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Autore: Himenoshirotsuki    27/05/2016    6 recensioni
[Fantasy Steampunk]
La Dogma e la Chiesa, le colonne portanti di questo mondo. L'una che agisce con il favore dell'ombra, chiamando a raccolta i suoi cacciatori, gli Slayers, per combattere i mostri; l'altra che muove le sue armate di luce contro le vessazioni e i miscredenti in nome di un dio forte e misericordioso.
Luce e ombra, ying e yang che si alleano e si scontrano continuamente da più di cinquant'anni.
Ma è davvero tutto così semplice? La realtà non ha mai avuto dei confini netti e questo Alan lo sa. In un mondo dove nulla è come sembra e dove il male cammina tranquillo per le strade, il cacciatore alla ricerca della sua amata si ritroverà coinvolto in un qualcosa di molto più grande, un orrore che se non verrà fermato trascinerà l'umanità intera nel caos degli anni precedenti l'industrializzazione. Perchè, se è vero che la Dogma e la Chiesa difendono gli umani dai mostri, non è detto che non sarebbero disposte a crearne per difendere i loro segreti.
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Slayers '
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Slayers
Act. 3 - Blood for Blood

 
 
Il sangue sulle dita della creatura catturava i raggi del sole. Sorrideva, mentre si sedeva alla sedia dietro alla scrivania di mogano; sorrideva mentre si leccava gli artigli e li squadrava col suo ghigno grottesco, i lineamenti del viso deformati una smorfia estatica e le gambe accavallate con una studiata e fastidiosa noncuranza.
I tre Slayer lo tenevano sotto tiro, pronti a scattare nel momento opportuno. Ma c’era qualcosa che li teneva bloccati, un qualcosa che non aveva niente a che fare con la paura, qualcosa che non riuscivano a identificare. L’aria attorno a loro vibrava in un modo strano, insolito, era come se non ci fosse ricambio tra quella all’esterno e quella all’interno della gilda.
Solo quando Alan si avvide che la luce faticava a passare attraverso i vetri, si rese conto di cosa non andava: quella non era la semplice barriera magica che avvolgeva l’edificio. Era una bolla soffocante intrisa di energia oscura, malvagia, estranea, un’energia che si scontrava persino con la natura stessa.
La creatura si accorse del suo sguardo scuro e ridacchiò: - Su, su, giù quelle armi, cacciatori. Non serve essere così tesi, questa è una semplice visita di cortesia e ho preso provvedimenti per evitare intromissioni. –
- Cosa vuoi da noi, mostro? – lo apostrofò Alan.
- Oh, che brutta parola per definirmi… solo e soltanto perché ho strappato la testa a un paio dei suoi bambolotti? – indicò Qayin che in quel momento si stava alzando da terra, - Non hanno sofferto, è stata una morte rapida. So essere un Dio misericordioso, anche con gli infedeli che tentano di opporsi alla mia forza. –
Rachel divaricò appena le gambe, il necessario per stabilizzare il baricentro e prende meglio la mira.
- Uh, la signorina mi sembra molto combattiva. Non che voi altri non lo siate, si intende, però mi stupisce vedere una... – annusò l’aria e sogghignò, - Una mezza vampira che ha ancora l’aspetto di una bambinetta. In ogni caso, se sarete collaborativi, vi prometto che se vorrete combattere non vi farò totalmente a pezzi. –
Maxwell rinserrò la stretta sull’ascia: - Tante parole e pochi fatti, Antico. L’aver ucciso un paio di comuni vampiri non fa di te un dio. Quello che hai fatto non è poi tanto diverso da quello che farebbero dei semplici zombie o dei lucertoloidi incazzati. –
Un moto di stizza attraversò il volto del mostro, ma a discapito di quello che Alan credeva, non raccolse la provocazione, limitandosi semplicemente a cambiare posizione sulla sedia.
- Non mi piace che mi si paragoni a un mostrucolo del vostro mondo, Slayer, ma d’altronde da esseri così abietti e ottusi non potevo sperare in una strategia diversa. Come ho detto prima, sono qui per parlare, non per combattere. Potrei uccidervi seduta stante, a te, alla piccola vampira e all’umano lì a terra, ma vorrei evitare. Mi sono sporcato abbastanza per oggi. – prese un fazzoletto nero dalla tasca e cominciò a pulirsi le mani, mentre la chiostra di zanne si ridimensionava a una semplice dentatura umana, - Allora, possiamo intavolare una conversazione civile? –
Alan fece un passo in avanti senza abbassare la guardia: - Cosa vuoi da noi? –
- Da voi? Da voi niente, mi interessano le informazioni che mi puoi dare tu su questa ciocca di capelli. Sai, appartengono a una persona che sto cercando da un bel po’ di tempo. –
- E chi ti dice che io sappia qualcosa? –
- Ti piace scherzare col fuoco? –
- Diciamo che le fiamme mi hanno sempre affascinato. –
- Pensi davvero di riuscire a ferirmi con quel pezzo di ferro? Non ti credevo così stupido, Slayer. -
Dalle ultime parole dell’Antico scomparve ogni forma di cortesia, rimpiazzata da un sibilo minaccioso e un'occhiata tagliente. Alan avanzò di nuovo, cauto, guardingo, con la spada alta davanti al viso. Sapeva che se avesse deciso di attaccarlo non avrebbe avuto scampo, però sperava che a una distanza più breve sarebbe stato più facile colpirlo.
