Film > Captain America
Segui la storia  |       
Autore: Lucyvanplet93    19/05/2016    5 recensioni
Sequel/prequel di "Insieme.", estratto della storia che mi sono decisa solo ora a pubblicare per intero.
Riprendo dalla fine del secondo film Di Captain America, con James impegnato nel recuperare i suoi ricordi e la sua vita passsata.
Durante una delle sue innumerevoli fughe dall'Hydra Il Soldato si imbatte in una curiosa ragazza che come lui sembra aver perso la memoria e che presto si rivela essere molto più intelligente e "pericolosa" di quel che sembra.
Insieme intraprenderanno un viaggio nel tortuoso ed insidioso sentiero dei ricordi, recuperando pezzi di loro stessi e completandosi a vicenda.
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Storia forse dall'inizio un pò banale, ma che mi sono impegnata a rendere il più "intricata" possibile.
CAPITOLO 9 DI AVVISO. AVVISO CHE VERRA' RIMOSSO NEL PROSSIMO AGGIORNAMENTO.
Genere: Azione, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Alexis cancellò l'ennesimo nome su quella maledetta lista. Maledetta perché anche se sopra c'erano scritti i nomi dei maggiori esponenti Hydra, quel pezzo di carta stava diventando l'ossessione di James.
Quando ormai quasi una settimana prima si erano trovati davanti ad uno degli scienziati che per anni lo avevano torturato il Soldato non era riuscito a trattenersi e con freddezza aveva posto fine all'esistenza di quell'uomo senza batter ciglio sparandogli un colpo in testa.
Non erano valse a nulla le sue parole, mentre lo implorava gridandogli di non farlo,  lui non l'aveva ascoltata, trasformandosi completamente nel freddo e spietato soldato d'inverno, e Alexis per la prima volta da quando lo aveva incontrato, aveva avuto paura di lui.
Quando però poi aveva visto il suo sguardo completamente vacuo e spento, aveva capito che qualcosa si era nuovamente spezzato dentro di lui, e forse grazie quel qualcosa anche lo stesso James si era reso conto che forse la vendetta, -almeno non ottenuta in quel modo- non lo avrebbe fatto sentire meglio.
Anche perché decisamente, ora non stava meglio.
Erano ormai sette giorni che James non dormiva, e Alexis se n'era accorta, non solo perché nemmeno lei dormiva finché lui non la raggiungeva, ma anche perché ogni notte si svegliava vedendolo agitarsi nel sonno e tutte le volte lei cercava di svegliarlo nel modo più delicato possibile, sperando di sottrarlo a quel supplizio che erano i suoi sogni.
Quando James apriva gli occhi poi rifiutava di chiuderli di nuovo probabilmente avendo timore di quello che lo aspettava nell'oblio e così aveva preso a dormire sempre di meno fino a smettere del tutto. Ormai erano due giorni che non chiudeva occhio.
Perciò non si era stupita troppo di averlo trovato profondamente addormentato sulla brandina e a giudicare dalla scomoda posizione che aveva assunto, con la testa penzoloni e le gambe in parte stese, doveva aver combattuto un ardua battagli con morfeo per non addormentarsi, ma alla fine doveva essersi arreso. E considerando il fatto che quando Alexis si era avvicinata per cercare di farlo stendere, James non aveva dato il minimo cenno di essersi accorto di lei le face capire che doveva stare dormendo molto profondamente, il che era assurdo per uno come lui che viveva costantemente in allerta con i sensi sempre vigili.
Così dopo avergli gettato addosso una coperta si era allontanata cercando di non fare rumore e sperando che quel suo sonno apparentemente senza sogni durasse almeno qualche ora permettendogli di recuperare almeno in minima parte tutto il sonno perso in quei giorni.
Peccato però che dopo nemmeno mezz'ora di tranquillità passata a studiare i fogli stampati riguardanti il loro prossimo obbiettivo, Alexis aveva avvertito chiaramente dei lamenti provenienti dall'altra "stanza" e senza pensarci due volte si era precipitata da lui, trovandolo però già sveglio.
Lo osservò stringersi la testa fra le mani con i gomiti piegati sulle cosce, le si strinse il cuore nell'udire l'urlo soffocato di frustrazione che gli uscì dalle labbra. Non meritava di soffrire in quel modo.
Si sedette al suo fianco osservandolo in silenzio. "Ancora incubi?"
James annuì con un impercettibile cenno del capo.
"Non ce la faccio più." Il suo fu poco più di un sussurro, ma dal tono Alexis poté comunque capire quanto stesse soffrendo in quel momento e quando James cercò di alzarsi Alexis lo bloccò afferrandogli un braccio, facendolo restare seduto.
