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Autore: LittleSun    09/05/2016    6 recensioni
Molto spesso nella vita siamo costretti a vivere come qualcuno vorrebbe che noi vivessimo, annuiamo e lasciamo che tutto prenda una piega che non dipende da noi. Questo succede anche a Dafne che per scappare dalla sua vita soffocante si crea un alterego da usare online, Aloe. Sarà dopo numerosi problemi che Dafne riuscirà a liberarsi dall'influenza della madre e della zia e ad allontanarsi da casa, la sua vita però cambierà ancora. Cosa succede quando una persona abituata alla perfezione e un artista disordinato iniziano una convivenza? Cosa determinerà la presenza spigliata e focosa del coinquilino nella timida e un pò frigida Dafne? Lui riuscirà a fare uscire Dafne fuori dalla strada imposta dalla madre e della zia? Scopriamolo insieme ;)
Dal capitolo 4 (se ho fatto i conti giusti :P):
Regole per una sana convivenza con Aloe
1- Una volta a settimana si pulisce tutta la casa insieme, dividendo le spese dei prodotti.
2- Le spese del cibo si dividono anche così come i turni quotidiani di cucinare e lavare i piatti.
3- Negli spazi comuni è vietato accoppiarsi come conigli in primavera.
4- Negli spazi privati non di propria proprietà è vietato accoppiarsi o entrare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Epilogo
 
Un tiepido raggio di sole mi riscalda svegliandomi con dolcezza, guardo il posto vuoto accanto a me e sorrido accarezzando delicatamente con la punta delle dita le increspature delle lenzuola, poi mi guardo intorno, osservo la nostra stanza da letto con il suo color crema, il letto matrimoniale, con una bellissima struttura fatta di ciliegio lavorato, e i quadri alle pareti che mi portano sempre in luoghi meravigliosi ogni volta che il mio sguardo ci si sofferma, infine guardo fuori dalla grande vetrata e osservo le vette dei palazzi che si stagliano sull’azzurro del cielo, come dei titani che vogliono proteggere la città, e sorrido pensando a quanti cambiamenti ci sono stati in questi ultimi sette anni.
Non posso, quindi, fare a meno di ripercorrere, con il sorriso sulle labbra, il ricordo della sera di quando, dopo un anno di relazione, Jason mi aveva chiesto di andare a vivere insieme come una vera coppia in un appartamento tutto nostro, per chiedermelo però non aveva scelto un’occasione intima e normale degna dei migliori film d’amore, ovviamente, ma aveva preferito farlo durante una serata di festeggiamento in cui erano presenti i nostri amici più cari e persino mia madre, lui aveva giustificato la cosa dicendo che voleva al suo fianco tutte le persone che ci avevano sostenuto durante tutti i nostri casini ma tutti i presenti sapevano che in realtà era solo un atto di consueto egocentrismo.
Non potevano mancare quindi all’appello persone come Abby, Nathy, Mark e Nate, che avevano vissuto gli alti e i bassi del rapporto tribolato tra me e Jas, ma c’erano anche Cloe con i suoi due figli, Annie e Mike, e non mancava neanche mia madre che ormai almeno ogni due settimane veniva per un weekend per trascorrere del tempo con me e cercare di sistemare il rapporto costellato di sofferenze che avevamo costruito durante tutta la mia infanzia, non era facile e tutt’oggi a distanza di anni, a volte certe ferite tendono a non volersi rimarginare ma mia madre ha fatto tanto per me e Jason nel corso del tempo e, soprattutto, in piccole dosi.
Dopo quel famoso giorno in cui tutto era cambiato, dentro e fuori di me, non era stato facile delineare quello che c’era tra me e Jason, a volte tornavano le mie paure, a volte lui sembrava disinteressato, altre volte litigavamo per il modo diverso di approcciarci alle cose della vita però tutto sommato ogni difficoltà ci aveva portato a stringere di più il laccio che ci legava tanto che arrivati ad un certo punto immaginarmi senza di lui risultava quasi impossibile, sarebbe stato come se ad una ballerina fosse amputato un piede.
