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Autore: Roscoe24    02/03/2016    1 recensioni
"Devi promettermi che qualsiasi cosa ti sembrerà strana, mi chiamerai immediatamente. E io arriverò il prima possibile."
Era stato lui a dirglielo, quel giorno di sei anni fa quando si erano salutati.
"Promettimelo."
Lei aveva promesso, senza capire bene a cosa potesse riferirsi.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Settima stagione
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Sono insieme. Ancora.
Sono vicini.
Uno sull’altro.
Sam sdraiato completamente sul divano e Talia sdraiata sopra di lui. Le mani incrociate sul suo petto e il mento appoggiato ad esse. I capelli sciolti le incorniciano il viso.
È così bella, pensa Sam, da non sembrare nemmeno reale.
Le percorre la schiena con un dito, passando l’indice nella cavità della spina dorsale, lentamente. Talia ringrazia il cielo di avere una maglietta dalle maniche lunghe che copre i brividi che le stanno riempiendo il corpo.
Sorride.
Quel gesto, il momento che sta vivendo, la riempie di una gioia pura, così in contrasto con la situazione che sta vivendo,  che la definirebbe quasi assurda. Ma non riesce a pensare ad altro se non a Sam, alle sue mani su si lei, ai loro corpi così vicini e alla felicità che le da tutto questo.
“A cosa stai pensando?”
“Lascia stare.” Afferma. La sola idea di confessargli una cosa simile, la fa sentire una ragazzina sciocca.
“No, voglio saperlo.”
“No, lascia perdere.”
Sam sorride, intenerito dal suo tono leggermente imbarazzato.
“D’accordo. Allora parliamo d’altro: raccontami la tua vita. Voglio sapere tutto. Da quando me ne sono andato a quando mi hai chiamato.”
Tal aggrotta le sopracciglia: “Perché?”
“Perché abbiamo parlato anche troppo di mostri e di ciò che faccio, voglio sapere cosa hai fatto te. Com’è la tua vita.”
Tal si sistema meglio su di lui, muovendosi delicatamente per non fargli del male. Entrambi iniziano a sentire le conseguenze della battaglia. L’unica differenza è che Sam ci ha fatto l’abitudine, mentre Tal sente ogni muscolo dolerle al minimo movimento.
Poco prima che si sistemassero in quella posizione, avevano deciso di darsi almeno una ripulita. Così uno alla volta sono andati in bagno per darsi una sistemata. E Tal, davanti al lavandino dove sopra c’è uno specchio, mentre si toglieva la maglietta per lavarsi, aveva sentito tutte le conseguenze di aver tenuto i muscoli rigidi per così tanto tempo: ogni movimento, era una specie di tortura. Le facevano così male i muscoli che anche togliersi la maglietta sembrava un’impresa. Ogni parte del suo corpo gridava pietà. Aveva notato anche il livido violaceo sul costato, grosso quanto un melone, particolare che non avrebbe detto a Sam, così come non gli avrebbe fatto capire quanto le dolessero i muscoli. Non voleva farlo cadere di nuovo in quello stato di preoccupazione, ora che sembrava rilassarsi un po’.
Dopo essersi messa comoda, Tal inizia a pensare. Alza un angolo della bocca e si gratta il naso, intenta a trovare il modo di cominciare.
“Vediamo.. quando sei partito..”
