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Autore: Mary P_Stark    11/03/2016    5 recensioni
1803. Yorkshire. La guerra infuria, in Europa, e Napoleone Bonaparte non nasconde le sue mire nei confronti della ricca Inghilterra. Christofer Harford, figlio cadetto del Conte Spencer, viene costretto dal padre a maritarsi prima della partenza per la guerra. Le imposizioni non sono mai piaciute al rampollo di casa Spencer, che mal sopporta l'ordine, e finisce con il rendere vittima la dolce e docile Kathleen, sua moglie contro ogni aspettativa. Le privazioni della guerra e la morte prematura del conte Harford richiamano in patria un Christofer distrutto dal dolore, che si ritrova ad affrontare non solo la morte del conte, ma anche una donna che non riconosce essere sua moglie.
Perché la nuova Kathleen è forte, non si piega alle avversità e, soprattutto, sa tenere testa al marito come mai aveva fatto prima della sua partenza. Ma cosa l'ha cambiata tanto?
Christofer è deciso a scoprirlo, così come è deciso a redimersi dalle sue colpe come marito. Ma nubi oscure si addensano all'orizzonte, minando la possibilità dei due coniugi di conoscersi, di instaurare un vero rapporto.
Saprà, Christofer, difendere la moglie da questo pericolo ormai alle porte e, nel suo cuore, potrà trovare spazio anche per l'amore?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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8.
 
 
 
 
 
Forse era completamente pazzo, o aveva battuto la testa una volta più del necessario.

Dopo l’intervento di Kathleen, atto a salvargli la gamba, si era lasciato medicare da lei ogni volta.

 
Nel giro di un paio di settimane, la ferita era migliorata visibilmente, dando i primi segni di una vera guarigione.

Per maggiore sicurezza, comunque, Christofer aveva accettato di farsi visitare dal dottor Jordan, da cui aveva ricevuto conferme e rassicurazioni.

Poco per volta, con l’aiuto di Julian e, alcune volte, anche di William, aveva ripreso gli esercizi motori iniziati sulla nave, e mai portati avanti una volta giunto a casa.

La muscolatura aveva iniziato a rispondere bene ai trattamenti e, ogni sera, Kathleen lo aveva massaggiato con un unguento all’acero campestre, prodotto in casa dalla cuoca.

Wendell era passato da lui ogni sera, dopo le abluzioni, per giocare un po’ a scacchi, dando così il suo personale contributo al recupero della salute del fratello.

In tutto quel gran andirivieni nella sua stanza, Christofer giunse a notare un particolare non da poco.

Pur senza farglielo notare, il conte si rese conto di diversi cambiamenti avvenuti nella moglie.

La forzata vicinanza, derivata dall’obbligo morale che Kathleen sentiva nei suoi confronti, aveva portato la giovane a perdere, poco per volta, parte della sua ritrosia.

Certo, lui poteva solo sfiorarle le mani o il viso senza che lei sobbalzasse, però era pur sempre un passo avanti.

Sempre troppo poco, comunque.

Perché era difficile starle accanto senza desiderare di più, senza sperare in un tocco più intimo, in un bacio, in un invito.

Sapeva di volere troppo da lei, visto ciò che aveva passato, ma avvertiva l’esigenza sempre più pressante di apporre il suo marchio sulla moglie.

Quasi fosse importante dichiarare a chiare lettere a chi appartenesse.

Perché, lo volesse o meno, era geloso.

Sua madre era stata categorica, le poche volte che aveva anche solo accennato all’ipotesi che, tra William e Kathleen, vi fosse del tenero.

Si era sentito accusare di farneticare, di vedere cose che non esistevano, ma era lampante l’affetto che la moglie provava per il suo attendente, e quanto esso fosse corrisposto.

Lui le era dichiaratamente fedele, e pendeva dalle sue labbra come un cagnolino ben ammaestrato.

Kathleen cercava sempre la sua mano, quando aveva bisogno di qualcosa, e ogni volta essa era presente. Salda, forte, calda.

Non gli importava di recuperare le forze solo per se stesso, ma anche per mettere in chiaro con tutti, in primis con William, chi fosse il marito di Kathleen.

Era stupido, infantile, davvero paranoico, ma non poteva farci niente.

Sì, forse aveva davvero battuto la testa una volta di troppo.

Passeggiando nervosamente nella sua stanza, la luna alta in cielo e un vento gelido che spirava da nord, Christofer fu tentato di raggiungere la moglie per chiedere lumi direttamente a lei.

Probabilmente, gli avrebbe dato del folle, scacciandolo dalla stanza, ma ormai quel tarlo lo stava rodendo così a fondo da rendergli impossibile anche il solo dormire.

Già sul punto di mettere mano alla maniglia, sobbalzò quando udì, oltre il battente, le voci concitate di Gwen, Kathleen e, con suo sommo disappunto, di William.

