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Autore: Writer_son of Hades    31/03/2016    0 recensioni
Non siamo mai tanto diversi dagli altri quanto crediamo o dovremmo.
Ivy Compton-Burnett, Madre e figlio, 1955
[SOLANGELO. Perché, ammettiamolo, non ce ne sono mai abbastanza]
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Nico/Will, Will Solace
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Will si guardò allo specchio.
            L’immagine che vide gli ricordò molto suo padre. Con quella giacca blu e la camicia di un bianco così candido che sembrava abbagliante. I capelli pettinati alla perfezione e le scarpe lucide.
            << Piper, che ne dici? >> chiese alla ragazza che finiva di spazzolargli la spalla dagli ultimi pelucchi.
            << È sempre incantevole, signorino Solace. >> rispose la ragazza allontanandosi di un passo, ma restando al suo fianco.
            << Piper, forse è l’ultima volta che ci vediamo. >> disse lui scendendo dal piedistallo e mettendosi davanti alla ragazza. << Puoi chiamarmi Will almeno per oggi? >>
A Piper vennero gli occhi lucidi a guardare il sorriso sincero del biondo. Lo strinse a sé nascondendo il viso nella sua camicia.
            << Mi mancherai Will. >> mormorò lei. << Non puoi andartene. >>
Lui la circondò con le sue braccia. << Mi mancherai anche tu Piper. >>
Quando lei si staccò si asciugò le lacrime che le erano scivolate sulle guancie.
            << Devi scappare. >> gli disse mettendogli le mani sul petto. << Non puoi sposarti. Non con qualcuno che non ami. Non è giusto. >>
            << Piper non ho molta scelta. >> rispose lui con un debole sorriso.
            << C’è sempre un’altra scelta. E tu puoi scappare. >> concluse lei, perché qualcuno bussò alla porta. Piper si staccò da lui e indietreggiò.
In quel momento entrò sua mamma. Quella sera era raggiante nel suo abito blu notte. Gli sorrise fiera del figlio che aveva davanti.
Piper salutò la signora e se ne andò lasciandoli soli nella stanza.
            << Sei emozionato? >> gli chiese appoggiandogli le mani sulle spalle.
Will respirò profondamente: << Più che altro terrorizzato. >>
            << Avanti Will, è solo una ragazza. Non ti mangerà mica. >> ci scherzò su sua madre.
            << La ragazza con cui passerò tutta la mia vita. >> mormorò in un sussurro il ragazzo, tornando a guardare la sua immagine riflessa.
Avrebbe solo voluto scappare via.
 
 
Nico si guardò allo specchio.
            O meglio, cercò di decifrare la sua immagine tra i pezzi di vetro rotti. Si passò le mani sul viso per cercare di migliorare qualcosa. Come se le occhiaie e il pallore potessero scomparire al tocco delle sue dita.
I suoi occhi neri perforarono l’immagine riflessa e dopo essersi tolto i vestiti si fiondò sotto il getto freddo della doccia.
Quella sera avrebbe fatto un ottimo colpo alla festa di fidanzamento dei Solace. Il figlio si sarebbe ufficialmente e pubblicamente fidanzato con una sgualdrina di un’azienda avversaria unendo così due delle industrie più prestigiose d’America.
Lui avrebbe portato a casa il necessario per scappare. Avrebbe finalmente comprato un biglietto di sola andata per l’Italia, dove sua sorella lo stava aspettando.  
Uscì dalla doccia non curandosi di bagnare il pavimento. Si passò velocemente l’asciugamano ancora umido sul corpo minuto e sulla zazzera di capelli neri.
Il tuo sguardo tornò sullo specchio: il pallore ora era meno inquietante, ma le occhiaie erano rimaste.
Si vestì con il poco che aveva, tutto intermente nero, per confondersi con la notte.
Il suo sguardo cadde sul muro sopra al suo letto disfatto: la foto sua e di Bianca era l’unica cosa che decorava la parete spoglia. Toccò il volto di sua sorella con la punta delle dita.
<< Sto arrivando Bianca. >> mormorò.
Un debole sorriso si fece spazio e una lacrima gli bagnò il viso.
            Si costrinse a rimanere concentrato sulla missione, non poteva fallire, non dopo tutto quello che aveva passato.
