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Autore: Mary P_Stark    15/04/2016    6 recensioni
1803. Yorkshire. La guerra infuria, in Europa, e Napoleone Bonaparte non nasconde le sue mire nei confronti della ricca Inghilterra. Christofer Harford, figlio cadetto del Conte Spencer, viene costretto dal padre a maritarsi prima della partenza per la guerra. Le imposizioni non sono mai piaciute al rampollo di casa Spencer, che mal sopporta l'ordine, e finisce con il rendere vittima la dolce e docile Kathleen, sua moglie contro ogni aspettativa. Le privazioni della guerra e la morte prematura del conte Harford richiamano in patria un Christofer distrutto dal dolore, che si ritrova ad affrontare non solo la morte del conte, ma anche una donna che non riconosce essere sua moglie.
Perché la nuova Kathleen è forte, non si piega alle avversità e, soprattutto, sa tenere testa al marito come mai aveva fatto prima della sua partenza. Ma cosa l'ha cambiata tanto?
Christofer è deciso a scoprirlo, così come è deciso a redimersi dalle sue colpe come marito. Ma nubi oscure si addensano all'orizzonte, minando la possibilità dei due coniugi di conoscersi, di instaurare un vero rapporto.
Saprà, Christofer, difendere la moglie da questo pericolo ormai alle porte e, nel suo cuore, potrà trovare spazio anche per l'amore?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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13.
 
 
 
 
 
 
Tutto aveva immaginato, tranne di passare gli ultimi giorni di quell’angoscioso anno con il pensiero di dover nuovamente lottare per la propria vita.

A peggiorare le cose, poi, Kathleen si era intestardita con il voler presenziare al duello a ogni costo.

Dopo non poche ed estenuanti discussioni, Christofer le aveva infine negato tale possibilità.

Non desiderava che un simile evento facesse parte dei suoi ricordi e, di sicuro, l’avrebbe protetta dalla stupidità di Peter Chappell e dall’assurda decisione di Barnes.

Quando aveva saputo chi avrebbe fatto da testimone al giovane, Christofer aveva sonoramente imprecato e inveito contro tutti i pantheon da lui conosciuti.

Solo dietro fiere minacce da parte dei famigliari, si era lasciato convincere a dire quel nome, perché tutti comprendessero il motivo di tale e furente ira.

Nell’udirlo dalle labbra contratte del marito, Kathleen era raggelata e, da quel momento, aveva insistito per esserci, quasi fosse stata una questione di vita o di morte.

Combattere contro una tempesta sarebbe stato più semplice, alla fine dei conti.
 
***

Bloccato a letto con un’infreddatura, Wendell non si sarebbe presentato al tavolo, quella mattina, ma Christofer si sincerò sulle sue condizioni, prima di fare colazione.

Al suo capezzale, però, non trovò la moglie come aveva immaginato e, chiedendone al fratello, lui non seppe dargli notizie.

Sorpreso, si diresse quindi al salottino per fare colazione ma, trovando solo la madre ad attenderlo, chiese lumi anche a lei.

Nulla sapendo, Whilelmina non poté che scuotere il capo, vagamente preoccupata.

Sconcertato – Kate era solita alzarsi molto presto – Christofer mangiò solo a spizzichi e bocconi prima di abbandonare del tutto l’idea di terminare il pasto.

Scusatosi con la madre, uscì quindi di gran carriera per recarsi presso le stanze della moglie.

Lì, trovò soltanto una confusa Gwen dinanzi al battente chiuso.

A chiave.

Fissata per diversi attimi la porta, il conte decise quindi di bussare con una certa forza e, a gran voce, esclamò: “Kathleen, sono io! Aprite, per favore. Desidero parlarvi!”

“Scordatevelo!” sbottò dall’interno della stanza la donna, sorprendendo sia il marito che la domestica.

Accigliandosi, l’uomo si volse verso Gwen per chiederle spiegazioni ma la donna, nello scuotere il capo, asserì: “Stamattina era già chiusa e, quando ho provato a convincerla, mi ha detto di non aver bisogno dei miei servigi, per oggi.”

“Testarda di una donna. Se è mai possibile che io debba passare l’ultimo giorno dell’anno a prendere a pugni una porta” brontolò Christofer, bussando nuovamente, e calcando ogni volta i pugni con maggiore impeto. “Non ve lo ripeterò, Kathleen. Aprite!”

