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Autore: Mary P_Stark    06/05/2016    3 recensioni
1803. Yorkshire. La guerra infuria, in Europa, e Napoleone Bonaparte non nasconde le sue mire nei confronti della ricca Inghilterra. Christofer Harford, figlio cadetto del Conte Spencer, viene costretto dal padre a maritarsi prima della partenza per la guerra. Le imposizioni non sono mai piaciute al rampollo di casa Spencer, che mal sopporta l'ordine, e finisce con il rendere vittima la dolce e docile Kathleen, sua moglie contro ogni aspettativa. Le privazioni della guerra e la morte prematura del conte Harford richiamano in patria un Christofer distrutto dal dolore, che si ritrova ad affrontare non solo la morte del conte, ma anche una donna che non riconosce essere sua moglie.
Perché la nuova Kathleen è forte, non si piega alle avversità e, soprattutto, sa tenere testa al marito come mai aveva fatto prima della sua partenza. Ma cosa l'ha cambiata tanto?
Christofer è deciso a scoprirlo, così come è deciso a redimersi dalle sue colpe come marito. Ma nubi oscure si addensano all'orizzonte, minando la possibilità dei due coniugi di conoscersi, di instaurare un vero rapporto.
Saprà, Christofer, difendere la moglie da questo pericolo ormai alle porte e, nel suo cuore, potrà trovare spazio anche per l'amore?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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17.
 
 
 
 
 
Scrutando la valle dal bordo del calessino, il contado disteso dinanzi ai loro occhi e il sole a far loro da compagno, Kathleen esplose in una gradevole risata, esalando: “Voi… avete fatto cosa?”

“Non c’è bisogno che mi facciate notare la mia stolta ingenuità, moglie” borbottò Christofer, dando un leggero colpo di redini perché il calesse ripartisse verso York.

Asciugandosi una lacrima di ilarità, Kathleen non fu d’accordo.

“Non sto dicendo che siate stato sciocco, marito, ma la scena è alquanto buffa, se me lo permettete. Due uomini grandi e grossi, seduti di fronte a una bottiglia di whisky, a parlare di donne e amori impossibili” sorrise la contessa, lanciando un’occhiata di sfuggita al fratellastro, che procedeva poco dietro di loro, assieme a uno degli stallieri.

Entrambi erano armati e, entrambi, avevano occhi solo per il rado bosco che circondava la strada su cui stavano procedendo e che, ben presto, si sarebbero lasciati alle spalle.

“Non amori impossibili… non direi. Il mio per voi, è più che possibile” replicò Christofer, facendola sorridere. “E quello di William per Bridget, beh… a onor del vero, non ho osato chiedere.”

Kathleen si lasciò sfuggire una risatina da sotto il contorno della mano, che era premuta sulle sue labbra curvate all’insù.

Il marito la fissò accigliato, domandandole: “Voi sapete qualcosa, vero?”

“Le confessioni di una donna sono segrete, mio caro” replicò la contessa, con tono sostenuto.

“Ma io vi ho detto di cosa stavamo parlando!” sbottò Christofer, adombrandosi ulteriormente.

“Nessuno vi vietava di mantenere il segreto” sottolineò serafica Kathleen, facendo sbuffare sonoramente il marito.

“Siete impossibili, voi donne, quando vi mettete d’impegno!”

“E avete impiegato venticinque anni per comprenderlo? Vi facevo più sveglio, Christofer” motteggiò Kathleen, fissando dinanzi a sé lo sguardo, che stava sfiorando i tetti di York e le sue vie affollate.

“Non tirate troppo la corta, moglie. Potrei rivoltarvi sulle ginocchia e sculacciarvi, anche se vi amo molto” borbottò l’uomo, ghignando al suo indirizzo.

Lei non diede adito di averlo ascoltato e, nel sistemarsi il cappellino sullo chignon, asserì: “Avete detto che la sessione in Parlamento durerà fino ad agosto inoltrato, vero?”

“Non cambiate discorso!” sbottò a quel punto Christofer, facendo scoppiare la moglie in un altro accesso di risa.

E al marito non restò altro che osservarla, mentre il suo cuore faceva le capriole per la gioia, al pensiero di vederla così lieta e allegra.

Come Kathleen gli aveva preannunciato, i disturbi legati alla gravidanza erano calati fin quasi a sparire.