Avevamo iniziato a conoscerci meglio sin dall’indomani della nostra prima volta quando gli avevo raccontato tutto dalle mie paure più profonde all’ultimo dialogo avuto con mia madre, lui mi aveva confortata e incoraggiata a farmi forza in quel periodo di cambiamento perché la parte peggiore, a suo dire, era appena finita, lui poi mi aveva raccontato un po’ della sua infanzia, della sua amicizia con i suoi due migliori amici, del rapporto con i genitori, della sua adolescenza e infine delle sue ambizioni future, tutto quel parlare di noi ancora avvolti nelle lenzuola stropicciate era stato quasi più intimo del rapporto stesso avvenuto la notte prima.
Quando avevo raccontato tutta la storia ad Abby, lei, aveva riso sonoramente e poi mi aveva abbracciata forte quasi in lacrime quando le avevo parlato della storia che mi aveva raccontato mia madre, inoltre finalmente avevo avuto modo di sapere dove era andata a dormire la sera prima… da Mark e Nate, cosa che mi aveva divertito e incuriosito non poco ma che mi era stata più chiara non appena mi aveva raccontato del dietro le quinte di quel “famoso” giorno, praticamente quei tre erano un po’ il Deus ex machina della mia relazione con Jason.
Durante quell’anno se i rapporti con mia madre erano migliorati quelli con mia zia invece avevano trovato una loro conclusione definitiva nel momento in cui lei aveva deciso di troncare ogni rapporto con la sottoscritta e così continua ad essere a distanza di anni nonostante i numerosi cambiamenti, per il resto mia madre e Jason continuavano a sembrare due soldati nemici che si incontrano in un territorio neutrale, anche se avevo il sospetto che a mia madre in realtà Jas piacesse molto solo che era troppo orgogliosa per ammetterlo.
Penso però che abbia accettato del tutto la presenza di Jason nella mia vita quando il nostro primo natale insieme lui le regalò un grande quadro fatto da lui, appositamente per lei, in cui era raffigurato un paesaggio innevato illuminato da una tiepida alba che smussava la freddezza di tutto quel gelo, un quadro molto evocativo e veritiero che io avevo apprezzato molto e che mia madre si era limitata ad accettare con un mezzo sorriso, che aveva fatto entrare in crisi artistica Jason, anche se poi qualche mese dopo, quando eravamo andati a trovarla, lo avevamo trovato appeso in salone e quindi avevamo compreso quanto in verità lei avesse apprezzato il gesto del mio fidanzato, dopotutto, come aveva detto Jason quel giorno, uno scorpione non può diventare una farfalla dall’oggi al domani, io gli avevo ricordato che gli scorpioni non diventano mai farfalle e lui mi aveva risposto con un sorriso drammatico accusandomi di essere creativa come una pertica.
Da allora mia madre, comunque, aveva evitato di tartassarlo ogni volta che era nei paraggi, al massimo lo ignorava, cosa comunque migliore rispetto agli attriti precedenti e che aveva portato un clima di pace di cui mai avrei pensato di poter far parte.
Al contrario di mia madre, però, i genitori di Jason invece erano stati calorosi e affettuosi sin dal primo istante tanto da farmi commuovere, la madre del mio ragazzo mi aveva raccontato storie esilaranti su un Jason pacioccone e i suoi amichetti, mi aveva fatto vedere delle foto così tenere che non ero riuscita a non richiederne una copia da portare a casa, dopotutto lo amavo anche per il suo lato da “cicciottello dimagrito” e volevo custodire e amare ogni singolo suo ricordo dell’infanzia dal più bello al più brutto, così come lui faceva ogni giorno per me.
Abby aveva iniziato a frequentarsi con Mark, tre mesi dopo l’inizio della mia relazione con Jas, e ormai, pure loro, stanno insieme da quasi sette anni, Nathy e Nate invece avevano avuto un rapporto di sesso per un annetto scarso, in cui tutti speravamo facessero il passo avanti, ma non sono mai riusciti ad andare oltre l’aspetto puramente fisico e adesso lui è ancora un fiero marpione single e lei invece è fidanzata con un diligente avvocato amante del rock che mi aveva presentato ad una sua cara amica direttrice di una casa editrice.