Non comprese cosa fosse successo, ma percepì dei passi frettolosi e, subito dopo, un battente sbattere con violenza.

In fretta, bussò alla porta per sapere i motivi di tale trambusto ma, dall’altra parte, non giunse più alcun suono.

Aprendo con titubanza, si ritrovò a fissare una stanza vuota, la vestaglia di Kathleen negligentemente gettata sulla poltroncina della toeletta e le babbucce lasciate in disordine accanto alla porta.

Ma dove era andata, così di corsa?

Aggrottando la fronte, Christofer si affrettò a indossare brache, camiciola e un paio di consunti stivali dopodiché, gettatosi sulle spalle un pesante mantello di lana secca, si avviò verso la stanzetta di Gwen per avere notizie.

Quando la cameriera se lo ritrovò sulla porta, torvo in viso e con i capelli scarmigliati, esalò: “Mio signore, cosa succede?”

“Kathleen… dov’è andata a quest’ora di notte, con William?” le chiese l’uomo, senza tanti giri di parole.

“Oh… eravate sveglio. Mastro William ha riferito a Sua Grazia che Persefone sta partorendo. Milady desiderava essere avvisata a qualsiasi ora del giorno, o della notte” gli spiegò la donna, tenendo ben salde le falde della vestaglia.

Ben comprendendo quanta fosse la paura della cameriera – visti soprattutto i trascorsi in famiglia – Christofer si impose di calmarsi.

Allontanatosi di un passo dalla porta, le sorrise fiacco e mormorò: “Le mie scuse se vi ho turbata, Gwen. Non intendevo spaventarvi.”

“Oh, ma non…”

Interrompendola con un gesto della mano, l’uomo mormorò: “So cos’ha fatto mio padre, e capisco quanto possiate esservi sentita angustiata, vedendomi piombare qui nel cuore della notte. Ancora le mie scuse, Gwen. Buonanotte.”

“Buonanotte, lord Spencer” sussurrò la donna, fissandolo a occhi sgranati mentre si allontanava lungo il corridoio in compagnia del suo fido bastone.

Per l’ennesima volta, si era comportato da idiota.

Si era completamente dimenticato di Persefone e del puledrino in arrivo!

E lui che aveva pensato a chissà quali macchinazioni!

Una volta o l’altra, avrebbe fato la figura dell’imbecille davanti alla moglie,   vanificando definitivamente tutti i suoi sforzi per riavvicinarsi a lei.

Ma era così facile credere che, tra loro, vi fosse qualcosa di più di un semplice rapporto di lavoro!

Kathleen aveva sempre un sorriso, per William, e l’uomo era così prodigo di attenzioni da rasentare quasi il fastidio, almeno ai suoi occhi.

Quando finalmente raggiunse il cortile, Christofer venne investito da una folata di vento gelido ma, imperterrito, si diresse verso lo stallaggio, illuminato fiocamente da alcune lanterne.

Vedendo Gilford uscire di corsa, lo bloccò per chiedere se sua moglie fosse all’interno e, quando ne ricevette conferma, lasciò andare lo stalliere per entrare a sua volta.

Finalmente al riparo dal gelo esterno, l’uomo si rilassò un poco.

Fu però un sollievo di breve durata perché, prima ancora di poter chiamare la moglie, udì nettamente le voci di William e Kathleen.

E quello che si dissero non gli piacque per nulla.

“Non so cosa farei, se Persefone perdesse il puledro. Non lo sopporterei, William” sospirò affranta Kathleen.

“Sono cose che possono succedere, Katie, ma non devi turbarti. Lei sa che noi la amiamo e la sosteniamo, perciò affronterà meglio il travaglio” la consolò l’uomo, con tono caloroso e sentito.

Furente per l’indubbia intimità che correva tra loro, Christofer avanzò silenzioso per raggiungere il box, illuminato da alcune lanterne.

Gli altri cavalli erano troppo impegnati a riposare, per badare lui e, quando si affacciò per meglio vedere, trasalì.

William stava accarezzando con le nocche il viso ansioso di Kathleen che, turbata, reclinò il capo fino a poggiarlo sulla spalla possente dell’uomo.

Per Christofer fu troppo.

Resa nota la sua presenza aprendo con forza la porta del box, fissò furente i volti sgomenti di entrambi, colti in flagrante e impossibilitati a negare l’evidenza.

“Avevo ben ragione a dubitare di voi” ringhiò il conte, fissando accigliato William, che non replicò al suo dire.