“Andatevene! Non voglio vedervi!”

L’urlo di Kathleen fu così rabbioso e, al tempo stesso, così pieno di dolore che il marito trasalì.

Ma cosa le era successo?

Gwen si lasciò sfuggire un’occhiata accigliata indirizzata al suo datore di lavoro, occhiata che venne immediatamente colta dal conte, il quale si premurò di sottolineare: “Non mi fissate come se fossi un orco, Gwen. Non le ho fatto nulla. Sta facendo i capricci, ecco cosa.”

La donna ebbe il buon gusto di arrossire e, nel reclinare il capo, asserì contrita: “Le mie scuse, milord. Non avrei dovuto.”

Battendole una mano sulla spalla, Christofer replicò bonariamente: “Gwen, so benissimo che tenete a mia moglie, e so anche perché siete così protettiva con lei. Non temete non abbia compreso i motivi di quello sguardo, ma voglio rassicurarvi. Kathleen è evidentemente infuriata con me, ma non per qualcosa che ho fatto a suo danno.”

La domestica annuì più volte e l’uomo, con una certa rassegnazione, mormorò: “Andate a cercare William. Chissà che, ascoltando il suo attendente, non si dia una calmata.”

“Vado subito” assentì la donna.

“Ah, un’altra cosa. Avvertite mia madre della situazione, e rassicurate Wendell. Erano piuttosto agitati entrambi, quando si sono resi conto che non sapevo dove fosse mia moglie. Da ultimo, allontanate tutti i domestici da questa ala del palazzo. Ho idea che voleranno parole grosse, tra poco, e non voglio spaventare nessuno” si premurò di dire Christofer, bloccandola per un istante a un braccio.

“Ma non la toccherete, vero?”

Lui sorrise convinto e scosse il capo, e a Gwen non restò altro che eseguire i suoi ordini, sperando che il conte non si rimangiasse la parola data.

Nel giro di un quarto d’ora, passato interamente a passeggiare nervosamente dinanzi alla porta della stanza della moglie, Christofer vide infine giungere di corsa William.

Dopo averlo ragguagliato sull’attuale situazione, gli domandò: “Hai qualche idea su come farla uscire da lì?”

“Siete…” cominciò col dire William, prima di venire fulminato da un’occhiata intimidatoria del conte.

Ridacchiando, si corresse subito e mormorò: “Sei sicuro di non averle detto nulla di particolare, ieri sera?”

Scrollando le spalle, Christofer replicò sconsolato: “Abbiamo parlato del più e del meno, di un paio di puledri che vorrei addestrare prima di venderli,… poco altro, direi.”

Accigliandosi leggermente, William ribatté turbato: “Non avete parlato affatto di domani?”

“No” sentenziò lapidario il conte.

Storcendo il naso, l’attendente allora bussò alla porta e, a mezza voce, mormorò: “Kathleen, sono William. Posso entrare?”

“Vattene anche tu! Non voglio vedere nessuno!”

William sobbalzò leggermente di fronte a quel ringhio furioso e Christofer, nel fare spallucce, decretò: “E’ infuriata a morte con tutti e due, è appurato. Ma perché?

Grattandosi pensierosamente dietro la nuca, gli occhi ridotti a due esili fessure color del brandy, l’uomo borbottò: “Stavolta non so davvero dove sbattere la testa.”

“E va bene” sbottò il conte, aggrottando la fronte. “Aiutami a togliere questa maledetta giacca.”

“Cos’hai intenzione di fare?” si informò William, aiutandolo.

“Buttare giù la porta” sentenziò Christofer, facendo strabuzzare gli occhi del cognato.

“Che cosa?!” esalò William, senza parole.

“Katie, allontanatevi dalla porta, se non volete farvi male!” sbraitò Christofer, scuro in volto e ben deciso a porre fine a quella situazione di stallo.

“Non osate neppure toccare quel battente, o giuro che vi sparerò!”

Passandosi una mano sul viso con aria esacerbata, fissò un contrito William per poi sibilargli in faccia: “Ma proprio le armi da fuoco? Non qualcos’altro, dico io?”

“Me lo chiese lei” precisò l’uomo, scrollando impotente le spalle.