Grazie al cielo, non aveva più avuto alcun crollo fisico e, quando Christofer le aveva parlato del viaggio che avrebbe dovuto compiere di lì a poco, lei aveva deciso di seguirlo.

Questo avrebbe permesso a lei di vedere finalmente Londra, a William di parlare con la madre e a Christofer di prendere posto nel seggio degli Harford, in Parlamento.

E, forse, fare anche una visita al Ministero della Guerra.

Dopo Austerlitz, le mire espansionistiche di Napoleone si erano risollevate come se la battaglia di Trafalgar non fosse mai stata combattuta.

Christofer detestava pensare che la morte di Andrew non fosse servita a fermare Napoleone, e approvava il fatto che lord Grenville, il primo ministro, non volesse scendere a patti.

Il fatto di avere anche lo Zar Alessandro dalla loro parte, contribuiva a rendere più sicuri i confini inglesi, ma Christofer sapeva bene di non potersi fidare del Corso.

Quell’uomo aveva più risorse di un demonio.

Dubitava fortemente che sarebbero rimasti fuori dai conflitti ancora per molto, visto quanto le mani di Napoleone si stavano avvicinando alla Germania e alla Prussia.

Ben presto, sarebbero giunte richieste di aiuto da parte degli alleati, e il re non avrebbe più potuto procrastinare un ritorno alle armi.

Forse, non avrebbero mai dovuto abbandonare il campo di battaglia.

“Christofer…” mormorò a un certo punto Kathleen, strappandolo a quei pensieri.

“Sì, cara?” sussurrò, cercando di raffazzonare un sorriso solo per lei.

Kathleen, però, non vi cascò neppure per un istante e, nello stringere una delle mani del marito, asserì: “Non lasciare che i venti di burrasca ti facciano tornare nel tunnel in cui ti eri smarrito al tuo ritorno.”

Christofer sollevò un sopracciglio, chiaramente sorpreso da quel cambio repentino di formalità e, sorridendole, sollevò la sua mano per baciargliela.

“Non ti senti più a disagio, allora…”

“Sarebbe sciocco continuare a dare del ‘voi’ a un uomo che mi ha vista nuda, e a cui sto per dare un figlio” replicò con praticità lei, sorridendo affabile.

“Il ton non sarebbe d’accordo con te” ironizzò a quel punto Christofer, sorridendole maggiormente.

“Ne ho avuto a sufficienza di ascoltare mia madre per anni, o tua madre, per sapere che ulteriore deferenza nei confronti di mio marito potrebbe farmi venire l’orticaria” ironizzò Kathleen, ammiccando. “Ma sarò così cortese da rispettare l’etichetta, quando saremo in presenza d’altri. Ti può andare?”

“Non ho nulla da eccepire al tuo discorso, Katie. Anche se rischierò di ridere, quando ti ascolterò parlare con tono ampolloso e servile, nei salotti buoni di Londra.”

“Sono sicura che sarai così galante ed educato da contenerti” replicò lei, dandogli una pacca sulla spalla.

Scoppiando in una risatina leggera, Christofer mormorò: “Una volta di più, ho avuto la riprova che Andrew aveva ragione, dicendomi che mi saresti piaciuta, se ti avessi lasciato essere come desideravi.”

“E cioè?” gli domandò Kathleen, sorridendo curiosa.

Deponendole un bacio sulla guancia, il marito le disse: “Mi disse di lasciarti essere te stessa, e allora avresti brillato.”

Kathleen sorrise mesta a quelle parole e, annuendo, asserì: “Era tipico di Andrew, sì. Pensare che io avrei potuto interessare veramente a qualcuno, se fossi stata come il mio cuore agognava di essere.”

“E così è stato, Katie. Forse, avrei potuto impiegare meno tempo ad accorgermene, ma non ne sprecherò altro. Lo devo a te, come lo devo ad Andrew.”

“E anche a te stesso” sottolineò lei, annuendo con vigore.

Christofer assentì. Sì, non avrebbe sprecato altro tempo a rimuginare.

E sarebbe diventato il miglior marito possibile, per Kathleen.
 
***

Nessuna alba poteva essere più gratificante di quella che stava godendosi, avvinghiato a una ragazza piacente, avvolto da lenzuola di seta e attorniato da ricchezze di ogni tipo.

Scostando la chioma bruna e scarmigliata di Annelyse Gordon-Lewis, Peter Chappell sorrise nel vederla svegliarsi tra le sue braccia.