 
 
Will non ce la faceva più a stringere mani e a sorridere. Era più di un’ora che sorrideva.
            Avrà salutato tutti in quella dannatissima sala e la cosa peggiorò notabilmente quando sua mamma si avvicinò a lui seguita da due signori e una ragazza.
            << William, caro. >> lei non lo chiamava mai William. << Questi sono i signori Nightshade, della Nightshade Company. E questa è loro figlia Zoe. >>
Will ammise che se fosse stato etero, Zoe  gli sarebbe piaciuta. Fisicamente era perfetta e dallo sguardo che aveva, notò che voleva stare in quel posto almeno quanto lui. Il vestito argento che indossava era in abbinamento con la fascetta che portava sulla fronte. Avrebbe potuto assomigliare a una delle cacciatrici di Artemide, quelle che Will aveva studiato l’anno passato.
 Si intesero con uno solo sguardo.
            Lui le porse la mano, cordialmente: << È un vero piacere conoscerti Zoe. >>
Lei ricambio la stretta aggiungendo un debole sorriso.
            << Vi lasciamo un po’ soli, così potrete conoscervi. >> disse con un sorriso la madre di Zoe.
Will annuì e prese per mano la ragazza, conducendola nel parco della villa.
Si appoggiò con i gomiti sul balcone in pietra e sospirò.
            << Allora, futuro marito. >> cominciò la ragazza sedendosi in modo scomposto sul muretto di pietra bianca. << Quanto ti eccita il fatto che dovremmo sposarci fra meno di una settimana? >>
Will rise amaramente: << Almeno potresti iniziare a piacermi. >> ipotizzò. << Visto che dobbiamo passare il resto della nostra vita insieme. >>
Zoe gli rivolse un sorrisetto furbo: << Io non credo. >>
            Will si spaventò: << Non è che vuoi uccidermi, vero? >>
La ragazza scoppiò a ridere: << No, cretino! Ti sto offrendo un’opportunità. >> Will ascoltò con più attenzione. << Ti sto offrendo l’opportunità di scappare. >>
Al biondo si illuminarono gli occhi: << Scappare? >>
            << Cominciare una nuova vita da un’altra parte.>> continuò lei. << Io parto sta notte con il volo per Irlanda. >>
            << Vai in Europa? >>
La ragazza alzò le spalle: << Più lontano è meglio è. Ho già preparato i documenti con i dati modificati, grazie alla compagnia di investigazione di tuo padre. Ci vorranno anni prima che mi trovino. >> fece una pausa, appoggiando una mano sul braccio di Will. << Puoi farlo anche tu. Non è giusto dover vivere una vita che non ci appartiene. >>
            Will spostò lo sguardo vero la sala della villa piena di persone. Sua madre stava chiacchierando insieme a suo padre con altre persone importanti. Gli sembrava tutto così finto.      
Si voltò verso Zoe con un mezzo sorriso: << Dammi dieci minuti che preparo la valigia. >>
            Lei gli sorrise a sua volta: << Fai anche venti, prendi tutto il tempo che vuoi: fatti una doccia e prendi quello che ti serve. Io ti aspetto sul retro con la macchina per andare a cambiarti i documenti. >>
            << E i nostri genitori? >> chiese.
            << Fai fare a me. Tu vai. >> lo rassicurò.
Will non se lo fece ripetere due volte. Entrò in sala e senza farsi vedere da nessuno, corse su per le scale diretto alla sua camera, con un sorriso di pura eccitazione stampato in viso.
 
 
Nico si sistemò dietro alla siepe che circondava il cancello sul retro della villa.
Si sistemò il cappuccio della felpa nera sul capo e alzò il passa montagna che portava al collo coprendosi la bocca e il naso. Gli occhi, di un profondo nero pece erano vispi e notarono le tre telecamere. Contò fino a dieci e quando tutte e tre erano rivolte da un’altra parte, entrò in azione.
Grazie alla sua piccola statura, riuscì ad intrufolarsi in mezzo alle foglie per poi arrampicarsi e saltare dall’altra parte, proprio nell’enorme giardino.
Appena atterrato iniziò a correre in direzione delle luci e della musica.