“Lasciamo perdere” mormorò a bassa voce il conte. “Non sparerà, checché ne dica. Comincia a picchiare contro questa porta, mentre io mi dedicherò a quella della mia camera. E’ più piccola e, di sicuro, meno robusta.”

“Molto bene. La distrarrò” assentì William prima di bloccarsi non appena udì, all’interno della stanza, un rumore di sfregamento.

Christofer sbuffò contrariato. Aveva barricato la porta, forse?

“Ne vedremo delle belle” borbottò il conte, allontanandosi a grandi passi – giacca sottobraccio – mentre William iniziava a dare gran colpi al battente.

Mentre i rumori provenienti dal corridoio continuavano, seguiti dagli insulti di Kathleen, il conte raggiunse la sua stanza, vi entrò e si diresse a tutta forza verso l’altra porta.

Come prospettato, quel battente cedette subito e, divellendo la cerniera della serratura, si ritrovò immediatamente nella stanza della moglie.

La giovane strillò spaventata, sorpresa dalla sua entrata, prima di armarsi di rabbia e correre contro di lui a pugni levati, col chiaro intento di infierire sul marito.

Christofer, però, la bloccò con facilità e se la strinse al petto, lei fieramente inviperita e ben decisa a sfuggire alla sua presa.

I colpi alla porta smisero di colpo e, sull’altro lato, William esclamò: “Va tutto bene?”

“Tutto a posto! Vai pure e rassicura la servitù. Ne avremo per un po’, qui” gli ordinò Christofer, tentando con tutta la sua forza di trattenere la moglie. “Insomma, Katie, basta!”

“Non dovevate entrare! Non vi volevo vedere!” sbraitò lei, divincolandosi come un’anguilla.

Acuendo la stretta su quel corpo esile e tonico, il conte fece non poca fatica a contenere l’ira della moglie.

In quella strenua battaglia per il predominio, finirono così con l’incespicare sul tappeto in malo modo.

Con un corale grido di sorpresa, si ritrovarono stesi sul pavimento, le membra avvinghiate e la camicia da notte di Kathleen avvolta tra le gambe muscolose del marito.

Affrettandosi a togliersi di dosso dalla moglie per non farle male, Christofer si mise a sedere, tenendo lei sopra le cosce.

Ansante e furioso, dopodiché, ringhiò: “Basta, Katie! Ditemi che succede, o giuro che vi sculaccerò!”

“Provateci, se ne avete il coraggio!” lo minacciò lei, gli occhi colmi di lacrime.

Fu quello a bloccare tutta la rabbia del conte.

“Katie” mormorò un attimo dopo, sfiorandole il viso con il dorso di una mano.

Quel tocco gentile, in netto contrasto con la battaglia appena combattuta, fece crollare le esigue difese della giovane.

Scoppiando in un pianto dirotto, la contessa si gettò con le braccia al collo del marito e mormorò confusamente una marea di frasi inarticolate.

Massaggiandole la schiena mille e mille volte per chetarne i tremori sempre crescenti, il marito si stese sul pesante tappeto causa della loro caduta e, trattenendo a sé la moglie, mormorò: “Cosa succede? Perché questa crisi?”

“Avevate promesso” singhiozzò lei, accentuando la stretta.

“Cosa, mia cara?” asserì lui, confuso.

Scostandosi quel tanto che bastò per scrutarlo in viso, i suoi occhi gonfi e rossi, Kathleen esclamò roca: “Che mi avreste sempre condotta con voi! Che non ci saremmo mai più separati!”

Sospirando sconfortato, Christofer esalò: “Dio, Kathleen… tutto questo caos per questo?”

“Una promessa è una promessa, e io non volevo soffrire ancora. Vedervi andare via e non sapere cosa aspettarmi… non rimarrò mai più chiusa in una stanza a piangere per qualcuno che non so se tornerà da me!”

Aiutandosi con un gomito, il conte rimise a sedere entrambi e, nello scorgere la marea di lettere sparse accanto al camino, l’uomo si chiese cosa fossero e, soprattutto di chi fossero.

Kathleen ne seguì lo sguardo e, nel rimettersi in piedi, allungò una mano al marito e mormorò: “Ve l’ho detto… le avevo tenute tutte.”

Christofer si piegò per raccogliere le sue scarne lettere e, insieme a esse, trovò anche quelle prolisse e allegre di Andrew. Nello scorgere quella grafia a lui cara, tremò.