Ricorda quanto male facesse sentirsi sola, dopo che lui se n’era andato. Nonostante avesse ancora i suoi amici, l’assenza di Sam era una presenza costante: lo cercava ogni giorno, in ogni luogo, con la speranza di vederlo apparire da qualche parte come per magia. Era come se qualcuno l’avesse privata di un organo fondamentale per la sua sopravvivenza. Con il tempo, poi, si era abituata a quel vuoto che Sam le aveva lasciato – come se avesse scavato un buco nel suo cuore – ed era andata avanti, costruendosi il suo cammino con la speranza che magari un giorno si sarebbero rincontrati e si sarebbero raccontati tutto ciò che era successo loro. Magari Sam le avrebbe presentato la sua nuova ragazza e lei avrebbe fatto lo stesso, si sarebbero ritrovati un contesto sereno, senza nessun’ombra di violenza o cattiveria che li seguisse, nessun incendio improvviso, nessun padre troppo violento. Niente. Solo loro due e la loro nuova, normale realtà. Due amici che si rincontrano percorrendo il cammino della vita e ricordano i tempi andati del college. Tempi che si sarebbero messi a raccontare, ad una cena, ai loro rispettivi compagni. Lei avrebbe legato con la ragazza di Sam e Sam avrebbe fatto lo stesso con il suo ragazzo. Si immaginava una cosa del genere, pensando ad un loro possibile incontro. Quelle scene tipiche che si vedono nei film, dove tutto è perfetto, gioioso e c’è un’armonia innaturale. Ma le piaceva immaginare una cosa perfetta, perché la perfezione la puoi solo immaginare, può esistere solo nei sogni, la puoi solo idealizzare perché sai che nella realtà non esiste. Se pensa invece a come si sono ritrovati, trova la cosa ironica. Sembra non ci sia mai niente di normale, quando loro sono insieme.
“..Mi sono laureata. Ho lavorato in uno studio legale – i primi tempi come stagista, il che significa che ero come una specie di schiava. Facevo moltissime fotocopie e portavo un sacco di caffè. Insomma, mi facevano fare tutto tranne che ciò per cui mi ero laureata, ma andava bene così. Mi stavo facendo le ossa e imparavo un sacco di cose. L’avvocato a cui ero affidata, tra un caffè e l’altro, mi faceva leggere delle cause e mi chiedeva come le avrei risolte. Io rispondevo come meglio credevo e lui ribatteva sempre, facendomi notare cose che non avevo notato. Era stimolante perché mi apriva la mente e mi insegnava il mestiere sulla pratica, non solo con la teoria. Dopo un anno come stagista, mi ha offerto un posto come avvocato. Ero così eccitata! La cosa però è durata poco più di tre anni perché hanno dovuto fare dei tagli al personale ed essendo una degli ultimi arrivati, mi hanno licenziata. Dopo, ho trovato lavoro da Tasty Food e poi il resto lo sai.”
Le loro vite sono state così diverse, pensa Sam.
Mentre lei si laureava, lui era intento a capire cosa volesse Occhi Gialli da lui, il perché avesse quelle strane visioni sul futuro.
Mentre Talia lavorava come tutte le ragazze della sua età, lui aveva scoperto di avere del sangue demoniaco dentro di se ed essere il prescelto di Azazel per guidare l’esercito di demoni in una guerra sovrannaturale.
Mentre Tal viveva la sua vita, lui stava morendo. Anzi, è morto.
Morto e risorto – grazie a Dean che aveva venduto la sua anima. Se ripensa a quel momento, l’immagine del segugio infernale che dilania il corpo di suo fratello per portarlo negli inferi è la prima cosa che gli balza in mente e sente ancora il groppo alla gola che monta prepotente. Quello è stato uno dei momenti più terribili della sua vita.
Successivamente, ha appreso di essere destinato a tramutarsi in un mostro drogato di sangue di demone con poteri enormi, smisurati.
Poi, ha scoperto di essere l’unico tramite in grado di sopportare la presenza e la potenza di Lucifero senza morire – il tramite originale. Il prescelto. Colui che era destinato ad essere il vestito perfetto per Satana nella lotta che avrebbe dato il via all’Apocalisse.
Lucifero contro Michele.
Sam contro Dean.
Il figlio ribelle contro il figlio leale.
L’abominio contro l’uomo giusto.
Ha vissuto così tante esperienze fuori dal normale che si stupisce persino che Tal lo veda come lo stesso ragazzo di Stanford e non come il soldato fatto a pezzi che è in realtà.
“Sam? Che c’è?”
“Niente.”
“Ti sei incantato a fissare un punto dietro le mie spalle. Pensavo anche ci fosse qualcuno o qualcosa di strano. Non mi stupirei, dopo ciò che ho visto, sai?”
Sam accenna un sorriso e la stringe tra la braccia. Quel gesto fa scattare in Talia una sensazione profonda di protezione, come se adesso, inglobata nell’abbraccio di Sam, niente potrebbe farle del male.
“Ho avuto un pensiero strano, tutto qui.”