Non contento, Christofer rivolse un’occhiata livida alla moglie e, sinceramente ferito, esalò: “E io che mi preoccupavo di non urtare la vostra sensibilità! Era dunque menzogna, la vostra! Era il mio tocco, a disgustarvi! Sapevo di aver sbagliato, con voi, ma pensavo di poter rimediare, e invece… invece…”

Levandosi in piedi, scarmigliata e bellissima nonostante i fili di paglia deturpassero la perfezione del mantello che indossava sopra la camicia da notte, Kathleen esalò sconvolta: “Non dovete pensare questo, Christofer! Il vostro tocco non mi ripugna e William… io e lui non stavamo facendo nulla!”

“Da quando in qua, un dipendente può osare una simile confidenza con una lady?!” sbottò l’uomo, disgustato dai miseri tentativi della moglie di giustificarsi.

Mordendosi un labbro, lei non rispose e il conte, facendo un passo indietro, mormorò roco: “Ho le mie colpe per avervi fatto soffrire ma, quant’è vero Iddio, non vi ho mai tradita!”

“Neppure io!” esclamò lei, volgendo un momento lo sguardo verso William, il quale annuì.

“Negate l’evidenza!” ringhiò il marito, fissando entrambi con livore genuino e genuino dolore.

Avvedendosene, Kathleen lo raggiunse in pochi, rapidi passi e, afferrata la mano libera di Christofer, se la portò al viso mormorando con enfasi: “Non vi è stato tradimento alcuno, ve lo giuro. William è mio fratello!”

Quelle parole, quel tocco, quegli occhi lo fecero tremare violentemente, squassato da un’infinità di sensazioni e pensieri diversi.

Lasciato andare il bastone, si resse completamente alla moglie per non crollare a terra, la verità gettatagli in faccia con feroce brutalità.

Era dunque lui, l’uomo di cui Andrew gli aveva parlato? Il figlio illegittimo di cui il barone non aveva voluto sapere alcunché?

Levato lo sguardo a scrutarne i lineamenti, non vide nulla che gli ricordasse l’amico o la moglie che, invece, si erano sempre somigliati molto.

Con voce resa esile dal dubbio e la speranza, fissò le tumultuose profondità verde-oro della moglie e mormorò: “Dite il vero?”

Kathleen annuì, aiutandolo a raggiungere il bordo del box perché vi si potesse aggrappare.

Raccolto che ebbe il bastone, la contessa lo strinse con forza tra le mani e dichiarò spiacente: “Non sapevo come avreste reagito alla notizia che avevo un fratellastro, perciò non vi ho detto la verità ma, visto quanto vi abbiamo turbato, era giusto che sapeste.”

“Andrew me ne parlò, tempo addietro” ammise Christofer, sorprendendo entrambi e fissando turbato l’attendente. “Mai, però, avrei immaginato di incontrarvi, William.”

Poi, rivolgendosi alla moglie, aggiunse: “Pensavate davvero che avrebbe potuto infastidirmi la sua presenza? Mi credete così meschino?”

“A onor del vero, vi conosco poco, Christofer” replicò Kathleen, sorridendogli contrita nel restituirgli il bastone.

“Vero” ammise il conte, sorridendo impacciato a William. “Le mie scuse. Mi sono comportato da idiota.”

“Non ho pensato a come avreste potuto interpretare la nostra amicizia, perciò sono io a dovermi scusare” replicò William, sorridendo di rimando.

“Ora capisco perché Andrew vi volle qui. Chi meglio di un fratello, per proteggere la propria sorella?” ammiccò Christofer, allungando una mano verso l’uomo. “Sono lieto che vi siate trovato qui, quando Kathleen ha avuto bisogno di aiuto.”

Stringendo quella mano con vigore, William asserì: “Ci sarò sempre, per Kathleen.”

Più tranquilla, Kathleen si rivolse al marito e disse: “Credo dovreste tornare in camera vostra, ora. Qui ne avremo per un po’, e la vostra gamba sta iniziando a guarire solo adesso.”

Scuotendo il capo, Christofer poggiò contro il muro il proprio bastone e, rivolgendo un sogghigno alla moglie, replicò: “Persefone è anche la mia cavalla, perciò rimarrò.”

Kathleen non trovò argomentazioni sufficienti per rispedirlo alla villa.
 
***

Era ormai l’alba quando, con l’aiuto congiunto di Kathleen, William e Christofer, il piccolo puledro di Persefone vide la luce.

Gilford, Samuel e il giovane Roderick pensarono subito a raccogliere quanto era stato usato per far nascere il giovane virgulto.

Lieti e stanchissimi, i due giovani conti, invece, osservarono con il sorriso sulle labbra il piccolo muovere i primi passi.

Appoggiato al box a braccia conserte, un sorriso fiacco sul viso inumidito dal sudore, William osservò solo distrattamente l’animale, più concentrato sulla sorella e il marito.

Apparivano sereni, pur se stanchi per la lunga notte insonne, e la mano di Christofer che, leggera, avvolgeva la vita di Kathleen, non pareva dare alcun fastidio alla giovane.