L’uomo se le strinse al petto e, volgendosi a mezzo per osservare la moglie, asserì: “Voglio solo evitarvi un’ennesima bruttura. Perché non volete capirlo?”

“E io voglio sincerarmi in prima persona che voi usciate vivo da quel maledetto duello. Credete sia facile rimanere qui ad attendere notizie, quanto tanta gente intorno a noi muore? Non pensate che, a ogni ritardo nel ricevere vostre notizie, o di Andrew, io non morissi un po’ ogni volta?” protestò debolmente Kathleen, riprendendo le sue lettere per ripiegarle con cura. “Non mi interessa se ci sarà sangue o dolore. Voglio essere con voi. Non lasciatemi più sola ad aspettare.”

Christofer non parlò.

Si limitò ad avvicinarla e, strettala a sé, calò sulla bocca di sua moglie per strapparle un bacio avido, pieno di desiderio a stento represso.

Kathleen non si allontanò, lo trattenne a sé affondando le unghie nella sua schiena.

Piegò indietro il capo, aderendo maggiormente al corpo del marito e, quando percepì le labbra di Christofer scendere sul suo collo in baci avidi, ansimò.

Aggrappandosi ai suoi capelli con una mano, lo avvicinò a sé e mormorò: “Dovete vincere.”

Affondando il viso nell’incavo del suo collo, l’uomo ne aspirò il dolce profumo mielato e, roco, assentì con vigore.

Detto ciò, si allontanò con uno scatto dalla moglie per non correre il rischio di perdere il controllo di se stesso.

Fissando con occhi divorati dalla passione il corpo esile di Kathleen, asserì: “Vestitevi e, quant’è vero Iddio, non nascondetevi mai più a me! Non basteranno neppure i Cavalieri dell’Apocalisse a tenermi lontano da mia moglie, sappiatelo!”

Lei sorrise appena, e annuì.

E a Christofer non restò altro che allontanarsi alla svelta per trovare un luogo molto isolato – e molto freddo – dove rinchiudersi per un po’.
 
***

La luna alta in cielo era un misero spicchio dalla luce diafana e contornata di fredde stelle, scintillanti come una distesa di diamanti su un manto di velluto scuro.

L’aria era frizzante, tersa sul suo viso e i rumori della notte, vacui e attenuati dal manto di neve che ricopriva ogni cosa, giungevano a malapena al suo orecchio.

Tutto era avvenuto come al solito, quel giorno.

Nulla si era svolto diversamente da ogni altra giornata passata a Green Manor, sebbene nell’atmosfera aleggiasse l’incombere del pericolo.

La pendola in fondo al corridoio batté la mezzanotte e Christofer, nel chiudere le imposte, tornò accanto al fuoco per attizzarlo un poco prima di distendersi.

Quando scorse la figura esile della moglie accanto al baldacchino, però, sobbalzò sorpreso e mormorò: “Kathleen… non vi avevo udito entrare.”

“Vorrei rimanere qui con voi… stanotte, intendo” asserì lei, il volto paonazzo ma la voce seria, incrollabile.

Christofer le si avvicinò ignorando il fuoco e, nel sorriderle gentilmente, replicò: “Non c’è necessità alcuna perché voi vi sentiate in dovere di giacere con me proprio stanotte. Non succederà nulla, io tornerò da voi e tutto andrà come deve andare.”

“E se…”

Lui la azzittì, poggiando un dito sulle sue labbra e, dopo aver baciato la sua fronte liscia  e calda, mormorò: “Niente ‘e se’. Ci sarete voi a portarmi fortuna, domattina e, se proprio vorrete festeggiare con me dopo il duello, sarò ben lieto di passare anche tutto il giorno con voi nel mio letto.”

Il tono scherzoso di Christofer portò Kathleen a sorridere divertita.

“Davvero non volete che io…” tentò nuovamente la giovane, fissandolo con occhi turbati.

“Katie, è davvero un bel gesto, ma non siete pronta, ve lo leggo negli occhi. Dovrà essere spontaneo, non dettato dalla paura del domani” le spiegò il marito, conducendola docilmente su un lato del letto. “Però, se può farvi stare tranquilla, potete dormire qui con me.”