“Ah si? E quale?” Mentre glielo chiede, gli sistema i capelli dietro alle orecchie per vedere bene il suo viso: guarda gli occhi di Sam, che un momento prima sono azzurri e il momento dopo diventano verdi; osserva i movimenti impercettibili che fa con le sopracciglia quando cambia espressione; segue con l’indice la lunghezza del suo naso con la punta all’insù, che trova estremamente adorabile.
Gli angoli della bocca di Sam si alzano, aprendosi piano in uno di quei sorrisi che piacciono tanto a Tal.
“Che stai facendo?” le chiede.
“Aspetto che mi dici che pensiero hai avuto.”
“E lo fai mentre mi tocchi il naso?”
“Mi piace il tuo naso.” Dice lei d’istinto, arrossendo un po’.
Sam ride, trovando la spontaneità con cui Tal ha detto quella frase estremamente genuina. Senza pensarci troppo, alza la testa per raggiungere il suo viso e stamparle un bacio sulle labbra.
“Allora, me lo vuoi dire o no?”
Sam scuote la testa: “Lascia stare, era un pensiero passeggero.”
“D’accordo. Ma sai che puoi dirmelo, quando e se ti andrà di farlo.”
Sam annuisce, mentre si apre in uno sbadiglio che non riesce a trattenere.
“Dovresti dormire un po’.”
“Dovremmo farlo entrambi.”
Si sistemano in modo diverso: si mettono entrambi in costa, Tal tra lo schienale del divano e Sam, con la schiena appoggiata al suo petto. Il cacciatore le mette un braccio intorno alla vita e la tira maggiormente a se, facendo aderire i loro corpi ancora di più. Non dicono più niente. Rimangono in silenzio ad aspettare che Morfeo venga a fargli visita. E con le giornate che hanno passato, non ci vuole molto prima che entrambi cadano in un sonno profondo.


“No, sei tu che non capisci! Non posso accettarlo, proprio no!”
“Non puoi accettare cosa, di non diventare uno zombie con il cervello fuso?”
“No. Non accetto di dover mangiare del cibo per conigli! Sono un guerriero, porca puttana!”
“No, sei una lagna, è diverso. Non fai altro che lamentarti da quando siamo partiti da quel market.”
“Era un market vegano! Sai dove si trova l’origine del male? In posti come quelli!”
Bobby alza gli occhi al cielo e sbuffa il più rumorosamente possibile per far recepire a Dean la sua frustrazione: inizia a perdere la pazienza. Sta diventando troppo vecchio per questo genere di cose.
“Per l’amore del cielo, chiudi quella bocca.”
Infila la chiave nella serratura della porta di casa e la fa scattare. Quando varca la soglia viene inondato dal buio pesto della stanza.
“Perché è tutto buio?” sussurra Dean, ora intento a capire cosa stia succedendo e meno avvezzo a lamentarsi del cibo per conigli di Bobby.
“E come diavolo faccio a saperlo? Ero con te!”
Dean fa una smorfia e alza le spalle: Bobby ha ragione.
“Sam??” chiama il cacciatore più giovane.
Nessuna risposta.
“Sam??” chiama più forte.
Nessuna risposta.
L’ansia piano, piano inizia a farsi strada in lui, il sangue inizia a scorrere freddo per tutto il suo corpo, andandosi a conficcare in testa come tanti piccoli spilli.
“SAM! Porca puttana!” grida spazientito.
Un suono confuso proviene dal buio. I due cacciatori sentono una voce impastata che biascica cose indistinte e poi un tonfo sordo sul pavimento.
“Cacchio.”
Dean sospira sollevato, riconoscendo la voce di Sam.
“Odio questo posto. Quando possiamo trovarci un luogo che abbia l’elettricità? Mi sembra di essere nell’era preistorica!”
“Ed eccolo che torna a lamentarsi!”  dice Bobby. Raggiunge a tastoni il mobiletto che è vicino all’ingresso e ci trova la candela che aveva lasciato lì nel caso si fossero presentate occasioni come questa. L’accende. La fioca luce illumina lievemente la stanza.
“Stai bene, ragazzo?” chiede, vendendo Sam che si alza dal pavimento ancora un po’ stordito dal sonno.
“Si.” dice, strofinandosi gli occhi.
“Ragazzi, che succede?”