Le sue labbra morbide e gonfie di baci si piegarono in un sorriso e, con voce roca e impastata dal sonno, la giovane mormorò: “Ma come? Già sveglio, tesoro mio?”

“Riposa, p’tit bijoux. E’ ancora presto” replicò Peter, levandosi da letto per raggiungere le finestre che davano su Hyde Park.

La famiglia Gordon-Lewis era tra le più ricche e altolocate dell’Essex, e la giovane Annelyse era annoverata tra le dame di Corte della regina.

In quanto ufficiale dei dragoni di Sua Maestà, di stanza al Ministero della Guerra, Peter aveva avuto il dubbio onore di conoscerne il padre, lord Wallace.

Era stato grazie ai suoi buoni uffici se aveva potuto evitare il campo di battaglia così a lungo,… ma non certo senza motivo.

Non che a Peter fosse importato molto, alla fine dei conti.

Anzi, i favori concessi a lord Gordon-Lewis gli erano valsi una discreta ricchezza, oltre alle grazie di Annelyse.

L’ultimogenita di Gordon-Lewis si era fatta beffe del ton fin da quando, al suo primo ballo in società, l’aveva avvicinato senza uno chaperon al fianco.

O qualcuno che li presentasse ufficialmente.

Aveva scandalizzato i più, e divertito così tanto la regina da convincerla a non scacciarla dalla sua Corte, nonostante il piccolo scandalo.

Da quel momento, era iniziato il loro rapporto clandestino.

Lord Gordon-Lewis non l’avrebbe mai data in sposa a un figlio cadetto del nord, senza titoli al seguito o proprietà e, per di più, ora ricercato dalla legge della Corona.

Ma andava bene per soddisfare le brame della figlia, e al padre interessava solo questo.

Qualsiasi cosa, pur di accontentarla.

Se anche non fosse giunta illibata al matrimonio, all’uomo non interessava.

Esistevano abbastanza nobili attempati e di ampie vedute, a cui accoppiarla al momento giusto, per l’alleanza giusta.

Per il momento, però, non era ancora servita ai suoi scopi, perciò poteva rimanere nell’abbraccio apparentemente sicuro della propria casa.

E del proprio amante.

Peter si sarebbe sollazzato con lei, in parziale pagamento per il lavoro svolto per Gordon-Lewis, e quest’ultimo lo avrebbe salvato dal cappio del boia.

Pensare a Harford, alla sua bella moglie e alla taglia che loro avevano piazzato sulla sua testa, lo fece digrignare i denti.

Ma i nodi sarebbero giunti al pettine.

Solo, ci sarebbe voluto più tempo del previsto e, nel frattempo, avrebbe portato a termine i compiti assegnatigli da lord Wallace.

Questi, erano iniziati tre anni prima del duello contro Christofer, e sarebbero perdurati ancora per molto tempo.

Aver scoperto i loschi traffici di Gordon-Lewis era stato, per Peter, il biglietto vincente per la ricchezza, prima, e la salvezza, in seguito.

Avvolgendosi nella vestaglia da camera quando udì bussare a una porta secondaria, Peter si avviò per andare ad aprire, sapendo bene chi vi fosse all’altro capo.

Sorridendo soddisfatto quando una mano allungò verso di lui una missiva chiusa da ceralacca, Peter lasciò andare una moneta al silenzioso valletto, poi si ritirò.

“Chi era?” mugugnò Annelyse dal letto, armeggiando con i cuscini per mettersi più comoda.

“Nessuno di importante, cara. Riposa” mormorò distrattamente Peter, spezzando il sigillo quando fu nei pressi della finestra.

L’uomo lesse avido le notizie provenienti da York e, con un sorriso trionfante, accartocciò la lettera e la gettò nel fuoco del camino.

Sì, quella era sicuramente l’alba più bella che avesse mai visto.
 
***

Se aveva pensato di trovare una ridente città, vie lastricate e perfettamente pulite, prati fioriti e palazzi ricoperti d’oro, Kathleen dovette ricredersi alla svelta.

Londra non era quel capolavoro di perfezione che aveva sempre creduto e, almeno a giudicare dai suoi confini esterni, aveva decisamente bisogno di una sistemata.

Le strade erano piccole, ricoperte per lo più di terra, liquami e paglia.

Tutt’intorno, la gente viveva nell’indigenza, per non dire direttamente sulle vie di acciottolato sconnesso e maleodorante.