Lei annuì fiduciosa e il marito, nello scostare le coltri pesanti, la aiutò a issarsi sull’enorme letto e le rabboccò le coperte come avrebbe fatto con un bambino.

Sorridendole, le baciò il naso e mormorò: “Devo cantarvi la ninna nanna?”

Kathleen ridacchiò, ma scosse il capo.

“Sarebbe divertente ma… no, grazie.”

Christofer allora andò al camino, aggiunse qualche ceppo e, dopo aver sistemato la rete di protezione, se ne tornò a letto, dove sorrise a una infagottata Kathleen.

Per quanto la desiderasse, quella non era la serata adatta e, pur apprezzandone il gesto, sapeva che il giorno dopo entrambi se ne sarebbero pentiti.

No, si era ripromesso di fare un passo alla volta, con Kathleen, e non aveva intenzione di venire meno alla parola data.

Anche perché sarebbe venuto meno non solo a un semplice giuramento.

C’era in ballo molto di più, ormai, e lui non aveva nessuna intenzione di rovinare tutto.

Poggiato il capo sul morbido cuscino di piume, Christofer augurò la buonanotte a Kathleen e, così come il sonno l’aveva rifuggito fino a quel momento, così decise di ricomparire, rapendolo ai suoi dubbi e alle sue paure.
 
***

L’alba gelida che le si presentò innanzi non la stupì.

Il cielo era sgombro di nubi, la lieve brezza sfregiava la pelle e, pur rattrappita nel suo mantello di velluto pesante color smeraldo, rabbrividì.

Era molto più che probabile che il brivido dipendesse più dalle ansie che provava, che dall’effettiva giornata raggelante che si era presentata innanzi a loro.

L’idea di incontrare Peter, e di dover sopportare che lui puntasse un arma contro Christofer, era già insostenibile di per sé.

Sapere che suo padre sarebbe stato lì, a testimoniare contro suo marito, la faceva fremere di un’ira così funesta da farla tremare.

“I cavalli sono pronti, mia signora… ancora convinta di voler venire con noi?” mormorò alle sue spalle Christofer, chinandosi verso di lei per parlarle all’orecchio.

Stallieri e servitù erano rimasti accanto alla stalla mentre la loro signora, solitaria, si era portata al limitare delle mura di Green Manor, forse desiderosa di rimanere in pace con i suoi pensieri.

William, con le redini di Thunder in una mano e quelle di Light – il suo baio – nell’altra, attendeva pazientemente assieme agli altri, l’ansia nascosta dietro la consueta facciata imperscrutabile.

Le labbra fredde seguirono quella domanda appena sussurrata, e sfiorarono la carne tenera dietro l’orecchio di Kathleen, che sospirò deliziata prima di dichiarare torva: “Non è proprio il caso di amoreggiare in pubblico, marito. Men che meno in questo giorno in particolare.”

“La servitù è lontana, e neppure immagina dove sto poggiando la mia bocca” replicò bonariamente l’uomo, afferrandola gentilmente per le spalle per volgerla verso di lui. “Bene, vedo che avete un po’ di colore sulle guance. Stamattina, appena sveglia, mi ero preoccupato.”

Quella mattina, il pallore evidente della moglie lo aveva messo in ansia.

Fin da quando l’aveva vista raggiungere le porte che conducevano all’esterno della tenuta, aveva temuto un suo cedimento.

Solo per questo si era arrischiato a baciarla a quel modo. Sapeva che si sarebbe sicuramente imbarazzata, oltre a rabberciarlo verbalmente.

Diversamente, non avrebbe mai espresso così chiaramente – e in presenza di un pubblico – il desiderio che aveva della moglie.

Desiderio che travalicava le semplici esigenze della carne, che pure a fatica riusciva a tacitare, e sfociava in un affetto sentito quanto profondo.

Difficile dire quando, la strana creatura che Iddio gli aveva posto al fianco, avesse fieramente preso possesso di un angolo del suo cuore.

L’ira per quanto era stato costretto a subire, gliel’aveva resa invisa fin dal primo istante.

Prima del loro frettoloso fidanzamento, però, non aveva mai avuto pensieri truci o vendicativi nei confronti della fanciulla. Tutt’altro.

Certo, la conoscenza della piccola Kathleen era più legata a vicende narrate da Andrew, che ad avvenimenti in cui erano stati protagonisti, ma il fatto rimaneva.

