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Autore: Avenal Alec    27/01/2016    2 recensioni
DAL CAPITOLO 10"
Karel aveva parlato di sacrificio e vita, sarebbe stata in grado di sacrificare se stesse e le persone che amava per un bene più grande? Aveva tentato già una volta di fare le cose migliori per la sua gente e aveva sbagliato.
Scrollò la testa tentando di allontanare quei cupi pensieri.
Si allontanò dal mare con un ultimo saluto. Un unico desiderio ora, tornare dalla sua gente, da Bellamy. Farsi avvolgere dalle sue braccia e sentirsi protetta e sicura.
Era quel pensiero che la sosteneva.
Questa volta ogni cosa sarebbe stata diversa, lei non era più sola."
Lexa e il suo tradimento, A.L.I.E. e Jaha, il popolo delle barche, una leggenda vecchia di oltre 500 anni…
Il campo Jaha ha superato l’inverno, Bellamy e Clarke hanno trovato finalmente la pace ma la primavera ormai è alle porte e ogni cosa non sarà più come prima.....
Attenzione, questa Long è il diretto seguito di Forgiveness….
Genere: Azione, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, John Murphy, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The 100 - Welcome to the new world'
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AVVISO PER CHI STA SEGUENDO QUESTA FF: Come temevo la sovrapposizione con la messa in onda della 3° stagione si è fatta sentire. Sebbene la FF si pressochè conclusa, non riesco più mentalmente a metterci mano, almeno per ora...sono troppo presa dagli sviluppo della 3° stagione :( ....quindi per un po' stopperò la pubblicazione di questa long. La riprenderò in mano quando finirà la 3° stagione o quando ritroverò lo stimolo. Mi scuso di cuore per questo disguido. Spero capirete :). Un bacio a tutte e vi assicuro che, anche per rispetto nei vostri confronti, una fine Sacrifice & Life lo avrà :) Quindi questo per un po' sarà l'ultimo capitolo pubblicato.
CAPITOLO 13
 
28 Marzo
 
Si sentiva osservato, la sensazione era qualcosa di serpeggiante che non lo abbandonava.
Ormai tutti i giorni al pomeriggio, mentre le attività del campo rallentavo per lasciare lo spazio alla tranquillità della sera, Bellamy prendeva la via dei boschi e perlustrava le zone attorno al campo.
Niente di impegnativo, una farsa in realtà, usciva per andare a caccia ma, come pochi sapevano, aspettava un segnale dal clan dei ghiacci.
Un incontro per capire finalmente quanti clan numericamente erano dalla loro parte e scoprire qualcosa di più dei piani di Lexa. Ora che anche Jaha era arrivato al campo era necessario affrettarsi. Non avrebbero avuto le forze necessarie per affrontare due problemi di tale portata senza avere qualche certezza.
L’ex-cancelliere sembrava semplicemente quello che era, un uomo tornato da un lungo viaggio che aveva scoperto un luogo meraviglioso in cui poter vivere lontano dai clan. Tutti coloro che lo avevano ascoltato erano rimasti incantati.
Ma, ogni volta che il consiglio aveva tentato di chiedere delle indicazioni specifiche, era rimasto sul vago senza dare alcun suggerimento e permettere a Raven di capire se il segnale provenisse da quei luoghi.
Bellamy si sentiva frustrato, Clarke gli mancava, aveva bisogno della sua presenza e, quei giorni di attesa, si stavano trascinando uno dopo l’altro. La ragazza era in ritardo, uno dei passaggi che avevano usato all’andata era franato e questo aveva obbligato l’intero gruppo proveniente da Miramar ad deviare e perdere un paio di giorni di cammino.
Bellamy era nervoso e stufo di dover aspettare. Voleva rivederla, baciarla e tenerla fra le sue braccia. Confrontarsi con lei su quello che stava avvenendo. La lucidità mentale con cui la giovane tentava di affrontare le cose era uno degli aspetti che amava di Clarke e che lo rassicuravano. Si sentiva completo solo quando lei era con lui.
Perso in quelle riflessioni sentì troppo tardi il rumore di un ramo spezzarsi.
Fu un’istante e sentì il peso di una persona contro la sua schiena. Un braccio bloccato.
Perse l’abbrivio sotto i suoi piedi quando l’aggressore  gli fece lo sgambetto.
Rovinò a terra e, nell’arco di un attimo, si ritrovò pancia a terra e una lama a pochi centimetri dal suo occhio sinistro.
Avrebbe voluto divincolarsi ma quel coltello a pochi millimetri dal suo occhio lo stavano persuadendo nel modo migliore.
