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Autore: Mary P_Stark    18/04/2016    5 recensioni
1803. Yorkshire. La guerra infuria, in Europa, e Napoleone Bonaparte non nasconde le sue mire nei confronti della ricca Inghilterra. Christofer Harford, figlio cadetto del Conte Spencer, viene costretto dal padre a maritarsi prima della partenza per la guerra. Le imposizioni non sono mai piaciute al rampollo di casa Spencer, che mal sopporta l'ordine, e finisce con il rendere vittima la dolce e docile Kathleen, sua moglie contro ogni aspettativa. Le privazioni della guerra e la morte prematura del conte Harford richiamano in patria un Christofer distrutto dal dolore, che si ritrova ad affrontare non solo la morte del conte, ma anche una donna che non riconosce essere sua moglie.
Perché la nuova Kathleen è forte, non si piega alle avversità e, soprattutto, sa tenere testa al marito come mai aveva fatto prima della sua partenza. Ma cosa l'ha cambiata tanto?
Christofer è deciso a scoprirlo, così come è deciso a redimersi dalle sue colpe come marito. Ma nubi oscure si addensano all'orizzonte, minando la possibilità dei due coniugi di conoscersi, di instaurare un vero rapporto.
Saprà, Christofer, difendere la moglie da questo pericolo ormai alle porte e, nel suo cuore, potrà trovare spazio anche per l'amore?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Note: Visto che eravate tutte preoccupate per Kathleen, ho pensato di farvi questo regalo infrasettimanale, sperando che possa essere di vostro gradimento. Buona lettura e se volete, dopo, fatemi sapere cosa ne pensate.
Tanto perché lo sappiate, anche i prossimi capitoli saranno lieti (ma Peter non è scomparso... ricordatevelo).






14.
 
 
 
 
 
Aveva la gola secca, la testa le martellava come solo poche altre volte aveva fatto ma, più di tutto, avvertiva un secco, sordo dolore all’altezza della clavicola.

Cosa mai le era capitato?

Mosse una mano per tastare il punto in cui più le doleva ma, a sorpresa, quella mano venne intercettata e, con essa, si udì un singhiozzo disperato e una risatina di sollievo.

Kathleen sbatté le palpebre più volte, confusa, sentendosi stremata pur se aveva la sensazione di aver passato ore e ore a letto.

Finalmente, i suoi occhi misero a fuoco le cortine del letto, di un bel velluto blu a ricami dorati e, oltre quella barriera… Christofer.

Appariva smagrito in volto, con una barba di giorni e coi capelli arruffati e rilasciati sulle spalle.

Pareva indossare una camicia spiegazzata, come se l’avesse portata per lungo tempo.

Oltre a lui, non v’era nessun altro nella stanza.

Perché era lì, e perché era ridotto in quello stato?

Tentò di dire il suo nome, ma non vi riuscì. La gola le faceva troppo male.

Avvedendosi del suo tentativo di parlare, Christofer fu lesto a sistemarle alcuni cuscini dietro la schiena e, con delicatezza, la aiutò a mettersi seduta.

La spalla le dolse tremendamente, ma almeno così riuscì a bere un po’ di tè alla menta, caldo e dissetante.

Lappatasi più volte le labbra, quindi, gracchiò: “Christofer, … cos’è successo?”

Carezzandole il viso più e più volte, come se non la vedesse da mesi, lui le sorrise sollevato e asserì: “Succede, mia cara, che siete folle. Non ricordate davvero nulla di quanto è accaduto?”

Barlumi di memoria le giunsero in soccorso e, quando infine rammentò l’episodio del duello, sgranò gli occhi ed esalò: “Voi… voi state bene, vero?!”

Il conte scoppiò in una risata sgangherata, cui seguì un sonoro bacio sulla mano di Kathleen – che l’uomo ancora tratteneva a sé – e, con voce rotta dall’angoscia, mormorò: “Katie, siete stata voi a salvarmi, non rammentate?”

