesso, dobbiamo sapere tutto. Non bastano informazioni estrapolate qui e lì. Avremmo preferito saper tutto via lettera, ma, poiché ormai siamo qui, immagino che pretendere tutte le informazioni che sono in vostro possesso non sia così irrazionale».

L’uomo grugnì, probabilmente non notando l’aria ancora scettica assunta dalla strega. «Il male è nascosto in piena vista, Signor Malfoy. Dovevo assicurarmi che le informazioni giungessero a voi ed a nessun altro. Per questo vi chiedo di non divulgare quello che scoprirete, so bene che al vostro Ministero c’è una talpa non ancora individuata» borbottò, fermandosi a causa di un brutto colpo di tosse. Estrasse un fazzoletto dal taschino, asciugandosi un po’ di sangue dall’angolo delle labbra.

Hermione fu tentata di chiedergli se si sentisse bene, ma un’occhiata del collega la bloccò sul posto.

Non aspetta altro che una scusa per trattarti male – sembrava voler dire, con quell’occhiata. – Non dargli una scusa per massacrarci di sensi di colpa.

«Stando alle mie ricerche, lo Specchio delle Anime ha fatto la sua prima comparsa in alcuni geroglifici egizi, in una piramide minore di Menfi» cominciò l’uomo, indicando il primo plico di fogli che aveva posizionato davanti a lui, su un grazioso tavolino da salotto. Sporgendosi, Hermione riuscì appena a notare dei simboli che, però, non erano comprensibili a lei.

Conosceva l’antica lingua celtica, conosceva il latino ed il greco. Ma i Geroglifici restavano ancora un mistero, per lei.

«Era chiamato Occhio di Osiride» continuò il professore. «Delle iscrizioni riportano che l’Occhio era utilizzato dai Sommi Sacerdoti per conoscere l’avvenire e la volontà degli Spiriti del Passato. Sembrava, infatti, che lo specchio riuscisse a mostrare la volontà dei Morti, tenuti, naturalmente, in altissima considerazione dal grande popolo» sorrise, sarcastico. «Alcuni passaggi dei papiri ritrovati appartenevano a dei nobili, convinti che i consigli dei Saggi fossero dei trucchi»

«Cosa ovviamente reale» convenne Malfoy, divertito. «Anche i bambini sanno che non bisogna fidarsi delle anime perdute. Se sono buone, allora si arrabbieranno per essere state disturbate, se, invece, sono crudeli, faranno di tutto per restare in contatto con il mondo umano e distruggere le vite dei mortali».

«Sta zitto» sibilò Hermione, con un’occhiataccia. «La prego professore, continui».

L’uomo annuì, scosso da un altro piccolo colpo di tosse.

«Ebbene, sembra che lo specchio sia rimasto nei Palazzi Reali d’Egitto fino all’Età d’Oro di Atene, quando un banale ladro di tombe la consegnò a Pericle» continuò, indicando il secondo plico. «Lì, lo Specchio venne chiamato Porta dell’Ade e divenne uno dei simboli del Potere Divino tenuti in maggior riguardo e maggior riservatezza. Sono state trovate pochissime iscrizioni che vi fanno riferimento e tutte sono zeppe di spergiuri».

«I Greci rispettavano il Dio Ade» intervenne Hermione, quando notò che Malfoy avesse già aperto la bocca. Qualcosa, dentro di lei, sembrava volerla riportare ai tempi della scuola. «Ma, pur rispettandolo come fratello di Zeus, tremavano all’idea di entrare in contatto con lui. Chi si avvicina all’Oltretomba, di solito ne viene risucchiato».

Come se non se ne fosse quasi reso conto, il Professore si portò le prime tre dita della mano destra al cuore, come se avesse voluto artigliarsi il petto. Hermione riconobbe quel gesto come un modo per allontanare il malocchio, usato proprio nell’Antica Grecia*.

«Ha ragione, Signorina Granger, e si può dire che avessero ragione nel volerlo tenere nascosto. Come accaduto in Egitto, dopo i primi anni di saggi consigli e bellezza, la storia sembrò ripetersi e lo specchio condusse Atene sull’orlo del collasso. Almeno, finché non venne condotto, nel 336 prima di Cristo, presso la corte di Alessandro il Macedone».