Carri con vettovaglie si alternavano a muli guidati a mano, che trasportavano some ai limiti dell’ammissibile.

Ritirandosi dietro le coltri della carrozza, Kathleen sospirò e Christofer, stringendole una mano, asserì: “Forse avrei dovuto avvisarti. Passare in questa zona non è molto bello.”

“Immagino che al re interessi poco come vive il suo popolo” mormorò Kathleen, rigirandosi un guanto tra le dita.
All’improvviso, l’idea di essersi rifatta il guardaroba per giungere lì, la fece sentire stupida e superficiale.

Ma essersi recata a York assieme al marito, aver visitato le boutique assieme a lui, aver riso delle sue battute,… tutto le era sembrato così bello, così perfetto.

La perfezione di quei momenti, però, stava per essere spazzata via da quella bruttura, dall’ingiustizia che regnava nel mondo.

“Non sentirti mai in colpa per ciò che hai, Katie. Iddio stesso sa quanto tu sia generosa e pura di cuore” le raccomandò il marito, stringendo la mano che li legava. “Pensa soltanto a ciò che hai fatto al lanificio, o a come ti prendi cura dei bambini dell’orfanotrofio.”

“Ma io… avrei potuto… dovuto…” tentennò lei, mordendosi il labbro inferiore con espressione colpevole.

Christofer glielo baciò, asserendo con vigore: “Se vuoi, mi informerò su ciò che è possibile fare qui a Londra, se è possibile devolvere qualcosa in beneficienza presso i locali orfanotrofi.”

“O per i reduci” aggiunse Kathleen, con veemenza. “Iddio solo sa se anche le loro famiglie hanno bisogno di una mano.”

“Chiederò in giro, promesso. Ma tu promettimi di goderti la permanenza qui a Londra. Non si può cambiare il mondo in un giorno, deore1, e neppure da soli” sussurrò Christofer, sfiorandole le labbra con un bacio.

“Vedrò di ricordarmene, anche se a volte vorrei poter fare di più” assentì la moglie, sospirando.

“Ti capisco.”

Non era pratica comune, tra i nobili, pensare a come se la passasse il popolo.

Il più delle volte, se una sola voce si levava dal coro per parlare in tal senso, essa veniva tacitata in breve tempo.

Se non si era abbastanza potenti da resistere alle bordate, si poteva anche rischiare di finire emarginati dalla società.

Nessuno poteva dire alla nobiltà come gestire le proprie tenute, ivi comprese le persone al loro servizio.

E nessuno poteva insinuare che re Giorgio III, o suo figlio il Reggente per lui, non tenesse in buon conto la salvaguardia del proprio popolo.

Le guerre venivano combattute anche per loro, no?

Già, pur se i sacrifici maggiori spettavano sempre a chi, di soldi per mantenere le proprie famiglie, non ne aveva.

La guerra era una possibilità concreta di poter portare a casa del denaro per sfamare i figli, ma voleva anche significare rischiare la propria vita. O restare mutilati.

Molti, troppi soldati semplici erano tornati meno che loro stessi.

Non più in grado di sfamare la propria famiglia, avevano finito con il vagabondare per le strade, mendicando un tozzo di pane o una moneta.

In tanti, si erano lasciati andare allo sconforto e al bere, finendo con il rimanere poi uccisi in bische clandestine, o lungo i sobborghi di Londra.

In questo, la Corona faceva ben poco per sopperire a un tale costo in termini umani.

Christofer scostò la tendina, osservò le strade farsi più pulite e ordinate e, con un sospiro, mormorò: “Sì, a volte vorremmo davvero poter fare di più. Ma troverò qualcosa, Katie, te lo prometto.”
 
***

La casa di Grosvenor Square era interamente color crema, con alti colonnati sul fronte dell’entrata e una lunga cancellata scura a proteggerne i confini.

Essendo confinata in città, non possedeva un ampio giardino, quanto piuttosto un piccolo angolo di verde sul lato sud.

Un ampio bovindo, sorretto da cariatidi di marmo, era affacciato proprio sul piccolo giardinetto.

Kathleen sorrise, immaginandosi a scrutare i fiori delle aiole, o accomodata su una serie di cuscini a leggere un buon libro.

Lasciando però quei pensieri a un secondo momento, entrò in compagnia del marito, consegnando mantello e guanti a William.