Lo sguardo che le scoccò sarebbe stato capace di demolire un edificio in cemento armato, ma con lei non funzionò, o almeno non lo diede a vedere.
Deglutì sostenendo il suo sguardo.
"Hai bisogno di dormire, non puoi alzarti." Cercò di farlo ragionare.
"Lasciami in pace." Cercò di liberarsi dalla sua presa, inutilmente. Certo se avesse davvero voluto l'avrebbe già scaraventata sul pavimento togliendosela così di torno, ma visto che in fin dei conti era ancora li seduto con lei forse aveva qualche speranza di convincerlo.
Studiò il suo volto soffermandosi sui suoi occhi vistosamente incorniciati da scure occhiaie. "Rimettiti a dormire..." Insistette.
James scosse il capo tornando a fissare il pavimento. "Torneranno... Mi faranno impazzire..." Mormorò con voce lamentosa.
"Ehy, non torneranno. Resto io con te." Avvicinò una mano al suo volto accavezzandogli piano una guancia. A quel tocco James tornò a guardarla probabilmente valutando la veridicità delle sue parole.
"Devi dormire James, sono giorni che non chiudi occhio. Non puoi andare avanti così." Cercò il suo sguardo e senza sciogliere il contatto fra di loro lo strattonò piano verso di se.
Alexis si spostò lungo il materasso sedendosi al posto del cuscino, costrinse James a posare il capo sulle sue gambe per poi far passare le dita fra i suoi capelli accarezzandoli.
"Chiudi gli occhi." Gli consigliò a bassa voce.
Inizialmente James restò rigido, teso come una corda di violino, probabilmente sentendosi decisamente fuori posto in quel momento. Dopo diversi istanti lo sentì sciogliersi un poco chiudendo anche gli occhi come gli aveva suggerito.
Alexis continuò a muovere le dita fra i suoi capelli scoprendoli assurdamente morbidi e lisci, i suoi in confronto somigliavano terribilmente ad un nido di airone. Sorrise al quel pensiero attorcigliando una ciocca di capelli fra le dita per poi sciogliere la presa su di essa, riprendendo quella lenta carezza. Avvertì il respiro di James farsi più profondo e regolare suggerendole che forse si era nuovamente addormentato, continuò a muovere piano le dita sperando con tutta se stessa che riuscisse a dormire il più possibile e che almeno in parte la sua vicinanza gli fosse d'aiuto, avrebbe tanto voluto fare qualcosa per lui.
Anche fargli da cuscino le bastava.
Lasciò scivolare le dita fra i suoi capelli ancora un paio di volte fermandosi poi ad osservarlo e come ogni volta non riuscì ad impedirsi di trovarlo bello, non riusciva a smettere di vederlo sotto quella luce e ora in quel momento tanto raro le sembrava così sereno da sembrare finto.
Non si rese nemmeno conto di aver iniziato a tracciare i contorni del suo viso con le dita, partendo dalla fronte spaziosa fino a scendere verso il profilo del naso dritto e ben delineato, arrivando poi alle labbra, più secche all'esterno e leggermente umile dov'erano schiuse per lasciar passare il respiro. La barba pungeva sotto il suo tocco ricoprendogli la mascella forte e pronunciata.
Alexis era certa che i suoi occhi non avessero mai visto niente di più bello.
Si soffermò con lo sguardo su quegli aloni violacei che gli incorniciavano gli occhi, rovinando la pura bellezza di quel viso, strinse i pugni per la rabbia.
Era tutta colpa sua.
Se non si fosse distratta quel giorno…
Era incredibile da dire, ma stava funzionando.
Non c'erano stati morti, solo feriti, molti feriti, ma nessuno in pericolo di vita e i nomi su quella lista stavano sparendo uno dopo l'altro ad una velocità impressionante e Alexis si era dimostrata all'altezza della "missione".
Almeno finché non si era lasciata distrarre dai suoi stupidi pensieri.
Si erano organizzati a dovere decidendo come muoversi, calcolando tutto con attenzione facendo così un modo che nessuno dei due ci rimettesse le penne e per imposizione di Alexis, nemmeno una goccia di sangue Hydra era stato versato.
Almeno fino al proiettile che James aveva conficcato nella spalla della guardia del corpo che stava per aggredirla, quello aveva fatto si che il pavimento dell'edificio governativo in cui si trovavano si macchiasse più del dovuto, ma almeno nessuno aveva perso la vita.
Non fino a quel momento.
Si erano divisi i compiti, James si occupava del lavoro sporco e ad Alexis toccava quella ancora più sporco.
Agivano in modo semplice, a James toccava il lavoro fisico e a lei quello mentale.