Un altro colpo di tosse gli fece interrompere il racconto e, allora, Hermione non riuscì più a impedirsi di avvicinarsi per assicurarsi che stesse bene.

L’uomo, però, sembrò stare meglio di quanto lei pensasse, vista la velocità con cui estrasse una pistola da dietro le sue spalle, puntandola contro la strega.

Con un gesto brusco, Malfoy afferrò Hermione per la giacca e la tirò al suo posto, fulminandola malamente con lo sguardo. La pistola del professore, allora, piuttosto che abbassarsi si posò su di lui.

«Non ho bisogno del vostro aiuto, Mostri» sibilò, pallido, mentre l’arma tremava nella sua fragile mano. I suoi occhietti erano sgranati, animati da una furia cieca. C’era un terrore tale, nel suo viso, da far tremare anche l’animo della giovane strega che per prima era stata minacciata. «Se ho accettato di farvi entrare è stato solo perché sono stato costretto. Ma credetemi, non ho nulla da perdere. Un solo movimento e sarò felicissimo di macchiare la mia preziosa moquette con il vostro sangue».

Hermione era atterrita.

Pallida, contro lo schienale della poltrona, si sentì improvvisamente debole.

-Il tuo stupido sangue… credi mi faccia schifo?

«Non facciamoci prendere dal panico, adesso» con una calma che quasi stonava in quella situazione, Malfoy alzò la mano destra verso il Professore, guardandolo dritto negli occhi. L’altra mano, invece, si strinse al braccio della sua collega, tenendola più indietro possibile. «Vogliamo soltanto le nostre informazioni, professore. Finisca di raccontare, ci consegni il fascicolo e toglieremo il disturbo» provò a dire, pacato, stringendo la presa sul braccio di Hermione quando la sentì tremare.

«Creature infide, voi maghi. Volevate prendermi in giro, eh? Qual era il suo intento? Eliminare l’unico testimone? Io non dimenticherò» ringhiò il vecchio, con la mano tremante ancora puntato verso i due. Un rivolo di sangue colava dal suo naso, ma lui sembrava non volersene curare.

«Tutto ciò che Miss Granger voleva fare era aiutarla, infido vecchio che non è altro» gli sibilò contro l’ex Serpeverde, probabilmente rimpiangendo il momento in cui aveva deciso di partecipare a quell’incontro. «Siamo disarmati e la mia collega non è decisamente capace di far del male a qualcuno, soprattutto non un vecchio paraplegico. Ho ragione, Granger?».

Dal canto suo, Hermione sentì di concordare con lui, pur non avendo la forza di aprire bocca. Si limitò ad annuire nervosamente, infossandosi nella poltrona. Si sentiva colta da un freddo gelido alle ossa, il petto stretto in una morsa. Tutto ciò che avrebbe voluto fare, in quel momento, era rannicchiarsi su se stessa e mettersi a piangere.

Maledizione, non davanti a Malfoy.

«Non ho bisogno dell’aiuto di quelli come voi» ringhiò il professore, con l’espressione di qualcuno che avrebbe volentieri sputato loro contro, se ne avesse avuta la forza. Poi, con disprezzo, abbassò l’arma, indicando i fogli sul tavolino. «Alessandro Magno tenne di gran conto lo specchio, ci sono numerosi reperti che fanno pensare al fatto che lo portasse sempre con sé, ma durante la spedizione in Asia qualcosa andò storto».

Il modo in cui aveva semplicemente ricominciato a raccontare fu quasi preoccupante. Parlava velocemente, mangiandosi delle parole, ma stando bene attento a farsi comprendere. Non voleva essere accusato di averli ostacolati, forse? Oppure non voleva che tornassero a disturbarlo, dopo?

«Gli uomini improvvisamente si stancarono di combattere e Alessandro iniziò a decadere» continuò, imperterrito il professore, con la pistola ancora bene in vista, sulle sue gambe. I suoi occhietti saettavano dalla posa ancora difensiva di Malfoy a quella terrorizzata di Hermione. Non era intenzionato a tranquillizzarsi. «Alcuni testi rinvenuti nell’Altopiano del Gange fecero pensare che avesse lasciato lo Specchio in India, dove passò di Principato in Principato. Da quel momento in poi, la storia è estremamente confusa. Si pensa sia passato in Italia, forse in Germania. L’ultimo luogo certo in cui è stato individuato è stato Parigi. Versailles, per essere precisi, alla corte di Luigi XIV prima e, infine, presso Luigi XVI e Maria Antonietta d’Austria, nel 1789».