E tutto ciò mi riporta alla famosa serata, di poco prima, organizzata per festeggiare la pubblicazione del mio primo libro per bambini, dopo cena ci eravamo diretti tutti nel piccolo salottino del nostro vecchio appartamento a brindare al mio successo e Jason improvvisamente aveva fatto tintinnare un bicchiere e si era inginocchiato ai miei piedi con una scatolina in mano facendoci rimanere di sasso, mia mamma era quasi svenuta, Nate e Mark avevano detto delle parole irripetibili e Abby si era alzata urlando “ommioddio, ommioddio”, io ero rimasta semplicemente di sasso, una scultura di marmo nel salottino, in quel momento ero rimasta incredula a fissarlo non capacitandomi di tanta impulsività, dopotutto a quel tempo un anno di relazione non mi sembrava un valido motivo per sposarci, dovevamo testarci meglio, conoscerci più affondo per non rischiare di essere quelle coppie che si sposano d’impulso e dopo metà anno sono in crisi e divorziano, volevo di più da noi senza però affrettare i tempi.
Lo avevo guardato inebetita ma il suo sguardo non era quello di uno che si appresta a chiedere alla donna amata di sposarlo, sembrava più lo sguardo che aveva ogni qualvolta che mi rubava l’accappatoio per farmi uscire dal bagno nuda, arrabbiata, ma pur sempre nuda, quello sguardo che definivo “monelleria allo stato terminale”,  lo avevo fissato dubbiosa per capire cosa cavolo stesse combinando stavolta ma non mi venne in mente nulla, nel frattempo intorno a noi c’era il caos, Abby stava tentando di rianimare mia madre sventolandole un fazzolettino davanti la faccia mentre quella invocava Dio e tutti i santi affinché fermassero tutto.
“Dafne, è ormai un anno che ti ho al mio fianco e che condividiamo la quotidianità giorno dopo giorno e mi sono reso conto qualche giorno fa che io voglio di più, non voglio solo dividere con te il letto occasionalmente…”
“Impudente! Depravato! Davanti la madre dire queste cose!” sbraitò mia madre improvvisamente energica mentre Abby si asciugava le lacrime al suo fianco, non so se dovute alla commozione o alle risate.
“Io voglio che condividiamo un unico letto ogni giorno, voglio che abbiamo uno studio dove dedicarci alle nostre attività, un salone arredato da noi, voglio che ci creiamo uno spazio tutto nostro, voglio di più di una stanza affittata in una casa dove ci sei anche tu, io voglio…”
“La sposa, si sposeranno… così giovani” sentii biasciare sofferente a mia madre che si stava facendo nuovamente aria con un fazzolettino.
“Io voglio che andiamo a convivere in una casa tutta nostra” detto ciò, lasciandoci tutti di stucco mentre gli altri si sporgevano per vedere meglio il contenuto della scatola vellutata, aprì la scatoletta in cui all’interno, però, non c’era un meraviglioso anello ma bensì una chiave di medie dimensioni con disegnato sulla parte superiore uno smile giallo, a questo punto mia mamma era rimasta così sollevata che ringraziava Dio con così tanto ardore che iniziai a temere che iniziasse una carriera monastica, le mie due amiche ridevano con le lacrime mentre Nate e Mark mandavano a fanculo il loro amico che gli aveva fatto quasi venire un colpo apoplettico spiazzandoli a quel modo.
Io invece, nonostante non si trattasse di una proposta di matrimonio, trattenevo le lacrime perché il suo discorso mi aveva commossa profondamente e smosso qualcosa dentro, il fatto che volesse una casa nostra mi riempiva il cuore di amore, è vero che era come se vivessimo già insieme ma avere due stanze in affitto non poteva essere ritenuto uguale a costruirsi da zero uno spazio nostro che ci rispecchiasse.
