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Autore: theuncommonreader    18/03/2016    0 recensioni
L'Uroboro (letteralmente: "la coda divorante") è l'immagine che rappresenta la concezione ciclica dell'esistenza nella Grecia antica: gli eventi sono destinati a ripetersi in un cerchio senza fine. Così accade per due figure della mitologia, suocera e nuora: Antiope, principessa tebana amante di Zeus resa schiava dallo zio che la concupisce, e Niobe, vittima della gelosia degli Dèi e della propria vanità. Così accade per chi è parte della loro vita e delle loro sventure.
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Parte I: Antiope; Dirke; Zeto.
Parte II (partecipante al contest Drabbleggiamo indetto da grazianaarena su FFZ): Niobe; Apollo e Artemide; Anfione.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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parte due di O

Note iniziali:

La seconda di due parti di una raccolta di drabble incentrate su miti tra loro legati, quello di Antiope e di Niobe.

Partecipa al contest Drabbleggiamo? indetto da grazianaarena sul forum di Efp, con i prompt, in ordine di apparizione:

- Pacchetto rosso: Amore;
- Proverbio: Donne e uomini gelosi sono troppo pericolosi.
- Il mito di Niobe.

Il mito di Niobe narra della principessa lida moglie di Anfione e figlia di Tantalo che, orgogliosa della propria bellezza e della propria prole numerosa, offese l'antica compagna di giochi Leto, venendo punita con l'uccisione di tutti i figli (o alcuni, a seconda delle fonti) da parte di Apollo e Artemide. Dopo nove giorni di supplica, i loro cadaveri vennero seppelliti e la donna trasformata in una fonte. Anfione non è più menzionato.

La scelta di mantenere i titoli dei capitoli è voluta per sottolineare il tema della circolarità; per quanto riguarda le note, consiglio di passare il puntatore del mouse sulle parole sottolineate, in modo da farle apparire nel testo.




ουροβóρος

la coda divorante











I)
veleno e farmaco





Ancora fanciulla assaggiasti l'amaro dalla gelosia divina, Niobe di Tantalo. Siete stirpe baciata dal Fato ma invisa agli Olimpi: troppo l'ingegno donato a tuo padre, troppa la fama ai fratelli; a te, pelle così bianca che pure dalla sommità del cielo la guardano con invidia.
Tanto più ti compiaci della tua bellezza, quando Anfione giunge a cantarla: pizzicando la lira, ti muove il cuore come ha smosso le pietre del Citerone.
Tanto più sei lieta della tua grazia, specchiandoti nei frutti del tuo ventre fecondo. Li guardi, giovani cervi e pallide colombe, e sorridi; intanto, questo amore smisurato ti risveglia nel petto il mostro che si sazierà delle loro carni.





II)
figlia d'Orgoglio



Vergogna colora di fiamma le guance di Leto, Gelosia le tinge gli occhi di verderame; dai picchi del Cinto, il suo sdegno si insinua nel fitto ombroso dei boschi, si innalza sulla sommità del volto di Uranos.
Sette cervi dalle corna acerbe trafiggi, Apollo dalla
lunga chioma, nei boschi di Tebe; entro le mura cadmeie, di sette colombe, Artemide dal  corto chitone, i tuoi dardi fermano i cuori innocenti. Niobe si strazia, senza più figli né orgoglio, graffia quelle labbra che sono condanna della sua prole; voi sorridete, giusti punitori della sua vanità.
Donne e uomini gelosi sono assai pericolosi, ma ben più letale è la gelosia di un dio.







III)
inno a Giustizia





Nove volte il carro solare attraversa il cielo mentre Niobe implora sepoltura per i figli. Le frecce che li hanno trafitti, congelati nel boccio della giovinezza prima di poter dare frutto, sono intrise di vanità di madre; la bellezza di donna che ti ha incatenato, Anfione, è incrostata del cruore di petti straziati.
La tua lira, le cui corde non bastavano per cantarle il tuo amore, ha smosso la pietra ma non tua moglie: adesso, le genti lide bevono le sue lacrime.
Le tue, marito vedovo, padre orfano, sono libagione per i Gemelli, dolci del ferro del tuo sangue. La vita è un cerchio: tu, figlio punitore, sei padre punito.

   
 
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