Il fratello ne fu lieto.

Aveva dubitato del conte, in principio, non conoscendolo ma, sapendo quanto fosse stato amico di Andrew, aveva voluto dargli il beneficio del dubbio.

Vedendoli insieme in quel momento di gioia condivisa, non poté che essere lieto di aver avuto torto.

Se si fosse rivelato essere come il padre, non avrebbe esitato a ucciderlo, per amore di Kathleen.

Fu ben lieto di non dover ricorrere a simili mezzi.

Fin da quando Andrew era giunto a Londra la prima volta, con il solo scopo di incontrarlo, William si era affezionato a quel giovane dal sorriso pronto e dalla mano capace.

Si era dimostrato non solo molto generoso con lui e la madre, ma anche disgustato dal comportamento del comune padre.

Avevano passato lungo tempo a parlare, a conoscersi, e così William era venuto a conoscenza dell’esistenza di una sorella, e di quanto Andrew le fosse affezionato.

Durante un suo viaggio al nord, l’aveva vista in compagnia del fratello, impegnati in una cavalcata in giro per le campagne di York.

Lì, in gran segreto, aveva fatto la sua conoscenza.

Era stato con estrema sorpresa che, poco tempo dopo, aveva ricevuto una lettera di Andrew, in cui lo avvertiva del prossimo matrimonio di Kathleen e della richiesta di entrare alle sue dipendenze.

Christine, sua madre, lo aveva spinto ad accettare – nutriva un profondo rispetto per Andrew – e, una volta sistemati i suoi impegni a Londra, era partito per York.

Gli era spiaciuto non arrivare in tempo per salutare Andrew e, per come erano andate a finire le cose, il dispiacere gli rimordeva le carni più del sopportabile.

Per lo meno, però, aveva avuto la possibilità di stare assieme all’amata sorella, vederla crescere e divenire donna.

Christofer l’avrebbe protetta, di questo ormai era sicuro, e lui si sarebbe assicurato che a nessuno dei due succedesse nulla.

“Penserò io a loro, Andrew” mormorò tra sé William, staccandosi a fatica dal box.

Avvedendosi dell’alba alle porte, Kathleen soffocò a stento uno sbadiglio e, rivoltasi al marito, asserì: “Visto che il piccolo e la madre stanno bene, credo potremmo dirigerci verso i nostri letti. Comincio a sentirmi a pezzi.”

“Credo anch’io” assentì l’uomo, prima di rivolgere un sorriso a William. “Grazie per essere rimasto con noi, William.”

“Dovere, milord” dichiarò compunto l’uomo, reclinando educatamente il capo.

“Non quando siamo soli, William. Mai” replicò il conte, scuotendo il capo. “Siete fratello di mia moglie e di mio cognato. Siete mio cognato. Capisco perché, di fronte alla servitù, voi vogliate mantenere il segreto, ma con me tutto ciò non sarà necessario.”

“Anche se sono un bastardo?” ribatté con triste ironia William, pur apprezzando il suo dire.

“Con tutto il rispetto per mia moglie, ma l’unico bastardo che conosco è il barone Barnes” dichiarò con convinzione Christofer.

William sogghignò complice e Kathleen, lanciato che ebbe uno sguardo a entrambi gli uomini, motteggiò: “Mi fate quasi paura.”

Il conte si ritrovò a ridacchiare e, appoggiandosi di peso al bastone, esalò: “Moglie, ringraziate che io e vostro fratello andiamo così d’accordo, invece. Ci sono famiglie in cui ciò non accade affatto!”

“Lo so” assentì lei, sorridendo delicatamente. “E, per quanto la cosa mi renda felice, lascerei qualsiasi disquisizione in merito a dopo un lauto riposo.”

“Concordo con Sua Signoria” ironizzò William, inchinandosi ossequiosamente alla sorella, che lo fissò con sufficienza. “Desiderate vi aiuti, Christofer? Sembrate piuttosto provato.”

“Non rifiuterò un aiuto” ammise l’uomo, accettando il braccio offerto da William. “Non vorrei mai che le spine di vostra sorella mi pungessero per ripicca.”

“Spine?” esalò Kathleen, seguendoli a un passo di distanza, l’aria di non aver affatto compreso l’uscita del marito.
Christofer si limitò a ridacchiare e, scuotendo il capo, replicò: “Ve lo spiegherò un’altra volta, Katie.”

Non vista, la fanciulla sorrise di quel nomignolo mormorato con affetto e, pur provando stanchezza infinita per quella lunga nottata, si sentì felice come non mai.
 
***

Whilelmina venne avvisata dalla servitù della nascita del puledro e della mancanza dei conti, che avevano passato l’intera notte con la partoriente.