Quel piccolo frugoletto tutto gambe e braccia non gli era mai parso che adorabile, specialmente quando si era esibito per loro cantando qualche buffa filastrocca, o servendo loro il tè con i pasticcini.

Non aveva idea del perché, proprio in quel momento, gli giungessero alla memoria tanti particolari della Katie bambina che, prima di allora, pensava di non aver affatto notato.

Forse, perché temeva di perderla? Di non giungere mai a confidarle quanto tenesse a lei?

Scuotendo il capo per il fastidio, Christofer lasciò perdere quei pensieri lugubri e asserì: “Dobbiamo andare, mia cara, o Peter potrebbe pensare che temo il confronto con lui.”

“Vorrei tanto che sprofondasse all’Inferno!” sbottò la giovane, accettando il braccio che il marito le offrì per raggiungere le scuderie.

Il conte ridacchiò di quella strana preghiera e replicò: “Non siete un po’ crudele?”

“Affatto! Libereremmo il mondo da una creatura infida e malvagia!” brontolò Kathleen, sempre più inviperita.

Christofer non poté far altro che ridere sommessamente e, quando infine raggiunsero gli altri, sul viso di entrambi era scomparsa parte dell’ansia.

Salirono a cavallo sotto gli sguardi ansiosi degli stallieri e, dal balcone sul retro della villa, Whilelmina li salutò silenziosa.

La contessa madre era ben cosciente che, se si fosse trovata là con loro, sarebbe certamente scoppiata in lacrime, finendo con il mettere in ansia Christofer.

Scrutò perciò l’orizzonte finché le loro figure non svanirono oltre le pendici della collina e, solo a quel punto, si permise di piangere.

Affiancata dalla sua cameriera che, con frasi gentili, la riaccompagnò all’interno di Green Manor, Whilelmina si decise infine a raggiungere il figlio più piccolo.

Nato quando tutti non avevano più creduto possibile per lei una gravidanza, Wendell era parso fin da subito troppo gracile, troppo piccolo, perché potesse sopravvivere.

Ma i suoi figli maggiori, più in forze, non erano riusciti a sconfiggere la Falce, quando il piccolo Wendell vi era riuscito.

Ora, le rimanevano solo Christofer e Wendell, dei sei figli che aveva avuto con il suo defunto marito.

Il solo pensiero che un colpo di pistola le potesse portare il maggiore tra loro, la fece rabbrividire.

“Riuscirà, mia signora, e tornerà a casa da Padron Wendell e da voi. Lord Harford è uomo forte e coraggioso. Non fallirà” si premurò di dire la sua cameriera, sorridendole.

Whilelmina assentì e, nel battere una mano sul braccio della donna, mormorò: “Andiamo dal nostro Wendell, Lucinda. Andiamo da lui.”

La donna annuì alla sua padrona e, cercando di non pensare ai pericoli a cui stava andando incontro il conte, condusse con sé la contessa madre lungo il corridoio.

Vi erano stati troppi lutti, in quella famiglia. Era ora che la ruota girasse.
 
***

Forse, anche Kathleen avrebbe voluto imitare la suocera, ma non si concesse un simile lusso.

Per tutto il tragitto fino alla Radura dei Due Cervi, rimase in religioso silenzio tra le cavalcature del marito e del fratello.

I due uomini discorsero del più e del meno, intervallando qualche battuta sul modo migliore di affrontare un avversario infido come sembrava essere Peter Chappell.

Nessuno dei due tentò di includerla nel discorso, forse comprendendo quanto avesse bisogno di tutte le sue forze anche solo per mantenere la calma.

Quando, però, oltrepassarono il colle di un’enorme quercia secolare, ove solitamente Kathleen si fermava per brevi pic-nic assieme a William e Gwen, la giovane mormorò lapidaria: “Se vi ferisce, lo ucciderò di mia mano. E poi ucciderò voi per avergli permesso di lasciare un segno sulle vostre carni.”

“Vedremo di evitarlo” replicò candidamente Christofer, lanciando nel contempo un’occhiata a William, che assentì.

Per nessun motivo al mondo avrebbe voluto sapere la moglie a più di un centinaio di iarde di distanza da Chappell, figurarsi così vicina da poterlo uccidere.

“Mi spiace per mio padre, Christofer… non dovrebbe comportarsi così con voi” aggiunse poi la moglie, sfiorandolo con occhi tristi e contriti.