“Peter?”

Aggrottando la fronte, il conte scosse il capo.

“E’ fuggito. Nella concitazione del momento, abbiamo pensato tutti a voi, e lui ne ha approfittato per scappare. Ora, su di lui pende un mandato di cattura ma, almeno per ora, nessuno l’ha visto.”

Kathleen annuì e il marito, levandosi in piedi per accomodarsi sul bordo del letto, la attirò debolmente a sé e sussurrò contro i suoi capelli: “Non fate mai più una cosa simile, Katie. Morirei, se vi succedesse qualcosa.”

“Mi è venuto spontaneo, scusate. Non volevo turbarvi” replicò lei, sorridendo contro il suo torace caldo, dove il cuore batteva a un ritmo frenetico.

Doveva averlo davvero terrorizzato a morte!

Scostandola da sé per baciarle le labbra, Christofer si dilungò in brevi, gentili baci su tutto il viso e, con occhi lucidi di lacrime che stentò a trattenere, aggiunse: “Non voglio perdervi, amore mio… non voglio!”

Sbattendo le palpebre con aria confusa, tentando di capire se l’uso di quelle parole fosse casuale o meno, Kathleen ansò di sorpresa quando il marito le depositò un bacio all’altezza della ferita.

Con voce tremante, lui asserì: “Questa cicatrice non avrebbe dovuto macchiare il vostro corpo. Avrei dovuto portarla io per voi. Se potessi, la strapperei via da lì per averla al vostro posto.”

“La porterò con orgoglio” replicò la giovane, sorridendogli.

“La mia coraggiosissima moglie… il mio amore impavido” mormorò ancora lui, tornando a baciarla con ardore sempre crescente.

Kathleen si lasciò andare contro i cuscini, le mani avide di Christofer che, gentili, carezzavano il suo corpo un palmo alla volta.

Non le importava se la spalla le faceva male, se Gwen o la suocera potevano entrare nella stanza in qualsiasi momento; lei voleva i suoi baci, le sue carezze, il suo tocco.

Voleva udire Christofer parlare d’amore, anche se non poteva essere certa della veridicità delle sue parole.

Per qualche ora, fin quando l’ansia non fosse scemata, poteva illudersi che lui l’amasse veramente.

Il solo fatto che fosse stato in pensiero per lei era qualcosa di cui andare fieri, perché le dava la certezza di un futuro lieto e complice con il marito.

A Christofer importava di lei. Fosse anche solo come amica, ma questo non contava.

A suo marito stava a cuore la sua salute.

Quando, però, lo udì abbinare più volte il suo nome a quella tenera parola che lei, mai, aveva voluto nominare in sua presenza, osò sperare, e il suo cuore si illuminò.

Bloccando il fiume incessante di baci del marito, nonostante le costasse molto, esalò: “Non lo dite solo per… per farmi felice, vero?”

“Lo dico per entrambi, amor mio” sussurrò lui, apparendo contrito e imbarazzato al tempo stesso. “E spero onestamente che, in cuor vostro, sia rimasto un po’ d’amore per me. Spero di non averlo ucciso con il mio comportamento odioso, anni fa.”

Avvampando in viso, Kathleen ansò: “Come… Andrew… oh, cielo! Vi disse ogni cosa?!”

Annuendo, il conte le carezzò con dita gentili i lunghi capelli rilasciati sulle spalle e mormorò: “Non sapevo del vostro amore nei miei confronti e, quando ne fui messo a conoscenza, mi sentii un mostro. Vi avevo ferito in molti modi, ma credo che distruggere il vostro sogno di fanciulla, sia stato il peggiore di tutti. Tornai a casa anche con la speranza di poter aggiustare un torto, ma non mi aspettavo di poter provare simili sentimenti per voi. Sono stato davvero uno sciocco, in tanti modi diversi!”