Si era scoperta brava con i computer e almeno questa era un'abilità alla quale sapeva dare una motivazione, visto che in quei tre anni aveva partecipato ad un corso di aggiornamento di informatica dopo essere stata assunta dall'ospedale e l'argomento le piacque così tanto da spingerla ad approfondirlo e perciò aveva acquisito una buona conoscenza di essi.
La maggior parte dei nomi che popolavano quella lista appartenevano a persone potenti, uomini e donne che agivano in nome di un bene comune che in realtà era soltanto il loro e molti dei topi che usavano come scudo lo S.H.I.E.L.D. non erano affondati con la barca, anche se la rete di intelligence che proteggeva il mondo era stata distrutta, molti parassiti continuavano indisturbati il loro operato.
Era bastato scavare un po' più a fondo della superficie per far emergere il marcio che si celava dietro molti nomi di lustro, facendo ricerche sui nomi scritti su quella lista, bastava poco. Come nel caso di Jedekay Erdoghan, che copriva il traffico di armi con le sue fabbriche di giocattoli.
Alexis aveva scovato un articolo che denunciava la pericolosità di alcuni suoi prodotti, e leggere di un bambino di appena sei anni che aveva quasi ucciso un suo coetaneo giocando ai pirati, l'aveva fatta rabbrividire. Le lame di quei pugnali che dovevano essere finte, si erano dimostrate più taglienti del dovuto mettendo a rischio la vita di un povero bambino.
Loro stessi avevano visto con i loro occhi che all’interno dei magazzini della società c'era tanto di quel materiale bellico che da solo sarebbe stato più che sufficiente per rifornire l'intero esercito americano per le prossime tre guerre.
La ragazza aveva impiegato un po' per trovare quell'articolo, probabilmente insabbiato a dovere, in cui si parlava della vicenda, ma alla fine era riuscita a scoprire chi l'avesse scritto, un pover'uomo che era morto diversi anni dopo di stenti. Nell'articolo che parlava della sua prematura scomparsa si parlava di stenti e di accattonaggio, ridotto alla fame per la semplice colpa di aver cercato di inseguire la verità.
Il putiferio che aveva colpito l'azienda di Erdoghan era durato poco, domato dagli avvocati strapagati  del uomo, e almeno un centinaio di persone –probabilmente utilizzate come capro espiatorio- avevano perso il lavoro, con l'accusa di aver cercato di sabotare il potente uomo d'affari, e con un paio di assegni donati alle scuole il finto buon samaritano di Jedekay Erdoghan se l'era cavata con un paio di foto in cui sui giornali raffiguranti lui e la sua famiglia sorridente, intitolate: Questo sono io.
Ma l'uomo che veniva ritratto in quelle foto, in realtà non era nient'altro che un armiere che forniva materiale bellico al braccio armato dell'Hydra coprendo i suoi traffici con l'insospettabile copertura di un'azienda produttrice di giocattoli.
Alexis si era sentita fiera di se stessa mentre scaricava tutto il materiale incriminate da computer principale dell'azienda alla sua pen drive, in quel computer c'era di tutto, progetti, filmati e documenti che attestavano il suo coinvolgimento in affari loschi. Non era stato difficile forzare la protezione del suo computer, la password si era rivelata essere la data di nascita del suo primo genito, incredibile quanto certi uomini si sentissero intoccabili. A volte era proprio la loro troppa sicurezza a fregarli.
Presa da quell'insensata euforia non si era resa conto di essere tenuta sotto tiro già da un po'. Una guardia l'aveva scoperta e lei non se n'era accorta, era stata una stupida, aveva abbassato la guardia sentendosi al sicuro, ed era finita con il fare lo stesso errore degli individui a cui dava la caccia.
Quando aveva incrociato lo sguardo con quello dell'uomo di fronte a se aveva capito che non l'avrebbe risparmiata ed era stata certa di morire. Aveva chiuso gli occhi aspettando inerme lo sparo.
Poteva solo prendersela con se stessa se ora tutta la fatica che avevano fatto per entrare in quell'edificio, era stata inutile. L'unica cosa che le dispiaceva era di non essere riuscita a fare di più lasciandosi distrarre in un momento fondamentale come quello. Se solo ci fosse stato un modo per far arrivare quella maledetta chiavetta nelle mani di James.
Lo sparo però non era arrivato, e quando Alexis aveva riaperto gli occhi l'uomo era in ginocchio di fronte a James che gli era arrivato alle spalle disarmandolo e quando Alexis aveva inquadrato lo sguardo di James aveva stentato a riconoscerlo.