La creatura si esibì in un ghigno raccapricciante.
- Sarebbe un'ottima strategia provare a colpirmi da più vicino. Davvero ottima, oserei dire che potrebbe anche funzionare, se solo avessi a che fare con uno dei tanti mostri che di solito combatti. È davvero un peccato che io non sia come loro. - commentò serafico.
- Non ho di certo intenzione di farmi ammazzare come un cane. –
- Mai detto questo, mi limitavo a renderti partecipe dei miei pensieri. – arrotolò la ciocca attorno al dito con espressione meditabonda, - Allora, dov’è questa Eluaise? Dove la stai nascondendo? –
A quell’affermazione, ad Alan venne da ridere. Riuscì appena a soffocare un risolino, mordendosi le labbra.
- Cosa ti diverte della mia domanda? –
- Solo il fatto che tu possa pensare che io la sta nascondendo. –
L’Antico lo scrutò un momento prima di rispondere.
- In effetti, se fosse qui con te, anche se si fosse lanciata gli incantesimi più potenti per non essere localizzata, riuscirei comunque a percepire la sua presenza. – si umettò le labbra, picchiettandosi l’angolo della bocca con l’indice, lo sguardo fisso sulla ciocca rossa, - Che dire? Quella donna non smette di sorprendermi. –
- Ne parli come se la conoscessi. –
- La conosco molto, molto bene e non serve che tu sappia in quali occasioni ci siamo incontrati. Come avrai sicuramente capito, i miei piani non ti riguardano, perciò non ha senso informarti, non riusciresti nemmeno a comprendere. - lo schernì e gli occhi neri emanarono un baluginio ferale.
Alan strinse l’elsa con rabbia, talmente forte da farsi sbiancare le nocche. Percepiva gli occhi di Maxwell e Rachel sulla schiena, la tensione contenuta in ogni loro respiro, ma non sarebbero intervenuti.
- Stai tremando, cacciatore? Sei forse preoccupato per l'amata? E dire che non è poi così diversa dalle altre mortali per quel che riguarda l’aspetto. Puoi trovarne tante altre come lei e sostituirla facilmente. –
- Zitto. –
- Va bene, va bene, non perdere la calma. – ridacchiò e alzò le mani in segno di resa, - Comunque sia, non ti devi agitare, non ho intenzione di torcerle nemmeno un capello. Vedi, lei è la mia chiave di volta, la chiave per raggiungere il potere. E io sono sempre stato affascinato dal potere. È banale, me ne rendo conto, ma quando voi mortali e tutte le creature degli altri mondi parlerete di me, non potrete non elogiarmi. – scoccò un'occhiata ad Alan, che non aveva ancora replicato, - Devo dedurre che non parlerai? -
La sua domanda riecheggiò nel silenzio, così scrollò le spalle rassegnato.
- Come vuoi, cacciatore, tanto qui nessuno ci sentirà. - sbuffò irritato e si alzò con movimenti aggraziati, eleganti, fluidi, quasi volesse rimarcare il concetto di essere su un gradino superiore.
D’un tratto tutta la stanza tremò e la porta esplose con una deflagrazione assordante. Nella figura che emerse dal fumo e dalla polvere Alan riconobbe Samuelle e rimase di stucco.
- Muovetevi! – esclamò.
- Non andrete da nessuna parte. - il mostro avanzò verso Alan, camminando tranquillo, con quel suo fastidioso ghigno stampato sulle labbra, - Ora da bravo, fatti spezzare le oss…- 
Non finì la frase.
Una raffica di proiettili gli fece esplodere il cranio, spruzzando materia cerebrale ovunque. Il corpo cadde a terra con un tonfo e il cacciatore con la coda dell’occhio scorse Rachel, il suo viso impassibile, lo sguardo fisso sul corpo a terra ai suoi piedi, le Bladegun fumanti strette tra le mani. Calò un silenzio agghiacciante. Un istante più tardi, il rumore di una sirena trafisse le orecchie dei presenti, rimbalzando da un muro all’altro dell’edificio.