            Ci mise due minuti ad arrivare sotto al muro della villa di marmo. Fece scrocchiare le dita delle mani coperte da dei guanti neri senza dita e cominciò l’arrampicata verso il balcone di pietra a sei metri sopra di lui. Si appese alle sporgenze delle pietre messe peggio e alle statue di donne. Arrivato alla prima finestra, controllò che nessuno stesse guardando e proseguì aggrappandosi al cornicione.
            Gli mancava poco al balcone. Quando afferrò la colonna del muretto, stava sorridendo soddisfatto. Con un ultimo sforzo si appollaiò sulla ringhiera di marmo bianco come un Gargoyle. Fissò la stanza vuota davanti a sé e con una mossa fluida scese dal muretto. Dopo anni di furti, ormai aveva imparato i trucchi del mestiere e soprattutto a non farsi sentire.
Aprì la porta finestra e si ritrovò la stanza che riconobbe come quella di un adolescente. Sicuramente il figlio dei Solace era un tipo strano. in primis: la sua ossessione per il giallo e l’arancione. Quella stanza era un pugno in entrambi gli occhi per Nico che era abituato a vivere nel suo piccolo buco grigio.
Non perse altro tempo importante e cominciò a prendere i vari orologi di marca e gioielli che trovava. Fece attenzione a non lasciare tracce e si riempì lo zaino che si portava sulle spalle. Mentre stava richiudendo la zip, sentì un rumore diverso da quello assordante della musica al piano di sotto.
<< E tu chi-
Non lasciò il tempo di finire la frase che si voltò di scatto tirando un pugno alla persona che era comparsa dietro di lui.
Questo fece diversi passi indietro tenendosi la mascella.
Merda, aveva colpito il figlio dei Solace in piena faccia. Doveva scappare assolutamente.
            << No, aspetta! >> urlò l’altro mentre Nico apriva la finestra.
Corse verso il muretto pronto a buttarsi di sotto se fosse stato necessario. Ma prima di toccare la ringhiera di marmo con la punta delle dita, il ragazzo biondo che aveva colpito lo prese per un braccio e lo tirò a sé in una specie di strano abbraccio.
            << Se ti butti da qui, muori. >> lo fermò il ragazzo.
Nico cominciò a dimenarsi e a tirare calci da tutte le parti per cercare di liberarsi.
            << Smettila di dimenarti e ascoltami! >> gli ordinò. << Se vuoi dei soldi te ne posso dare altri! Io adesso me ne vado e non me ne frega più niente di questa famiglia. >>
            << Perché dovrei crederti? >> ringhiò Nico.
            << Perché è la verità. >> la voce del biondo lo fece bloccare. Il tono era calmo e incredibilmente sincero. Colpì il cuore di Nico come una freccia. Smise di dimenarsi.
Il ragazzo, sentendo che l’altro si era calmato, lo lasciò andare.
Nico si voltò per guardarlo in faccia con gli occhi in una fessura. Lo studiò in silenzio. Di certo non poté fare a meno di notare quanto fosse bello il ragazzo. Con quegli occhi blu così luminosi, come se due zaffiri si fossero incastonati tra le palpebre. I capelli biondi gli ricadevano sulle orecchie in morbidi ricci. Nico, per un attimo, pensò di aver davanti un angelo.
Si domandò che ben di dio nascondesse quella camicia sbottonata in parte.
In effetti aveva notato una valigia aperta al lato del letto e la cravatta attorno al collo era sciolta.
            << Mi posso fidare di te? >> chiese in un sussurro.
            << Non ti sento con quel passa montagna sulla bocca. >> disse il ragazzo allungando una mano per abbassarglielo. Nico la allontanò con una sberla.
Lo abbassò da solo mostrando le labbra sottili serrate.
            << Se provi a toccarmi ancora ti taglio quella bella mano. >> lo minacciò puntandogli un dito contro. << E ora dammi i soldi così me ne vado. >>
Il biondo annuì e tornò dentro alla stanza cercando qualcosa nei cassetti. Tirò fuori una busta bianca e si riavvicinò a Nico, porgendogliela.
            << Sono più o meno 700$. >> concluse mettendosi le mani in tasca. << Penso che potrebbero andare bene. >>
Nico li contò velocemente tra le dita agili e sottili. Poi tornò con lo sguardo sul biondo che non accennava ad andarsene: << Perché te ne vai, Raggio di Sole? Troppo bella la vita facile? >> lo stuzzicò con un ghigno.
