Di sotto troverete le domande. RISPOSTA OBBLIGATORIA.
ps: i cambi di stili nel testo sono voluti
Hogwarts, 4 ottobre 2020
Jon inserì con espressione concentrata la radice di
erba luna nella pozione. Mescolò lentamente tre volte in
senso orario e cinque in senso antiorario. La superficie del composto
iniziò a bollire e a schizzare, poi emise un lungo sibilo,
passò dal verde acido all'azzurro cristallino e tacque.
Gabriela, al suo fianco, dopo aver ricontrollato il foglio per la
centesima volta, annuì soddisfatta, lasciandosi andare ad un
piccolo versetto di giubilo. Tutto era andato secondo la procedura: la pozione doveva essere lasciata a riposo per una settimana, ma era sostanzialmente pronta.
I due batterono il cinque, poi si accomodarono sulle poltrone del salotto, completamente sfiniti. Erano state tre settimane parecchio lunghe, ma erano riuscite a superarle. Con l'aiuto di tutti.
Quando Water, 20 giorni prima, si era recata da Jon per informarlo che un modo per tirare fuori Anastasia dal coma esisteva, Jon, in risposta, le aveva sventolato trionfante il foglio sotto al naso, comunicandole di avere già iniziato a preparare la pozione.
Da lì la mobilitazione era stata generale.
Praticamente tutti coloro che avevano assistito alla lezione e, conseguentemente, all'entrata in coma di Anastasia, vollero partecipare e contribuire al progetto, fregandosene del fatto che la pozione fosse proibita dalla stessa legge. Avevano dalla loro parte un professore, i due Caposcuola e un numero considerevole di Prefetti, perciò riuscirono ad architettare un piano a prova di bomba.
La pozione venne preparata nelle stanze private dei due Capiscuola e la preparazione coperta tramite un custode segreto. A sorpresa, per quest'ultimo compito si offrì Joseph: sarebbe stato lui a custodire il tutto e ad informare man mano coloro che dovevano sapere.
Venti persone, ora, erano a conoscenza di cosa ribollisse continuamente su quel fuoco.
Per
tutti gli altri quella pozione altro non era che un'esercitazione
qualsiasi, portata avanti una volta da lui e un'altra da Eleonore.
Jonathan
aveva imparato a fidarsi di Gabriela: era molto portata per le pozioni
ed era l'unica con la quale si alternava per portare avanti i lavori
sul composto. Avevano stretto una buona amicizia e avevano iniziato a
scambiarsi informazioni sulle loro vite reciproche, nelle ore che
passavano al chiuso in quella stanza.
Un
altro che si era avvicinato ad entrambi, ma soprattutto a Gabriela, era
stato Raphael Hamato. In più di una situazione era riuscito a
procurare loro delle erbe rare, alle quali neanche Gabriela aveva
accesso, approfittando della sua vasta conoscenza della foresta. Questo
aveva però sollevato delle domande su come fosse possibile che
uno studente qualsiasi, anche se del sesto anno, potesse conoscere in
modo così dettagliato la foresta proibita di Hogwarts.
Così Raphael, dopo aver a lungo tentennato, decise di confidare
almeno alla Grifondoro il suo segreto, già temendo che anche
quella ragazza iniziasse a guardarlo con disgusto.
"Mio fratello è un Elternteil, esce con una mezza vampira e io
sto preparando una pozione illegale. Credi davvero che mi possa
spaventare un lupo mannaro?" Aveva invece commentato lei, iniziando a
ridere di gusto e sorprendendolo. Secondo Raphael, Gabriela aveva un
sorriso bellissimo. E così glielo aveva detto un giorno, subito
dopo averle consegnato dei petali di cremilia, un fiore raro che
cresceva solo in pochissimi posti. A quelle parole, il sorriso della
ragazza si era illuminato ancora di più. Per questo Raphael
aveva trovato il coraggio di chiederle di uscire con lui, alla prima
uscita disponibile di Hogsmeade. E la Grifondoro aveva accettato.
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Caitriona si stiracchiò, reprimendo uno sbadiglio. Benchè il coprifuoco fosse già scattato da un pezzo non aveva proprio voglia di tornare nella Sala Comune. Voleva restare lì dove, per la prima volta da quando era ricominciata la scuola, si sentiva completamente serena. Era da tempo che non passava una serata del genere. Certo, non era niente di che: la vera pace dei sensi era in grado di donargliela solo Chris, ma, considerato che si trovava ad Hogwarts, questo era il meglio che poteva chiedere. Una semplice serata con i suoi amici, lontana dalle preoccupazioni e dagli intrighi.