Sembrava un altra persona, il suo sguardo era implacabile, freddo e spietato, l'aveva guardato fissare quell'uomo con astio.
"Ti prego non farlo..." Aveva mormorato l'uomo implorando il soldato di non ucciderlo, ma non erano valse a nulla le sue suppliche, ne le sue ne quelle della ragazza ed alla fine l'unica cosa che aveva potuto fare la ragazza era stata assistere inerme all'esecuzione di quell'uomo.
E quella era stata la prima volta che Alexis aveva avuto paura di James.
"Andiamo." Le aveva ordinato senza alcuna sfumatura nel tono di voce. Alexis aveva ubbidito senza fiatare e lo aveva seguito restandosene in silenzio per i primi metri, finché logorata dalla curiosità non aveva parlato. "Chi era quell'uomo?"
"Uno di quelli responsabili della mia manutenzione." L'odio che trasudava da quell'ultima affermazione convinse la ragazza a rimanere in silenzio.
James non le aveva spiegato di più e questa volta Alexis non aveva indagato oltre, potendo solo immaginare cosa quell'uomo rappresentasse per lui, ora però il peso delle azioni malvage dell'Hydra ricadevano ancora una volta sulle spalle di James. Nemmeno la soddisfazione di aver letto suo giornali dell'arresto di Erdoghan era servito a farlo sentire meglio, certo, sapere che la persona a cui spedivano puntualmente tutte le prove, aveva deciso di fidarsi era una buona notizia, almeno tutti i loro sforzi non andavano sprecati.
Un rumore improvviso di terra smossa e ramoscelli spezzati, face sobbalzare lei e svegliò lui.
Il soldato si sollevò di scatto spalancando gli occhi, già pronto all'azione, aveva recuperato la pistola ed ora se ne stava appiattito contro la parete sbirciando fuori dalla finestra. Alexis dal canto suo era rimasta immobile trattenendo il respiro.
Quando poi l'ombra di un animale selvatico occupò la loro vista, entrambi ripresero a respirare.
James la guardò senza parlare e Alexis poté constatare che ora sembrava un po' più riposato anche se ora era teso come una corda di violino.
Aleggiava un certo imbarazzo fra di loro, più tangibile dalla parte si James probabilmente consapevole di essersi lasciato andare alle sue cure, per quanto riguardava Alexis, poteva solo sentirsi felice di essergli stata d'aiuto.
"Quanto ho dormito?" Le domandò alla fine.
"Più di due ore più o meno..." Considerando che ormai stava calando la notte, e che lui si era addormentato presumibilmente verso le quattro, era riuscito a riposare per circa due ore e mezza.
"Come ti senti?" Gli domandò alzandosi in piedi a sua volta e avvicinandoglisi.
James la scrutò rilassando finalmente le spalle.
"Un po' meglio..." Piegò impercettibilmente le labbra. "Almeno non ho sognato."
Alexis sorrise. "Mi fa piacere."
"Perché fai questo?" Parlò di nuovo.
La ragazza lo guardò confusa, non capendo a cosa si riferisse.
"Perché fai questo per me? Perché ti preoccupi? Perché cerchi di prenderti cura di me?"
"Perché mi sento di farlo." Ed era la verità. Non sapeva dare una ragione a quel sentimento d'affetto che provava nei suoi confronti, che sapeva non essere legato alla gratitudine, immaginava che per lui fosse assurdo il suo comportamento, ed aveva imparato a capire che per lui era difficile rapportarsi con gli altri, anche con lei che era l'unico contatto umano che riusciva ad avere.
"Io non me lo merito." Il tono di voce era fermo, come quello di qualcuno che sapeva ciò che diceva. Alexis poteva solamente immaginare come si sentisse, recuperare tutti quei ricordi di una vita spezzata, sentirsi diviso a metà fra ciò che era stato e quello che lo avevano costretto a diventare.
"Non puoi dirlo." Provò a convincerlo, leo credeva veramente in lui, era stato una brava persona un tempo. Poteva esserlo di nuovo.
"Sono un mostro! Un arma, un assassino!" Scoppiò avvicinandosi pericolosamente al suo viso. Era arrabbiato. Furioso quasi.
"Non è vero, smettila di dirlo, non è colpa tua!" Lo fronteggiò guardandolo dritto negli occhi.
James sorrise, sta volta amaramente. "L'ho visto come mi hai guardato quando ho ucciso quell'uomo." Affermò. "Hai avuto paura di me. Hai visto chi sono veramente." Era dolore quello che sentiva nelle sue parole?
Il senso di colpa l'attanagliò, se non fosse stata così stupida ora non sarebbero a questo punto, in fondo era sua la colpa se quell'uomo aveva perso la vita. Aveva avuto paura di lui in quel momento, ed era vero, ma si era sentita uno schifo in quel momento. Chi era lei per giudicare?