Tal ha la voce assonnata tanto quanto quella di Sam.
Un sorriso furbo si disegna sulle labbra di Dean, che improvvisamente inizia a farsi i migliori film mentali su ciò che possa essere successo tra Tal e Sammy in loro assenza. E bravo il suo fratellino.
“Eravate troppo occupati per accendere qualche candela?” domanda, cercando – inutilmente – di nascondere il velo di malizia nella sua voce.
Talia ringrazia che ci sia poca luce perché sente le guance surriscaldarsi non appena Dean finisce di fare quella domanda, segno che le sue guance stanno diventando rosse come il più maturo dei pomodori.
“Sta’ zitto, Dean. Accendine qualcuna, piuttosto!”
Dopo qualche istante, un bagliore giallastro riempie tutta quella stanza, illuminandone la maggior parte.
“Volevi la luce? Eccola!” esclama Dean, allargando le braccia e rivolgendo un sorriso enorme a suo fratello.
Sam scuote la testa e si avvicina a Bobby, prendendo il sacchetto che il vecchio cacciatore teneva in mano e posandolo sopra al tavolo.
“Cosa avete comprato di buono?”
“Di buono, niente.” comincia Dean, avvicinandosi al tavolo e sistemandosi al suo fianco. Il maggiore infila una mano dentro al sacchetto mentre il minore rimane a guardare, come se da un momento all’altro Dean dovesse tirare fuori una  colomba dal cilindro.
“Abbiamo: avocado, pomodori, insalata, mele, fragole, arance, pane, acqua e … basta. È la razione di provviste più triste che io abbia mai visto.”
Mentre elenca le cose, Dean le tira fuori dal sacchetto, accompagnando il tutto con la più seccata delle espressioni. Si volta verso suo fratello con le labbra strette, alzando gli angoli della bocca, mostrando le fossette che si formano ai lati delle labbra.
“Non è triste, è salutare.”
“Parli bene, tu. Mangi come una capra tutti i giorni. Io non sono abituato a questo genere di cose.” Riporta lo sguardo sul cibo poggiato sul tavolo e lo percorre tutto con un’espressione disgustata.
“Il tuo cuore ti ringrazierà!”
“E anche il tuo fegato!” si intromette Bobby.
“Non venirmi a parlare di fegato sano, proprio tu.”
Bobby affila lo sguardo, fulminando Dean: “Non parlarmi così, ragazzo.”
Tal in silenzio osserva la scena. Fino ad ora, non aveva mai fatto caso a quanto Bobby significasse per quei ragazzi. Ha pensato che fosse come una specie di vecchio amico di famiglia, ma ora che li guarda discutere si rende conto che Bobby è parte della loro famiglia. C’è molta confidenza tra di loro, ma anche un profondo senso di rispetto e ha percepito l’ammirazione che Dean e Sam provano nei confronti di quell’uomo.
I tre continuano a discutere, su cose come le sbagliate abitudini di Dean riguardo al cibo e altre cose che Tal non afferra perché iniziano a parlare uno sopra all’altro in maniera estremamente chiassosa.
“Ragazzi?” tenta di chiamarli per distrarli dalla loro disputa.
Ma ovviamente, nessuno la considera.
“RAGAZZI!”
I tre si voltano, come se improvvisamente la vedessero di nuovo. Quasi come si fossero provvisoriamente dimenticati della sua presenza, troppo presi dalla loro discussione per ricordarsi di una quarta presenza.
“Avete finito?”
Annuiscono.
“Bene. Vi va se provo a ordinare il tutto insieme, in modo che sembri qualcosa di appetitoso?”
“Si, grazie!” esclama Dean, quasi come se gli avesse promesso di trasformare tutto quel cibo salutare in una bistecca grossa e succosa.
Tal ride: “D’accordo. Ma non prometto niente!”
“Ti aiuto, ti va?”  si affretta a domandarle Sam, accennandole un sorriso.
“Certo” risponde lei.
Dean e Bobby si scambiano un’occhiata alquanto eloquente e si tolgono di mezzo con la scusa di occupare il tempo per fare altre ricerche.