Era
rimasta sorpresa quando Eleonore l'aveva raggiunta quella sera al
tavolo dei Serpeverde, chiedendole se le andava di passare una serata
"alternativa" con lei e Daniel. "Mi va bene tutto, tranne le cose a
tre." Aveva risposto Lex scherzando.
Si era poi scoperto che per "alternativa" Eleonore intendeva
semplicemente una serata passata in un posto diverso dal solito - nel
caso di specie diverso dalla sua camera - con loro due, in un luogo
dove potersi estraniare da tutto ciò che stava succedendo,
almeno per una sera. Senza essere costretta a pensare a nulla. Senza
dover pensare a morti o persone in coma. "Ci sono sin troppe persone
lì in questo periodo." Aveva commentato, riferendosi alle Camere
private sue e di Joseph. "Ho bisogno di pace e tranquillità."
Non le dispiaceva aiutare Anastasia, così come la intrigava, per
la prima volta, infrangere le regole, ma almeno per una sera voleva
fingere di essere una ragazza normale, rintanata in un angolo
dimenticato da tutti, in compagnia unicamente del suo ragazzo e della
sua migliore amica. La scelta era caduta sulla Stanza delle
Necessità, che si era tramutata in uno splendido salottino, con
tanto di fuoco acceso.
In quel momento la Corvonero aveva le gambe piegate e la testa appoggiata sul petto di Daniel. Rideva per il racconto di Lex, che aveva appena finito di rendicontarle un viaggio negli Stati Uniti a cui aveva preso parte insieme a Chris proprio quella estate.
"... e insomma quel posto era davvero orrendo, quindi ho dovuto usare la Magia! Secondo la Legge i minorenni sono autorizzati ad usarla prima dei 17 anni se si trovano in pericolo di vita. E vi posso assicurare che quel posto, con tutta quella sporcizia, metteva in pericolo la mia incolumità sia fisica che psicologica! Era un porcile! E te lo dice una che convive con un branco di licantropi!" Inveì Lex, completamente infervorata dal discorso, agitando le braccia in aria.
"Ma se siete rimasti lì, vuol dire che comunque qualcosa di bello c'era no?" Chiese Daniel ridacchiando. I racconti delle avventure estive di Lex lo divertivano molto. Non si sapeva come, ma la ragazza riusciva sempre a trovare i posti più assurdi e a vivere le esperienze più strane. E il fatto che girasse con un licantropo aumentava di certo il grado di avventura.
"Beh c'era la luna di sangue la sera del quarto giorno della vacanza. E il punto dove eravamo era il luogo dove si vedeva meglio rispetto a qualsiasi altro nella città! Solo quella ha fatto valere la pena per tutto il resto." Commentò Lex con aria sognante, ripensando a quella sera: si erano accampati in una radura che aveva scovato Chris, avevano steso dei teli a terra e poi erano rimasti abbracciati lì, immobili, finchè non era spuntata la luna piena rossa in tutto il suo splendore. Quanto le mancava il suo ragazzo! Per un attimo invidiò i suoi due amici che si trovavano di fronte a lei. Ma poteva resistere: mancava pochissimo alla gita ad Hogsmeade. La data era stata annunciata proprio quella mattina dalla Preside.
"Luna
di sangue?" Chiese interessata Eleonore. "Wow! Ma lo sai che
è una congiunzione astrale rarissima e potentissima? Se si
riuscisse a canalizzare quella magia..."
"Elly, tesoro, non avevi detto che per stasera niente cose 'alla
Grimm'?" La interruppe divertito Daniel. "Dov'è che eri
esattamente Lex?"
"Bravo Dan! Fai bene a ricordarglielo, visto che la serata l'ha
proposta lei!" Gli detto man forte la Serpeverde, allungando il braccio
per battere il cinque al Tassorosso. "Comunque ero a Portland." Rispose
poi, soddisfando così la curiosità del ragazzo. "Ma, se
me lo stai chiedendo perchè cerchi un posto romantico per la tua
bella, te lo sconsiglio vivamente. Le principesse Black non sono adatte
ai campeggi!" Continuò imperterrita, facendo la linguaccia alla
Corvonero, che per tutta risposta le tirò in faccia un cuscino.