"Mi dispiace James, non volevo... È che in quel momento ho pensato che..."
"Smettila!" Urlò. "Non puoi fare sempre così! Tu dovresti avere sempre paura di me, non prenderti cura di me. Dovresti odiarmi!"
"Smettila di dire così! Tutti meritiamo una secondo occasione e non è stata colpa tua quello che hai fatto, non..."
"È stata colpa mia invece!" La interruppe di nuovo alzando ancora la voce. Restò in silenzio aspettando che continuasse, magari sfogarsi gli avrebbe fatto bene. "E se fossi stato io a farmi usare? Ho ucciso persone innocenti con le mie mani! Avrei potuto rifiutare di farlo, avrei potuto ribellarmi e non farmi usare come una marionetta! Sono malvagio Alexis, sono un mostro senza pietà!" Si era avvicinato a lei ad ogni parola e per ogni passo di lui, lei ne aveva fatti altrettanti all'indietro, finché non si era ritrovata all'angolo, intrappolata fra quel muro logoro e il corpo possente di James. "Io sono questo. E forse non posso cambiare. Non fidarti troppo di me, potresti rimanere delusa."
"No." Fu la flebile, ma ferma risposta di lei. "Io credo in te. Non sei malvagio." E lo credeva veramente. "Non mi avresti salvato la vita quel giorno in casa mia se fossi stato malvagio, mi avresti lasciato morire, con o senza debiti nei miei confronti."
"Ho salvato una vita... Non basta a cancellare tutte quelle che ho stroncato."
"A me si." Puntò gli occhi nei suoi, perdendosi in quel mare di ghiaccio e dolore. "Se fossi davvero un mostro come affermi di essere, ora dormiresti sonni tranquilli, non saresti divorato dai rimorso, non rischieresti di impazzire per via degli incubi. Non hai sbagliato a togliere la vita a quell'uomo, ma se davvero non avessi una coscienza non avresti sensi di colpa. Invece stai soffrendo perché sai che questa non è la strada giusta." Gli accarezzò il viso guardandolo con dolcezza.
E poi decise di muoversi, lasciò scivolare il braccio intorno al suo collo mettendosi sulle punte per arrivare meglio alla sua altezza e si strinse a lui.
Com'era prevedibile il soldato si irrigidì a quel suo goffo tentativo di fargli sentire che lei c'era, ma un attimo prima che la ragazza decidesse di ritirarsi e di scusarsi per quel gesto, apparentemente, poco gradito, James ricambio la stretta, avvolgendogli le braccia intorno alla vita chinandosi su di lei fino ad immergere il viso nei suoi capelli. La strinse forte fino ad incrinarle le ossa, in un gesto disperato.
"Io credo in te. So che è difficile, ma prova a farlo anche tu." Gli sussurrò all'orecchio.
James non rispose, limitandosi a tenerla ancora stretta, restando immobile in quell'abbraccio. Probabilmente il giorno dopo avrebbe avuto qualche livido suo fianchi, data la presa ferrea delle sue braccia, probabilmente il giorno dopo sarebbero tornati al punto di partenza e Alexis sarebbe stata di nuovo respinta da quel suo spesso muro di ghiaccio, ma non le importava.
Avrebbe avuto pazienza.
Forse spiraglio dopo spiraglio sarebbe riuscita a sgretolare quell'indistruttibile barriera che usava come scudo.
Ci sarebbe voluto tempo, ma ci sarebbe riuscita.
 
 
 
 
Quando Steve rientrò nel palazzo dove abitava era già notte. Le luci dei lampioni illuminavano pigramente la città intorno a lui, da qualche parte in qualche vicolo un gatto rovesciò un bidone provocando un gran fracasso e le conseguenti urla di protesta di uno dei condomini.
Salì le scale guardando fuori dalla finestra il barbone che aspettava l'autobus vicino alla pensilina della fermata.
All'ultimo piano del palazzo c'erano solo due appartamenti, il suo e quello in cui fino a poco tempo prima abitava la sua vicina, o meglio ex- vicina, che poi si era rivelata essere non altro che un agente dello S.H.I.E.L.D. con il compito di tenerlo d'occhio.
Si chiese se c'era mai stata della verità in tutto il tempo che aveva passato al soldo di Fury.
Dopo aver gettato un ultima occhiata alla porta della sua ex vicina, tiro fuori le chiavi dalla tasca del giubbotto e le infilò nella toppa. Una volta dentro disinserì l'allarme e accese la luce, e come al solido, come succedeva da circa un mese a quella parte, vicino alla porta sul pavimento c'era una busta.
