Lo Specchio delle Anime.
Fear is the main source of superstition, and one of
the main sources of cruelty.
To conquer fear is the beginning of wisdom.
[Bertrand Russel]
Atto III – Parte II
Il Professore sopravvissuto.
L’Università che sorgeva nel
cuore di St. Andrews, in
Scozia, era un adorabile scenario da cartolina, che Hermione avrebbe volentieri
immortalato in una fotografia da mostrare a sua madre, quando avesse trovato
abbastanza tempo da farle visita.
Bugiarda.
L’odore di terra umida e mura
antiche – non c’era altro modo per identificare quel profumo particolare, che
l’aveva sempre incantata tanto – le solleticò le narici, mentre si avviava
velocemente lungo il viale principale. Intorno a lei, la vita dell’Università
continuava come sempre, indisturbata, fra lamenti e risate.
Sembrava di essere ad
Hogwarts, senza la paura della guerra.
L’assistente del Professor Rochester era immobile davanti al portone d’ingresso, con i
capelli impomatati praticamente incollati alla testa, dei grossi occhiali che
continuavano a scivolargli sul naso e l’aria di qualcuno decisamente infelice
del compito che gli era stato affidato.
«Ginger e Malfy?» disse, non appena lo
raggiunsero, squadrandoli dall’alto in basso nonostante non superasse il metro
e mezzo d’altezza. Quando la strega fece per correggerlo, lui alzò la mano per
impedirle di aprire bocca. «Lui vi aspetta nel suo ufficio» comunicò, dando
loro le spalle e risalendo i pochi gradini, senza neppure curarsi che lo stessero
seguendo.
Il mago e la strega si
guardarono, lei corrucciata per esser stata zittita e lui accigliato per quello
strano modo di comportarsi.
Nel frattempo, l’assistente
senza nome era già arrivato alla fine del salone d’ingresso, se non si fossero
sbrigati li avrebbe semplicemente abbandonati lì. Per quanto l’idea fosse
stimolante, vista l’antichità della struttura, decisamente non c’era il tempo
per fare i turisti.
«Ginger, dopo di te» commentò Malfoy, con le sopracciglia inarcate, facendole
cenno elegantemente di precederlo. Il fatto stesso che avesse deciso di
soprassedere a quella storpiatura del suo nome aveva lasciato la giovane
totalmente basita.
«Grazie, Malfy».
Seguirono l’ombra del giovane
assistente lungo un paio di corridoi affollati, oltre delle scalinate e,
infine, lungo un corridoio dalle infinite porte. Quando lo raggiunsero, lui li
squadrò ancora una volta con i suoi occhietti scuri, per poi dar loro le
spalle, bussare tre volte e spalancare la porta.
Sul legno chiaro, incisa
sopra una placca d’oro, c’era l’iscrizione “Professor
A. Rochester – Storia dell’arte Medievale”,
accompagnata da un post-it che invitava chiunque a
non disturbare.
«Sono arrivati, professore.
Avverto il Suo sostituto che è
impegnato e non potrà raggiungerlo» disse il giovane, chinando leggermente il
capo, prima di uscire e far cenno ai due
ospiti di accomodarsi. Dall’interno della stanza non era arrivato alcun suono,
forse il professore si era limitato ad un cenno.
«Mezzosangue» le sibilò Malfoy, richiamando la sua attenzione prima
che lei potesse irrompere nella stanza. «Qualunque cosa succeda, non fissargli
le gambe e non cedere alle sue provocazioni» l’avvisò, serio, indicando con un
cenno l’interno della stanza. «È un tipo un po’ suscettibile».
Hermione si accigliò. «Cosa
vuoi dire?» ebbe appena il tempo di sussurrare, prima di essere malamente
spinta all’interno.
Bastò uno sguardo per capire
cosa intendesse Malfoy.