“Non avete di che scusarvi, mia cara. Siete custode della vostra coscienza, non di quella degli altri e, per quel che mi riguarda, voi siete nata solo da Georgiana. Dubito che una creaturina così dolce e ostinata possa essere nata da quel fanfarone di Lord Barnes” asserì con tranquillità il conte, guadagnandosi un’occhiata incuriosita da parte della moglie.

“Dolce… e ostinata? Suona come una contraddizione in termini, mio signore” replicò lei, storcendo un po’ la bella bocca.

“Perché voi siete una contraddizione unica, una meravigliosa contraddizione, oserei dire” celiò Christofer, sorridendo gaio.

Accigliandosi leggermente, Kathleen borbottò: “Non so se prenderlo come un complimento o un insulto. Deciderò.”

“Ne avete tutto il tempo. Io lo considero un complimento, comunque” le concesse lui, facendo spallucce.

La giovane gli rivolse un rapido sorriso, che svanì subito come era nato non appena si rese conto di dove i cavalli erano giunti.

E di chi vi fosse presente in quel luogo.

Gregory, solitario e nella parte direttamente opposta a quella del fratello, dove Peter era ritto al fianco di lord Barnes, accennò un saluto al trio appena giunto ma, quando scorse Kathleen, si accigliò.

Si affrettò quindi con galanteria a farla scendere da Thunder, senza commentare minimamente la sua sella da uomo – Christofer immaginò che anche Gregory l’avesse vista a cavallo – e, torvo, le domandò: “Era davvero necessario che veniste anche voi, amica mia?”

“Si tratta di mio marito, Gregory. Non sarei mai rimasta a casa ad attendere notizie” lo rincuorò Kathleen, battendogli una mano sul braccio con aria fiduciosa.

Assentendo suo malgrado, il duca scrutò Christofer prima di salutarlo e, dopo un accenno di saluto anche a William, dichiarò: “Peter è così sicuro di sé da farmi quasi desiderare che lo uccidiate.”

“Quasi” sottolineò il conte, sogghignando.

Gregory fece spallucce, e ammise: “E’ pur sempre mio fratello, anche se aborrisco la sola idea che qualcuno, a parte me, mi faccia notare l’ovvio. Trattandosi di un duello al primo sangue, mi aspetto soltanto che siate corretto.”

“Vedrò di non affidarmi alla mia consueta mira infallibile” concesse Christofer prima di scrutare la moglie e mormorare: “Ora, voi rimarrete accanto a William e non vi muoverete di qui.”

“Tornate da me” disse soltanto Kathleen, reclinando il viso.

Il conte non disse nulla, limitandosi a sfiorarle il volto con una mano.

Sapeva bene perché, quel giorno in particolare, Kathleen avesse svestito le gramaglie per indossare un vistoso quanto elegante abito di un bel blu di Prussia, abbellito da ricchi ricami bianchi.

Non voleva che lui la vedesse in lutto.

Non quel giorno quando, più di ogni altra cosa, doveva pensare alla vita, alla loro vita insieme.

Abbozzando un sorriso, Christofer si volse quando udì il fruscio ovattato dei passi sulla neve e, nel volgersi  a mezzo, aggrottò la fronte non appena scorse il ghigno beffardo sul volto di Peter.

Barnes appariva imperscrutabile; solo quando vide la figura della figlia, ebbe un barlume di cedimento.

Kathleen, al contrario, raddrizzò le spalle e lo fissò con aria di sfida.

Fu Peter, però, a parlare.

Sprezzante, si inchinò a Kathleen e asserì: “Ben trovata, milady. A quanto pare, la vista del sangue non deve turbarvi, se siete qui. Desiderate prestare le cure a vostro marito in prima persona?”

Con un sorriso gelido, la giovane replicò serafica: “Mi premurerò di curare voi, quando mio marito vi avrà debitamente messo a tacere, capitano. So essere magnanima, all’occorrenza.”

“Vi avrò su un piatto d’argento, quando vostro marito perirà sotto i vostri occhi” sibilò Peter, raddrizzandosi.

Christofer aggrottò la fronte, a quelle parole, e Kathleen sperò ardentemente che Chappell non proseguisse oltre.

