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Autore: Mary P_Stark    13/05/2016    3 recensioni
1803. Yorkshire. La guerra infuria, in Europa, e Napoleone Bonaparte non nasconde le sue mire nei confronti della ricca Inghilterra. Christofer Harford, figlio cadetto del Conte Spencer, viene costretto dal padre a maritarsi prima della partenza per la guerra. Le imposizioni non sono mai piaciute al rampollo di casa Spencer, che mal sopporta l'ordine, e finisce con il rendere vittima la dolce e docile Kathleen, sua moglie contro ogni aspettativa. Le privazioni della guerra e la morte prematura del conte Harford richiamano in patria un Christofer distrutto dal dolore, che si ritrova ad affrontare non solo la morte del conte, ma anche una donna che non riconosce essere sua moglie.
Perché la nuova Kathleen è forte, non si piega alle avversità e, soprattutto, sa tenere testa al marito come mai aveva fatto prima della sua partenza. Ma cosa l'ha cambiata tanto?
Christofer è deciso a scoprirlo, così come è deciso a redimersi dalle sue colpe come marito. Ma nubi oscure si addensano all'orizzonte, minando la possibilità dei due coniugi di conoscersi, di instaurare un vero rapporto.
Saprà, Christofer, difendere la moglie da questo pericolo ormai alle porte e, nel suo cuore, potrà trovare spazio anche per l'amore?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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18.
 
 
 
 
Era la prima volta che partecipava a una Promenade a Hyde Park.

Non avendo mai messo piede fuori dalla tenuta, Kathleen era sempre vissuta nei ristretti confini di Casa Barnes, e poco oltre.

Aveva conosciuto poco della vita, prima di diventare moglie di Christofer e tutto, per lei, era una novità e una sorpresa.

In quelle prime due settimane di permanenza a Londra, il marito l’aveva portata in giro per negozi, a teatro, in giro per chiese e palazzi.

Un autentico cicerone.

E, non da ultimo, si era accordato per visitare non meno di una ventina di orfanotrofi diversi, e aveva contattato alcuni vecchi commilitoni di sua conoscenza.

Come avrebbe potuto non amarlo, dopo questo suo fervido impegno, dopo il suo prodigarsi perché fosse felice e coccolata?

Solo se fosse stata di pietra. O già morta da anni.

Quando, perciò, il calessino guidato dal marito entrò nel parco alle cinque precise del pomeriggio, seguendo altri nobili loro pari, Kathleen gli sorrise.

Sorrise così tanto da attirare l’attenzione del coniuge che, divertito dalla sua espressione, chiosò: “Non riesco a capire se tutto ciò ti diverte, o ti disgusta.”

Sventolando il ventaglio dinanzi alla bocca per mascherare la sua aria divertita e quanto mai ironica, Kathleen esalò: “Io, quindi, mi sono persa tutto questo, maritandomi con te senza aver partecipato alla mia prima Stagione in società?”

“Temo di sì, mia cara. Anche per questo, ho pensato di portarti in giro sul calessino. Volevo che ti potessi godere parte dei divertimenti che, le giovani signorine in cerca di marito, possono apprezzare durante il corteggiamento” le spiegò Christofer, toccandosi la tuba a mo’ di saluto quando incrociarono un nobile a cavallo.

Kathleen si nascose ancora di più dietro il ventaglio e, iniziando a ridere sommessamente, esalò: “E’ tutto così… stupido!”

Christofer attese qualche attimo per assimilare quell’ultima parola, prima di esplodere in una calda risata di gola.

Molte teste si volsero contrariate, altre si dimostrarono assolutamente scandalizzate, ma lui non vi fece alcun caso.

Era troppo ammaliato dalla risatina trillante della moglie, per badare a quei benpensanti della domenica pomeriggio.

Come aveva immaginato – e sperato – sua moglie si era dimostrata diversa dalle altre donne anche in questo.

Kathleen rifuggiva dagli schemi classici e, ciò che interessava al ton, su di lei non riscuoteva alcun tipo di fascino.

“Se vuoi saperlo, l’ho sempre trovato assurdo anch’io, anche se va detto che è uno dei pochi momenti in cui due persone, in età da marito, possono parlare agevolmente e senza chaperon” ammise Christofer, lanciando occhiate distratte tutt’attorno a sé.