Il professor Augustus Rochester era un uomo
che aveva abbondantemente superato la sessantina, senza capelli e con il viso
estremamente rugoso. I suoi occhi erano piccoli e azzurri, si muovevano
nervosamente per la stanza, tornando molte volte alle finestre. Ma ad attirare
l’attenzione erano le sue gambe o, per essere ancora più precisi, ciò che restava delle sue gambe. La
destra era irrimediabilmente storta, contorta su se stessa come se qualcuno
l’avesse tenuta ferma dopo aver fatto ruotare tutto il corpo; alla sinistra
mancava il piede, sostituito da una protesi, ed era piegata in modo tutt’altro che naturale.
Se Malfoy non l’avesse
avvisata, Hermione si sarebbe ritrovata a fissarlo senza il minimo ritegno.
Invece, spostando immediatamente gli occhi sul suo viso, riuscì a cogliere
perfettamente la sua espressione contrariata. Lui voleva che lei lo fissasse. Voleva
trovare una scusa per aggredirla e farla sentire a disagio: per quel motivo
non si era nascosto dietro la scrivania, preferendo accomodarsi accanto al
camino acceso.
Vecchio bastardo.
«Tornerò fra un’ora per il
tè, professore» disse, pedante, l’assistente, chiudendo la porta con tale
violenza da far quasi inciampare Malfoy, non ancora entrato. Il giovane si
voltò e dedicò al legno uno sguardo irritato, senza tuttavia aprire bocca.
«Draco Malfoy» chiamò il
Professore, dedicandogli uno sguardo che avrebbe dovuto essere di benvenuto, ma
che, in realtà, non fece altro che trasmettere stizza. «Credevo non saresti
venuto, considerato il terribile ritardo» commentò, voltando poi gli occhi
verso la strega, con un sorriso affilato. «E voi dovete essere la Signorina
Granger. Molto piacere di conoscerla».
Con un riflesso
incondizionato, Hermione gli porse la mano, che però lui non strinse,
fissandola come se avesse avuto paura che potesse rivoltarsi contro di lui e
bruciarlo. Solo dopo vari secondi, imbarazzata, si ritirò, raccogliendo le mani
in grembo.
L’uomo sorrise, assolutamente
non imbarazzato. «Perdonatemi, Signorina, ma io non tocco mai nessuno» spiegò,
con tranquillità. «Inoltre, pregherei entrambi di lasciare le bacchette magiche
e tutte le possibili armi sulla mia scrivania, dove nessuno potrà raggiungerle»
nel dirlo, indicò il tavolo alle sue spalle. I suoi occhietti chiari
indugiarono su Hermione finché lei non fu costretta ad alzarsi e riporre la
bacchetta, ricevendo in cambio solo un cenno stizzito ed un cenno ad
accomodarsi su una delle due poltrone, disposte il più lontano possibile dalla
sedia a rotelle e dalla scrivania. Subito dopo, gli occhi dell’uomo si posarono
sul giovane mago, ma, una volta che lui ebbe deposto la bacchetta, non fece
altro che inarcare le sopracciglia. «Tutte le armi, Malfoy, non credere che non
abbia visto il resto» sibilò quindi
il vecchio, con crudeltà.
Hermione si accigliò e fece
per intervenire, ma, in quel momento, Malfoy ridacchiò, tirando fuori dalle
tasche quelli che avevano proprio l’aria di essere diversi coltellini svizzeri,
oltre che strumenti mai visti prima d’allora.
Posato l’ultimo oggetto nelle
sue tasche, il giovane mago si accomodò accanto alla collega, accavallando
elegantemente le gambe sotto lo sguardo compiaciuto ma ancora preoccupato del
Professore.
«Benissimo» mugugnò il
vecchio, soddisfatto, prendendo a fissarli entrambi con maggiore
interessamento, una volta completamente disarmati. Il punto in cui erano
seduti, così lontani da lui e dalle bacchette, avrebbe impedito qualsiasi
movimento imprevisto. «Beh? Devo anche farmi le domande da solo?» sbottò
quindi, con tono antipatico, allargando le mani come se tutto il tempo perso
fino a quel momento fosse stato esclusivamente causa loro.