Naturalmente ciò non avvenne e Peter, avvedendosi dell’espressione dubbiosa del conte, esplose in una risata ed esclamò: “Oh… a quanto pare, la vostra premurosa moglie non vi ha avvisato! Quando morirete, lei sarà mia!”

“Mi trafiggerò di mia mano, piuttosto” replicò Kathleen, lapidaria.

Peter la fissò con livore, ma aggiunse: “Dubito che una donna abbia un simile coraggio, ma non vi darò l’occasione di provarmelo. Non appena il sangue di vostro marito scorrerà sulla neve, io vi esigerò come mia, e voi non potrete far nulla per impedirmelo.”

William fece per intervenire, ma Christofer lo bloccò con un gesto del braccio.

Fissando biecamente Barnes, che non aveva detto alcunché per bloccare le follie del giovane Chappell, il conte replicò: “Kathleen non sarà mai vostra, scordatevelo. Se  dovessi perire, voi finireste in galera per la mia morte, lei diventerebbe mia erede legittima e non avrebbe alcun bisogno di un nuovo marito.”

Peter parve sorpreso dal suo dire e replicò dubbioso: “Non potete davvero averla resa vostra erede universale… lei è…”

“Solo una donna?” ribatté divertito Christofer, fissandolo disgustato. “Se la pensate così, allora non meritate neppure di respirare la sua stessa aria. Ma poco importa, ora. Non siamo qui per disquisire sulle vostre insensate pretese.”

Kathleen lo fissò stralunata, sorpresa ella stessa dalle parole del marito, ma lui scosse il capo, promettendo a se stesso di parlargliene in un altro momento.

Gregory, in quel mentre, fissò malamente il fratello, che stava letteralmente fulminando con lo sguardo Harford, e dichiarò: “Dopo quest’ultima follia, non presentarti mai più alla mia porta, Peter. Ti disconosco come fratello.”

Il giovane non si preoccupò minimamente e replicò: “Tieniti pure la puttana di tua moglie e i tuoi soldi, Gregory.  Ho di meglio, per le mani.”

Christofer avrebbe voluto riempire il giovane Chappell a pugni, ma preferì evitare.

Prese dalla scatola che William teneva tra le mani una delle pistole da duello e, dopo averla controllata, si portò nel mezzo della radura assieme a Peter.

Schiena contro schiena, contarono trenta passi a gran voce, calpestando la bianca coltre nevosa mentre, tutt’attorno, un silenzio tombale faceva loro da eco.

Le mani strette al petto e lo sguardo puntato sul marito, Kathleen deglutì a fatica quando infine il numero ultimo venne scandito stentoreo nell’aria immota.

Il tutto durò solo qualche battito frenetico del cuore, eppure le parve un’eternità.

Christofer si volse lesto, elegante nonostante l’impedimento dato dalla neve e, molto più veloce di Peter, fece fuoco.

Un attimo dopo, si gettò a terra per prevenire qualsiasi colpo.

Mentre la pallottola esplosa dalla sua arma andava a conficcarsi nella spalla del contendente, quella di Peter si perse nella neve, molte iarde lontana dal suo bersaglio.

Kathleen si lasciò andare a un sospiro di puro sollievo, mentre il ringhio furioso dell’avversario si levava alto verso il cielo, spaventando gli uccelli nel bosco.

Correndo verso il marito che, nel frattempo, stava rialzandosi grazie all’aiuto di Gregory, la giovane contessa si lasciò andare a un sorriso estasiato.

Sorriso che, un attimo dopo, si tramutò in una smorfia di terrore quando udì William gridare loro di prestare attenzione.

Contrario a tutte le regole del duello, Peter estrasse dal panciotto una seconda arma e la puntò verso di loro.

Persino Barnes lo fissò scioccato, al colmo della sorpresa e dell’orrore.

In barba alle leggi della cavalleria, puntò la pistola contro il suo nemico e prese la mira, ben deciso a fargliela pagare.

Kathleen non perse tempo.

Con tutto il fiato che aveva in corpo, percorse quel breve tratto che la separava dal marito e, chiusi ermeticamente gli occhi, si gettò su di lui.

Udì lo sparo, un sordo dolore al petto, poi più nulla.

Fu solo oscurità, e un immenso vuoto.








Note: Prima che decidiate di staccarmi la testa a morsi... abbiate un po' di fiducia! XD
  
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