            << Non credo siano affari tuoi. >> rispose incrociando le braccia al petto. << E non chiamarmi così. >>
Il moro annuì e si voltò per andarsene.
            << Nemmeno un grazie? O un addio? >> gli urlò dietro il ragazzo mentre Nico era accovacciato sopra al muretto.
Si girò verso il biondo con un ghigno: << Almeno così sono sicuro di rivederti, Raggio di Sole. >>
 
 

 
 
Will stava tornando dal suo ultimo turno che era finito un po’ troppo tardi con le buste della spesa tra le mani. Si aggirava con serenità tra le calli mentre un venticello primaverile gli scompigliava i capelli biondi. Inspirò profondamente l’aria salmastra della laguna e sorrise.
Venezia era incantevole. Will si era già innamorato di quella città.
Erano più o meno tre settimane che era scappato dalla sua vecchia vita ed era come se fosse tornato a respirare. I suoi genitori lo stavano cercando per tutta l’America, ma per fortuna, l’investigatore che aveva aiutato Zoe, stava aiutando anche lui a tenere nascosta la sua identità.
Con i soldi che si era portato via era riuscito a comprarsi un piccolo attico a dieci minuti dalla stazione dei treni e si era pure trovato un lavoro come barista. C’era voluto un po’ prima di conoscere la città e i suoi segreti, ma col tempo aveva imparato a sentirla sua.
Era felice e si sentiva finalmente libero.
            Voltò a destra e, cercando di non intralciare il passaggio al numeroso gruppo di ragazzi che in quel momento stavano passando, superò un piccolo ponte. Il gruppo gridava e tutti erano visibilmente ubriachi, anche se alcuni di loro riuscivano ancora a trasportare sulle spalle un ragazzo con una corona di alloro in testa.
Passò vicino al solito bar dove Serena, una ragazza che aveva conosciuto da poco, lavorava.
            << Ehi, Serena! >> la chiamò agitando le braccia con le borse di plastica piene.
La ragazza, che si trovava dietro al bancone, lo salutò a sua volta con un cenno della mano e un sorriso radioso.
            << Finito tardi oggi? >> gli chiese in italiano. In effetti era già buio fuori.
            << Devi parlarmi in inglese, ancora non sono così bravo in italiano. >> le ricordò Will facendole l’occhiolino.
            << Okay, okay.>> sbuffò lei. << Ti porto qualcosa? >>
            << No, volevo solo passare a salutarti. Ho fatto la spesa e devo tornare a casa. >>
La ragazza insistette: << Avanti, Will. Una birra soltanto, così mi fai pure un po’ di compagnia. >>
Will acconsentì, ma non prese niente da bere. Si sedette al bancone e mentre Serena serviva, chiacchierava con lei del più e del meno.
Ad un certo punto entrò qualcuno sbattendo rumorosamente la porta.
Tutti i presenti si voltarono verso la figura scura e barcollante ancora appoggiata alla maniglia. A stento si reggeva in piedi.
            << Gesù questo è completamente andato. >> sbuffò Serena.
Il ragazzo si avvicinò quasi zoppicando al bancone e si appoggiò con tutto il peso sul legno scuro, esattamente alla sinistra di Will che non smise di fissarlo. I capelli neri gli ricadevano sopra agli occhi lucidi e scuri.
            << Una birra. >> biascicò in italiano guardando Serena.
            << Non credo proprio amico. >> gli disse lei con dolcezza. << Torna a casa. >>
Il ragazzo strinse i denti e i pugni. Gli occhi erano strizzati e sembrava che stesse morendo di dolore.
            << Casa… >> farfugliò con gli occhi serrati. << … cc-casa.. >>
Will gli mise una mano sulla schiena coperta da una felpa nera.
            << Va tutto bene? >> gli chiese cauto.
La testa del ragazzo si voltò per guardarlo in faccia e Will lo studiò meglio. Era sicuro di averlo già visto da qualche parte.
Sul volto del ragazzo si fece spazio un sorriso che gli fece rilassare i lineamenti.
            << Raggio di sssole… >> biascicò con un ghigno e prendendogli il viso fra le mani. << No credevo di poterti rivedere ancora… >>
Dio se era ubriaco.
            << Will lo conosci? >> gli chiese Serena scioccata.