Il primo a riprendersi fu
Malfoy. «Ci stavamo semplicemente sottoponendo al vostro esame, professor Rochester» disse, sarcastico. «Non vorremmo mai che le
sfuggisse uno stuzzicadenti nascosto sotto la suola delle scarpe, potremmo
tentare di accecarla» aggiunse, alzando gli occhi al cielo, mentre Hermione, al
suo fianco, tentava disperatamente di intimargli il silenzio.
«Siamo spiacenti del ritardo,
signore, ma siamo stati trattenuti» si scusò immediatamente, con un sorriso
gentile.
«È stato lei a dirci di
venire, Professore. Sa cosa ci interessa, prima parlerà e prima potremo
togliere il disturbo, non crede?».
«Malfoy».
Il professore rise – una
risata roca, graffiante e fastidiosa – impedendole con un cenno di continuare.
«Lo lasci stare, Signorina Granger. Sono abituato a questi modi prepotenti, lui
non è diverso dagli altri studiosi alle prime armi che si presentano alla mia
porta, credendo di conoscere tutto» la rassicurò, mentre il giovane commentava
con un verso sprezzante. «E lei non grugnisca, non è certo un maiale» aggiunse,
divertito. I suoi occhi sembrarono brillare, per un singolo momento. «Siete qui
per lo Specchio delle Anime, se non sbaglio. Il gioiello di Luigi XIV o, com’era conosciuto altrove, l’Occhio di
Dio».
«I suoi appunti sono stati
sufficienti a convincere la mia scettica collega» Malfoy indicò Hermione, con
un cenno del capo. «Ma, adesso, dobbiamo sapere tutto. Non bastano informazioni
estrapolate qui e lì. Avremmo preferito saper tutto via lettera, ma, poiché
ormai siamo qui, immagino che pretendere tutte le informazioni che sono in
vostro possesso non sia così irrazionale».
L’uomo grugnì, probabilmente
non notando l’aria ancora scettica assunta dalla strega. «Il male è nascosto in
piena vista, Signor Malfoy. Dovevo assicurarmi che le informazioni giungessero
a voi ed a nessun altro. Per questo vi chiedo di non divulgare quello che
scoprirete, so bene che al vostro Ministero c’è una talpa non ancora
individuata» borbottò, fermandosi a causa di un brutto colpo di tosse. Estrasse
un fazzoletto dal taschino, asciugandosi un po’ di sangue dall’angolo delle
labbra.
Hermione fu tentata di
chiedergli se si sentisse bene, ma un’occhiata del collega la bloccò sul posto.
Non aspetta altro che una scusa per trattarti male – sembrava voler dire, con quell’occhiata. – Non dargli una scusa per massacrarci di sensi di colpa.
«Stando alle
mie ricerche, lo Specchio delle Anime ha fatto la sua prima comparsa in alcuni geroglifici
egizi, in una piramide minore di Menfi» cominciò l’uomo, indicando il primo
plico di fogli che aveva posizionato davanti a lui, su un grazioso tavolino da
salotto. Sporgendosi, Hermione riuscì appena a notare dei simboli che, però,
non erano comprensibili a lei.
Conosceva
l’antica lingua celtica, conosceva il latino ed il greco. Ma i Geroglifici
restavano ancora un mistero, per lei.
«Era chiamato Occhio di Osiride» continuò il
professore. «Delle iscrizioni riportano che l’Occhio era utilizzato dai Sommi Sacerdoti per conoscere l’avvenire
e la volontà degli Spiriti del Passato. Sembrava, infatti, che lo specchio
riuscisse a mostrare la volontà dei Morti, tenuti, naturalmente, in altissima
considerazione dal grande popolo» sorrise, sarcastico. «Alcuni passaggi dei
papiri ritrovati appartenevano a dei nobili, convinti che i consigli dei Saggi
fossero dei trucchi»
«Cosa ovviamente reale»
convenne Malfoy, divertito. «Anche i bambini sanno che non bisogna fidarsi
delle anime perdute. Se sono buone, allora si arrabbieranno per essere state
disturbate, se, invece, sono crudeli, faranno di tutto per restare in contatto
con il mondo umano e distruggere le vite dei mortali».