“Dillo bene” gli ordinai ridacchiando alla fine, lui mi ammiccò facendomi contorcere le budella.
“Giusto. Dafne, mia sexy musa, vuoi venire a convivere con me finchè padrone di casa non ci sfratti?” rise nonostante il tono serio e gli occhi che gli brillavano come se avessero dentro una costellazione, senza riuscire a trattenermi gli balzai al collo e lo strinsi forte, per poi dargli un lunghissimo bacio che venne interrotto solo quando gli strepiti di mia madre non divennero simili a urla di aquila e le risate intorno a noi non superarono il volume normale.
Alla fine si era scoperto che quella chiave portava a un piccolo appartamento che un collega di Cloe aveva da poco ristrutturato e che Jason grazie ai suoi primi incarichi aveva deciso di affittare, la casa era una pagina bianca della nostra vita, insieme decidemmo i colori  delle pareti, ogni singolo mobile, persino di che colore mettere le tende, quando durante la pittura della stanza da letto avevo chiesto a Jason se per caso non avesse azzardato troppo affittando una casa senza il mio benestare con il rischio che rifiutassi, lui aveva riso sonoramente e aveva detto, certo al cento per cento, che io non avrei mai potuto rifiutare questa proposta perché io e lui ci amavamo allo stesso modo e quindi siccome lui non avrebbe mai rifiutato non era possibile che lo rifiutassi io, la sua motivazione era stata così candida e sincera che mi aveva fatto ridere di cuore.
Un rumore fragoroso mi riscuote dai miei ricordi facendomi sobbalzare sul letto, scatto a sedere e mi guardo intorno per capire da quale stanza proviene il frastuono, mentre mi sto mettendo in piedi un altro rumore metallico, come se ci fosse una pioggia di pentole, mi fa capire immediatamente che in cucina Jason sta facendo un gran casino, mi scappa una risatina quando oltre al rumore di oggetti sento anche delle storpiate imprecazioni di Jason e una piccola risatina cristallina che accompagna il tutto.
Il mio sguardo vola sul comò dove ci sono varie foto dalle più vecchie alle più recenti, mi soffermo su una foto scattata al mare dove ci siamo io e Jason, rossi come pomodori maturi ustionati dalla fronte al mignolo, e una bambina di circa un anno, bianca a causa dell’eccessiva quantità di crema protettiva, che guardiamo l’obbiettivo sorridenti.
Il ricordo della prima volta a mare mia e di Jason come genitori mi strappa un sorriso, quella volta ci eravamo così preoccupati per due giorni di proteggere Liza da qualsiasi raggio di sole, dopo il terrore psicologico subito dalla pediatra, che ci eravamo scordati di proteggerci noi dal sole finendo così per ritrovarci poi, alla fine del weekend, con una figlia immune ai raggi UV e due genitori cotti a puntino, eravamo stati così male dopo che era dovuta venire ad aiutarci mia madre, io e Jason eravamo totalmente K.O. per la febbre e per il dolore dovuto alle papole.
Diventare genitori non era stata proprio una cosa programmata ma tre anni dopo l’inizio della nostra convivenza avevamo dovuto far fronte anche a questo importante cambiamento, i primi due mesi ero stata davvero male, uno dei periodi più bui della nostra relazione, perché avevo paura di diventare madre e sostenevo che non ero pronta io così come non lo era Jason, non tanto da un punto di vista lavorativo dato che economicamente ce la passavamo bene ma più che altro da un punto di vista psicologico, una settimana di quegli orribili mesi avevo pensato addirittura di abortire ma Jason si era ribellato così accoratamente e mi era stato vicino così pazientemente che alla fine ero uscita da quel tunnel buio e freddo, avevo capito che eravamo pronti e che, come diceva Jason, avevamo tempo per imparare ad essere due bravi genitori.