Rimasti soli in cucina, illuminati solo dalla luce fioca delle candele, Sam guarda Tal intenta nella sua impresa. La osserva cercare un coltello e iniziare a tagliare fette di pane con precisione, quasi come se il suo scopo fosse proprio quello di farle tutte grandi uguali. Passa lo sguardo sul suo profilo, sui ricci che le cadono davanti al viso, mentre tiene la testa bassa. Vede appena la sua espressione concentrata, sotto a tutti quei capelli. Si mette dietro di lei e glieli porta con cura sulla schiena.
“Così ci vedi meglio.” Le dice, stringendole la vita e portando il mento sulla sua spalla, facendo capolino con il viso in modo che riesca a vedere cosa sta facendo Tal.
“Quanto sei premuroso!”
Lui ridacchia e, dopo averle dato un bacio su una spalla, scioglie l’abbraccio e le chiede come può rendersi utile.
“Tagli i pomodori?”
“D’accordo.”
Sam si mette vicino a lei e imita i suoi movimenti, tagliando con cura i pomodori.
Sono uno a fianco all’altra, in piedi, davanti al piano cottura. Potrebbe benissimo essere una scena normale, se le circostanze fossero diverse.
Potrebbero essere benissimo una coppia che si trova a preparare una cena improvvisata e l’unico disagio nella loro vita sarebbe la mancanza di luce temporanea dovuta da un blackout.
Ma sanno entrambi che non è così.
Sanno che la loro vita non è normale.
Sanno che si trovano in quella casa per nascondersi da una cosa più grande di loro e che il blackout non è temporaneo.
La loro cena fatta con le provviste più triste che esistano citando Dean, è necessaria se non vogliono finire dentro ad un mattatoio per uomini, dove verranno osservati da dei mostri, come se fossero topi da laboratorio.
“Sam..” si trova a dire Tal “..Riuscirete a .. sai, insomma.. ad uscire da tutto questo?” la sua voce esce quasi un sussurro, ma Sam percepisce tutta la preoccupazione di Talia.
Si schiarisce la gola, non sapendo bene come rispondere. Non vuole mentirle, ma non vuole nemmeno darle una risposta totalmente negativa che le spazzi via le speranze.
“Non lo so. Ma stiamo facendo dei passi avanti. Bobby ci aiuta tanto e lui, sai, è un genio. Tutti i cacciatori gli chiedono aiuto perché è il migliore e ha sempre una soluzione per tutto. Troveremo un modo per farcela.”
Tal annuisce.
Improvvisamente, ricorda i pensieri che ha avuto poco prima guardando i ragazzi insieme a Bobby e, forse per la necessità improvvisa che sente di cambiare argomento, si trova a dire: “Bobby vi vuole bene. Si vede.”
Sam sorride.
“Bobby ci ha cresciuti, in pratica. Sai papà aveva sempre molto lavoro da fare, quindi ci lasciava da Bobby il più delle volte. È lui che mi ha insegnato a giocare a scacchi. Ha continuato a prendersi cura di noi anche quando papà è morto.”
Quella frase colpisce Tal come una secchiata d’acqua in pieno petto d’inverno. Solo ora si rende conto di non avergli chiesto niente di suo padre e se ne vergogna profondamente. Il fatto è che Sam, però, è sempre stato estremamente riservato riguardo alla sua famiglia, non ne parlava quasi mai e quando lo faceva, sembrava che non ci fossero mai buone notizie. Anche se la consapevolezza che Sam non avesse un bel rapporto con suo padre, non la giustifica da non avergli chiesto niente, di non essersi insospettita della sua assenza.
“Mi dispiace, Sam. Non lo sapevo. Com’è successo?”
“Lo stesso demone che ha ucciso Jess e mia madre. Quando siamo riusciti a stanarlo, Dean gli ha conficcato una pallottola in testa, con una pistola speciale. Ci siamo presi la nostra vendetta.”
Il suo sguardo si rattrista al suono di quelle parole che riempiono la stanza con un silenzio pesante, fatto di sofferenza e di anni passati a combattere una lotta che gridava alla vendetta per una famiglia distrutta, per un amore strappato.
Sono ferite aperte, quelle di Sam. Non ancora cicatrizzate perché troppo profonde affinché riescano a curarsi in fretta. Tal guarda il suo viso e nota tutto il peso dell’esperienza vissuta tra cose più grandi di lui, tra cose che gli uomini creano solo per raccontare storie del terrore.