Per lunghe ore, silenziose e tranquille, i due giovani dormirono nei rispettivi letti.

Solo nel tardo pomeriggio fecero la loro comparsa nel salottino al primo piano, dove la contessa madre li stava attendendo per un tè.

Salutati entrambi con calorosi baci sulle guance, Whilelmina chiese notizie di Persefone e Parsival, il nuovo nato.

Christofer le spiegò con dovizia di particolari il lungo travaglio, e la bravura di William nel dirigere il puledro nella giusta via.

Kathleen ascoltò assorta e felice, un bel sorriso a illuminarle il volto e, quando la contessa madre se ne rese conto, approvò in pieno.

Era lieta di vedere la nuora serena e quando Christofer, con apparente naturalezza, le sfiorò una mano per una pacca delicata, Whilelmina non notò alcun tremore, o irrigidimento.

Certo, sarebbe passato del tempo prima che la povera ragazza potesse cancellare tutte le sue paure.

Per lo meno, però, ora intravedeva uno spiraglio di luce nell’oscurità densa in cui, tutti loro, erano caduti dall’infausta notte in cui suo marito aveva perso il lume della ragione.

Pensare a ciò che Bartholomew le aveva fatto, a ciò che le aveva urlato – ormai preda della follia – non la aiutava a sentirsi serena.

Il barone Barnes non era stato più generoso di suo marito, con la ragazza.

Aveva rabberciato la figlia non appena era stata fuori pericolo.

Incurante delle proteste di Whilelmina e di Georgiana, la moglie di Barnes, l’aveva accusata di aver abortito di proposito, e solo per screditare il buon nome della famiglia.

Se avesse avuto più forza, o più coraggio, la contessa madre lo avrebbe schiaffeggiato, ma così non era stato.

Aveva tentato in tutti i modi di far capire alla giovane quanto le volesse bene, quanto le fosse vicina e comprendesse il suo dolore.

Scoprire che Christofer e lei sembravano non essere più così distanti, la rincuorò.

“Quasi me ne dimenticavo” esalò a un certo punto Whilelmina, portandosi una mano al viso per nascondere un risolino contrito. “E’ passato il guardiacaccia, verso mezzogiorno, perché desiderava parlare con te. Gli ho detto di ripassare stasera.”

“Avete fatto benissimo, madre. Vi ha accennato a quale problema vi fosse?”

“Lupi. Da quel che hanno potuto notare, c’è un branco in zona, e alcune pecore sono già state uccise” gli spiegò la donna, intrecciando le mani in grembo.

“Oh, capisco” annuì Christofer, pensieroso. “Immagino dovremo uscire per una battuta di caccia, quindi.”

“Scordatevelo” precisò Kathleen, categorica.

Volgendo lo sguardo nella sua direzione, il conte levò un sopracciglio con espressione ironica e replicò candidamente: “Come, prego?”

“Non potete uscire a cavallo, con la vostra gamba in via di guarigione. Rischiereste di rovinare in un colpo solo tutti i progressi fin qui fatti” gli fece notare la moglie, risoluta.

“Sono il conte, mia cara, ed è mio dovere proteggere le persone del contado, anche occupandomi di cose come queste” asserì con tono fermo l’uomo, ben deciso ad averla vinta sulla moglie.

“E io vorrei ricordarvi che siete attualmente convalescente e, di queste cose, posso benissimo occuparmi io” ribatté Kathleen, assottigliando le iridi di giada, che mandarono lampi infuocati.

Sbattendo le palpebre con aria confusa, il marito mormorò: “Di cosa vorreste occuparvi, scusate?”

“Chi pensate sia uscito per i boschi, l’anno passato, assieme al guardiacaccia e ai cacciatori del contado? Vostro padre? Neppure riusciva più a uscire dal suo letto! Figurarsi partecipare a una battuta di caccia!” sbottò Kathleen, accalorandosi.

Passandosi nervosamente una mano sul viso, l’uomo si rivolse alla madre, che era visibilmente impallidita e, furente, ringhiò: “Le avete permesso di fare una simile sciocchezza?!”

“Non è stata una sciocchezza! Era mio…” iniziò col dire Kathleen, subito azzittita da un’occhiata raggelante del marito.

“Non ora, Kathleen” sibilò lui, tornando a rivolgersi alla madre, che si vide costretta a rispondere.

“Tesoro, Kathleen non è mai stata in pericolo. C’era William, con lei, e tuo padre era già a letto malato, perciò non è mai venuto a saperlo. Inoltre, era circondata da uomini fidati e in gamba. Qualcuno della famiglia doveva esserci, anche per dare fiducia ai membri del contado che, dopo la malattia di Bartholomew, si sentivano insicuri e sperduti” cercò di spiegargli Whilelmina, stringendo nervosamente le mani tra loro.