Il suo aggressore chiaramente sapeva il fatto suo, era riuscito a bloccare le sue braccia.
“Se questo e il modo in cui siete pronti, forse ho fatto un errore con voi” sentì una voce sussurragli all’orecchio.
Bellamy riconobbe la voce di Echo.
Stava per reagire quando sentì la pressione del corpo della donna scomparire dalla sua schiena.
La sentiva sghignazzare.
Si mise a carponi, alzò sguardo verso la donna, un mezzo sorriso soddisfatto gli segnò il viso quando si accorse che la ragazza aveva calcolato male le distanze.
Con un guizzo su allungò verso il comandante del popolo del ghiaccio, agguantò la sua gamba facendole perdere l’equilibrio.
L’istante successivo era sopra di lei. Le posizioni invertite.
Il braccio di Bellamy faceva pressione sulla trachea della donna. Il suo peso la teneva bloccata a terra.
“Non saremo pronti ma sappiamo riprenderci” disse Bellamy senza staccare gli occhi dalla ragazza.
La vide sorridere, un lieve cenno del capo in segno di approvazione. Poi i suoi occhi si fecero cupi.
“Puoi lasciarmi andare ora” c’era una nota di fastidio nella voce, notò il ragazzo.
Rimase ad osservarla, cercando di decifrare quella ragazza che gli aveva salvato la vita e che ora era dalla loro parte.
Si chiese ancora una volta cosa nascondessero quegli occhi.
“Allontanati, prima che ti faccia male” il tono tagliente della sua voce lo spinsero ad obbedire e si spostò di lato lasciandole lo spazio di sedersi.
 “Novità?” chiese Bellamy.
“Tante da entrambe le parti a quanto so” rispose la donna osservandolo.
Il ragazzo annuì.
“Domani sera ci incontreremo oltre quel declivio” disse indicando con un punto un basso rilievo davanti a loro, oltre, sul fianco, c’è una caverna, ci darà l’intimità necessaria da occhi indiscreti. “Vieni con la tua guaritrice e la bionda” rispose alzandosi.
Bellamy la seguì perplesso “Non è ancora arrivata” rispose.
La comandante del popolo del ghiaccio lo guardò e sorrise.
“Arriveranno fra qualche ora, forse meno. I miei li hanno avvistati poco oltre quelle cime” rispose la giovane prima di lasciarlo.
Bellamy sentì un brivido freddo corrergli lungo la schiena: quanto ancora non conoscevano di quei popoli ma soprattutto quanto in realtà erano in pericolo.
Nemmeno la certezza che Clarke sarebbe presto arrivata riuscì a dargli conforto.
Ebbe paura, paura di perdere ogni cosa in pochi istanti come Echo gli aveva dimostrato un attimo prima e con le sue ultime parole.
La angoscia si annidò nel suo cuore, portatrice di sventure che nemmeno lui si sarebbe immaginato.
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Mancavano poche ore e finalmente avrebbe potuto riabbracciare Bellamy, ero questo pensiero che l’aveva tenuta concentrata durante tutto il lungo viaggio e che le aveva permesso di non farsi sopraffare dall’incertezza. Le cose si stavano muovendo troppo velocemente. E, ogni passo che faceva, il terrore del ripetersi di situazioni come l’anno precedente la stava lentamente sopraffacendo.
Superarono una curva e in lontananza Clarke vide finalmente casa, tutto appariva come lo aveva lasciato un paio di settimane prime. Solo il verde sembrava aver preso possesso ormai dei campi davanti alla navetta nascondendo le cicatrici dell’atterraggio. I fumi dei bivacchi, le  minuscole figure che si muovevano la rassicurarono.
Era stato difficile sapere le cose solo attraverso la radio, quelle brevi chiamata la lasciavano sempre insoddisfatta.
Avrebbe potuto parlare con loro, vedere con i propri occhi e, specialmente, avrebbe potuto nuovamente sentire quel senso di protezione che provava quando guardava Bellamy o si faceva avvolgere dalle sue braccia.
Agognava quel contatto e questo la spinse a voltarsi indietro per controllare a che punto fossero gli altri. Era andata avanti con Marcus, anche lui, come lei, era spinto dall’urgenza di ritornare, era stato via tanto tempo.
“Bello vero? Era come te lo ricordavi”
“Non so” rispose Marcus pensieroso “Ho passato così tanti mesi a Miramar che per me quella è diventa casa, questo luogo mi ricorda solo ciò che eravamo, non ciò che siamo diventati, però..” continuò guardando Clarke negli occhi “non vedo l’ora di incontrare tutti e raccontare loro di Miramar, del luogo che diventerà casa nostra” La ragazza sorrise, conosceva quella sensazione, lei stessa ogni giorno, durante la permanenza al villaggio del clan delle barche aveva immaginato tutto ciò che avrebbe fatto con Bellamy, come sarebbe potuta essere la loro nuova vita ma, tornando di botto al presente, si rese conto che avrebbero dovuto affrontare ancora molte cose.