Si era chiesto più volte chi fosse a mandargli quelle misteriose buste di carta, facendole probabilmente passare da sotto la porta. Non c'era il minimo indizio su quelle buste, era una semplice busta di carta gialla di quelle che di solito si usavano per la normale posta.
Steve la prima volta che ne aveva trovata una sul pavimento di casa sua aveva pensato che magari, il postino non riuscendo a trovare la sua cassetta avesse pensato di fargliele arrivare facendole passare sotto la porta.
Anche se poi era stato costretto a ricredersi, visto il contenuto di quelle buste, e visto che il postino aveva negato con forza di saperne qualcosa quando lui glielo aveva gentilmente domandato.
Non c'era nulla su quel pezzo do carta, fatta eccezione per la scritta in corsivo il centro della busta un semplice, X Steve, scritto in corsivo a matita con una calligrafia sottile e decisa, che stranamente gli ricordava qualcosa. Quando poi aveva scoperto che all'interno si celava una comunissima chiavetta usb, aveva pensato di farla analizzare per scoprire qualche impronta digitale, ma non era saltato fuori niente.
Quella pennetta sembrava nuova ed immacolata. E quando poi aveva deciso di aprirla per consultarne il contenuto era rimasto sbalordito di fronte alle informazioni che vi aveva trovato al suo interno.
Quella volta, quella misteriosa chiave che aveva aperto, non solo lo scrigno di pandora di uno degli uomini più potenti della città, ma anche le porte della cella che ora lo ospitava.
Dopo quel primo arresto ne erano seguiti altri, effettuati grazie alle informazioni che una misteriosa fonte forniva al capitano, fonte che era stata condivisa solo con il suo fidato amico Sam.
Lo stesso che però continuava a ripetergli di stare attento. Soprattutto dopo che gli aveva rivelato che l'unico modo per aprire quei misteriosi file, era rispondere ad una domanda di cui solo Steve poteva conoscere la risposta.
Almeno questo era in grado di dirgli che chi gli mandava quella singolare posta lo conosceva fin troppo bene.
Sbuffo raccogliendo il pezzo di carta dal pavimento. Anche se le indicazioni contenute in quelle missive erano sicuramente molto utili, era stufo di non sapere da chi provenissero, si sentiva usato, e non riusciva a capire da dove saltassero fuori tutte quelle informazioni.
Aprì la busta rovesciandola sul tavolo e sta volta il contenuto risultò essere di nuovo una pennetta USB. L'afferrò rigirandosela fra le dita, una semplice chiavetta di plastica nera, quattro GB stando a quello che c'era scritto sulla parte inferiore.
Sospirò chiedendosi cosa lo aspettava quella volta, e a cosa dovesse rispondere sta volta. Si sedette, lasciando l'oggetto sul tavolo di fronte a se unendo le mani a pugno e appoggiandovi le labbra restò in contemplazione, in silenzio scrutando attentamente quell'ennesima prova illuminata fiocamente dal lampadario sopra la sua testa e dalla fioca lice della luna che filtrava dalla finestra.
Si alzò dalla sedia andando a recuperare il portatile dalla sua stanza e di nuovo riguadagnò la sua posizione aspettando che il computer si avviasse. Di certo non era un mago del computer, ma aveva imparato ad usarlo e se la cavava anche, certo tutt'altra storia doveva essere per la persona che gli inviava quelle lettere. Doveva essere piuttosto brava dato che aveva reso inaccessibili le informazioni della pen-drive, se che ne entrava in possesso non conosceva la risposta alla domanda d'accesso.
Di cosa ti riempivi le scarpe?*
Era questo il quesito che gli si palesava davanti agli occhi sta volta. Steve sorrise a quel ricordo e senza esitare digitò la risposta, sentendosi sempre più stranito per la spaventosa conoscenza che quell'individuo dimostrava nei suoi confronti.
Rilassò la schema contro lo schienale della sedia restando in religioso silenzio, quando poi per l'ennesima volta lo schermo del computer venne invaso da documenti su documenti, Steve decise di fare una telefonata.
Digitando il numero che ormai era diventato una chiamata rapida attese la risposta del suo amico.
"Ponto...?"
A giudicare dal tono di voce estremamente rauco e dalla risposta vagamente incomprendibile, Steve soffocò un sorriso, sentendosi anche leggermente in colpa nei confronti dell'amico, per il quale aveva con ogni probabilità rappresentato una sveglia poco gradita.
"Sam, sono Steve. Scusa l'orario, ma è importante!"
"Dimmi tutto Capitano!"