Il parco rifulgeva per bellezza e colori e, lungo le vie inghiaiate, centinaia di landau, calessini e cavalieri dalle eleganti livree si intervallavano a persone a passeggio.

Altre, erano accomodate su frivole panchine, o sedute su panni colorati nei pressi del laghetto, intenti a divertirsi con pic-nic e chiacchiere leggere.

Niente lasciava intendere che, oltre quei verdeggianti confini, infuriasse una guerra.

Forse, a molti dei presenti neppure interessava.

Tornando serio, Christofer asserì: “Molte delle persone che vedi qui, non sanno quasi nulla di ciò che avviene oltre confine e, tra essi, vi sono molti nobiluomini che hanno pagato per non saperne nulla.”

Kathleen sbuffò contrariata, replicando: “Mi repelle pensare che mio fratello abbia dato la vita per persone loro pari.”

Christofer la guardò di straforo, chiedendosi se pensare alla guerra – o a Andrew – le pesasse ma, sul suo volto eburneo, non scorse nulla.

Già da molti mesi non erano più tornati sull’argomento e, anche se lui sapeva bene che Kathleen non lo avrebbe mai dimenticato, sperava che il ricordo del fratello fosse divenuto più dolce.

Meno difficile da portare sulle spalle.

Teneva così tanto a lei che, se avesse potuto, si sarebbe fatto carico anche del suo dolore.

Sorridendo mesto, ripensò alle parole dell’amico, al suo strenuo convincimento che, presto o tardi, lui avrebbe imparato ad amare Kathleen.

Possibile che Andrew avesse compreso tutto, prima ancora che lui stesso se ne rendesse conto?

Kathleen gli strinse una mano, a sorpresa, e mormorò: “Penso sempre ad Andrew, e lo rivedo in Randolf, che ha il suo stesso spirito curioso e il suo sorriso sincero.”

Christofer la fissò spiacente e, una volta di più, si infuriò con se stesso per aver permesso ad Andrew di essere così… così se stesso, in guerra.

Era sempre stato il primo ad abbordare le navi, come se quel mondo facesse più parte di lui che l’essere un nobile titolato, o un padre di famiglia.

Per quanto avesse amato Myriam o il loro bambino, o la stessa Kathleen, Andrew aveva agognato con tutto se stesso il mare, la lotta, la battaglia a fil di spada.

Tutti i suoi tentativi di tenerlo lontano dai guai non erano valsi allo scopo, alla fine.

Era morto dinanzi a lui, e questo non avrebbe mai potuto dimenticarlo.

“So chi era mio fratello, Christofer… e l’ha sempre saputo anche Myriam” asserì la moglie, come se avesse letto nei suoi pensieri tormentati.

“Andrew era un uomo buono e onesto, Katie, e vi amava” replicò sentitamente lui, afferrando la mano della moglie per portarsela alle labbra per un bacio leggero.

“Nessuno potrebbe metterlo in dubbio, ma desiderava partecipare a quella guerra. Voleva combattere contro Napoleone. Il suo scopo ultimo era essere lì. E, se non si fosse trattato della guerra, avrebbe preso la via del mare in altro modo, alla ricerca continua di avventure. Il baronato non è mai stato nelle sue corde.”

Fissò un istante il cielo, stringendo nelle sue le dita del marito e, più rigida, aggiunse: “Dio mi perdoni, ma ho odiato la sua voglia di libertà e il suo spirito combattivo, perché sapevo che lo avrebbero condotto in pericolo. Era così felice, all’idea di poter essere impegnato in prima persona per la difesa del suo popolo, della sua famiglia, e su quella maledettissima nave…”

Tornando a osservare il viso di Christofer, terminò di dire: “Abbracciò sia me che Myriam, dicendoci che Dio e la Patria lo avrebbero ricondotto a casa da noi. Era convinto, Christofer… così convinto che servire il suo re fosse giusto, l’unica cosa giusta da fare!”

“Giorgio III è così folle, ormai, da non sapere neppure ciò che sta succedendo attorno a lui. Il Reggente, invece, non fa che complottare, e il primo ministro gli da man forte” sospirò Christofer, annuendo suo malgrado.