Dietro di loro sentirono avvicinarsi i passi degli altri.
Li attesero, desiderosi di vedere lo stupore dei loro occhi quando avrebbero visto i resti dell’Arca.
Per quanto distrutta la sua visione restava comunque imponente, aliena ai loro occhi.
La sorpresa nei loro occhi non tardò ad arrivare quando li raggiungessero sul ciglio dello strapiombo che dava sulla valle sottostante. I guerrieri, specialmente i più giovani, la indicavano bisbigliando fra loro la loro meraviglia.
Clarke cercò Luna, curiosa di vedere la sua espressione ma ne rimase delusa. La conosceva abbastanza per sapere quanto amava le novità, quanto fosse curiosa. In quel momento invece osservava il campo Jaha con distaccato disinteresse, i suoi occhi saettavano oltre lo spazio, sulle colline. Scrutavano i cielo, sembravano intenti a carpire i segreti di quei luoghi, persa in chi sa quale strano sogno.
Le si avvicinò.
La donna sentendo la sua presenza volse lo sguardo verso di lei, le sorrise rassicurante ma, Clarke, non si sentì affatto rincuorata.
 
------
Quando sentì bussare alla porta Murphy si aspettava l’arrivo della guaritrice, o forse Raven che, stranamente, continuava ad andare da lui anche dopo aver saputo tutto ciò che le poteva interessare. Gli altri non si erano più presentati.
Non sapeva se essere contento o meno.
Avrebbe voluto sapere cosa stava avvenendo, quali provvedimenti erano stati presi ma, meno sapeva meglio era. Non essere coinvolto, vedere in che modo sarebbero girate le cose, forse era il modo migliore per rimanere vivi.
Era un pensiero che lo disgustava ma, del resto, che altro avrebbe voluto fare.
Il bussare si fece più forte e si ritrovò ad urlare spazientito “Avanti”.
Sulla porta non apparvero le ragazze ma l’ex-cancelliere.
Un sorrisetto ironico apparve sulle labbra di Murphy.
“Te la sei presa comoda mentre io ero bloccato qua” disse senza mezzi termini.
L’uomo lo scrutò un’istante prima di entrare poi chiuse la porta dietro di se.
Si accomodò su una sedia accanto a letto in cui era disteso il giovane.
“Sono contento che tu sia sopravvissuto”
Murphy avrebbe voluto sputar fuori una risposta salace ma si trattenne.
“Sono stato fortunato” rispose senza sbilanciarsi.
“La guaritrice grounder sembra molto competente”
Murphy alzò le spalle senza negare o confermare.
“Quest’alleanza potrebbe essere un problema” continuò Jaha.
“Come in tutte le alleanza ci possono essere dei punti deboli” rispose Murphy “Sono sempre dei grounders” concluse facendo una smorfia disgustata all’ultima parola.
“Possiamo farcela” chiese Jaha.
Una domanda, un’affermazione, Murphy cercò di interpretare le parole dell’ ex-cancelliere. Voleva realmente un suo parere o voleva solo una conferma che lui era ancora il suo uomo.
“Si possiamo farcela. La gente è agitata, l’arrivo della primavera potrebbe portare un’offensiva da parte dei clan delle montagne” rispose quindi il ragazzo. Anche un idiota sapeva che quella era una possibilità e voleva capire quali fossero i piani di Jaha. Era il suo compito.
L ex-cancelliere annuì a quelle parole. “La vita sembra pacifica però qua, molto è cambiato da quando sono andata via e la gente sembra essere contenta di partire verso Miramar”
“Beh è ovvio” rispose Murphy sprezzante “È l’unica possibilità che conoscono, la loro unica speranza ma, ora che tu sei arrivato, hai mostrato una nuova via, sicura, in un mondo che appartiene realmente a loro. Chi seguiranno a quel punto? Dei grounder che potrebbero sempre tradirli o l’uomo che li ha salvati con il suo sacrificio sull’Arca? Basta dar loro un motivo per seguirti, mostra loro un’altra possibilità” rispose protendendosi verso l’uomo. Voleva che Jaha vedesse i suoi occhi, scrutasse la sua anima e capisse che gli stava dicendo la verità.
Vide negli occhi del ex-cancelliere insinuarsi il dubbio.
“Cosa gli hai raccontato?”.