Sam è umano e deve avere a che fare con cose sovraumane tutti i giorni della sua vita da quando era un ragazzino.
Tal lo abbraccia, stringendolo forte.
“Mi dispiace, Sam. Per tutto quanto. Per tua madre, per Jess, per tutte le cose che hai passato e che non conosco, ma che ti hanno fatto male.”
Sam ricambia la stretta, sentendosi improvvisamente più tranquillo, come se quel contatto sciogliesse ogni preoccupazione, ogni ansia, come se lo liberasse da ogni brutto ricordo anche solo per qualche istante.
“Non devi dispiacerti.”
“Sappi che sei un grande uomo, Sam Winchester. Un cavaliere dalla lucente armatura che salva il mondo in sella ad un cavallo ferrato.”
E se lo dice lei, Sam un po’ ci crede, a quelle parole. Se lo dice lei, forse tutte le cose brutte che ha fatto in questi anni, possono essere compensate da quelle buone, da aver salvato tante persone. Ha sacrificato se stesso per fermare l’Apocalisse e quando è tornato, l’unica cosa a cui pensava era a quanto quell’esperienza avesse devastato lui e chi gli stava intorno, ma adesso si rende conto di aver anche salvato moltissime persone, se non il mondo intero. E questo, lo fa sentire meglio. Lo fa sentire utile, in qualche modo. Lo fa stare.. bene. L’idea di aver salvato tante persone gli da una spinta in più per voler salvare il mondo anche questa volta, senza lasciarsi sopraffare dall’idea che, invece, sono tutti i trappola.
Hanno affrontato Lucifero in persona – che ha giocato con la sua anima come se fosse la sua bambola preferita – riusciranno a uccidere Dick e a far crollare il suo impero.
“Questo implicherebbe che ci fossi io alla guida dell’impala e sai cosa comporterebbe? Il non avere più l’uso delle gambe.” Sussurra e Tal ride.
“Ho notato quanto Dean ama quella macchina.”
“Ama più lei di me, a momenti.”
“Nah, su questo ho dei forti dubbi.”
Sam sorride e la abbraccia più forte, come se se la volesse infilare dentro al cuore. È talmente piccola, in confronto a lui, che potrebbe anche starci. Le è così grato, in questo momento. Sembra che Talia riesca a dargli la spinta giusta per non arrendersi, per non mollare. Vuole che il mondo sopravviva perché lui ha bisogno di sapere che lei esiste, che lei vive, che c’è anche se saranno lontani.
“Dovremmo finire ciò che stavamo facendo, o Dean mangerà entrambi.”
Sam ride: “Non posso darti torto.”

Dopo cena, Sam e Talia sono andati nella stanza in cui ha dormito la ragazza la sera prima. Mentre stavano mangiando i loro crostini con l’avocado e il pomodoro mischiati insieme, Dean non faceva altro che parlare con la bocca piena, dicendo che alla fine, questa roba non è male – specificando, però, che appena sarà possibile mangiare di nuovo carne, la prima cosa che farà sarà spararsi almeno due cheeseburger. Talia aveva riso. Dean le sta simpatico. E le fa piacere vedere che sul suo viso quel velo di angoscia si è ammorbidito, almeno un po’. Lui e Sam sotto questo punto di vista sembrano molto simili: entrambi sono stati segnati dalla loro vita e dalle loro perdite.
Tal, sdraiata sulla brandina mentre aspetta che Sam finisca di prepararsi per la notte, si trova a pensare ad un Dean bambino che, senza madre e con un padre assente, si prende cura del piccolo Sam.
Dean ha dovuto diventare grande subito, rinunciando all’infanzia, ma impegnandosi al massimo affinché Sam ne avesse una.
Si è preso cura del suo fratellino, facendo in modo che non gli mancasse niente e standogli sempre vicino, facendogli sempre sentire la sua presenza. Questo Sam gliel’ha sempre detto.
Mio fratello.. Dean, ricordi che te l’ho nominato?
Si, certo.
Ecco. Lui c’è sempre stato per me. E credo gli sarò sempre grato, di questo. Anche se devo ancora perdonarlo per avermi detto che babbo natale non esiste!