Non amava parlare a quel modo dei regnanti, né di coloro che ne seguivano i passi, ma era ormai impossibile negare l’evidenza.

A suo tempo, non aveva desiderato partire per la guerra. L’aveva ritenuta un’impresa sciocca, ma non aveva potuto evitarla.

Ora, una volta di più, riconosceva che, più che fermare Napoleone, vi erano interessi così grandi che le morti in battaglia valevano lo scotto.

Non per lui, però.

Kathleen lo fissò duramente, come confutando i suoi pensieri, e aggiunse: “E’ questo, a rendermi difficile accettare la morte di Andrew. Se sapessi che la sua dipartita è stata il viatico per la pace, forse, potrei rassegnarmi. Ma sapere quanto poco interessi la pace, ai nostri governanti, mi fa fremere d’ira” mormorò Kathleen con veemenza.

“Lo so, Kathleen… lo so. E non potrei essere più d’accordo con te” assentì il marito, lasciando che il silenzio calasse tra di loro.

Niente di quanto avrebbe potuto dire, o fare, avrebbe potuto cambiare le cose.

Sì, il Corso andava fermato, ma dubitava che questo fosse l’unico motivo che spingeva il Reggente a muovere le sue truppe verso quel folle.

“Ma che piacevole sorpresa! Cugino, …buon pomeriggio!” esclamò all’improvviso una voce, a poca distanza da loro.

Christofer si riscosse dai suoi pensieri, volgendo il viso alla sua sinistra e lì, ritto sulla sella di un destriero, bellamente vestito e tutto sorridente, scorse il cugino John.

Sir Johnathon Grenview, figlio di uno dei cugini del padre – ne aveva così tanti che non rammentava neppure di quale grado fosse – era appariscente come sempre.

Indossava con baldanza un abito improbabile, con plastron in seta giallo oro, fermato da una spilla di zaffiri.

La giacca, cucita alla perfezione sulle sue forme esili e dinoccolate, esibiva sospette protuberanze sulle spalle, quasi sicuramente ottenute grazie a sapienti imbottiture.

I calzoni, come pure il resto dell’abito, erano di fattura raffinata, e gli stivali di cuoio erano lustri come l’ala di un corvo.

Curioso che apparisse così ben vestito, vista la sua fama di accanito giocatore di poker. Che le sue ultime puntate fossero andate così bene?

“Cugino Johnathon… buon pomeriggio a voi” dichiarò Christofer, serafico. “Vi trovo in salute. Come mai a Londra? Siete qui per la Stagione? O avete già una fanciulla che vi fa battere il cuore?”

Il giovane rise delicatamente, portandosi una mano al viso per nascondere i denti – e i residui del suo uso smodato di tabacco – prima di asserire: “Nessuna donna mi ha mai conquistato, cugino… anche se, per la fanciulla al vostro fianco, potrei fare follie.”

Christofer si accigliò immediatamente e, replicando secco al suo commento irrispettoso, sibilò: “Temo dovrei privarvi della virilità, cugino, poiché state parlando di mia moglie, e ciò che è mio, lo custodisco gelosamente.”

Johnathon sobbalzò leggermente a quelle parole e, tirando un poco le redini del suo cavallo – che aveva reagito alla sua ansia – , esalò contrito: “Mille scuse, cugina. Non ero a conoscenza del vostro matrimonio. Sono stato assente per diverso tempo da casa, e perciò non ho avuto il piacere di venire a conoscenza della lieta novella.”

Sollevando un sopracciglio con evidente curiosità, Christofer si chiese dove fosse sparito, per non aver saputo nulla di loro.

I suoi genitori erano stati presenti al matrimonio, dacché rammentava, perciò…

“Nessun disturbo, Sir, … e potete chiamarmi Kathleen, se lo desiderate” intervenne la moglie, stringendo leggera una mano sul braccio di Christofer.

Forse, voleva impedirgli di mettere in pratica la sua minaccia.