“Avete notato, per puro caso, che mia moglie è una ragazza?! Che ci faceva vicino a un branco di lupi, e in mezzo a così tanti uomini armati?!” sbraitò a quel punto Christofer, ormai fuori di sé dalla rabbia.

“Christofer, davvero, non c’era pericolo per…” tentò di intromettersi la moglie, nuovamente azzittita dall’uomo, che la indicò con aria di sfida.

“Quanto a voi, scavezzacollo che non siete altro, non avete un briciolo di assennatezza?! Tale e quale a vostro fratello! Siete davvero degna di lui!” sbottò furibondo Christofer, levandosi in piedi per fronteggiarla in tutta la sua altezza. “Non vi è mai passato per l’anticamera del cervello che avreste potuto ferirvi, o morire?!”

“Sono capacissima di difendermi e…”

Lo so!” urlò l’uomo, interrompendola per l’ennesima volta. “Mia madre mi ha detto che William vi ha insegnato a sparare e, per Dio, mi sta anche bene, ma il cavallo avrebbe potuto inciampare, scivolare sul ghiaccio e… e…”

A quel punto, tutto il livore svanì e, come una bambola di pezza, si lasciò crollare nuovamente sulla poltrona, mormorando affranto: “Come pensate avremmo reagito, io e Andrew, alla notizia della vostra morte, o di un vostro incidente?”

Kathleen ebbe la compiacenza di arrossire e, contrita, reclinò il capo mormorando spiacente: “Non ho fatto pazzie, ve lo giuro.”

“E neanche me lo sarei aspettato. Sono ben felice che con voi ci fosse William, ma per favore, Kathleen, cercate di capire. Non voglio che voi siate in pericolo proprio quando io sono qui per proteggervi. Rimarrete in casa e, ai lupi, baderò io.”

Il suo tono fu così accorato e, al tempo stesso, così lapidario che Kathleen non poté ribattere alcunché.

Levandosi in piedi con grazia, si inchinò a madre e figlio e, silenziosa, uscì dal salottino.

Rimasto con la madre, Christofer si passò una mano sul viso, ora pallido e teso, ed esalò: “Cos’altro ha fatto, in mia assenza, per sopperire alla mancanza di mio padre?”

“Poco altro, caro. Ha cercato di esserci sempre per le persone del contado, ha dato udienza a coloro che avevano bisogno, e si è esposta in prima persona quando qualcosa non andava. Ha passato un sacco di tempo all’orfanotrofio, che ha fatto sistemare, e il lanificio è stato ammodernato grazie a nostri finanziamenti privati” sospirando, la donna aggiunse: “Le miniere sono state fortificate, e gli orari di lavoro sono stati cambiati. Vi lavora molta più gente, ora, e la produzione è aumentata.”

“E naturalmente, il tutto in barba alle leggi di Londra e della Camera dei Lord, vero?” ironizzò Christofer, con un mezzo sorriso.

“La gente è contenta, ci sono meno incidenti e gli uomini tornano a casa meno gravati dalla fatica” gli fece notare Whilelmina, prima di venire interrotta dal figlio.

“Non ho detto che ha fatto male” sospirò l’uomo. “Kathleen è una fanciulla davvero intelligente e, soprattutto, molto lungimirante. Ma non potete pretendere che io accetti come se nulla fosse il fatto che lei si trovasse nella foresta, con il rischio che venisse attaccata dai lupi. Questo non posso farlo.”

“Certo, caro, lo capisco. E anche Kathleen lo ha capito” assentì la madre, sorridendogli benevola.

“E’ per questo che è uscita col broncio? Perché ha capito?” replicò con triste ironia il conte.

“Vedrai che le passerà presto” gli promise Whilelmina.

“Ho come l’impressione di fare un passo avanti e due indietro. Quando penso di averla compresa, salta fuori qualcosa che scompagina completamente quel poco che so di lei, e devo ricominciare da capo per tentare di capirla” sospirò Christofer, scuotendo il capo.

“Kathleen non è così complessa come la dipingi.”

“La è eccome, madre. E’ un caleidoscopio di emozioni trattenute in quel corpo da fata che si ritrova, e questo non fa che peggiorare le cose!” sbottò l’uomo. “Mi sono ripromesso di non guardarla solamente, ma di capirla, ma ammetto che è un lavoro complesso, cui non sono di certo abituato. Già una volta, però, l’ho fatta soffrire, e ho rischiato di mandare a monte l’unica possibilità di felicità che avremmo potuto avere insieme. Non commetterò lo stesso sbaglio due volte.”

“E’ bello sentirtelo dire” asserì la madre, sorridendogli comprensiva.