La sua voce risultò immediatamente sull'attenti, e conoscendolo poteva tranquillamente immaginarselo impegnato nel saluto militare.
"Ne è arrivato un altro! Ho trovato come al solito una busta nel mio appartamento."
"Dammi dieci minuti e sono da te."
Detto questo riattaccò.
Gettò uno sguardo all'orologio appeso al muro che segnava mezzanotte passata, si sollevò dalla sedia avvicinandosi alla finestra lasciando acceso il computer, incrociò le braccia al petto ed appoggiandosi con la spalla alla parete lasciò vagare lo sguardo lungo la strada deserta.
Le luci un po' sfuocate dei lampioni illuminavano malamente i dintorni e le luci delle case delle palazzine adiacenti erano quasi tutte spente.
Non c'era anima viva in giro. Nemmeno un auto eta passata sotto la sua finestra, e ora che lo notava, nemmeno l'autobus era passato.
Il barbone era scomparso.
Bussarono alla porta e Steve fu costretto ad abbandonare la sua contemplazione, e a grandi falcata si avviò verso la porta, controllo dallo spioncino, prima di togliere il chiavistello dalla porta ed aprirla.
"Dovremmo smetterla di vederci in questo modo! Qualcuno potrebbe farsi delle strane idee!" Esordì Sam una volta entrato in casa dell'amico.
Steve sorrise, chiuse la porta e dandogli un'amichevole pacca sulla spalla rispose: "Credi che potrebbero pensare ad una cospirazione ad danni del governo?" Scherzò riferendosi alle accuse che soltanto pochi mesi prima lo avevano visto protagonista.
"Due bravi ragazzi come noi? Impossibile!"
Risero entrambi brevemente prima di tornare all'argomento principale del loro incontro.
"Allora? Cos'abbiamo sta volta?"
Steve sospirò, avvicinandosi al monitor e facendogli cenno di dare un'occhiata.
"Il solito! Documenti, file, filmati delle telecamere di sicurezza!" Spiegò.
"E ancora niente sull'identità del misterioso informatore!" Ipotizzo Sam sapendo di non sbagliarsi.
"Esatto, sempre la stessa busta, azzarderei addirittura dicendo che sono fatte dello stesso materiale. E anche se domani ho intenzione di farla analizzare come le altre, ci metterei la mano sul fuoco che di nuovo non troveremo nulla!"
"Ok..." Sospirò Falcon, sfilandosi la giacca per posarla sul divano. "Mettiamoci a lavoro!"
Si divisero i compiti, e Steve decise di stampare tutto ciò che riguardava la documentazione riguardante Josh Claver e Sam si occupò della visione dei video.
Si lasciò andare sul divano, con il blocco di carta stampata fra le mano ed inizio a sfogliarli con attenzione.
Essendo autonomi di intervenire quando più lo ritenevano necessario, gli Avengers erano direttamente responsabili delle loro azioni, perciò toccava a loro valutare i rischi e le conseguenze delle loro azioni, e Steve quando decideva di entrare in azione voleva essere sicuro di provocare il minor numero di danni possibili, il suo compito era quello di difendere le persone e voleva essere sicuro di riuscire a farlo al meglio.
"Sai, Tony sembra essere davvero molto curioso di sapere da dove ricavi tute queste informazioni!" Parlò Sam, interrompendo il silenzio carico di concentrazione che ormai si era creato da diversi minuti, senza però distogliere lo sguardo dal monitor.
"Non si è bevuto la storia dell'informatore anonimo! Come immaginavo d'altronde."
Sapeva bene che Tony Stark, conosciuto anche come Iron Man, non avrebbe abboccato a quella storia, e anche se in fondo non si trattava di una balla -visto che davvero nessuno sapeva da dove arrivassero quelle buste- sapeva che prima o poi si sarebbe spazientito ed avrebbe iniziato a ficcare il naso come suo solito. Sperava solo che se ne stesse buono ancora per un po', giusto il tempo che serviva a lui per scoprire con cosa, e soprattutto con chi avesse a che fare.
"Non gli hai detto la verità spero!"
"Per chi mi hai preso Steve!", "Sono tuo amico e se anche a volte non sono d'accordo con te, mi fido! So che se fai qualcosa è perché sai quello che fai."
Steve sorrise, la fiducia incondizionata che Sam nutriva per lui lo lusingava.
Sta volta però non era sicuro di meritarsela.
"Non so esattamente il perché, ma ho come la sensazione che dietro a tutto questo..." Indicò il loro lavoro con un gesto del braccio. "Nasconda qualcos'altro! C'è qualcosa su quelle buste che..." Si bloccò di colpo puntando i suoi occhi azzurri sul pezzo di carta giallo che giaceva sul tavolino.