«Fatemi indovinare, è andato perduto dopo la Rivoluzione?» tentò il Mago, probabilmente tentato di alzare gli occhi al cielo. «Non ci sono altre notizie?»

Il professore assottigliò lo sguardo, negando leggermente. «Niente di certo, ma vi dirò una cosa… ovunque sia stato, lo Specchio ha lasciato una traccia. E la traccia è sempre un indizio».

«Un indizio su cosa?»

«Un indizio sul luogo in cui si trovava prima di giungere nel nuovo nido. Lo specchio lascia sempre una traccia. Seguitela e giungerete alla fonte» disse l’uomo, serio. «Le leggende vogliono che esista un collegamento, fra la fonte e lo Specchio… andate lì e saprete dove si trova lo specchio».

«L’avete detto anche a loro?» chiese, all’improvviso, Malfoy, serio. La sua mano era stretta a pugno, il nervosismo evidente nella postura delle spalle.

Loro?

Il vecchio ghignò. «Certo che no. Loro hanno già lo specchio, hanno soltanto bisogno della prima luna d’inverno per farlo funzionare. Adesso, per piacere, uscite dal mio ufficio».

«Cosa intende con-?»

«Uscite!»

 

***

 

Ciò che più attrae, nei resoconti che sono stati tramandati al riguardo, è l’attenzione maniacale che è stata posta nello specificare la negatività che derivava dall’uso [dello specchio].

Nell’Antico Egitto si parlava della Maledizione di Osiride, in Grecia della Furia dell’Ade. Alcuni storici arrivarono ad ipotizzare che la stessa Rivoluzione Francese fosse stata una conseguenza dell’uso smodato che dello specchio fecero i Borboni.

Dalle infinite Ricchezze alle piaghe della carestia, l’Oggetto seminò distruzione in tutto il Vecchio Continente, portando con sé il nefasto consiglio dell’Aldilà. I più autorevoli conoscitori dell’Epoca, suggerirono che non potesse viaggiare per mare, poiché il riflesso di un riflesso avrebbe imprigionato le anime in fuga in un oblio senza fine.

Quanto alle descrizioni, nessuno conosce con certezza la sua forma originaria. Gli egizi parlavano di una Sfera Riflettente che riversava sul Mondo la Saggezza di Osiride, i Greci parlavano di uno scudo dalla lucentezza mai vista, capace di mostrare le anime sfuggite dall’Ade, ancora gli Artisti Rinascimentali Italiani parlavano di uno specchio riccamente decorato, con la cornice incisa dagli angeli.

Nonostante il dubbio sulla forma materiale, tutte le fonti si guardano bene dal consigliarne la ricerca. Grandi cose, sembra abbia fatto, chiunque ne sia entrato in possesso. I segreti della Vita e del Trapasso, aperti a costui come le pagine di un manuale, la Gloria Eterna una promessa ad un passo dall’essere mantenuta, crollarono tutti con la fragilità del volo di un pettirosso ferito e fu Disgrazia su loro e su quelli che li seguirono.

Perché nulla vuole la morte, se non Morte stessa.

 

Theodore F. Witherspoon, Anima Mundi – Il Mondo Occulto;

Edizione Originale 1939.

 

***

 

Ebbene, erano ben poche le cose capaci di irritare a morte Hermione Granger.

La prima era l’ignoranza gratuita. Hermione detestava con tutta se stessa le espressioni della cosiddetta beata ignoranza che la maggior parte dei suoi amici e colleghi tollerava con graziosa benevolenza. Naturalmente, Hermione non incolpava nessuno per i propri deficit di educazione, lei stessa era ben consapevole di peccare in molti ambiti e di non poter risolvere tutte queste mancanze nel tempo che la vita umana le metteva a disposizioni. Ma l’esaltazione dell’ignoranza in quanto tale, la presunzione di conoscenza senza alcuna base razionale… quella era la prima delle poche cose che irritavano Hermione.

-Io lo so che è stato il tuo stupido gatto a mangiare Crosta!