«Sta zitto» sibilò Hermione,
con un’occhiataccia. «La prego professore, continui».
L’uomo annuì, scosso da un
altro piccolo colpo di tosse.
«Ebbene, sembra che lo
specchio sia rimasto nei Palazzi Reali d’Egitto fino all’Età d’Oro di Atene,
quando un banale ladro di tombe la consegnò a Pericle» continuò, indicando il
secondo plico. «Lì, lo Specchio venne chiamato Porta dell’Ade e divenne uno dei simboli del Potere Divino tenuti
in maggior riguardo e maggior riservatezza. Sono state trovate pochissime
iscrizioni che vi fanno riferimento e tutte sono zeppe di spergiuri».
«I Greci rispettavano il Dio
Ade» intervenne Hermione, quando notò che Malfoy avesse già aperto la bocca.
Qualcosa, dentro di lei, sembrava volerla riportare ai tempi della scuola. «Ma,
pur rispettandolo come fratello di Zeus, tremavano all’idea di entrare in
contatto con lui. Chi si avvicina all’Oltretomba, di solito ne viene
risucchiato».
Come se non se ne fosse quasi
reso conto, il Professore si portò le prime tre dita della mano destra al
cuore, come se avesse voluto artigliarsi il petto. Hermione riconobbe quel
gesto come un modo per allontanare il malocchio, usato proprio nell’Antica Grecia*.
«Ha ragione, Signorina
Granger, e si può dire che avessero ragione nel volerlo tenere nascosto. Come
accaduto in Egitto, dopo i primi anni di saggi consigli e bellezza, la storia
sembrò ripetersi e lo specchio condusse Atene sull’orlo del collasso. Almeno,
finché non venne condotto, nel 336 prima di Cristo, presso la corte di
Alessandro il Macedone».
Un altro colpo di tosse gli
fece interrompere il racconto e, allora, Hermione non riuscì più a impedirsi di
avvicinarsi per assicurarsi che stesse bene.
L’uomo, però, sembrò stare
meglio di quanto lei pensasse, vista la velocità con cui estrasse una pistola
da dietro le sue spalle, puntandola contro la strega.
Con un gesto brusco, Malfoy
afferrò Hermione per la giacca e la tirò al suo posto, fulminandola malamente
con lo sguardo. La pistola del professore, allora, piuttosto che abbassarsi si
posò su di lui.
«Non ho bisogno del vostro
aiuto, Mostri» sibilò, pallido,
mentre l’arma tremava nella sua fragile mano. I suoi occhietti erano sgranati,
animati da una furia cieca. C’era un terrore tale, nel suo viso, da far tremare
anche l’animo della giovane strega che per prima era stata minacciata. «Se ho
accettato di farvi entrare è stato solo perché sono stato costretto. Ma credetemi, non ho nulla da perdere. Un solo movimento
e sarò felicissimo di macchiare la mia preziosa moquette con il vostro sangue».
Hermione era atterrita.
Pallida, contro lo schienale
della poltrona, si sentì improvvisamente debole.
-Il tuo stupido sangue… credi mi faccia schifo?
«Non facciamoci prendere dal
panico, adesso» con una calma che quasi stonava in quella situazione, Malfoy
alzò la mano destra verso il Professore, guardandolo dritto negli occhi.
L’altra mano, invece, si strinse al braccio della sua collega, tenendola più
indietro possibile. «Vogliamo soltanto le nostre informazioni, professore.