“Perché?” sussurrò lei, ancora incredula. Era mai possibile?

Christofer le sorrise e, nel deporle un bacio sulla fronte, asserì: “Poco prima del duello, ho rammentato cose di voi che non pensavo di aver notato. Rivedervi nella mia mente come eravate da bambina, mi ha colpito. Siete sempre stata lì, dinanzi ai miei occhi, e io vi ho data per scontata quando non avrei mai dovuto farlo. La fatalità del nostro matrimonio mi ha reso cieco di fronte all’immenso dono che avevo ricevuto e, per poco, non ho rovinato tutto. Ma ora ho compreso e mai, finché avrò vita, commetterò più l’errore di non ammirarvi in tutta la vostra bellezza.”

“Christofer…”

“Avete un cuore indomito, un carattere forte, nulla può piegarvi…” dichiarò ancora lui, deponendo un bacio sul suo viso a ogni parola. “… questo vi rende bellissima. Non solo il vostro viso, è ricco di beltà.”

In barba al dolore alla spalla, Kathleen gli avvolse le braccia al collo e scoppiò in una calda risata di gola.

Se stava sognando, non voleva destarsi.

Se il mondo stava per finire, che finisse. Lei aveva ottenuto ciò che voleva.

E così pure Christofer.

Seppe fin dal primo momento che era stupido farlo, ma non si fermò.

Strappò dal letto Kathleen e la prese in braccio, cominciando a girare su se stesso tenendola stretta contro di sé, un sorriso a illuminare il suo viso pari soltanto a quello della moglie.

Rise sempre più forte, sempre più eccitato, e Kathleen con lui.

Fu così che li trovò Whilelmina, ridenti entrambi ed entrambi abbracciati l’uno all’altra.

“Ma cosa… Christofer, cosa le stai facendo? Quella fanciullina dovrebbe essere a letto!” sbraitò terrorizzata la donna, prima di rendersi conto dello sguardo che i due giovani si stavano scambiando.

Nessuno dei due l’aveva udita. C’era spazio solo per loro.

Sorridendo più tranquilla, la contessa madre si ritirò nuovamente nel corridoio e allontanò Gwen e William, che attendevano trepidanti sulla porta.

Nel richiudersi i battenti alle spalle, dichiarò con un sorriso: “Avvertite la servitù che la contessa sta bene. Tutto è ormai a posto.”

Gwen non perse tempo, e così pure William.

Mentre Whilelmina pensava a raggiungere Wendell per riferirgli la bella notizia, per tutta Green Manor si allargarono esclamazioni di giubilo, che fecero da controcanto alla gioia dei due innamorati.
 
***

“Perché?”

La domanda giunse a sorpresa, mentre Christofer era intento a raccogliere con cura un cucchiaio abbondante di brodo di verdure.

Scacciata letteralmente servitù e madre dalla stanza di Kathleen – persino William era potuto rimanere per pochi minuti –, il conte si era voluto prendere personale cura della moglie, comportandosi in maniera dispotica e irascibile.

Wendell le aveva promesso che, se si fosse reso necessario, avrebbe trascinato fuori il fratello per i capelli, caso mai l’avesse disturbata troppo.

Neppure la moglie era riuscita a far cambiare idea al marito ma, dalla reazione di tutti, parve che nessuno se la fosse presa per quel colpo di testa.

Alla fine, Christofer aveva ottenuto quello che voleva, e nessuno se l’era sentita di contraddirlo.

L’averlo visto sconvolto e furioso al suo ritorno alla villa, la moglie esanime tra le braccia e le mani lorde del suo sangue, aveva spaventato tutti.

Wendell aveva corso intorno al fratello finché non aveva depositato Kathleen a letto, dopodiché si era sistemato al suo capezzale, in attesa del dottore.

William stesso era corso al villaggio per andare a recuperare il medico che, alla notizia del ferimento della contessa, aveva raccolto tutte le sue cose e si era messo in sella in tutta fretta.