Sono cresciuti uno con l’altro. Dean è la presenza costante nella vita di Sam e viceversa. Sono come due ciliegie, legate all’estremità dello stesso rametto.
“A che pensi?” la voce di Sam la distrae dal suo filo di pensieri. Si volta verso di lui: ha una maglietta grigia a maniche corte e i pantaloni della tuta blu scuro. Le viene da sorridere, pensando che anche quando erano a Stanford quell’abbigliamento era quello che lui definiva ‘pigiama’. Le sue abitudini, negli anni, non sono cambiate, a quanto pare.
“A tante cose. Ma soprattutto al fatto che vedi ancora come pigiama maglietta e tuta.”
Sam si avvicina a lei e si sdraia al suo fianco.
“Tu hai addosso una felpa e un paio di leggins. Dove sta la differenza?”
“Vero, ma se fossi a casa indosserei un vero pigiama, uno di quelli di pile belli spessi. È questa la differenza: io uso pigiami veri, io amo i pigiami veri.”
Casa.
Sono passati giorni da quando è partita – o meglio, fuggita – da casa sua, ma le sembrano passati anni. Sono cambiate così tante cose che se pensa a se stessa qualche giorno fa, le sembra di vedere un’altra persona.
“Sam..” lo chiama e lui si volta a guardarla. Si mettono entrambi in costa per guardarsi in viso. “..Quando potrò tornare a casa mia?”
Sam sospira.
“Non mi fraintendere..” continua lei, non sapendo come interpretare il sospiro di Sam, “..Mi fa piacere stare insieme a te, lo sai. Passerei tutto il tempo che ho insieme a te..”
“..Lo so.” La interrompe. Le accarezza il viso, strofinandole il pollice sulla guancia. “Lo so, non devi specificarlo. Per ora, però, non puoi tornare a casa tua. Io, Bobby e Dean stiamo cercando un posto sicuro in cui farti stare fino a quando questo non sarà tutto finito. È per la tua sicurezza. Quando siamo venuti a prenderti e ci hai portato a casa, avrebbero potuto seguirci e magari in questo momento c’è un Leviatano che non aspetta altro che fai ritorno a casa per farti del male.”
Tal annuisce. Non ci aveva pensato. Sam ha ragione, non può tornare a casa, non ora. Deve aspettare che le acque si calmino, che quei mostri vengano annientati. Solo allora potrà tornare a casa. L’idea, un po’, la rattrista. Alla fine, stare lontano da casa per un tempo ignoto non piace a nessuno, ti fa sentire estraneo in qualsiasi posto tu vada.
“D’accordo.” Dice infine. “Avete già un’idea?”
“Bobby dice di avere un contatto che potrebbe fare al caso nostro. Domani chiamerà, credo.”
“Va bene.”
Sam si avvicina ancora di più e la stringe a se. Il viso di Tal nascosto sul suo petto, il mento di Sam appoggiato sulla testa della ragazza.
“Tornerai a casa, fidati di me.”
“Promettimi anzi che tornerai sano e salvo. Ho bisogno di sapere che ce la farai, che uscirai vincitore da tutto questo.”
Tornare a casa con la consapevolezza che Sam potrebbe non esserci più, non le piace.
Non le interessa tornare a casa, se lui deve morire.
Perché casa, è dove Sam sta con lei.
Casa, è stare abbracciata a lui e sentire il battito del suo cuore nelle orecchie.
Casa, è sapere che Sam respira, cammina, sorride, pensa, esiste, vive, sta bene.
Casa, è Sam. Ed esiste solo se esiste anche lui.
“Te lo prometto. Tornerò sempre da te e per te, ricordi?”
Tal lo stringe forte, così forte che Sam sente il respiro mancargli per qualche attimo. Si ricorda quegli abbracci: i momenti in cui Tal si aggrappava a lui come un’ancora di salvezza per non affondare. Adesso, però, sembra che lo stringa forte per non lasciarlo andare, come se stando vicino a lei, lui non potesse allontanarsi e di conseguenza, rischiare di farsi del male. Lo stringe come per impedirgli di andare. Lo stringe perché egoisticamente parlando, lo vorrebbe al suo fianco fino alla fine dei suoi giorni, ora che l’ha ritrovato. Vorrebbe svegliarsi la mattina e vedere Sam. Andare a letto la sera e vedere sempre Sam. Passare la giornata con lui. Vivere una vita normale, insieme.