“Cara, cara, Kathleen, sarà un piacere fare la vostra conoscenza…” assentì il giovane Grenview, tutto sorridente. “… e spero vorrete considerarmi vostro amico sincero. Iddio sa se non considero Christofer uno dei pochi parenti veramente in gamba della nostra famiglia. Quanto al resto…”

Johnathon si lasciò andare a un gesto plateale, che fece sospirare Christofer e sorridere Kathleen.

“Vorrete scusarci, Johnathon, ma io e Kathleen abbiamo prenotato un palco a teatro per la rappresentazione dell’Otello. Dobbiamo andare a prepararci” borbottò Harford, ben deciso a interrompere sul nascere le chiacchiere dell’appiccicoso cugino.

“Oh, ma certo, ma certo. Spero, comunque, che avremo occasione di parlarci, cugino. Vorrei sottoporvi alcune idee per un futuro investimento, e…”

Johnathon parlò per diversi minuti, mentre Christofer dirigeva il calessino verso l’uscita di Hyde Park e, quando poté infine immettersi in strada, sospirò di sollievo.

Avere il cugino nei paraggi, era come essere investiti da un’infestazione di locuste.

Un’autentica piaga biblica.

Kathleen sorrise per l’autentico sollievo del marito e, nel battergli il ventaglio sull’avambraccio, chiosò: “E’ una persona assai curiosa. E, da quel che ho visto, segue i dettami della moda di Sir Brummel.”

“Sarà per questo che non ne ho apprezzato lo stile” brontolò il marito, pensando a quel dandy di Beau Brummel, che tante donne – e uomini – aveva stregato con i suoi gusti per la moda.

Aveva avuto il dubbio piacere di incontrarlo una sola volta, in passato, e quell’incontro gli era bastato.

Conosceva abbastanza sciocchi vanesi, nella sua vita, senza dover seguirne uno per la scelta del cravattino, o dei calzoni per l’equitazione.

Kathleen rise del suo cipiglio e, quando raggiunsero il palazzo in Grosvenor Square, non si stupì nel vedere il marito procedere a passo di carica verso le sue stanze.

Era evidente che il cugino lo aveva irritato più di un morso di vipera, ma avrebbe pensato lei a chetarlo.
 
***

Fermi nel foyer del teatro, in attesa della ripresa dello spettacolo, Christofer sorrise di autentica gioia, quando vide avvicinarsi lord Anthony Phillips, erede del duca Thornton di York.

Allungando una mano verso l’uomo, che era avanzato verso di loro con passo elegante e fiero, Christofer esordì dicendo: “Speravo di vederti, Anthony, anche se non pensavo così presto. Avevo già in previsione di venire al Ministero della Guerra, domani, ma qui è meglio. Come stai?”

Anthony sorrise all’amico e strinse la mano dell’uomo con vigore, accennando poi un cenno del capo a Kathleen, che sorrise composta all’amico di famiglia.

“Tutto bene, amico mio. E sono lieto a mia volta di averti visto qui, e non al Ministero. Laggiù, sembra di camminare in mezzo a un campo di battaglia, tanto l’atmosfera è tesa” replicò l’uomo, dal chiaro accento del nord.

“Non parliamo di guerra, stasera, però… come procedono le cose, per te?” asserì allora Christofer, tornando serio in viso.

Il sorriso di Anthony si fece mesto e, con una scrollata di spalle, mormorò: “Quando potrò trovare Emily e il suo stimato amante, e potrò torcere loro il collo, allora starò di nuovo bene.”

Era un fatto conosciuto ai più che Anthony avesse trovato, al suo ritorno dal Ministero, in una notte di autunno inoltrato, una lettera della moglie… e poco altro.

I soldi nella cassaforte del loro palazzo in King’s Street erano spariti, e con essi i gioielli di famiglia.

La lettera di poche parole lasciata dalla moglie, in cui lei si scusava per la sua fuga frettolosa, si era dimostrata quanto mai vanesia.

Aveva accennato al suo amore  per il caro Richard, che l’aveva spinta a fuggire di casa.

Portandosi, però, via una buona fetta dei soldi del marito. Ormai ex,… se non per legge, sicuramente nell’animo.

Il tutto era avvenuto circa sei mesi dopo la partenza di Christofer per la guerra e, per lungo tempo, si era temuto che Anthony avrebbe risolto con il suicidio, quell’onta.