Per loro fortuna, la pallottola era fuoriuscita, ledendo solo la spalla di Kathleen, ma la febbre era sopraggiunta ugualmente, forse a causa di un’infreddatura non curata adeguatamente.

Per giorni e notti intere, Christofer aveva vegliato sul corpo febbricitante della moglie, ascoltandone il suo parlottio farneticante, rabbrividendo di fronte ai suoi tremendi ricordi.

Udire ciò che le era accaduto, senza il filtro del pudore della moglie, era stato tremendo.

Le poche volte in cui a Wendell era stato permesso di rimanere, Christofer l’aveva osservato turbato, e solo per scoprire quanto il fratello fosse maturato.

I suoi dodici anni di età erano ben poca cosa, di fronte a quello sguardo serio e forte.

No, Wendell poteva essere gracile, ma la sua mente era tutt’altra cosa, così come il suo cuore.

Avrebbe voluto estrarre dalla tomba il corpo del padre per farne scempio, e solo per avere la soddisfazione di vendicare sia la moglie che il fratellino.

Quando la febbre era infine scesa, anche gli incubi erano svaniti e, con sua somma sorpresa, lui era divenuto parte integrante del mondo onirico di Kathleen.

Il suo nome era stato sussurrato molte volte, nel corso dei giorni e, in più di un’occasione, Christofer aveva ricollegato il ciangottare della moglie a eventi appartenuti a un lontano passato.

Più volte, aveva sorriso nel rammentare un aneddoto piuttosto che un altro.

In più di una occasione era arrossito di fronte alla madre – spesse volte presente al capezzale della nuora – nel venire smascherato per marachelle passate.

Un particolare, più di altri, lo aveva colpito. E sorpreso.

Fino a quel giorno, era stato più che certo che Kathleen non si fosse accorta di nulla, in quell’occasione.

L’episodio, sorto dagli anfratti della sua memoria dopo il ferimento della moglie, ora lo rammentava come se fosse avvenuto solo il giorno precedente.

Estate. L’albero di melo nel giardino di casa dei Barnes. Una Kathleen addormentata alla sua ombra.

All’epoca, la piccola Kate aveva avuto solo tredici anni e, ancora lontana dallo sbocciare come era infine avvenuto, appariva fragile e goffa negli abiti vaporosi che la madre le faceva indossare.

Andrew era stato solito chiamarla fenicottero per via delle lunghe gambe e lei, ogni volta, era cosa via in lacrime, rifugiandosi sotto l’ombra protettiva del melo.

In una di quelle occasioni, Andrew era stato così scorretto da prenderla in giro dinanzi a Christofer, scatenando la reazione furibonda della sorella, che era scappata via con il volto in fiamme e il cuore spezzato.

In seguito, Andrew si era dichiarato pentito di averlo fatto e Christofer, comprensivo, si era offerto di aiutarlo a trovarla per chetarne la rabbia.

Sapendo già dove potesse essere, il giovane Spencer aveva però preferito recarsi da solo al grande melo, spinto dal desiderio di essere lui, in prima persona, a prendersi cura della fanciulla disperata.

Trovarla addormentata e con il volto rigato di lacrime, gli aveva fatto sorgere una smorfia in volto, oltre che avvertire un palpito di dolore al cuore.

In silenzio, si era inginocchiato accanto a lei e, con le nocche di una mano, ne aveva carezzato le gote gonfie di pianto.

La sua boccuccia a forma di bocciolo di rosa si era mossa per un istante e Christofer si era ritratto, inorridito al pensiero che potesse trovarlo così proteso verso di lei.

Nulla era però successo e il giovane, con un mezzo sorriso, si era chinato su quelle tenere labbra, mormorando: “Non piangete più, bella principessa.”

Era stato solo un fuggevole sfiorarsi di labbra, a cui lui aveva badato poco in quel momento ma, evidentemente, aveva scatenato in Kathleen una ridda di emozioni.