La consapevolezza che per loro ciò non è possibile le fa salire un groppo alla gola e le fa pizzicare gli occhi, ma ricaccia le lacrime prima che si formino: non vuole piangere.
“Me lo ricordo. Hai mantenuto la promessa una volta, spero tu la mantenga ancora.”

Ma Sam non manterrà la parola. Non questa volta. Anche se ancora non lo sa.
La loro situazione avrebbe preso una piega totalmente diversa da come avevano previsto.
Bobby avrebbe chiamato il suo contatto, Molly, una cacciatrice della Louisiana, ormai in pensione e avvezza ad aiutare i cacciatori più giovani.
E una volta arrivati da Molly, i Winchester avrebbero salutato Talia.
Dean con un abbraccio stritolante e un bacio sulla fronte.
Prenditi cura di te, d’accordo?
Nessuno al di fuori di Dean saprà mai quanto lui stesso sia grato a quella ragazza per aver regalato a Sam degli attimi di pura felicità in un momento così buio, per lui.
In cuor suo, Dean spera vivamente che ci sia un futuro per quei due, che sono stati creati appositamente per stare insieme. La metà dello stesso essere. Perfetti come i pezzi di un puzzle che si incastrano l’uno nell’altro senza difficoltà, andandosi a completare.
Sam, invece, le avrebbe dato un bacio lento e lungo, come se volesse prolungare il più possibile il loro tempo insieme. La verità è che l’idea di andarsene un’altra volta, non gli piaceva per niente. Voleva stare con lei. Vedere lei. Vivere con lei e di lei. Saperla al sicuro. Ma sapeva anche che affinché tutto questo si avverasse, dovevano prima risolvere il loro problema più grande.
Tal l’avrebbe abbracciato di nuovo come la sera che lui le aveva promesso che sarebbe sopravvissuto a Dick, e questa volta,  non sarebbe riuscita ad impedire alle lacrime di scendere e rigarle il viso.
Tornerò.
Ti aspetterò.

L’avrebbe guardato salire a bordo dell’Impala e avrebbe guardato la macchina diventare sempre più piccola, fino a raggiungere le dimensioni di un puntino nero.
Anni diversi, stesso scenario: Sam che si allontana diventando sempre più piccolo fino ad essere inghiottito dall’orizzonte.

Dal canto suo, Sam, dopo aver sconfitto Dick, si sarebbe diretto da lei a bordo dell’Impala, perché era talmente disorientato, talmente perso e spaesato che aveva bisogno di Talia.
Dean e Cas erano scomparsi insieme a Dick, e Bobby.. Bobby era stato ucciso da Dick.
Sam, dopo aver vinto quella guerra, sarebbe rimasto solo – poteva reputarsi davvero un vincitore? – e l’unica cosa che desiderava era stare con Talia.
Voleva incrociare il suo sguardo e sentirsi meno affranto, meno a pezzi, meno disintegrato.
Dick aveva portato via la sua famiglia e Talia era l’unica persona che gli rimaneva al mondo, l’unica persona che desiderava avere vicino in quel momento.
Ma nel suo viaggio verso la Louisiana, il destino avrebbe messo la mano tra Sam e Tal ancora una volta – come se non volesse un futuro per loro, come se volesse sottolineare che anche se esiste la tua anima gemella, non necessariamente passerai la tua vita con lei – facendo in modo che Sam investisse un cane.
E sappiamo tutti com’è andata a finire.


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Non so bene come funzioni questa cosa delle note dell’autore e fine pagina e, se devo essere onesta, non so nemmeno se lo sto facendo nel modo giusto xD
Non sono per niente brava in queste cose, quindi non so nemmeno cosa scrivere esattamente (sono un disastro, chiedo perdono!) se non che la storia finisce qui e spero che sia piaciuta almeno un pochino a chi ci si è imbattuto. Grazie a chiunque l’abbia seguita, letta, recensita, messa tra i preferiti, ricordata o che si sia preso la briga di spulciarla. Lo apprezzo molto! :) 

 
   
 
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