La seconda era la crudeltà gratuita verso gli esseri più deboli ed indifesi. Dall’essere lei stessa una creatura che necessitava protezione, aveva acquisito abbastanza conoscenze da poter agire contro chiunque usasse la prepotenza per vincere. Il C.R.E.P.A. era stato la sua più grande conquista, il suo più grande vanto. Niente la infastidiva più del vedere un piccolo elfo domestico costretto a torturarsi per piacere altrui.

-Stupido idiota, dovremmo ordinargli di chiudersi le dita nel forno.

La terza cosa, una novità che aveva appena scoperto, era il mutismo ostinato in cui Draco Malfoy si rinchiudeva quando rifletteva su qualcosa di più complesso di un brano di Rune da principianti.

«Malfoy» chiamò, per l’ennesima volta, cercando di ottenere l’attenzione del collega, senza il minimo successo. Il biondo era rimasto chino sul plico di fogli ottenuti dal professor Rochester dal momento in cui si erano accomodati nell’angolo più sperduto della biblioteca universitaria, per poterli studiare.

Di positivo c’era che avesse lasciato leggere prima lei.

«Malfoy» provò ancora, spazientita, cominciando a battere leggermente l’indice sulla superficie del tavolo.

Il biondo si limitò ad un grugnito ed a qualcosa di simile ad un “shh”.

Ad Hermione andò il sangue al cervello.

«Malfoy» disse alla fine, a voce alta, sbattendo il pugno sul tavolo con tutta la forza che aveva in corpo e cercando di metterci dentro tutta la rabbia accumulata negli ultimi venti minuti.

Proprio quando lui alzò gli occhi dal plico, con la migliore fra le espressioni atterrite, arrivò il richiamo furioso della bibliotecaria, che le intimò il silenzio.

«Si comporti bene, signorina, o dovrò chiederle di uscire! Questa è una biblioteca, faccia come il suo amico!» le ringhiò contro, fulminandola dall’alto dei suoi occhialini dal bordo coperto di strass, indicando poi il biondo come se fosse stato un’apparizione miracolosa.

Per la prima volta in vita sua, forse a causa della stizza per il rimprovero o forse per la considerazione di Malfoy come qualcuno degno di stima, Hermione fu tentata di fare la linguaccia alla nuca di un rappresentate dell’istituzione scolastica.

«Mezzosangue, contieniti» le sussurrò Malfoy, ancora con l’espressione da nobile principe cui qualcuno aveva sgualcito il mantello. «Siamo in una biblioteca, non credevo che proprio tu potessi essere così indisciplinata» la rimproverò, senza tuttavia nascondere un sorriso sarcastico. «Ah, dev’essere colpa di Potter e Weasley, ho sempre pensato che fossero una pessima compagnia, con la loro mania di protagonismo e quel loro essere così… pezzenti».

Fu solo lo spettro del rimprovero appena subito che le impedì di mettersi a urlare un’altra volta. Si limitò a stringere i denti, lasciandone uscire un sibilo minaccioso.

«Non parlare così di Harry, Malfoy. Ricordati che ti ha salvato la vita» gli sibilò contro, godendo nel vederlo irrigidirsi. Si vergognò subito di quell’emozione, ma non ebbe tempo per pensare di scusarsi.

«E la donnola? » le chiese, con l’intenzione manifesta di metterla in difficoltà. «Perché non difendi lui? C’era, nella Stanza delle Necessità».

«Lui è così abituato ai tuoi insulti sciocchi da non aver più bisogno di essere difeso» liquidò in fretta la questione, incrociando le braccia al petto. «Adesso che ho la tua attenzione, ti dispiace dirmi come sei arrivato al Professore e cosa accidentaccio gli è successo? Stava per spararmi» sbottò, a bassa voce, sentendo perfettamente gli occhietti scuri della bibliotecarie sulla schiena.

Malfoy inarcò le sopracciglia, poggiandosi allo schienale della scomoda sedia di legno.

«Ignorerò, per questa volta, il tuo terribile tentativo di cambiare discorso, Granger» commentò, esasperato, prima di riavvicinarsi a lei, per evitare che potessero sentirlo ed invitandola a fare lo stesso. Se lei lo accontentò, fu solo perché sapeva di non poter fare altrimenti. La vicinanza a quell’uomo le metteva ancora i brividi, nonostante conoscesse bene la sua storia. «Augustus Rochester è l’unico Babbano sopravvissuto alle torture di mia zia» la informò.