“Non la tradirò mai, madre, anche se tra noi non dovesse mai nascere l’amore. Ma vorrei almeno esserle amico, così che il nostro rapporto diventi il più possibile solido e, per farlo, devo conoscerla. Ma è così… complicata!” ammise senza vergogna Christofer.

“Dai tempo a te stesso, caro, non solo a lei. Credo che servirà a entrambi. Anche lei deve imparare a conoscere te… non solo il tuo corpo.”

Quell’accenno fece arrossire Christofer che, tossicchiando imbarazzato, gracchiò: “Vi ha detto… qualcosa?”

“Solo che si occupa di te e della tua ferita e che… che hai diverse lacerazioni sul corpo, tutte causate dalla guerra” gli spiegò la madre, sospirando leggermente.

“Vi è parsa turbata? Disgustata?” La sola idea lo terrorizzava.

Whilelmina rise divertita della sua paura e, con ironia, asserì: “Sei sempre stato così orgoglioso del tuo aspetto, figliolo!”

“Ora non prendetemi in giro! Sono serio!” sbottò l’uomo, accigliandosi.

“Non era turbata dalle tue ferite, se è questo che temi. Era dispiaciuta per te, per il dolore che hai sicuramente patito quando ti sono state inferte. Kathleen ha un cuore grande, e non ama veder soffrire le persone” dichiarò con calore la donna.

“Questo l’ho imparato” assentì Christofer. “E’ uno dei suoi aspetti migliori.”

“Perché? Ha anche degli aspetti che non ti piacciono?” replicò la madre, vagamente piccata.

“E’ testarda come un mulo e, quando si mette in testa una cosa, non le fai cambiare idea neppure ammazzandola” precisò lui, levando con ironia un sopracciglio.

“Oserei dire la stessa cosa di te, figliolo” replicò lapidaria la madre, levandosi in piedi con eleganza. “E ora, se me lo concedi, mi ritirerò prima di cena. A dopo, mio caro.”

“Madre…” mormorò il figlio, compunto.

E dire che pensava di aver capito qualcosa, delle donne.
 
***
 
Jefferson Lawrence era esattamente come lo ricordava. Tarchiato, col volto solcato da una cicatrice sul mento, i capelli cortissimi e spruzzati di grigio.

Come sempre, un sorrisone addolciva quel viso altrimenti duro e serioso.

Salutò con un profuso inchino Kathleen, in piedi alla destra di Christofer, che era accomodato alla poltrona della sua scrivania, e si rivolse al conte asserendo: “E’ un vero piacere rivedervi sano e salvo a casa, milord. Ci è spiaciuto molto per la morte di vostro padre. Abbiamo pregato tutti per lui.”

“Vi ringrazio, Mastro Lawrence. Che potete dirmi dei lupi? Qualche fittavolo è stato danneggiato seriamente?” volle sapere il conte, preferendo non dilungarsi troppo sulle preghiere rivolte al padre.

Per quanto gli concerneva, il vecchio conte poteva anche stare bruciando all’Inferno.

Fattosi serio, il guardiacaccia dichiarò torvo: “Abbiamo trovato le tracce di un branco piuttosto numeroso a nord-est di qui, milord. A circa sei miglia dal villaggio. Il giovane Maddock dice di averne scorti almeno sei, nei pressi del mulino, ma potrebbero essere anche di più. Gli inverni si sono fatti sempre più freddi, negli ultimi anni, e quelle bestie si fanno sempre più affamate.”

Annuendo pensieroso, Christofer mormorò: “Dobbiamo sicuramente intervenire per sfoltire il branco, se si è fatto troppo numeroso. Su quanti uomini possiamo contare, Lawrence?”

“Quindici buoni fucili, signore, altrettanti cani e due buoni cercatori” lo mise al corrente il guardiacaccia, prima di lanciare un’occhiata dubbiosa alla contessa. “Milady parteciperà anche quest’anno?”

“Temo di no” intervenne lesto Christofer. “Me ne occuperò io, Lawrence, e lasceremo che la contessa rimanga a casa al sicuro.”

Annuendo, l’uomo dichiarò con un sorriso: “Dovremo fare a meno dei suoi occhi, allora. Lady Spencer è una cercatrice nata. Scova tracce come se fosse un segugio… con tutto il rispetto, s’intende.”

Il conte assentì con un sorriso e, volgendo lo sguardo a scrutare la moglie - che fino a quel momento era rimasta in silenzio - le domandò: “Quindi, non avete mai sparato ai lupi?”

“Mi limitavo a seguirne le tracce e indirizzare i cacciatori” mormorò lei, spallucciando infastidita.

“Mastro Knight si occupava esclusivamente della sua sicurezza, signore, e un cacciatore era sempre con loro, mentre milady ci aiutava con le tracce” si premurò di dire Lawrence. “Non è mai stata in pericolo, neppure per un istante.”

