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Autore: CarolPenny    25/05/2016    6 recensioni
Dal capitolo 3:
Carol era felice di potersi spostare senza quella fastidiosissima sedia a rotelle e senza che qualcuno dovesse obbligatoriamente aiutarla. Si era svegliata più volte nella notte in preda a qualche piccolo dolore. La prima volta aveva sentito Daryl sussurrare che si sarebbe spostato e avrebbe dormito altrove, ma lei gli aveva preso una mano e gli aveva detto di restare lì. La seconda volta si era svegliata a causa di un incubo che adesso nemmeno ricordava e aveva trovato la mano di Daryl ancora stretta alla sua, entrambe poggiate sul suo fianco.
MINIMI SPOILER DAL FUMETTO e SPECULAZIONI SULLA SETTIMA STAGIONE.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Peletier, Daryl Dixon, Morgan Jones
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Premessa: Sono presenti minimi spoiler dal fumetto di The Walking Dead e prendete questa storia come una mia sorta di speculazione/desiderio circa ciò che vorrei vedere nella settima stagione. Ad ispirarmi, la seguente traccia musicale proprio da TWD che potete ascoltare durante la lettura (soprattutto dell'ultima parte... come sono cinematografica ahaha) https://www.youtube.com/watch?v=NfoaRbExBCE. Grazie per l'attenzione.


“Ce la faccio” disse con serietà cercando di mettersi in piedi da sola.
“Lo so” rispose l’uomo pacatamente “Ma voglio aiutarti lo stesso.”
Carol si girò e guardò Morgan fare un passo indietro ma aveva ancora le braccia protese verso di lei. Si staccò definitivamente dalla sedia e iniziò a camminare lentamente.
“Vuoi andare fuori?” chiese lui ma non attese una risposta perché era chiaro dalla direzione che Carol stava prendendo quale fosse la sua intenzione.
“Sì, penso sia una buona idea” terminò sorridendo.
Quel suo fare accondiscendente le stava estremamente sui nervi così evitò di rispondere e si concentrò sulla scalinata che aveva davanti e che l’avrebbe portata sul cortile. Ci era voluto qualche giorno per capire che si trovavano in una vecchia scuola, location forse un po’ scomoda ma non del tutto inutile per creare una base per dei sopravvissuti. Dopotutto lei e il gruppo erano stati in una prigione per quasi un anno.
All’esterno regnava la pace più assoluta, anche e soprattutto tra le persone. Carol lo aveva notato dal modo in cui parlavano a lei e Morgan. A dirla tutta sembravano comportarsi proprio come lui, forse per questo l’uomo non era tornato ad Alexandria. Volle comunque chiederglielo.
“Perché sei ancora qui?” parlò appena in tempo, prima che una fitta alla coscia le facesse scappare un verso di dolore. Morgan però se ne accorse lo stesso attraverso una smorfia involontaria della donna e si avvicinò per toccarle un fianco. Carol si divincolò bruscamente e si sforzò a terminare la scalinata.
Stava decisamente meglio rispetto ad una settimana prima e ad ogni passo riusciva poi ad abituarsi alle fitte. Anzi, a dirla tutta, il braccio le aveva fatto molto più male rispetto alla gamba, ma solo perché non le era stato permesso di muoversi, inizialmente. Quella era infatti la prima volta che camminava da sola, aveva bisogno di esercizio.
“Alexandria non fa più per te?” continuò Carol e il suo tono suonò involontariamente tagliente.
Morgan non si scompose e le sorrise di nuovo.
“Sono qui per aiutarti”.
A quel punto fu Carol a sorridere, ma con nervosismo e disapprovazione, scuotendo leggermente la testa.
“E per riportati a casa”
Carol si fermò e lo guardò intensamente.
“Te l’ho già detto. Io non tornerò ad Alexandria. E a quanto pare gli altri hanno rispettato il mio volere e non sono venuti a cercarci.”