Le risate si propagarono per tutto l'ambiente circostante.
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"Coraggio! Cosa sono quei musi lunghi? Abbiamo iniziato da neanche un'ora!" Cercò di tirar loro su il morale Michael, raggiungendoli in fretta. Poi, abbassando la voce ad un sussurro - perchè voleva essere sicuro che nessun professore li sentisse - aggiunse "Ragazzi, lo so che siete stanchi, ma di là in infermeria ci sono Page e Brian e lo sapete che se beccano Brian son cavoli amari per tutti noi: lui non è un prefetto! Quindi, almeno, fingiamo di farla bene questa ronda!"
"Bacchette pronte ragazzi!" Disse senza neanche stare a preoccuparsi del tono di voce. Quelle urla avrebbero comunque attirato l'attenzione dei professori e svegliato mezzo Castello. Non aveva senso perdersi nelle formalità. Forse fu anche per questo pensiero che lo spinse a puntare la bacchetta contro la porta, facendola esplodere.
Poi tutti e tre entrarono.
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"Vi prego! Lasciatemi andare!"
Page
si tirò su di scatto dalla poltrona, all'improvviso vigile e
sveglia rispetto allo stato di dormiveglia nel quale era sprofondata.
Si guardò intorno confusa per un attimo, prima di ricordarsi
dov'era. In infermeria.
Da quando avevano iniziato a preparare la pozione si erano dati i
turni, in modo da poter monitorare Anastasia da vicino. E il fatto che
molti di loro fossero prefetti aiutava nel compito. Quella sera toccava
a lei e Brian. Come richiamato da quel pensiero, il ragazzo le fu
subito accanto, sbucato da chissà dove.
"Vi prego!"
Page
scattò verso il letto mentre Micah spalancava la
porta puntando verso di lei la bacchetta, innondando la stanza con
un fascio di luce. Quella sera avrebbe dovuto essere di turno per la
ronda, ma in realtà non si era mai allontanato troppo
dall'infermeria, sapendo che Page era là dentro.
"Page! Hai chiamato aiuto?" Le chiese preoccupato,
abbassando subito dopo la bacchetta. Non voleva di certo
accecarla!
La Corvonero scosse la testa, gettando un'occhiata preoccupata prima ad Anastasia e poi al suo ragazzo.
"Lasciatemi andare!" Ripetè la voce supplicando.
Micah
gettò un'occhiata alla stanza, reprimendo un brivido. Ma erano
presenti solo loro. Lui, Page, Brian e Anastasia. "Anche i fantasmi
sarebbero visibili in qualche modo." Constatò Brian a voce
bassa, cercando di illuminare gli angoli bui, come in cerca di una
qualche figura opalescente che indicasse la presenza del fantasma
stesso. Senza però trovarla.
Micah intanto aveva iniziato ad avanzare nella stanza, puntando la
bacchetta verso il vuoto e osservando attentamente l'ambiente
circostante, cercando di carpire quanti più indizi possibili, ma
nulla a parte loro era presente nella stanza. Nulla che
testimoniasse la presenza di una quarta persona."Un incantesimo di
invisibilità? O magari di occultamento?" Chiese a bassa
voce. Sembrava quasi più una domanda a se stesso che non a loro.
"Se chiede aiuto perchè dovrebbe rendersi invisibile? Come
facciamo ad aiutarla se neanche possiamo vederla?" Rispose Page di
rimando.
Nel frattempo la voce continuava a supplicare in tono sempre più
frenetico, ma anche con un tono di voce sempre più basso,
soffocato. Come se colei che chiedeva aiuto fosse soffocato dalle
lacrime.
"Ragazzi... è Anastasia!" Sussurò Page all'improvviso, colpita da un'intuizione.
"Quella però non è la voce di Ani!" La contestò
Brian, puntando comunque il fascio di luce sulla loro compagna di casa,
per verificare se l'intuizione della ragazza fosse corretta.
"Ricordate cosa sappiamo sulle Hexenbiest?" Lo riprese però lei,
mentre si avvicinava sempre di più al corpo della ricoverata,
fino ad appoggiare un orecchio sulla sua bocca. "Hanno visioni su
ciò che succede in altri luoghi e in altri tempi. E se non fosse
veramente lei a gridare aiuto? Se fosse qualcun altro?" Chiese in tono
frenetico, non lasciando mai lo sguardo di Micah un secondo e cercando
contemporaneamente di capire se davvero la voce usciva dal corpo di
Anastasia.