Tutti quanti si erano rivelati più che felici della notizia quando l’avevamo comunicata solo al terzo mese, una volta che era stata avviata positivamente la gravidanza, mia mamma si era commossa, Abby aveva pianto e Nathy mi aveva comprato una serie di tutine coloratissime per bambini, dopo quell’iniziale primo momento difficile, erano stati sei mesi meravigliosi ed il giorno del parto alla fine, dopo aver quasi rotto una mano a Jas, ero riuscita a mettere al mondo la mia bambina e non c’era stato niente di più bello se non stare tra le braccia dell’uomo che amavo con in braccio una creaturina tutta nostra. In quel momento mi ero resa conto di non avere mai amato nessuno così tanto, oltre Jason ovviamente.
Jason era diventato una specie di prolungamento di Liza, non appena la vedeva si illuminava tutto come le strade a natale ed era apprensivo all’inverosimile, all’età di un anno per sbaglio aveva calpestato una manina di Liza ed eravamo dovuti correre all’ospedale non per la bambina, che fortunatamente non si era fatta nulla, ma perché lui una volta vista l’orma della scarpa sulle piccola dita era svenuto senza neanche darmi il tempo di rassicurarlo, avevo dovuto chiamare Abby e Mark per sollevare quel peso morto di fidanzato.
Certo anche a me erano capitati eventi esilaranti e spiacevoli al tempo stesso come quando avevo tentato di tagliare le minuscole unghie di Liza quando aveva solo cinque mesi e per sbaglio le avevo preso un po’ di pelle facendole uscire del sangue, dopo avere urlato come un albatros impigliato in una rete e avere vomitato, ero purtroppo svenuta anch’io, oppure quando il sabato precedente eravamo andati tutti e tre insieme al lunapark e Liza ci era sfuggita di mano ed era corsa al centro dell’autoscontro facendo quasi venire una sincope ai suoi poveri genitori, così mentre io urlavo frasi senza senso e nell’autoscontro si creava il panico, intanto che gli sventurati autisti cercavano di non investire la bambina, Jason era salito su una macchinetta in movimento ed era andato a tutta birra a prendere sua figlia che rideva beata e batteva le mani mentre il papà le faceva fare il più bel giro della sua vita sull’autoscontro, Jason era sceso da quella minuscola macchinetta vecchio di cent’anni per  colpa della paura.
Tutto sommato però essere genitori, a parte certe brutte paure, era stata una delle esperienze più gratificanti della nostra vita, convenivamo entrambi che era stato il migliore dei nostri errori di percorso perchè Liza ci aveva completati.
Un altro rumore assordante mi riscuote definitivamente dai miei pensieri e ancora frastornata mi dirigo in cucina dove adesso le voci sono più forti.
“Papà, ti sei fatto male? Chiamo la mamma?” sento chiedere  a Liza che adesso ha quattro anni ed ha una parlantina notevole.
“No, amore lasciamo dormire la mamma oggi è il suo compleanno” sento borbottare a Jason mentre probabilmente sta spazzando dei cocci di qualcosa.
“Hai rotto la tazza preferita della mamma” costata mia figlia mentre io alzo gli occhi al cielo.
“Lizzy amore non roviniamo il compleanno alla mamma dicendole della tazza, domani poi le diciamo cos’è successo, ok?”
Non do il tempo a Liza di rispondere perché entro in cucina, o meglio, nella mia ex cucina, adesso campo di guerra con impasto ovunque nel tavolo e una tonnellata di pentole sparse per il pavimento.
“La mamma sa già cosa è successo e la mamma ha detto più volte al papà di contenersi quando sta in cucina” sorrido con aria di rimprovero mentre Jason tutto impiastricciato, pure nei finissimi capelli biondi, mi guarda con un sorriso tirato da chi è stato preso con le mani nel sacco.
“Mammina!” Liza salta giù dalla sedia, ancora nel suo pigiamino rosa, e mi corre incontro per poi saltarmi in braccio, la stringo subito in un grande abbraccio e quando mi scosto noto che anche i corti capelli biondi di mia figlia sono sporchi così come il mio pigiama adesso, alzo gli occhi al cielo.
“Lizzy amore puoi dirmi cosa state combinando tu e papà?”