Finisca di raccontare, ci consegni il fascicolo e toglieremo il disturbo» provò
a dire, pacato, stringendo la presa sul braccio di Hermione quando la sentì
tremare.
«Creature infide, voi maghi. Volevate prendermi in
giro, eh? Qual era il suo intento? Eliminare l’unico testimone? Io non dimenticherò» ringhiò il vecchio,
con la mano tremante ancora puntato verso i due. Un rivolo di sangue colava dal
suo naso, ma lui sembrava non volersene curare.
«Tutto ciò che Miss Granger
voleva fare era aiutarla, infido vecchio che non è altro» gli sibilò contro
l’ex Serpeverde, probabilmente rimpiangendo il momento in cui aveva deciso di partecipare
a quell’incontro. «Siamo disarmati e la mia collega non è decisamente capace di far del male a qualcuno, soprattutto non un
vecchio paraplegico. Ho ragione, Granger?».
Dal canto suo, Hermione sentì
di concordare con lui, pur non avendo la forza di aprire bocca. Si limitò ad
annuire nervosamente, infossandosi nella poltrona. Si sentiva colta da un
freddo gelido alle ossa, il petto stretto in una morsa. Tutto ciò che avrebbe
voluto fare, in quel momento, era rannicchiarsi su se stessa e mettersi a
piangere.
Maledizione, non davanti a Malfoy.
«Non ho bisogno dell’aiuto di
quelli come voi» ringhiò il
professore, con l’espressione di qualcuno che avrebbe volentieri sputato loro
contro, se ne avesse avuta la forza. Poi, con disprezzo, abbassò l’arma, indicando
i fogli sul tavolino. «Alessandro Magno tenne di gran conto lo specchio, ci
sono numerosi reperti che fanno pensare al fatto che lo portasse sempre con sé,
ma durante la spedizione in Asia qualcosa
andò storto».
Il modo in cui aveva
semplicemente ricominciato a raccontare fu quasi preoccupante. Parlava
velocemente, mangiandosi delle parole, ma stando bene attento a farsi
comprendere. Non voleva essere accusato di averli ostacolati, forse? Oppure non
voleva che tornassero a disturbarlo, dopo?
«Gli uomini improvvisamente
si stancarono di combattere e Alessandro iniziò a decadere» continuò,
imperterrito il professore, con la pistola ancora bene in vista, sulle sue
gambe. I suoi occhietti saettavano dalla posa ancora difensiva di Malfoy a
quella terrorizzata di Hermione. Non era intenzionato a tranquillizzarsi.
«Alcuni testi rinvenuti nell’Altopiano del Gange fecero pensare che avesse
lasciato lo Specchio in India, dove passò di Principato in Principato. Da quel
momento in poi, la storia è estremamente confusa.
Si pensa sia passato in Italia, forse in Germania. L’ultimo luogo certo in cui
è stato individuato è stato Parigi. Versailles, per essere precisi, alla corte
di Luigi XIV prima e, infine, presso Luigi XVI e Maria
Antonietta d’Austria, nel 1789».
«Fatemi indovinare, è andato
perduto dopo la Rivoluzione?» tentò il Mago, probabilmente tentato di alzare
gli occhi al cielo. «Non ci sono altre notizie?»
Il professore assottigliò lo
sguardo, negando leggermente. «Niente di certo, ma vi dirò una cosa… ovunque
sia stato, lo Specchio ha lasciato una traccia. E la traccia è sempre un indizio».
«Un indizio su cosa?»
«Un indizio sul luogo in cui
si trovava prima di giungere nel
nuovo nido. Lo specchio lascia sempre una traccia. Seguitela
e giungerete alla fonte» disse l’uomo, serio. «Le leggende vogliono che esista
un collegamento, fra la fonte e lo Specchio… andate lì e saprete dove si trova
lo specchio».
«L’avete detto anche a loro?» chiese, all’improvviso, Malfoy,
serio. La sua mano era stretta a pugno, il nervosismo evidente nella postura
delle spalle.
Loro?