Strabiliata, ammirò lo splendente atrio e l’ampio soffitto a volta, decorato da sapienti mani d’artista.

Un enorme candelabro pendeva sopra le loro teste, illuminato da mille e più candele bianche.

Profumi di pino silvestre e di cera d’api si mescolavano tra loro e, quando il maggiordomo si inchinò alla coppia, Christofer disse: “Bernard, è un piacere rivedervi. Posso avere l’onore di presentarvi mia moglie?”

L’uomo, sulla sessantina, alto e allampanato come era moda tra i domestici più in auge nella nobiltà, si inchinò alla donna, mormorando: “L’onore è tutto mio, Vostra Signoria. Ci era giunta voce della beltà di Sua Signoria la contessa, ma posso dire in tutta onestà che le voci non reggono con la stupenda realtà.”

Deliziata da quei complimenti e dalla morbida parlata londinese, Kathleen sorrise al maggiordomo, replicando: “E io posso dire che mio marito non avrebbe potuto avere più gentile e premuroso maggiordomo, per tenere sotto controllo questo splendido palazzo.”

“Se Vostra Signoria lo desidera, più tardi sarò lieto di mostrarvi la sala della musica e la fornitissima biblioteca.”

Vagamente sorpresa, Kathleen fissò lo sguardo su Christofer che, scrollando le spalle, asserì: “Mio padre era assente da anni, qui a Londra e, se c’era una cosa in cui andavamo d’accordo io e Kenneth, erano i libri. Forse, l’unica cosa.”

Il maggiordomo, saggiamente, ignorò quel commento e, nel battere le mani, chiamò a sé un paio di garzoni perché si occupassero dei bagagli dei loro signori.

Rivolgendosi poi a Christofer, disse: “La cena verrà servita come sempre alle sei, a meno che non abbiate disposizioni diverse. Per festeggiare il vostro arrivo, Mr Thomasson ha preparato il coniglio in umido e le patate arrosto.”

“So già che mi trascinerò via dal tavolo, stasera” ironizzò Christofer, battendo una mano sul braccio della moglie. “Le sue doti di cuoco sono eccezionali.”

“Sarà un piacere scoprirlo, allora” asserì Kathleen, sorridendogli nel farsi accompagnare dal marito verso lo scalone principale.

Rimasto solo con William, Bernard mormorò: “Una coppia davvero bella, non c’è che dire. E Sua Signoria la contessa è raggiante. La seconda gravidanza procede bene?”

“Ottimamente” assentì William, dirigendosi verso il reparto della servitù assieme al maggiordomo.

Annuendo lieto, l’uomo mormorò: “La notizia del suo aborto ci colpì moltissimo ma ora, nel vederla al braccio di Sua Signoria il conte, mi sento di dire che andrà tutto benissimo.”

“Lo credo anch’io” dichiarò l’attendente, prima di bloccarsi a metà di un passo quando udì una voce che mai si sarebbe aspettato di udire.

Bernard sorrise sornione e, battendo una mano sul braccio del giovane, chiosò: “Il conte mi aveva pregato di non dirti nulla. E’ stata assunta come aiuto cuoco in cucina, e ha una stanza qui a palazzo, proprio in fondo all’ala della servitù. Ho pensato volessi una camera vicino a lei, così l’abbiamo tenuta libera per te.”

William fissò basito l’uomo per alcuni attimi, prima di correre verso le porte che conducevano in cucina.

Lì, abbigliata con un vaporoso abito di lino grigio chiaro e un bel grembiule bianco legato in vita, Christine Knight levò lo sguardo a fissare il figlio e sorrise.

“Ben arrivato, caro” celiò la donna, vedendolo scoppiare a ridere per la gioia e il divertimento.

“Sua Signoria non mi aveva detto nulla” esalò William, raggiungendo la madre per baciarla sulle guance.

“Tua madre è giunta qui da una settimana, ragazzo…” intervenne Mr Thomasson, con il suo forte accento scandinavo. “…e posso dire con ragionevole margine di sicurezza che, in tanti anni, ho solo avuto idioti come aiutanti!”

Christine sorrise affabile e il cuoco, vistosi osservato dalla donna, borbottò qualche altra parola prima di rimettersi a rimestare con vigore.

“A quanto pare, piaci al cuoco” chiosò William, lanciando un’occhiata curiosa all’uomo di spalle, prima di ricevere un colpetto di cucchiaio sullo stomaco piatto.