“Questo mi rincuora” annuì dopo un istante Christofer. “Comunque, predisponete il gruppo perché sia pronto tra una settimana. Desidero dare la caccia a quel branco per allontanarlo dalle mie terre.”

“Sarà fatto, milord. Milady. Con il vostro permesso…” mormorò Lawrence, inchinandosi per andarsene.

Christofer lo congedò con un saluto e, una volta rimasto solo con la moglie, ancora impettita dietro di lui, si levò in piedi per scrutarla meglio in viso e mormorò: “Ancora arrabbiata con me, Kathleen?”

“Non sono arrabbiata” precisò lei, sulle sue.

Il marito ghignò beffardo e la donna, allontanandosi da lui con uno sbuffo infastidito, raggiunse le finestre per scrutare l’orizzonte e, a mezza voce, borbottò: “Dobbiamo liberare il giardino all’italiana di quell’abete. Il fulmine di due settimane fa lo ha letteralmente divelto in due, e deturpa l’ambiente.”

Raggiuntala alla finestra, scrutò il giardino con altrettanta attenzione e, annuendo placidamente, dichiarò: “Non ci sono problemi. Diremo al guardia-boschi di venire con i suoi ragazzi perché lo taglino a pezzi, e il legno ricavato lo divideremo tra l’orfanotrofio e i fittavoli, va bene?”

Lei annuì silenziosa, pur sorridendo appena.

Nel notarlo, Christofer le diede un colpetto con la spalla, sussurrando malizioso: “L’ho visto, sapete?”

“Che cosa, di grazia?” replicò lei, fingendosi ignara di tutto.

L’uomo ridacchiò e, nell’appoggiarsi al davanzale in marmo della finestra, la scrutò in viso, lei bellissima e dall’incarnato eburneo.

“Non vi permetterò mai e poi mai di mettere a rischio la vostra incolumità. Promisi dinanzi a Dio di proteggervi, e così lo feci con vostro fratello e, per quante manchevolezze io possa avere, non voglio venir meno alla parola data a Andrew. Vi concedo di essermi comportato da idiota, nei primi giorni del nostro matrimonio ma, visto che qualcosa in zucca mi è entrato, ora voglio metterlo in pratica.”

Kathleen cercò di rimanere seria, ma fu una cosa molto difficile.

“Quindi, mi rinchiuderete in una torre d’avorio per tenermi al sicuro?”

“Affatto, mia cara ma, se posso evitarvi dei compiti da uomo, ben volentieri lo farò. Vi siete comportata egregiamente, lo scorso anno, da quel poco che ho compreso, e ve ne rendo merito. Ma ora tocca a me.”

Le sorrise, nel dirlo, e Kathleen sospirò.

“Non voglio apparirvi ostinata, ma mi ero abituata a cavarmela da sola, e così… è difficile…” tentennò lei, apparendo contrita e testarda allo stesso momento.

“Dio solo sa cosa avete dovuto passare, Katie, e capisco che parte della vostra caparbietà nasce proprio dal processo che avete messo in atto per salvarvi dagli incubi di cui vi ha reso vittima mio padre, ma credetemi… ora non siete più sola. Ci sono io, ad aiutarvi. Lavoreremo insieme” asserì lui, sorridendole gentilmente.

Lei replicò timida e, annuendo, mormorò: “Un’altra cosa a cui abituarmi. Ma sono brava, in questo.”

“Prima o poi, mi farete anche vedere quanto siete brava con il fucile. Sono curioso” dichiarò lui, facendole sorgere un sorrisino divertito in volto. “Ecco, ora va meglio.”

“Vi spiaceva vedermi accigliata?” gli domandò lei, vagamente sorpresa.

“Vi preferisco sorridente. Ci sono fin troppi motivi per piangere, Kathleen, e non voglio diventare l’ennesimo.”

“Non lo siete” ci tenne a precisare lei.

“Ne sono lieto.”








Note: Finalmente scopriamo i legami tra Kathleen e William, che tanto avevano preoccupato Christofer. La scoperta che William è suo fratello rincuora il conte che, oltre a essere lieto di conoscerlo, si tranquillizza anche riguardo alla moglie.
Questo, però, non impedisce ai due di fare scintille, quando il conte deve imporre il suo ruolo su Kathleen che, ormai, si è abituata a prendere decisioni indipendenti e senza l'aiuto di nessuno. 
Christofer non è più disposto a farle correre dei rischi, quando c'è lui per proteggerla e, anche se Kathleen sa che il marito ha ragione (il contando ha bisogno di vederlo, di sentirlo parte di loro), è difficile tornare a essere 'una coppia', quando non lo sono mai stati.
Ma oserei dire che la faccenda si risolverà più che bene... :)
Per ora, grazie di avermi seguita fino a qui. Buon week end!
  
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