Il vecchio ghignò. «Certo che
no. Loro hanno
già lo specchio, hanno soltanto bisogno della prima luna d’inverno per
farlo funzionare. Adesso, per piacere, uscite dal mio ufficio».
«Cosa intende con-?»
«Uscite!»
***
Ciò che più attrae, nei resoconti che sono stati tramandati al
riguardo, è l’attenzione maniacale che è stata posta nello specificare la
negatività che derivava dall’uso [dello specchio].
Nell’Antico Egitto si parlava della Maledizione di Osiride, in Grecia
della Furia dell’Ade. Alcuni storici arrivarono ad ipotizzare che la stessa
Rivoluzione Francese fosse stata una conseguenza dell’uso smodato che dello
specchio fecero i Borboni.
Dalle infinite Ricchezze alle piaghe della carestia, l’Oggetto seminò
distruzione in tutto il Vecchio Continente, portando con sé il nefasto
consiglio dell’Aldilà. I più autorevoli conoscitori dell’Epoca, suggerirono che
non potesse viaggiare per mare, poiché il riflesso di un riflesso avrebbe
imprigionato le anime in fuga in un oblio senza fine.
Quanto alle descrizioni, nessuno conosce con certezza la sua forma
originaria. Gli egizi parlavano di una Sfera Riflettente che riversava sul
Mondo la Saggezza di Osiride, i Greci parlavano di uno scudo dalla lucentezza
mai vista, capace di mostrare le anime sfuggite dall’Ade, ancora gli Artisti
Rinascimentali Italiani parlavano di uno specchio riccamente decorato, con la
cornice incisa dagli angeli.
Nonostante il dubbio sulla forma materiale, tutte le fonti si guardano
bene dal consigliarne la ricerca. Grandi cose, sembra abbia fatto, chiunque ne
sia entrato in possesso. I segreti della Vita e del Trapasso, aperti a costui
come le pagine di un manuale, la Gloria Eterna una promessa ad un passo
dall’essere mantenuta, crollarono tutti con la fragilità del volo di un
pettirosso ferito e fu Disgrazia su loro e su quelli che li seguirono.
Perché nulla vuole la morte, se non Morte stessa.
Theodore F.
Witherspoon, Anima Mundi – Il Mondo Occulto;
Edizione Originale 1939.
***
Ebbene, erano ben poche le
cose capaci di irritare a morte Hermione Granger.
La prima era l’ignoranza
gratuita. Hermione detestava con tutta se stessa le espressioni della
cosiddetta beata ignoranza che la
maggior parte dei suoi amici e colleghi tollerava con graziosa benevolenza.
Naturalmente, Hermione non incolpava nessuno per i propri deficit di
educazione, lei stessa era ben consapevole di peccare in molti ambiti e di non
poter risolvere tutte queste mancanze nel tempo che la vita umana le metteva a
disposizioni. Ma l’esaltazione dell’ignoranza in quanto tale, la presunzione di conoscenza senza alcuna
base razionale… quella era la prima delle poche cose che irritavano Hermione.
-Io lo so che è stato il tuo stupido gatto a mangiare Crosta!
La seconda era la crudeltà
gratuita verso gli esseri più deboli ed indifesi. Dall’essere lei stessa una
creatura che necessitava protezione, aveva acquisito abbastanza conoscenze da
poter agire contro chiunque usasse la prepotenza per vincere. Il C.R.E.P.A. era stato la sua più grande conquista, il suo
più grande vanto. Niente la infastidiva più del vedere un piccolo elfo
domestico costretto a torturarsi per piacere altrui.
-Stupido idiota, dovremmo ordinargli di chiudersi le dita nel forno.
La terza cosa, una novità che
aveva appena scoperto, era il mutismo ostinato in cui Draco Malfoy si
rinchiudeva quando rifletteva su qualcosa di più complesso di un brano di Rune
da principianti.