Saperlo lì, impegnato in ciò che sapeva fare meglio, cioè lo spionaggio, rincuorò un poco Harford, che commentò con una certa asprezza: “Sappi che avrai il mio pieno appoggio, qualora riuscirai a trovarli. A costo di trascinarla io stesso fino in Inghilterra.”

“Ne sono lieto, Christofer. Ma ora ditemi di voi… sa Iddio, Kathleen, se non sei diventata una donna splendida. Mi spiace molto per la vostra perdita.”

Essendo stato a sua volta un amico di vecchia data dei Campell, oltre che amico stretto di Andrew e Christofer, Kathleen passò immediatamente a un colloquiare più personale.

Allungando una mano perché l’uomo gliela baciasse, Kathleen replicò: “Te ne sono grata, Anthony. E posso dire di unirmi a mio marito nel dire che, semmai troverai Emily, io sarò al tuo fianco.”

“Saperti mia amica non può che rendermi felice, mia cara” assentì l’uomo.

Cresciuto a sua volta tra le pareti scomode e difficili di Eton, i tre amici avevano fatto spesso fronte comune, quando era stato necessario.

Anthony, Christofer e Andrew avevano così potuto coltivare un’amicizia stretta e forte, che avevano portato avanti fino alla maturità.

Anche per Anthony, venire a sapere dell’amico, era stato un colpo duro da sopportare, così come da digerire.

“Come sta, lady Myriam?” si informò infine l’uomo, riuscendo a trattenere a stento l’emozione.

Kathleen sorrise appena, e disse: “In qualche modo, tira avanti. Randolf le è di molto aiuto… comunque, potrai vederla entro breve. Sarà nostra ospite per tutta la Stagione.”

“Allora, vi tedierò con la mia compagnia, se me lo consentirete” dichiarò Phillips, esibendosi in un frivolo inchino. “Mi duole dover andarmene, ma compiti assai meno interessanti della vostra compagnia, mi attendono. Con permesso…”

I coniugi lo salutarono e Anthony, allontanandosi con passo spedito e veloce, si avvicinò a un gruppo di uomini in fondo al foyer.

“E’ ancora innamorato di lei, vero?” mormorò Kathleen, lanciando un’occhiata al marito, che assentì.

“Lo è sempre stato, ed Emily non ha cambiato lo stato delle cose” replicò Christofer, prima di sorridere a una nobildonna dall’aspetto elegante quanto ricercato. “Lady Jersey, mia cara…”

Un attimo dopo, in uno sventolare di piume e raffinate sete d’importazione, lady Sarah Child Viliers, contessa di Jersey si avvicinò loro tutta sorridente, esalando: “Non posso credere ai miei occhi… Christofer Spencer! Ditemi che siete voi, e non una mera visione, e rendete felice il mio cuore!”

Inchinandosi prima di baciare rispettosamente il palmo della giovane donna, Harford mormorò: “Sono proprio io, milady… e sono lieto che vi ricordiate ancora di me, dopo i miei lunghi anni di assenza da Londra.”

“Sarebbe impossibile dimenticarsi di uno degli scapoli più ricercati d’Inghilterra... oltre che uno degli uomini per cui il mio giovane cuore ha spasimato tanto” sorrise bonaria la donna, battendogli affettuosa una mano sul braccio. “E questa dolce creatura che vi è al fianco, è vostra moglie? Abbiamo sentito così tante voci, sul vostro scandaloso fidanzamento, che non sapevo più cosa pensare.”

La risatina che seguì a quel commento, fece sorridere Christofer.

Immaginava quanto la donna si fosse divertita, piuttosto che essersi scandalizzata.

Londra viveva di pettegolezzi, quando non si abbeverava di scandali o tradimenti.

“La figlia di lord Barnes è più bella di quanto mi fosse stato riferito” brontolò poi lady Jersey, sventolando il suo ventaglio come se fosse uno spadino. “Sono piuttosto irritata con vostro padre, cara, per non avervi mai portato da me. Avremmo potuto divertirci molto, a suo tempo”

“Sarebbe stato un piacevole incontro, ne sono sicura, e mi dolgo che ciò non sia potuto avvenire in precedenza” mormorò compita Kathleen, eseguendo una riverenza perfetta.