“Smettila di arruffare le piume” brontolò gentilmente Christine, facendo sorridere il figlio.

“Difendo solo il tuo onore” replicò lui, attirandola in un angolo tranquillo della cucina. “Christofer non mi ha detto nulla di questo trasferimento.”

“Ho saputo tutto una decina di giorni addietro. Bernard si è presentato presso la villa dei Conroy, parlando loro della richiesta di Sua Signoria il conte” gli spiegò Christine, con occhi leggermente sgranati. “So soltanto che, a fine giornata, il maggiordomo mi ha dato il mio salario, dicendomi di presentarmi, l’indomani, qui in Grosvenor Square, presso il palazzo degli Spencer.”

William sorrise, si passò una mano tra i capelli, e ridendo sommessamente, esalò: “Quell’uomo mi farà ammattire.”

“Lui… lui sa?” domandò titubante la donna.

“Sì, ma non devi preoccuparti di Sua Signoria. E’ come Kathleen. Sono anime buone, e a lui non interessa affatto che io sia un illegittimo” asserì William, con sicurezza.

“Bene… speravo che la tua sorellastra fosse sposata a un uomo meritevole. Sembra una così cara ragazza!” assentì compiaciuta la donna.

“Avrai modo di conoscerla meglio, non temere. Kathleen ha espresso il desiderio di parlare con te, quando avrai un minuto di tempo da dedicarle.”

Facendo tanto d’occhi, la donna esalò: “Io… dedicare del tempo a Sua Signoria? E per dirle cosa, tesoro? Non ho argomenti da offrire a quella dolce bambina.”

“Scoprirai quanto è facile parlare con Kathleen… così come è facile amarla.”

Battendo una mano sul viso di William, fattosi improvvisamente ombroso, Christine mormorò: “Si è ripresa dalla perdita di Andrew? E tu?”

“Kathleen è forte, e Christofer le è di aiuto. Lo amavano entrambi moltissimo, perciò stanno superando insieme il lutto. Quanto a me… beh… penserò sempre a lui. Non potrebbe essere diversamente. Era mio fratello, dopotutto” mormorò William, lasciandosi andare a un sospiro.

Guardandosi intorno, deglutì a fatica, le sorrise con un accenno di lacrime agli occhi e, prima di cedere, asserì: “Porto il mantello e i guanti di Kathleen alla sua cameriera. Ci vediamo più tardi, madre.”

“Ma certo. Vai pure” assentì la donna, vedendolo correre via con la sua falcata elegante.

Sospirando, Christine si disse che suo figlio avrebbe meritato ben altro destino, che quello di un servo.

L’essere con sua sorella, però, sembrava renderlo davvero felice, anche se gli sarebbe mancato per sempre il riconoscimento come figlio di Barnes.

L’amore di un padre non avrebbe mai fatto parte della sua vita, ma lord Conroy e sua moglie erano state persone buone e generose, con loro.

Se non altro, era stato cresciuto come un nobiluomo, pur se non lo sarebbe mai potuto diventare.

Gli era stato offerto il massimo possibile, e Christine sperò con tutta se stessa che, anche in futuro, William potesse avere solo che il massimo, dalla vita.

 
 

 
____________________________
1 deore (antico anglosassone): significa ‘carissima’.


Note: Alcune puntualizzazioni storiche. Ho sottolineato in grassetto i nomi dei personaggi realmente esistiti, così come ho aggiunto alla narrazione della storia di Katie e Christofer appunti di stampo storico, tutti veritieri e attinenti al periodo temporale in cui si stanno svolgendo gli eventi.
Detto questo, come vedete, abbiamo incontrato nuovamente Peter che, a quanto pare, non se la sta passando affatto male, protetto com'è da un nobile titolato. Ma come avrà ottenuto tali favori, e cosa saranno i loschi affari di cui si occupa per conto di Gordon-Lewis?
Ci arriveremo, non temete. Non vi lascerò con il dubbio.
Per quanto abbiamo visto finora, non ha desistito dall'idea di vendicarsi ma, per adesso, non si muoverà ancora. Ha un suo piano in mente, e questo ha bisogno di tempo per concretizzarsi.
Per il momento, facciamo la conoscenza con un nuovo personaggio, la baronessina Annelyse Gordon-Lewis, che ne combinerà una più del diavolo, nei prossimi capitoli.
A presto, e grazie per avermi seguita fino a qui!

  
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