Il ragazzo si riappoggiò ai cuscini, il suo solito sorrisetto fastidioso sulle labbra “La verità” rispose scrollando le spalle “che ti ho seguito mi sono stufato perché non credevo in te. Che ho tentato di tornare indietro ma l’inverno mi ha colto impreparato e mi sono perso. Ho vissuto di stenti fino a quando non mi hanno trovato e salvato.” Concluse.
“Era un’altra la storia che dovevi raccontare” gli disse subito Jaha.
“Naa” rispose il ragazzo “nessuno mi avrebbe creduto, nessuno avrebbe creduto che John Murphy, il delinquente menefreghista, si sarebbe fatto una scarpinata solo per dire che c’era da qualche parte una vita migliore, che lui l’aveva trovata. Cosa avrei dovuto rispondere quando mi avrebbero chiesto dove si trovasse questo luogo? A mesi di cammino dal campo, in mezzo alle montagne e oltre un deserto.”
Jaha annuì. Sapeva che l’idea di spedirlo via non serviva ad avere una spia al campo ma solo una persona in meno che conosceva il suo progetto.
“Ti hanno creduto?” chiese quindi.
“Perché non avrebbero dovuto farlo, ogni volta che le cose si mettevano male sono sempre tornato nei luoghi che conoscevo” concluse.
Abbassò gli occhi per un istante, vergognandosi di se stesso e di ciò che aveva fatto da quando era sceso sulla terra. Era quello che tutti vedevano di lui e nulla avrebbe mai cambiato quell’impressione.
“Sei diventato un bravo soldato John Murphy” disse l’uomo, credendo alle sue parole  equivocando la sua espressione afflitta.
Murphy avrebbe voluto urlargli contro che non era una soldato, che tutta quella conversazione era una farsa. In quel momento avrebbe voluto uccidere con le sue stesse mani Jaha. Tentò di respirare, calmarsi.
“Cosa c’è” chiese Jaha preoccupato.
“sono onorato delle sue parole Cancelliere ”rispose mentre quelle parole lasciavano un acre sapore nella sua bocca.
Jaha annuì, i suoi occhi brillarono sentendosi chiamare con l’appellativo che gli era sempre appartenuto.
“Cosa faremo ora?” chiese il ragazzo.
L’uomo stava per rispondere quando un sommesso bussare li interruppe.
Guardarono entrambi la porta
“Chi è?” chiese Jaha al ragazzo.
“La guaritrice probabilmente, passa ogni tanto per farmi bere qualche stupido intruglio.” Rispose infastidito dall’interruzione. “Devo lasciarla entrare”
L’uomo annuì “Parleremo ancora John Murphy” e con quelle parole uscì lasciando entrare la guaritrice che sostava davanti alla porta.
Appena l’uomo uscì, il giovane si lasciò andare sui cuscini lasciando andare il respiro che, in qualche modo, aveva trattenuto per tutto quel tempo. Il braccio a coprire il viso, avrebbe voluto rimanere solo. Quel confronto era stato difficile e di certo la vicinanza della guaritrice che sembrava riuscire a leggere il suo animo così bene non era ciò che desiderava in quel momento.
Sentì la porta chiudersi e la guaritrice avvicinarsi a lui, percepì il suo peso sul letto quando gli si sedette accanto.
“Come stai John?”
Il ragazzo conosceva quel tono, lo usava ogni volta che Laudria voleva parlare con lui, lo percepiva.
“Se fossi arrivata cinque minuti dopo sarebbe stato meglio” rispose, sperava che quel tono infastidito la allontanasse, aveva bisogno di spazio, aveva bisogno di sparire, annullarsi e non sentirsi così fragile.
“La prossima volta cercherò di leggerti nel pensiero attraverso la porta, se per te va bene” rispose noncurante la giovane.
Murphy sposto il braccio e la guardò in cagnesco, tutti di solito quando lui si rivolgeva a loro con quel tono si infastidivano e lo lasciavano in pace o gli rispondevano innescando una lite. Il modo migliore per non pensare e invece, con Laudria, non succedeva e tirava fuori sempre delle risposte salaci.
“Beviti questa e vedi di riposare, da domani comincerai ad uscire, sei rimasto troppo tempo chiuso qui dentro”
John si tirò su e bevve la tisana che la guaritrice gli porgeva.
Quando la tazza fu vuota gli e la porse.
“ti lascio riposare ore” disse alzandosi.
Il ragazzo annuì ma, prima di uscire disse “avverti Blake che Jaha crede ancora che sia dalla sua parte”.
Laudria fece un cenno poi chiuse la porta dietro di se lasciando il ragazzo a far pace con i suoi fantasmi.
  
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