Lady Jersey sorrise soddisfatta e, annuendo all’indirizzo di Christofer, asserì: “Sì, vi è capitata in sorte una moglie assai graziosa e molto ben educata. Il mio cuore ha pianto, sapendo delle vostre recenti perdite, cara, ma immagino che vostro marito farà quanto necessario per riparare a questo… inconveniente.

Kathleen sorrise misteriosa a quelle parole e lady Jersey, cogliendo al volo quell’accenno, esalò dietro il suo ventaglio: “Oh… vi ha già posto rimedio, vero? Dovete assolutamente venire a cena da me, perché io sia la prima a dare la lieta novella. Harford, me lo dovete, visto che non avete rischiarato i nostri salotti con la vostra bellezza e sagacia per troppo tempo.”

“Ne saremo lieti, lady Jersey” assentì Christofer, inchinandosi per ringraziarla dell’invito.

“Oh, su, su,… sono solo Sarah, per voi, o l’avete dimenticato?” ridacchiò la donna, ammiccando maliziosa.

“Naturalmente… Sarah” assentì ancora l’uomo, divertito dalla platealità della donna. Era sempre stata argento vivo.

“Bene, bene… organizzerò qualcosa per… il prossimo sabato. E’ così presto, ma sono sicura di riuscirci” decretò la contessa, battendosi il ventaglio sul palmo della mano aperta. “Sarà una gioia avervi sotto il mio tetto.”

Ciò detto, se ne andò con il suo stuolo di dame di compagnia al seguito, e a Kathleen non restò che sussurrare: “Cielo… è… come dire…”

“Impetuosa?” le suggerì Christofer, riportando la moglie al loro palco quando chiamarono per il secondo atto dell’opera.

“Sì, direi che le si addice” sorrise meravigliata lei, accomodandosi alla sua poltrona. “Ma perché era così lieta di sapere che ero incinta? E come mai ti conosce così bene? La corteggiasti, a suo tempo?”

“Risponderò alle tue domande più tardi, mia esigente mogliettina… ma non ora” le sorrise lui, e le luci calarono all’interno del teatro.
 
***

“E’ arrivato a Londra, esattamente come ci avevano detto” mormorò un uomo all’orecchio di Peter, che sorrise soddisfatto per quell’informazione.

“Molto bene. Continuate a tenerlo d’occhio, ma con discrezione. Per ora, non faremo nulla. Voglio solo sapere con chi si vede, e quali sono i suoi spostamenti.”

“Dobbiamo tenere d’occhio anche la moglie?” domandò l’informatore, sempre parlando sottovoce al suo orecchio.

“Sempre. Ma non toccatela con un dito. Lei è mia” sottolineò Peter in un sussurro, prima di gettare sul tavolo una carta ed esclamare: “Scala reale, signori! Ho vinto ancora io.”

Vi fu un coro di generale sdegno, ma Peter non vi badò.

Aveva esattamente ciò che voleva, e a una distanza ragionevole per i suoi scopi.

Ora, doveva solo capire quando agire, e come.

Ritirando la sua vincita, uscì di buon ordine dalla bisca prima di attirarsi contro le ire degli altri giocatori e, avvolto nel suo scuro mantello, tornò da Annelyse.

Era un’amante esigente e, se voleva rimanere nelle sue grazie abbastanza a lungo per poter sfruttare i suoi soldi e i suoi agganci, doveva accontentarla in ogni cosa.

Non che sbattersela ripetutamente gli costasse grossi sforzi.

Annelyse era fresca come una rosa, disposta a qualsiasi tipo di depravazione gli venisse in mente e, spesso e volentieri, era lei stessa a cercare l’eccesso.

Possessiva come poche altre donne aveva avuto nel suo letto, sapeva però anche essere dolce, quando voleva.

Un simile miscuglio di innocenza e spregiudicatezza gli rendevano il compito facile, oltre al fatto non da poco che Annelyse era anche una bella ragazza.

Solo diciassettenne, sembrava però avere una consolidata e matura conoscenza del proprio corpo... e di quello maschile.