E la sua infatuazione per lui.

Poggiando il cucchiaio sul piatto, Christofer fissò la moglie e, per un attimo, presente e passato si confusero.

“Riguardo a cosa, Katie?” le domandò per contro lui, inclinando leggermente il capo.

Lei arrossì, reclinando il capo biondo e, a mezza voce, mormorò: “Riguardo ai vostri sentimenti per me.”

Il marito ridacchiò e, nello scostare il vassoio del cibo su uno dei comodini, si accomodò sul bordo del letto.

Sollevò delicatamente il mento della moglie con un dito e asserì: “Forse, sono sempre stato innamorato di voi ma la mia superbia, o il mio essere così chiuso in me stesso, mi ha tenuto lontano dalla verità.”

“Oh, non credo che voi…” iniziò col dire Kathleen, subito azzittita da Christofer, che scosse il capo.

“Lo ero. Scapestrato, intendo. E sciocco. E cieco. Diamo pure la colpa alla mia adolescenza, ai miei fratelli ben poco amorevoli, o a mio padre, che non smetterò mai di disprezzare. Ero molte cose, ma avrei dovuto essere una cosa sola per voi, e non lo sono stato per lungo tempo. Un buon marito” replicò lui, dandole un bacio sulla fronte.

“Vi state colpevolizzando troppo, Christofer. Eravate giustamente furioso per un matrimonio che vi hanno imposto, perciò vi posso capire. E se avete sbagliato voi, a suo tempo, ho sbagliato anch’io a non imporre le mie idee, o tentare di spiegare a voi come mi sentivo. Dopotutto, eravate anche mio amico. Avrei potuto parlarvi sinceramente. Sapevo che eravate diverso da mio padre, da vostro padre, perciò avrei dovuto tentare. Ma non lo feci. Ero fin troppo pavida!”

Rise sommessamente, a quel commento su se stessa, e il marito ampliò il suo sorriso.

“Eravate semplicemente una fanciulla educata a eseguire esattamente il volere del marito, o del padre. Tutto qui” replicò l’uomo. “Avrei dovuto tenere a mente che la ragazza nel mio letto eravate voi, ma non lo feci.”

“Avrebbe fatto differenza, se fosse stata un’altra?” replicò lei, vagamente sorpresa.

“E’ il contrario, Katie. Avrebbe dovuto fare differenza perché c’eravate voi. La mia principessa che dormiva all’ombra del melo.”

Le sorrise nel dirlo, e lei arrossì ancora di più.

“Dovrò stare attenta a non ammalarmi mai più, se parlo così a sproposito” brontolò lei, pur sorridendo maliziosa.

“Mi ha fatto piacere scoprire che sapevate del bacio. Anzi, forse, se entrambi lo avessimo rammentato il giorno delle nozze, le cose sarebbero andate diversamente” ammise lui, con il rammarico nella voce.

“Era solo un bacio di nessun conto” si schernì Kathleen.

Il marito non fu di quell’avviso.

“Vi baciai per un motivo, anche se all’epoca ero troppo superficiale per comprenderlo. Volevo darvi quel bacio, rasserenarvi con la mia presenza, essere il vostro paladino… ma rovinai tutto con il mio sciocco orgoglio ferito” sbottò Christofer, accigliandosi.

La moglie afferrò le sue mani strette a pugno e, rilassandone le membra, gli sorrise gentilmente e mormorò: “Siamo qui, insieme. Alla fine, siamo noi ad aver vinto, non vi pare?”

“Ma quanto ci è costato?!” esalò lui, sfiorandole con lo sguardo la spalla ferita.

Lei scosse il capo, replicando semplicemente: “Calpesterei gli Inferi stessi per stare con voi, non l’avete ancora capito?”