“Auguri mammina, ti stavamo facendo una torta, papà mi ha svegliato all’alba, gli uccellini dormivano” mi racconta mia figlia indicando il padre che adesso, sotto il mio sguardo di inquisitore, ha l’aspetto di un cane bastonato.
“Hai svegliato all’alba la bambina?” chiedo affilata.
“Auguri amore mio?” svia il discorso Jason avvicinandosi e dandomi un veloce bacio sulle labbra facendomi scappare un sorriso.
“Per oggi passerò sulla cosa, quindi? Dov’è questa torta?” chiedo ridacchiando e sedendomi con ancora aggrappata addosso Liza che non sembra volersi scollare da me.
“Papà dai la torta alla mamma!” gongola Lizzy battendo le manine paffute mentre si formano delle fossette sulle guanciotte rosee e gli occhioni castani le brillano entusiasti.
Jason non se lo fa ripetere due volte e con un gran sorriso, ancora tutto arruffato, mette sul tavolo una torta al cioccolato parecchio sbilenca con su scritto con la panna spray “Augrui Armoe”, mi scappa una risata e non posso fare a meno di guardare con gli occhi lucidi le due persone più importanti della mia vita.
“Ha voluto scrivere a tutti i costi Lizzy” spiega Jason sedendosi vicino a me e accarezzandomi con il pollice una mano stretta nelle sue.
“Brava la mia piccola” dico facendo nasino-nasino con mia figlia che ride felice soddisfatta della sua opera.
“Si può mangiare?” chiedo sorridendo a Jason che sembra vagamente e, inspiegabilmente, in ansia; lui annuisce, si alza e divide, molto concentrato, la torta in fette medio-grandi, alla fine ne mette solo una davanti a me e mi guarda colmo di aspettative, inarco un sopracciglio perplessa e guardo Lizzy che mi sorride.
“Voi non mangiate?” chiedo e mi ritrovo a assistere ad una scena buffissima, mia figlia annuisce convinta e Jason scuote la testa vigorosamente, Lizzy poi notando il papà scuote la testa pure.
“Non so cosa stiate combinando voi due ma vorrei mangiare in vostra compagnia e non sola, va bene?” e così Jason molto sconfortato da una fetta pure a Liza e poi una a se stesso, a quel punto iniziamo tutti a mangiare, la torta ha un aspetto pietoso ma un sapore buonissimo, la mangio appagata mentre Liza prende grossi bocconi della sua fetta, l’unico che mangia come un pulcino e guarda ogni mia cucchiaiata è Jason che non appena vede il mio piatto vuoto diventa pallido come un cencio, non faccio in tempo a chiedergli cosa cavolo gli prende che improvvisamente Liza inizia a tossire e diventa paonazza, Jason scatta in piedi e corre da nostra figlia mentre io le do terrorizzata delle vigorose pacche sulla schiena quando la vede cambiare colore.
“Oh merda, oh merda cazzo, oh merda porca, la R, la R era spostata” da anche lui delle pacche sonore a Lizzy che ci guarda spaventata mentre io sono sul punto di avere un crollo isterico.
Liza ad un certo punto sembra ingoiare e riprende fiato ansante e con gli occhi lacrimosi, io la stringo a me ancora tremante e Jason si lascia cadere su una sedia con le mani a sorreggergli la testa.
“Amore stai bene? Ti è andata di traverso la torta?” chiedo a Lizzy dopo che ha bevuto un bel po’ di acqua e il colorito è tornato quasi normale, al contrario di quello di Jason che adesso è violetto, Jason è stato sempre strano ma mai quanto oggi.
“C’era qualcosa di duro che non voleva scendere” mormora mia figlia guardandomi con gli occhioni sgranati, non faccio in tempo a confortarla che Jason è già in piedi e ci guarda con un espressione da pazzo.
“Dobbiamo andare subito all’ospedale!!! Mettetevi le giacche” detto ciò esce dalla cucina e ritorna con il cappotto sopra il suo pigiama e gli altri nostri due soprabiti.