Non aveva idea di quanti altri amanti avesse avuto prima di lui, e il padre poco se ne curava, visto che la viziava in maniera indicibile, consentendole praticamente ogni cosa.

Tutto questo non poteva che venire a proprio vantaggio e quand’anche, un giorno, Annelyse si fosse sposata, lui avrebbe continuato a visitare il suo letto.

E aiutare suo padre nel suo lavoro ufficioso al Ministero della Guerra.

Aveva solo da guadagnare, da quella situazione, e avrebbe spremuto quelle mammelle finché non fossero state rinsecchite per l’uso.

Aprendo la porta della servitù per entrare nel palazzo di Annelyse, sgattaiolò non visto al piano superiore e lì, dopo essere penetrato nelle sue stanze, mormorò: “Eccomi qui.”

Nuda e asservita al suo sguardo, Annelyse avanzò come un gatto dinanzi alla preda, sensuale e mortale al tempo stesso.

Nel posizionare lo stiletto che teneva in mano sulla gola di Peter, lei sussurrò livida: “Dovevi essere di ritorno mezz’ora fa.”

“Lo so. Ma ho vinto molte volte, e sai quanto mi piaccia” replicò imperturbabile lui, avanzando fino a che lo stiletto non spillò una goccia di sangue dal suo collo.

Annelyse mollò subito la presa sull’arma, che cadde con un tonfo sordo sui tappeti e, con un sospiro estasiato, poggiò le labbra sulla ferita, suggendone il sangue.

Peter inspirò con forza, affondò le mani nella carne morbida di lei e, in un sussurro roco, ringhiò: “Non provare mai più a puntarmi un’arma contro, è chiaro?”

“Sì, d’accordo, ma tu prendimi. Sono così furiosa, ora, e ho bisogno di sfogarmi!” sbottò lei, scostandosi per strappargli letteralmente di dosso gli abiti.

Lui rise, lasciandola fare, e replicò: “Non puoi essere furiosa perché sono andato a giocare d’azzardo. Cos’altro ti ha fatta adirare, mia cara?”

“Christofer Spencer si è presentato a teatro… con lei. Quella boriosa donnetta scialba che il padre gli ha fatto sposare!” sibilò Annelyse, sbottonandogli i pantaloni e prendendo in mano il suo sesso con forza.

Peter sospirò per quell’aggressione improvvisa, ma anche in quel caso la lasciò fare.

“Intendi… Harford…?” riuscì a dire in qualche modo l’uomo, mentre la donna era impegnata a dargli piacere con mani e bocca.

“Ovvio che intenda dire lui!” sbottò la giovane, scostandosi un attimo per fissarlo arcigna. “La detesto! E’ così… così.. sciatta! La odio con tutto il cuore! E odio lui perché si pavoneggia al suo fianco, neanche fosse sposato con la donna più bella al mondo!”

Peter non la picchiò per quell’insulto solo perché, al momento, era troppo impegnato a godere del suo trattamento.

Le avrebbe però fatto capire presto quanto, le parole sprezzanti nei confronti di Kathleen, fossero pericolose, per lei.

Nessuno poteva denigrare la donna che voleva per sé, neppure quella ragazzina dalle indubbie capacità amatorie.

Ansimando, la afferrò per i capelli, la spinse sul suo sesso e, senza pensare più a niente, lasciò che lei lo facesse godere.

Nell’attesa che fosse Kathleen, e non più Annelyse, a dargli quel piacere ai lombi.








Note: Facciamo la conoscenza di due nuovi personaggi, che ci accompagneranno fino alla fine della storia. Uno, è Johnathon, che non è esattamente quello che si suol dire il cugino che noi vorremmo. L'altro, è Anthony, amico d'infanzia di Christofer e Andrew e, a quanto pare, anche qualcos'altro. Ma ci arriveremo nei prossimi capitoli.
Saranno decisamente importanti per l'esito finale della vicenda, pur se in modi assai differenti.

p.s. L'ultima parte del capitolo è volutamente più 'spinta' perché guardiamo dentro la testa di Peter, che non è esattamente il posto più salutare - e luminoso - al mondo. Ecco spiegata anche la gergalità differente dal solito.
  
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