Si alzò di scatto rigirandosi fra le mani alla ricerca delle uniche due parole incise sulla superficie liscia ad immacolata della carta.
Sentì su di se lo sguardo confuso dell'amico, ma non vi badò, se i suoi sospetti erano fondati tutto avrebbe avuto decisamente più senso.
Velocemente raggiunse la libreria, alla ricerca di ciò che avrebbe risposto a tutte le sue domande. Estrasse il fascicolo di Bucky, che Natascia gli aveva procurato e prese a sfogliarlo, finché non trovò ciò che cercava: Un rapporto missione scritto da quella che sapeva essere la calligrafia del suo migliore amico. L'aveva notato subito quando lo aveva studiato con attenzione, ma solo ora gli era venuto in mente.
Come aveva potuto non pensarci prima. Idiota. Si insultò mentalmente.
"Come ho fatto a non pensarci prima..." Mormorò mentre confrontava la scrittura di quel rapporto e la calligrafia di quell'unico indizio presente in ogni singola busta che aveva ricevuto. Era la stessa.
"Si può sapere che t'è preso?" Domandò infine Sam intento a fissarlo.
"È la stessa scrittura. È Bucky!" Asserì.
"È impossibile!"
"No invece! Ha senso, pensaci! Le domande quando attivo la pennetta, il fatto che ci siano tutti numi legati a l'Hydra lo dimostra! La scrittura è la stessa! Chi altro potrebbe essere!"
Sam restò in silenzio, probabilmente resosi conto che la teoria del suo amico poteva essere non del tutto infondata.
"Se davvero le cose stanno come dici tu..." Si bloccò all'improvviso attirando la sua attenzione. Seguì la direzione del suo sguardo capendo in fretta che il motivo di tanto interesse non era nient'altro che uno dei video ancora aperto sullo schermo.
Steve sgranò gli occhi avvicinandosi, non poteva credere ai suoi occhi.
Sullo schermo Bucky si muoveva velocemente atterrando in un attimo la guardia che armata di pistola mirava alla testa di una ragazza. Il braccio di metallo del suo vecchio migliore amico scattò in fretta verso la ragazza strattonandola verso di se e quando le la luce rossa della telecamera di sicurezza rimbalzò sul suo arto, Bucky sollevò lo sguardo puntando l'arma dritta contro l'obbiettivo.
Un istante dopo tutto fu buio.
"Chi diavolo era quella?"
Sam diede voce ai pensieri di entrambi. Era la stessa domanda che gli frullava per la testa, magari era solo un caso la sua presenza li, ciò nonostante, dopo mesi aveva di nuovo una pista, anche se debole, che poteva ricondurlo finalmete al suo amico.
"Non ho la più pallida idea di chi sia, ma una cosa la so. Potrebbe essere un indizio!"
"Dici che la conosce?" Domandò indicando con un cenno del capo la foto del fascicolo di Bucky abbandonato sul tavolo.
"Forse! Non ci resta che scoprirlo!" Sorrise.
"Chissà perché, ma immaginavo che lo avresti detto!" Abbassò il capo scuotendolo.
"Mi conosci bene!"
Si sorrisero.
"Forza. Abbiamo una pista da seguire!"
 

 
 
Angolo “autrice”
E finalmente ce la fa! Lo so che mi odiate e che sono imperdonabile, ma questo capitolo è stato un parto! So anche che avrei dovuto aggiornare 2 giorni fa, ma siccome sono stupida, ho bagnato il telefono che ha deciso di farsi un bel bagnetto nel water e avendo solo li il capitolo non ho potuto metterci mano per giorni, visto che per farlo aggiustare ci è voluta una settimana!
E quindi bon, non so che dire, sono scomparsa, ma avevo promesso che non avrei abbandonato la storia e non lo farò.
Altra cosa, ho intenzione di seguire gli eventi del nuovo film? Si, in parte, più che altro perché mi ha dato un idea concreta per il finale che onestamente latitava leggermente!
Perciò ora mi dileguo, scusandomi ancora immensamente per il mio  vergognoso ritardo! Cercherò di fare del mio meglio prossimamente, mi scuso con quello che leggono la mia storia e mi auguro che qualcuno abbia ancora voglia di leggerla e farmi sapere cosa ne pensa! Sono aperta a tutto!
Alla prossima, baci Lucy <3
(Perdonate (e segnalate) eventuali errori, non ho avuto modo di rileggerlo approfonditamente, ma lo farò, mi sono sbrigata a pubblicare per evitare altri incidenti XD)
 
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Captain America / Vai alla pagina dell'autore: Lucyvanplet93