Christofer si limitò ad abbracciarla, un sorriso dipinto sul bel viso e, nel depositarle un bacio dietro l’orecchio, mormorò: “Provateci, e vi ucciderò di mia mano. Non dovrete mai più rischiare la vita per me, avete capito?”

Kathleen si limitò a ridacchiare, evitando di rispondere e il marito, suo malgrado, dovette farsi bastare quel silenzio.

Sapeva quanto potesse testarda la moglie, quando voleva e, nonostante tutto, era orgoglioso che fosse così forte da tenergli testa.

Non dubitava che avrebbero trovato altri terreni di scontro, nel loro lungo viaggio insieme, ma si sarebbero affrontati a testa alta, con onestà, non più nascosti dietro false parole.

Più tardi, sdraiato accanto alla moglie sull’enorme letto a tre piazze, Christofer era impegnato in quello che, in quei giorni, era divenuto il suo hobby preferito: guardare Kathleen dormire.

Ogni tanto borbottava qualcosa a mezza bocca e, spesso, rivolgeva anche nel sonno il viso verso di lui, come se sentisse il bisogno di essere vegliata dal suo sguardo.

In quei momenti, lui le carezzava il volto, e sorrideva deliziato non appena i tratti di lei si distendevano pacificati.

Quanto era stato stupido, a non dare voce al dolce sentimento che l’aveva accompagnato fin sotto il melo, quel giorno?

Sapeva, però, quale fosse stato il problema.

Eton lo aveva reso freddo e cinico, e quelli erano stati i risultati.

La morte prematura dei fratelli non lo aveva certo aiutato, confinandolo entro le strette mani ad artiglio del padre.

Bartholomew Spencer, conte Harford, non era mai stato lieto di avere un figlio come lui, o come Wendell.

Loro, le pecore nere della famiglia.

Christofer era sempre stato troppo studioso, troppo erudito – pur se abile con le armi – e, di questo, il padre gliene aveva sempre reso demerito.

Wendell, invece, era sempre stato gracile e debole, l’opposto del padre e, per questo, il conte non lo aveva mai amato.

Sospirò, nel ripensare a quegli anni di scuola, alle percosse, ai silenzi costretti dalla paura di venire malmenati – o peggio.

I suoi fratelli aveva sempre tentato di piegarlo, forse spinti dallo stesso padre, chissà. La sostanza, però, non era cambiata, per Christofer.

Si era dovuto indurire, per sopravvivere, e quella durezza si era poi trasmessa alla sua vita di tutti i giorni e, così facendo, aveva ferito Kathleen.

Diventare conte suo malgrado, poi, non era stato semplice da accettare.

Avrebbe preferito mille e mille volte non ereditare Green Manor così come l’intera tenuta, la sua villa a Bath, o il palazzo su Grosvenor Square, a Londra.

Il pensiero di tutti i fittavoli che dipendevano da lui, di tutte le vaste proprietà sparse per l’Inghilterra che avrebbe dovuto controllare e far prosperare lo aveva reso nervoso e aspro.

Tutto quell’astio, quella paura, si erano riversati sull’incolpevole mondo che lo circondava.

E su Kathleen.

Ma tutto ciò sarebbe cambiato, con l’aiuto di sua moglie.

Insieme, avrebbero scoperto la vera felicità, proprio come aveva sempre desiderato anche Andrew e, con questa consapevolezza, avrebbero creato una vera, nuova famiglia.

Nell’assopirsi, ripensò all’amico e, a sorpresa, scorse solo il suo volto sorridente e fiero.

Per quanto gli incubi si fossero diradati, in quelle lunghe notti passate nella casa di famiglia, il viso di Andrew gli era sempre apparso macchiato dal sangue della morte.

Quella notte, però, il suo sorriso spontaneo e sincero la fece da padrone e, avvolto dal dolce profumo di rose della moglie, poté finalmente riposare sereno.

Per quella notte, niente e nessuno sarebbe giunto a disturbarlo.









 
  
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