Morgan non stava sorridendo più, ma era tranquillo.
“Ho chiesto io a Rick di non partire in spedizione se non fossi tornato dopo qualche giorno.”
Carol rimase sorpresa da quella rivelazione. Un conto sarebbe stato rispettare la sua decisione, un altro invece rinunciare alle ricerche solo perché glielo aveva detto Morgan.
“Ma questo non gli impedirà di provarci. Ne sono certo. Gli ho promesso che ti avrei trovata, magari lui si fida di me, ma qualcun altro potrebbe pensarla diversamente.”
Carol decise di riprendere a camminare, non voleva approfondire il discorso. Non voleva sentire parlare del gruppo.
“Se non sono ancora arrivati qui probabilmente è a causa di qualcos’altro.”
Carol cercò di scacciare la preoccupazione che si era immediatamente impossessata di lei, così prese un grosso respiro e si mosse più velocemente. Rick e gli altri se la sarebbero cavata. Con lei o senza di lei non avrebbe fatto alcuna differenza. Sì, aveva gestito Terminus e l’attacco dei Wolves ma adesso sarebbe arrivato il turno di qualcun altro di intervenire al momento giusto.
“Se vuoi restare qui ti capisco” riprese Morgan, raggiungendola di nuovo.
Carol si impose di essere paziente.
“Queste persone…” sembrò quasi pensarci per un momento “Sono delle brave persone”.
Non appena ebbe finito di pronunciare quella frase, uno degli uomini in armatura che avevano scortato lui e Carol fino a lì, poco più di una settimana prima, si avvicinò ai due.
“Ciao Carol, ciao Morgan. Come va?” il giovane sorrise ad entrambi, in particolare alla donna che si sentì quindi in dovere di rispondere.
“Molto meglio, grazie” Carol non aveva nulla contro di lui, anzi, stava cercando di capire in che razza di comunità fossero capitati lei e Morgan.
Il Regno, così l’aveva chiamato quando si era presentato e come in tutti i regni che si rispettino, c’era anche un re.
Poco importa se si chiami re, o Governatore, o leader, pensò Carol.
Ogni gruppo deve sempre avere qualcuno (magari anche più di una singola persona) che sappia come gestire le cose. Visto che era fisicamente impossibilitata a viaggiare, sarebbe stata lì ancora per un po’ e avrebbe imparato a conoscere quelle persone.
Giusto il tempo di guarire, non aveva intenzione di creare alcun tipo di legame con loro.
Il giovane in armatura fu felice di sentire che Carol stesse meglio e si allontanò raccomandando loro di cercarlo nel caso avessero bisogno di qualcosa.
Morgan lo ringraziò e poi si rivolse di nuovo a Carol, come se non fossero stati affatto interrotti.
“Qualunque cosa succeda… sono sicuro che prima o poi tornerai”.
Carol aprì la bocca per rispondere, ma improvvisamente la quiete del cortile fu sostituita da un vociare concitato e si sentirono delle urla in lontananza, poco fuori i cancelli della proprietà.
“Torniamo dentro” fece subito Morgan, prendendola per un braccio.
Carol si mosse senza farsi pregare, ma prima di raggiungere la scalinata, riuscirono comunque ad assistere alla scena.
I cancelli si aprirono per far entrare delle persone sfinite e senza fiato. Carol stava per girarsi ma la vista di qualcosa la costrinse a bloccarsi sul posto:
Una balestra. Uno degli uomini che era arrivato aveva una balestra. Non ebbe neanche il tempo di realizzare e capire cosa potesse significare, perché una balestra magari può non essere un arma comune ma neanche unica, che lo stesso uomo diede loro le spalle mostrando un gilet di pelle con delle ali ricamate sulla schiena.
No, non è possibile.
Il panico si impossessò di Carol e per una questione psicosomatica iniziò a sentire dolori ovunque nonostante fosse immobile.