«Malfoy» chiamò, per
l’ennesima volta, cercando di ottenere l’attenzione del collega, senza il
minimo successo. Il biondo era rimasto chino sul plico di fogli ottenuti dal
professor Rochester dal momento in cui si erano
accomodati nell’angolo più sperduto della biblioteca universitaria, per poterli
studiare.
Di positivo c’era che avesse
lasciato leggere prima lei.
«Malfoy» provò ancora,
spazientita, cominciando a battere leggermente l’indice sulla superficie del
tavolo.
Il biondo si limitò ad un
grugnito ed a qualcosa di simile ad un “shh”.
Ad Hermione andò il sangue al
cervello.
«Malfoy» disse alla fine, a voce alta, sbattendo il pugno sul tavolo
con tutta la forza che aveva in corpo e cercando di metterci dentro tutta la
rabbia accumulata negli ultimi venti minuti.
Proprio quando lui alzò gli
occhi dal plico, con la migliore fra le espressioni atterrite, arrivò il
richiamo furioso della bibliotecaria, che le intimò il silenzio.
«Si comporti bene, signorina,
o dovrò chiederle di uscire! Questa è una biblioteca, faccia come il suo
amico!» le ringhiò contro, fulminandola dall’alto dei suoi occhialini dal bordo
coperto di strass, indicando poi il biondo come se fosse stato un’apparizione
miracolosa.
Per la prima volta in vita
sua, forse a causa della stizza per il rimprovero o forse per la considerazione
di Malfoy come qualcuno degno di stima, Hermione fu tentata di fare la
linguaccia alla nuca di un rappresentate dell’istituzione scolastica.
«Mezzosangue, contieniti» le sussurrò Malfoy, ancora con
l’espressione da nobile principe cui qualcuno aveva sgualcito il mantello.
«Siamo in una biblioteca, non credevo che proprio
tu potessi essere così indisciplinata» la rimproverò, senza tuttavia
nascondere un sorriso sarcastico. «Ah, dev’essere
colpa di Potter e Weasley, ho sempre pensato che fossero una pessima compagnia,
con la loro mania di protagonismo e quel loro essere così… pezzenti».
Fu solo lo spettro del
rimprovero appena subito che le impedì di mettersi a urlare un’altra volta. Si
limitò a stringere i denti, lasciandone uscire un sibilo minaccioso.
«Non parlare così di Harry,
Malfoy. Ricordati che ti ha salvato la vita» gli sibilò contro, godendo nel
vederlo irrigidirsi. Si vergognò subito di quell’emozione, ma non ebbe tempo
per pensare di scusarsi.
«E la donnola? » le chiese, con l’intenzione
manifesta di metterla in difficoltà. «Perché non difendi lui? C’era, nella Stanza delle Necessità».
«Lui è così
abituato ai tuoi insulti sciocchi da non aver più bisogno di essere difeso»
liquidò in fretta la questione, incrociando le braccia al petto. «Adesso che ho
la tua attenzione, ti dispiace dirmi come sei arrivato al Professore e cosa accidentaccio gli è successo? Stava per spararmi» sbottò, a bassa voce, sentendo
perfettamente gli occhietti scuri della bibliotecarie sulla schiena.
Malfoy inarcò
le sopracciglia, poggiandosi allo schienale della scomoda sedia di legno.
«Ignorerò,
per questa volta, il tuo terribile tentativo di cambiare discorso, Granger»
commentò, esasperato, prima di riavvicinarsi a lei, per evitare che potessero
sentirlo ed invitandola a fare lo stesso. Se lei lo accontentò, fu solo perché
sapeva di non poter fare altrimenti. La vicinanza a quell’uomo le metteva
ancora i brividi, nonostante conoscesse bene la sua storia. «Augustus Rochester è l’unico
Babbano sopravvissuto alle torture di mia zia» la informò.
L’immagine
di Bellatrix fece capolino nella mente di Hermione,
lasciandole un fastidioso senso di nausea.