“Non ti sembra esagerato?” chiedo mentre lo guardo sconvolta, mia figlia invece si sta mettendo la giacca anche se tutta storta.
“Credimi, dobbiamo andare subito all’ospedale!” dice lui avvicinandosi per aiutarmi a mettere la giacca.
“Jason ma che ti prende? Sembriamo scappati di casa, siamo tutti in pigiama e tu e Lizzy sembra che avete rapinato una pasticceria, diamoci una lavata e andiamo” cerco di farlo ragionare mentre con figlia in braccio e mano sulla mia schiena ci guida tutti fuori di casa.
“Dafne avevo messo una cosa nella torta che dovevi trovare tu e temo che l’abbia ingoiata Lizzy” dice evitando il mio sguardo mentre ci precipitiamo giù dalle scale, mi scappa un’imprecazione vergognosa che persino mia figlia mi rimprovera.
“Ma ti sembra normale? Che roba era? Mi volevi ammazzare? O volevi uccidere tua figlia?” sbraito mentre ci infiliamo in macchina a pressione con tanto di pantofole ai piedi, Lizzy, adesso ripresasi, sembra trovare tutto esilarante dopotutto sta uscendo in pigiama con mamma e papà, un sogno che si realizza.
“Lo avevo inserito in modo che coincidesse con la lettera R della parola amore ma avendo poi fatto scrivere a Lizzy la R si è spostata e non ci ho pensato più perché poi sei arrivata tu” mi spiega mentre sgomma per strada a super velocità.
“Tu sei un coglione Jason, un gran coglione” gli dico fuori di me mentre poi intimo a Lizzy di non imitare mai la mamma.
Arrivati all’ospedale posteggiamo alla meno peggio e sfrecciamo diretti al pronto soccorso pediatrico, una volta arrivati dopo una fortunata prima attesa veniamo accolti da un medico che ci guarda perplesso.
“Sono il dottor Bolder, che è successo alla piccina?” chiede osservando confuso mia figlia che sembra scoppiare di salute a parte il fatto che si è fatta seria non appena abbiamo messo piede in ospedale perchè pieno di estranei e persone che non stanno bene.
“Mia figlia ha ingoiato una cosa che non avrebbe dovuto ingoiare” spiego linciando con lo sguardo Jason che sembra invecchiato solo a sentire la mia voce, poi sospira, si avvicina al dottore e gli mormora tutto all’orecchio, vedo il dottore dapprima serio alla fine cercare di trattenere le risate per poi esplodere in una fragorosa risata che gli fa vibrare i baffoni.
“Mi è tutto chiaro, se volete accompagnarmi risolveremo il tutto senza troppi problemi, vedremo solo dov’è posizionato l’oggetto e se andrà tutto per il meglio entro stasera sarete già a casa con una bella storiella da raccontare agli amici” ridacchia mentre io lo fisso trasecolata e lo seguo dove faranno l’ecografia a Lizzy che adesso è aggrappata al mio collo e non vuole scendere dalle mie braccia neanche con la promessa che le comprerò un gelato dopo, alla fine la mia losca figlia si decide a mollarmi e farsi osservare dal dottore solo dopo averle promesso che le compreremo il giocattolo visto la sera precedente in tv.
Alla fine per non so quale forza del destino entrano nella stanza solo Liza, il dottore e Jason, lasciando me fuori oltraggiata e sul punto di sfondare la porta con un calcio, mi costringo a ostentare una calma piatta e a mostrare il mio nervosismo solo con il picchiettare furioso delle mie dita, dopo quelle che mi sembrano ore, e quando ormai sono sul punto di fare irruzione  nella stanza per vedere come sta mia figlia e strangolare Jason, il dottore sorridente apre la porta e mi fa cenno di entrare, all’interno della stanza Lizzy sta ridacchiando, Jason sembra tornato giovane e bellissimo, come quando è al meglio di sé, e il dottore sembra aver riso fino alle lacrime.
“Allora? Come sta?” chiedo risentita essendo l’unica ancora distrutta per la preoccupazione e il fastidio dell’attesa.