"Qualcun altro che in questo momento si trova in pericolo e in cui Ani
si è, per così dire, introdotta nella mente?"
Completò il ragionamento lui per lei.
Come a conferma delle loro parole, in quel momento il corpo di Anastasia si tirò su di scatto, cacciando un enorme urlo. I suoi occhi erano spalancati, ma completamente neri. Poi la sua schiena si irrigidì, la ragazza si inarcò su se stessa e iniziò a contorcersi, continuando ad urlare incessantemente.Tutti i presenti rabbrividirono. Non per la situazione in sè, che era già comunque grottesca, ma perchè avevano già visto quegli effetti: nella mente di chiunque Anastasia fosse entrata, in quel momento stava subendo la maledizione Cruciatus.
Poi la hexenbiest, così come aveva iniziato, smise di contorcersi. Rimase per un attimo paralizzata a mezz'aria, come se fosse indecisa sul da farsi. Poi chiuse di nuovo gli occhi e cascò sul letto.
Quasi in contemporanea, attirati dalle urla, altri tre prefetti sbucarono dalla porta, dopo averla aperta violentemente. "Ma che diavolo sta succedendo qui?"
"Vi
prego! Lasciatemi andare!" Provò a supplicare per la centesima
volta, non sapendo bene neanche lei chi stava supplicando. Non
aveva idea di chi fossero nè di che cosa volessero.
Sapeva solo che quelle... cose - perchè chiamarli uomini era
troppo - erano saltati fuori dal nulla, qualche tempo prima, proprio
mentre stava rientrando in casa.
Erano saltati fuori dal nulla, come se si fossero materializzati dal
vuoto, come se si fossero carnificati dall'aria e avevano puntato
contro di lei dei bastoncini di legno.
L'ultima cosa che ricordava era stato lo zampillio di luci
rosse esplodere da quei bastoncini e schiantarsi contro di
lei, provocandole un enorme dolore e facendole perdere i sensi.
Poi era stato il buio. Totale.
Non sapeva neanche lei quanto tempo fosse passato da quel giorno. Giorni, settimane, forse mesi. Sapeva solo che, quando si era risvegliata, si era ritrovata al buio, legata mani e piedi a qualcosa. Aveva provato a dimenarsi, per vedere se le corde potevano cedere. Aveva provato ad urlare, a chiamare aiuto. Ma era stato tutto inutile. Aveva finito solo per farsi più male. E non solo a causa delle corde che stridevano sulla sua carne ogni volta che lei provava a muoversi. Aveva anche attirato la loro attenzione.
Alle
sue urla un uomo si era presentato. Aveva aperto una botola che si
trovava sopra alla sua testa e si era calato giù. Le aveva
urlato contro, accusandola di averli interrotti. Chi avesse interrotto
e dal fare cosa non l'aveva mai specificato. Le aveva detto che in lei
scorreva solo sangue marcio, che era solo una puttana e che il suo
posto era esattamente quello: per terra tra la polvere. Le aveva detto
che meritava la morte, così come tutti quei bastardi dei suoi
antenati e che sarebbe stato per lui un onore fornirgliela, quella
morte. Ma purtroppo non era ancora il momento. Poi le aveva puntato
contro un bastoncino di legno, pronunciando parole sconosciute.
Aveva sentito tutto il corpo andarle a fuoco. Ma non riusciva neanche
ad urlare. Era come se tutti i dolori del mondo fossero entrati nel suo
corpo e contemporaneamente qualcosa le si fosse appoggiato
sulla gola, impedendole di gridare. Perdere i sensi era stato
quasi un sollievo.
Ma
non era bastato. Era andata avanti così per giorni. Non aveva
più aperto bocca, sapendo che era inutile cercare di attirare
l'attenzione di qualcuno. Erano dispersi, nascosti chissà dove e
lei era loro prigioniera. E anche se qualcuno fosse capitato lì
per caso, cosa avrebbe mai potuto fare un pover'uomo contro la magia?