            << No, veramente non so chi… >> Will guardò ancora quegli occhi neri. Raggio di Sole…Tutto gli tornò in mente. Era il ladro che aveva incontrato a casa sua prima di partire. << Tu? >> sussurrò cercando di stabilire un certo tipo di contatto in mezzo a tutto quell’alcool.
            << Lo conosci? >> ripeté Serena.
            << Sì, cioè no. >> balbettò. << L’ho incontrato una volta…per caso. >>
La ragazza annuì un po’ titubante: << Bé puoi portarlo a casa? >>
            << Certo. >> se solo sapessi dove abita.
Ma non poteva lasciarlo lì da Serena. Avrebbe causato solo problemi.
Si alzò con ancora le mani del ragazzo sulle proprie guancie e se lo caricò sulle spalle come meglio poteva. Prese infine le borse con la spesa e dopo aver salutato Serena, si avviò verso casa.
Il tragitto era corto, più o meno cinquanta metri, ma è stato praticamente impossibile.
            Ogni tre metri il ragazzo rischiava di cadere e se non era lui era la spesa nelle borse. Poi continuava a biascicare parole a caso, attirando l’attenzione dei passanti che fissavano malissimo sia lui che Will.
Il biondo sbuffò e alzò gli occhi al cielo. Maledetto lui e il suo altruismo.
            Quando arrivò alla porta di casa, cercò le chiavi nelle tasche del giubbotto jeans chiaro e dopo averla aperta si trascinò dentro per poi richiudersela alle spalle. Mollò la spesa vicino alle scale e si sistemò meglio il ragazzo tra le braccia per poterlo portare nel suo attico. Le borse sarebbe venuto a riprenderle in un secondo momento. Ora c’erano le tre rampe di scale da affrontare.
            Cominciò lentamente, ma il ragazzo non aiutava per niente. Alla fine lo prese praticamente in braccio per l’ultima rampa.
Aperta la porta del suo appartamento, Will aveva il fiatone. Si diresse al divano e ci buttò sopra il ragazzo.
            << Raggio di ssole non credevo fossi così forte. >> mormorò il moro buttato sul divano.
Will intanto era andato in cucina a prendere una bottiglia di acqua. Tornò in soggiorno e si inginocchiò al fianco del divano.
            << Bevi. >> ordinò.
Il ragazzo prese la bottiglia e la fece cadere dietro di lui per poi mettere le braccia attorno al collo di Will, attirandolo a sé. Anche se era ubriaco, era incredibilmente forte.
Sorrise ebete guardandolo negli occhi: << Sembri un angelo. >> sussurrò soffiando il suo alito sulla punta del naso di Will.
Sentì caldo. Ovunque. Il ragazzo ghignò con quegli occhi neri.
Il biondo si staccò dalla sua presa e si rimise in piedi.
            << Devo…devo…vom… >> cominciò il moro tenendosi una mano davanti alla faccia. Will corse a prendere un secchio, giusto in tempo per vederlo vomitare.
Continuò così per quasi un’ora. Will rimase al suo fianco a fargli bere dell’acqua per farlo stare meglio.

 
Un mal di testa feroce lo svegliò.
            Si tenne la fronte mentre si metteva seduto. Ma capì che era la cosa peggiore che poteva fare, per cui ritornò steso con un verso gutturale. Si coprì gli occhi con le mani e si passò la lingua sulle labbra secche. Aveva un gusto orribile in bocca. Non doveva ubriacarsi ieri.
E adesso dov’era?
Si sforzò di aprire un occhio. Non riconosceva niente di ciò che vedeva attorno a lui. Specialmente il divano arancione su cui era steso.
            << Era ora che ti svegliassi. >> disse qualcuno.
Nico tirò il collo e dietro di lui scorse dei capelli biondi. Il ragazzo che aveva parlato si spostò davanti alla sua visuale, sistemandosi sul divano.
            << Sono quasi le due. >> continuò con un mezzo sorriso.
            << E tu sei? >> chiese Nico con la voce graffiata.