L’immagine di Bellatrix fece capolino nella mente di Hermione, lasciandole un fastidioso senso di nausea.

«Lo hanno catturato qualche mese prima della caduta del Sign-» si fermò, scuotendo lievemente il capo. «Di Tu-Sai-Chi. Lui temeva per la propria sopravvivenza e voleva lo specchio. A quanto pare, il maggiore esperto era proprio Rochester» spiegò, velocemente, guardandosi nervosamente intorno. «È stato il Ministro a convocarlo, su mia indicazione. Sapevo il motivo per cui era stato condotto da noi e sapevo che mia zia l’aveva risparmiato, perché poteva esser loro utile».

«Tu non hai assistito?» gli domandò Hermione, nervosa.

«No, lui non si fidava di me» disse, per poi sorridere, sarcastico. «Non possiamo dargli tutti i torti, dopotutto, no?» aggiunse, con un divertimento apparente che però non contagiò il suo sguardo. «Alla fine della guerra ho continuato a tener d’occhio il professore, ma non mi sono avvicinato. Ha troppa paura di chiunque, come hai potuto notare»

«Possiamo fidarci?»

«Dobbiamo, Mezzosangue» sospirò lui, scuotendo lievemente il capo. «Loro hanno lo specchio, ma soltanto al primo plenilunio d’Inverno potranno utilizzarlo. Se riusciremo a trovare la fonte, allora troveremo loro e li fermeremo».

Hermione strinse le labbra, puntando gli occhi sul plico di fogli che si trovava fra lei e Malfoy. Qualcosa non quadrava.

«Perché hanno aspettato oltre sei anni, per usarlo? Cosa credono di fare?».

«Questo non posso dirtelo, Mezzosangue» le rispose, raddrizzandosi sulla sedia. «Ma credo che un viaggio in Francia non ce lo risparmierà nessuno» aggiunse, con un ghigno divertito e complice. «Stando agli appunti del Professore, l’ultimo avvistamento dello specchio risale alla Rivoluzione Francese…»

«Vuoi andare a cercare la Traccia? A Versailles

«Tira fuori il vestito della festa, Granger, dobbiamo andare a palazzo».

 

 

 

»Marnie’s Corner

 

Bentrovati e bentornati, cari amici di EFP!

 

Come ogni lunedì, rieccomi su efp per presentarvi un altro capitolo di delirio. Sono sempre più felice ed emozionata, notando il modo in cui il numero di preferiti/seguiti/ricordati aumenta.

Grazie, davvero.

A questo punto, però, mi sembra opportuno chiedere: vi piace come si sta evolvendo la storia? Banale? Complicata? Sono aperta a tutte le critiche.

 

Punti importanti:

» * Questo gesto scaramantico appartiene davvero alla cultura della Grecia classica. Inizialmente credevo fosse frutto dell’ingegno dell’autore di Percy Jackson, ma ho fatto le mie ricerche e l’ho trovato in più fonti. Quindi, eccovi serviti! Il professore ha paura della morte, ma, infondo, di cosa non ha paura?

» Il professor Rochester è un mio OC, come al solito, vedete di non metterlo in mezzo senza avermi avvisata! Come avrete notato, il vecchietto non mi sta affatto simpatico. Diciamo che, dal mio personale punto di vista, credo che Bellatrix non l’abbia ucciso per dispetto, vincolandolo ad un’esistenza di dolore. Lui vuole morire, ma ne ha paura. Diciamo che è un po’ fuori di zucca.

»Prossima tappa, Versailles! Il prossimo sarà un capitolo carico di azione (almeno spero), quindi no disperate, la noia non sarà eterna.

 

 

Grazie infinite a tutti coloro che hanno commentato, i vostri pareri sono il cibo della mia ispirazione, senza di voi non so neppure se avrei avuto il coraggio di pubblicare ancora. Grazie, davvero.

 

Grazie ancora a chiunque leggerà, ci becchiamo lunedì (o nel weekend!) prossimo,

-Marnie

 

 

 

 

   
 
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