«Lo hanno
catturato qualche mese prima della caduta del Sign-»
si fermò, scuotendo lievemente il capo. «Di Tu-Sai-Chi.
Lui temeva per la propria sopravvivenza e voleva lo specchio. A quanto pare, il
maggiore esperto era proprio Rochester» spiegò,
velocemente, guardandosi nervosamente intorno. «È stato il Ministro a
convocarlo, su mia indicazione. Sapevo il motivo per cui era stato condotto da
noi e sapevo che mia zia l’aveva risparmiato, perché poteva esser loro utile».
«Tu non hai
assistito?» gli domandò Hermione, nervosa.
«No, lui non
si fidava di me» disse, per poi sorridere, sarcastico. «Non possiamo dargli
tutti i torti, dopotutto, no?» aggiunse, con un divertimento apparente che però
non contagiò il suo sguardo. «Alla fine della guerra ho continuato a tener
d’occhio il professore, ma non mi sono avvicinato. Ha troppa paura di chiunque,
come hai potuto notare»
«Possiamo
fidarci?»
«Dobbiamo, Mezzosangue» sospirò lui, scuotendo
lievemente il capo. «Loro hanno lo specchio, ma soltanto al primo plenilunio
d’Inverno potranno utilizzarlo. Se riusciremo a trovare la fonte, allora
troveremo loro e li fermeremo».
Hermione strinse
le labbra, puntando gli occhi sul plico di fogli che si trovava fra lei e
Malfoy. Qualcosa non quadrava.
«Perché
hanno aspettato oltre sei anni, per usarlo? Cosa credono di fare?».
«Questo non
posso dirtelo, Mezzosangue» le
rispose, raddrizzandosi sulla sedia. «Ma credo che un viaggio in Francia non ce
lo risparmierà nessuno» aggiunse, con un ghigno divertito e complice. «Stando
agli appunti del Professore, l’ultimo
avvistamento dello specchio risale alla Rivoluzione Francese…»
«Vuoi
andare a cercare la Traccia? A Versailles?»
«Tira
fuori il vestito della festa, Granger, dobbiamo andare a palazzo».
»Marnie’s Corner
Bentrovati e bentornati,
cari amici di EFP!
Come ogni lunedì, rieccomi su efp
per presentarvi un altro capitolo di delirio. Sono sempre più felice ed
emozionata, notando il modo in cui il numero di preferiti/seguiti/ricordati
aumenta.
Grazie, davvero.
A questo punto, però, mi sembra opportuno chiedere: vi piace come si sta
evolvendo la storia? Banale? Complicata? Sono aperta a tutte le critiche.
Punti importanti:
» * Questo gesto
scaramantico appartiene davvero alla
cultura della Grecia classica. Inizialmente credevo fosse frutto dell’ingegno
dell’autore di Percy Jackson, ma ho fatto le mie ricerche e l’ho trovato in più
fonti. Quindi, eccovi serviti! Il professore ha paura
della morte, ma, infondo, di cosa non
ha paura?
» Il professor Rochester
è un mio OC, come al solito, vedete di non metterlo in mezzo senza avermi
avvisata! Come avrete notato, il vecchietto non mi sta affatto simpatico. Diciamo che, dal mio personale punto di vista,
credo che Bellatrix non l’abbia ucciso per dispetto,
vincolandolo ad un’esistenza di dolore. Lui vuole
morire, ma ne ha paura. Diciamo che è
un po’ fuori di zucca.
»Prossima tappa, Versailles! Il prossimo
sarà un capitolo carico di azione (almeno spero), quindi no disperate, la noia
non sarà eterna.
Grazie infinite a tutti coloro che hanno commentato,
i vostri pareri sono il cibo della mia ispirazione, senza di voi non so neppure
se avrei avuto il coraggio di pubblicare ancora. Grazie, davvero.
Grazie ancora a chiunque leggerà, ci
becchiamo lunedì (o nel weekend!) prossimo,
-Marnie