            << In effetti non ci siamo mai presentati. >> rispose il biondo. << Mi chiamo Will. >>
Nico dondolò la testa di lato. Quei capelli li aveva già visti. Come in un sogno. Un ghigno si allargò sul suo volto: << Raggio di Sole. >>
            << Tecnicamente, il mio nome è Will. >> precisò il ragazzo. << Ma evidentemente tu preferisci questo soprannome. >>
            << Mi faresti un caffè? >> chiese Nico. << Mi servirebbe per non vomitare ulteriormente durante la giornata.>>
Will si alzò e si diresse verso quella che doveva essere la cucina.
Nico si costrinse di seguirlo dopo un po’. Si trascinò fino alla porta e si appoggiò allo stipite incrociando le braccia al petto. Si perse a guardarlo mentre era voltato a versare il caffè nelle tazze.
            << Dunque hai scelto Venezia. >> commentò Nico mentre prendeva posto al tavolo con due sole sedie. Will alzò le spalle e si sedette di fronte a lui passandogli la tazza fumante.
            << Più che altro è stato il primo volo libero. >> commentò semplicemente. << Ma l’adoro. >>
            << Non mi hai ancora detto perché sei scappato. >> precisò Nico mentre stringeva tra le mani la tazza calda e respirava il profumo del caffè.
            << Nemmeno tu. >> puntualizzò Will. << E non so nemmeno il tuo nome. >>
Il moro fece un ghigno mentre fissava il liquido scuro. Touché.
            << Nico. >> rispose. << E sono curioso di sentire la tua storia. >> continuò imperterrito, fissandolo con quegli occhi neri come la pece.
            << Dovevo sposarmi. >> disse allora Will. << E sono scappato dalla mia famiglia. >> rispose con la voce bassa. << Tu sei l’unico che lo sa, oltre alla ragazza. Devi mantenere il segreto. >>
            << Mmmm… banale. >> ridacchiò Nico storcendo la bocca in una smorfia. << Il classico ragazzo che scappa dal matrimonio per amore. Devo dedurre che hai un ragazzo che potrebbe arrivare da un momento all’altro? >>
            << No. >> rispose secco il biondo. << E tu invece, Nico? >> chiese cambiando discorso. << Cosa ti ha spinto a venire qui, a Venezia. >>
Gli occhi di Nico si fecero più scuri del solito. Si portò la tazza alle labbra e mandò giù un sorso di caffè.
Rispose con la lingua che bruciava per il liquido bollente che aveva appena ingerito, ma non fece strane smorfie: << La stessa cosa che ti ha costretto a scappare: la famiglia. >>
            Nico cominciò a raccontare e non riuscì più a fermarsi.
Era lì a Venezia per sua sorella Bianca. Quando erano piccoli sono stati cresciuti in un orfanotrofio e un giorno una famiglia americana era venuta ad adottarlo. Da quel giorno si erano allontanati e Nico ha fatto di tutto per tornare a Venezia da Bianca. Ha aspettato dieci anni prima di lasciare la famiglia adottiva e di vivere in una vecchia casa abbandonata.
Era scappato dalla sua famiglia da più di un anno quando aveva incontrato Will. Rubava per prendere i soldi del biglietto che lo avrebbe riportato da lei.
            << Sei stata una benedizione. >> gli disse con un leggero sorriso. << Con i soldi che mi hai dato sono tornato a Venezia e sono andato all’orfanotrofio. >> Nico deglutì lentamente. << Ma Bianca non era lì. Mi hanno dato un indirizzo e io ci sono andato. >> la voce si incrinò sempre di più. << Bianca era morta qualche anno prima per via di un’esplosione dovuta ad una fuori uscita di gas nella casa dove viveva con altri cinque ragazzi. >> fece un lungo sospiro. << Oggi avrebbe compiuto ventiquattro anni. >>
            Will si asciugò velocemente una lacrima e si avvicinò a Nico. Lo abbracciò.
Nico rimase sorpreso all’inizio. Non abbracciava qualcuno da….sempre. Ma Will sembrava così rassicurante che lo circondò con le sue braccia, anche se titubante.
Nico pensò che sarebbe rimasto così tutta la vita se glielo avessero permesso. Sentiva che fra quelle braccia, relativamente sconosciute, avrebbe potuto essere al sicuro da tutto e tutti.





Nota: Cercherò di aggiornare l'aggiornabile(?) prima di partire per la Spagna, ma sarà un po' difficile perché ho un sacco di verifiche in questi giorni!
Un bacio dalla vostra, sommersa da libri,
Silvia

 
   
 
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