La balestra poteva essere una coincidenza, anche il gilet no. L’uomo però non era il proprietario di quegli oggetti. Assolutamente no. Era molto più magro e portava una chioma di capelli color oro, inoltre aveva una parte del viso completamente sfregiata.
“Carol!”
La donna si sentì chiamare da Morgan e si domandò se anche lui avesse fatto caso a quelle cose. Stava per dirglielo, ma per la seconda volta successe tutto così in fretta da non poter fare altro che guardare la scena e basta. Dovevano essere passati pochi secondi da quando i cancelli erano stati aperti.
Dietro all’uomo biondo comparve un altro uomo. Aveva un aspetto molto più trasandato, le vesti sporche e insanguinate, i capelli scuri che quasi gli nascondevano il viso. Inciampò su se stesso e cadde in ginocchio.
Daryl.
Non appena il cervello di Carol realizzò cosa avesse appena visto, mandò degli impulsi ai muscoli delle gambe che iniziarono a muoversi. Si rese conto di star camminando solo quando sentì Morgan chiamarla con preoccupazione e trattenerla con il braccio che teneva ancora stretto al suo.
“È Daryl…” la voce di Carol era flebile, ma una strana forza si era impossessata di lei, così riuscì a divincolarsi e a muoversi più velocemente verso i cancelli.
La fitta alla coscia questa volta si fece più intensa, costringendola ad avanzare zoppicando. Anche le altre ferite ancora in fase in guarigione si fecero sentire, ma la paura e il dolore che sentiva dentro il proprio cuore erano molto più forti, poteva resistere a quel dolore fisico.
Continuò quella corsa incerta con Morgan alle sue spalle, l’uomo biondo fece scivolare la balestra sull’asfalto e Daryl, ancora a terra, alzò lo sguardo avanti a sé e la vide.
Mosse le labbra per dire qualcosa, ma non ebbe il tempo di formulare una frase che avesse senso, Carol era ormai arrivata ed era crollata tra le sua braccia.
Daryl sentì il suo nome tra le lacrime di lei e cercò con tutte le sue forze di trattenere le sue.
Carol?
Le prese il volto tra le mani e lei fece altrettanto. Si guardarono come a chiedersi “Cosa ci fai qui?”.
Ci sarebbe stato tempo per rispondere a quella domanda, ma in quel momento non riuscivano a staccare quel contatto visivo, fronte contro fronte, senza fiato, sanguinanti e doloranti.
Il mondo come lo avevano conosciuto loro, dopotutto, era sempre stato così. C’era sempre stato il dolore, c’era sempre stata la sofferenza.
Carol ricordò perché fosse andata via da Alexandria in piena notte, senza parlare o salutare nessuno, lasciando ad una lettera il compito di spiegare alla sua famiglia perché avesse preso quella decisione. Quanto fosse stato difficile per lei guardare qualcuno negli occhi per dirgli che li stava lasciando, stava lasciando tutto.
Ma in quel momento, qualunque cosa l’avesse spinta ad andarsene fu messa da parte. Guardò Daryl sperando che non fosse ferito gravemente, che nessun vagante lo avesse morso, che stesse bene.
Era successo qualcosa, questo era evidente e dallo sguardo di lui traspariva la stessa ansia ma anche lo stesso sollievo nel vedere che lei stesse bene.
Tutto torna. Se non siamo noi a farlo, sarà qualcun altro.
Qualunque cosa succeda… come aveva detto Morgan.
Qualunque cosa succeda, troverai la strada di casa.
O lei troverà te.



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NOTA DELL'AUTRICE:
Avete presente quando arriva l'ispirazione e non puoi fare altro che assecondarla? Avevo questo breve momento nella testa da giorni e desideravo metterlo nero su bianco, quindi prendetelo per com'è. La mia intenzione è quella di scriverla come one-shot, dipenderà dai prossimi giorni, nel frattempo lascerò comunque tutto in forse. 
   
 
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