Perchè ormai lo aveva capito, anche se la parte più
razionale di lei continuava a sperare - sempre più debolmente -
che si trattasse solo di un bruttissimo e lunghissimo incubo. Quella
era magia e quei bastoncini di legno - che ogni giorno gli venivano
puntati contro e che le causavano profonda sofferenza - erano
bacchette. Non aveva più aperto bocca, ma l'uomo era tornato a
trovarla. A volte da solo, a volte con altri come lui. Facevano sempre
la stessa cosa. La insultavano e la torturavano. E non più solo
con le bacchette.
Poi, una volta finito tutto,
le spalancavano la bocca e le facevano ingoiare a forza una
mistura amara. La prima volta, quando ancora aveva la forza per
ribellarsi, si era opposta, sputandola. L'uomo allora aveva riso,
puntandole di nuovo la bacchetta contro. "Merlino e Morgana sanno
quanto vorrei ammazzarti con le mie mani adesso, in questo preciso
istante. Te e tutto il tuo sangue. Ma al momento gli ordini sono di
mantenerti in vita, anche a forza, se necessario. Ma non temere: quando
sarà il momento ti ucciderò con le mie mani."
E lei capì di non essere
più dotata neanche della propria volontà, quandò
sentì la voce dell'uomo rimbombarle nella testa, ordinandole di
bere, e percepì la sua bocca aprirsi per obbedire.
Da quel momento smise di combattere.
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"Robin!"
All'ennesimo richiamo, la Serpeverde aprì gli occhi,
cercando di concentrarsi su ciò che Diamante le stava dicendo. Ma non
ce la faceva, non ce la faceva. Quello che aveva nella testa la stava
disturbando troppo. Le tirava via troppe energie per poter anche solo
restare in piedi, figurarsi restare concentrata su qualcosa.
Robin iniziò a dondolare su se stessa, portando le
mani sopra alle orecchie, in un vano tentativo di coprirsele e far
cessare
il rumore che le rimbombava nella testa. Diamante la guardava
preoccupata, non sapendo bene cosa fare, come fare per aiutarla.
Era
passato un mese da quando Didi aveva scoperto il suo segreto, o
meglio, da quando Eleonore lo aveva proclamato davanti a tutti loro,
raccogliendo la sfida della stessa Rhodes. All'inizio si era arrabbiata
con Robin per averglielo tenuto nascosto, ma poi aveva capito quanto la
situazione le facesse male. Quanto le fosse costato non condividere con
lei e gli altri il suo segreto, quanto le era costato fingere, ogni
volta che il suo potere da Banshee si attivava. Quanto aveva sofferto -
come le aveva raccontato una sera tra le lacrime - temendo di finire
rinchiusa in un manicomio come sua nonna, solo perchè nessuno
era davvero in grado di capirla.
Così Diamante si era ritrovata a spendere molto del suo tempo
libero in biblioteca, per cercare di apprendere il più possibile
sulle Banshee. Per cercare di aiutare Robin a gestire questa sua
capacità.
Ma un conto era la teoria e un altro la pratica. Didi non pensava di doversi trovare di fronte ad una crisi di Robin così presto e adesso che il momento era giunto non sapeva come comportarsi. "Robin?" Provò a richiamarla di nuovo. Poi, spinta da un'intuizione - più da un ricordo sfocato di qualcosa che aveva letto in proposito, in realtà - si precipitò verso le scrivania per recuperare pergamena, piume e inchiostro. Poi li spinse in tutta fretta verso Robin, che non appena li ebbe in mano iniziò a disegnare e a scrivere ripetutamente sul foglio le stesse cose, come se non aspettasse altro. Come se imprimendole su carta potesse togliersele dalla testa.
Diamante guardò il foglio sconvolta, dove un volto stava assumendo sembianze a lei ben note, ripetuto più e più volte. Accanto ad ogni ritratto, lampeggiavano le lettere G ed M, unite alla parola MORTE.
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Buonasera!
Ecco a voi le domande della settimana.
Alle tre disperse (Chiccacate, Jennifer e Suyka) do ancora una possibilità per le risposte del capitolo precedente (priorità ai 3 episodi).
Per tutti gli altri (compresi le tre di cui sopra) invece chiedo questo: per il Torneo di Quidditch ho due Case a pari merito - Corvonero e Tassorosso - perciò tocca lo spareggio. Chi votate? (Non vi dico in che posizione sono però! Surprise!). --> MESSAGGIO PRIVATO!
Alla prossima! ;)