“Entro qualche ora sua figlia espellerà… l’oggetto senza difficoltà e andrà tutto per il meglio, siete stati fortunati, si è posizionato in un punto propizio” detto questo si risiede accanto a mia figlia e riaccende lo schermo dell’ecografia, probabilmente per farmi vedere anche a me la situazione, mi ritrovo invece a fissare il niente e Jason che fa cenni al dottore.
“Ma che stai facendo adesso?” esclamo oltraggiata mentre mia figlia si tappa la boccuccia con le mani per non ridere.
“Dafne Morris, sono ormai sette anni che ti amo ogni giorno di più e che trascorro le mie giornate con te senza rimpiangere neanche per un minuto le scelte prese in questi anni, mi hai dato una relazione stabile, una casa in cui amo tornare, un letto caldo e una figlia che amo, mi hai regalato più felicità tu in questi sette anni che il resto delle persone durante tutta la mia vita, arrivati a questo punto non posso che volere aprire un nuovo capitolo della nostra vita, forse ho aspettato troppo e forse è sempre stato come se lo fossimo già ma io oggi vorrei avventurarmi a compiere questo altro passo insieme a te, iniziare anche questa nuova avventura con te per rendere effettivo quello che ci lega in tutti i modi possibili – fa un cenno al dottore e lo schermo si illumina dandomi una panoramico dell’interno dello stomaco di mia figlia- quindi, vorresti sposarmi? Ti amo e non amerò mai nessun altra come amo te, vuoi diventare mia moglie?” mi chiede con le guance rosse, le mani che si muovono nervosamente, gli occhi luminosi ed improvvisamente nello schermo distinguo un anello capendo immediatamente cosa avesse ingoiato mia figlia a colazione.
Mi copro la bocca con le mani, ho gli occhi sgranati come se dovessero uscire dalle orbite e li sento pizzicare pericolosamente, mi scappa una risata e poi mi ritrovo ad annuire più volte mentre vengo raggiunta dal mio futuro marito e ci baciamo abbracciandoci stretti mentre veniamo raggiunti da nostra figlia che inglobiamo nell'abbraccio diventando quasi un tutt’uno.
Siamo in pigiama, spettinati, con le pantofole e lo sguardo folle ma non posso fare a meno di pensare a quanto la mia vita sia speciale, unica e come incrociare Jason nella mia strada mi abbia resa la persona più felice di questo mondo. Mi ha dato tutto, anche quello che non mi sarei mai aspettata di potere avere.
“Sì. Lo voglio, l’ho sempre voluto” singhiozzo mentre con una mano stringo forte la mano di Jason che ricambia la stretta come se dovessimo stringerle per  non separarle mai più e con l’altra tengo la piccola mano di mia figlia sentendomi completa e vivendo il più bel compleanno della mia vita.

Angolo dell'autrice:
Sono una vergogna, quanto è passato? Troppo, troppo decisamente.
Ma finalmente oggi ho avuto l'ispirazione e ho potuto mettere insieme tutte le idee raccolte fino ad ora, non so se vi soddisferà o se dopo tutto questo tempo qualcuno leggerà ma metto così un punto a questa storia, la mia prima storia, magari un giorno la revisionerò.
Avrei potuto fare più? Decisamente sì ma lo ritengo comunque un bel traguardo.
Ringrazio chi mi ha spronata a completarla, chi l'ha seguita fin dall'inizio e chi ha letto, ricordato, seguito, inserito tra i preferiti e chi, grazie alle recensioni, ha fatto sì che potessi essere felice del mio operato e mi ha dato un mezzo per migliorarmi. Grazie di cuore a tutti. Un grazie particolare va alla mia migliore amica che nonostante non sia un'appassionata del genere ha letto questa storia apprezzandola e sostenendomi fino all'ultimo, spronandomi periodicamente a dare una fine a tutto questo.
Spero di non avervi deluso con questo epilogo...
Un abbraccio e un caloroso grazie,
LittleSun

 
  
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