 - Che fate lì impalati?! Sbrigatevi! Tagliamo la corda finché è fuori gioco! - li spronò Samuelle, spazientita dalla loro esitazione.
- Sam! - la chiamò Temarie e le andò incontro, - Meno male che sei arrivata! Io… -
- Mi sono preoccupata. Ho provato a chiamarti, ma non mi rispondevi. Quando poi Meredith mi ha detto di venire subito qui, mi sono accorta che c’era qualcosa di strano. -
- Meredith? Chi è Meredith? -
- È una storia lunga, dopo ti spiego. Ma cos’era quella creatura? Un mago? -
- Un essere che per il momento non ci darà più problemi. - disse Qayin, si spolverò i pantaloni e porse la mano a Gabriel per aiutarlo, - Dai, tirati su. -
Il ragazzo non si mosse. Osservava con crescente raccapriccio il corpo del mostro, paralizzato dalla paura.
- Gabriel, è tutto finito, tranquillo. - lo rassicurò Samuelle, accovacciandosi accanto a lui e accarezzandogli la schiena rigida.
A quel contatto, Gabriel si appiattì contro la parete e iniziò a urlare istericamente, sotto shock. Quando però incrociò gli occhi di Qayin, la voce gli morì in gola e ammutolì.
Maxwell mulinò l’ascia e, ancor prima che lo esortasse, Alan si era già allontanato da quel corpo che ora si ergeva in piedi dietro di lui, con i frammenti di pelle, ossa e cervello che strisciavano su di esso, dimenandosi come vermi mentre si ricomponevano. La mascella, che ea rimasta intatta, si mosse assieme alla lingua, emettendo un gorgoglio raccapricciante.
Rachel sparò ancora, senza indugi, fino a svuotare il caricatore. Il corpo dell'Antico sussultò, le braccia ondeggiarono mentre veniva trivellato dai proiettili, e anche quando quella tempesta di piombo terminò, continuò a tremare, scosso da spasmi incontrollati. Presto gli astanti compresero che la causa di quella specie di convulsioni era la carne che tentava di espellere i proiettili ancora fumanti, i quali precipitarono sul pavimento tintinnando, quasi a scandire un conto alla rovescia. 
Alan e Maxwell guardarono con occhi sgranati l’orrore che si stava svolgendo sotto i loro occhi.
- Via, via! Scappate! - gridò Qayin e si caricò in spalla Gabriel come se fosse una bambola.
Temarie e Samuelle seguirono il consiglio e scattarono leste verso la porta.
La cacciatrice si morse un dito e lasciò colare il sangue sulle rune presenti sulla canna. I simboli di Thuris, Tyr e Shita si illuminarono di un alone giallastro e un proiettile simile ad una saetta esplose in una ragnatela di fulmino contro la spalla della creatura.
- Vi copro io. – disse in tono neutro, senza perdere di vista l'Antico, e sparò ancora.
Il corpo del nemico perse l’equilibrio, indietreggiò e cadde. La scrivania di quercia si rovesciò e le fiale si ruppero sul pavimento. 
Alan e Maxwell afferrarono Rachel per un braccio e la trascinarono senza tante cerimonie oltre la soglia della stanza, attraverso il corridoio e poi giù per le scale. Arrivarono al piano terra e girarono a sinistra, ma l’odore forte del sangue che impregnava l’aria li dissuase dal proseguire. Imboccarono un corridoio, il primo alla loro destra, poi svoltarono in un altro che sbucava in una sala che sembrava l’ala di un museo, con tanto di piedistalli, teche e pezzi d’antiquariato. Non c’erano finestre, le fonti di illuminazione erano solo le luci incerte sul soffitto. Alan imprecò, stringendo l’elsa fino a farsi sbiancare le nocche.
- Di qua! - esclamò Maxwell, indicando una scala a chiocciola che scendeva.
Sfondò la porta in fondo alla rampa con un calcio e Alan lo sorpassò, tirandosi dietro Rachel. Poi si misero tutti e tre spalla a spalla, scrutando nella penombra, i sensi tesi e vigili.
- Quanti…? – domandò ansante Alan.
- Un altro. Non possiamo attirarlo fuori, scatenerebbe il caos in città. - disse Rachel.
- Tu credi davvero che riusciremo ad uscire vivi da qui? -
- Dobbiamo tentare. - la voce di Maxwell non lasciava trasparire alcuna emozione, come un soldato ben addestrato, - Ascoltate, lo stronzo dovrebbe ormai essersi ripreso, ma non so bene dove sia. L’altro ci sta alle costole. -
- Meglio dividerci. Io e Maxwell andremo avanti, mentre tu, Rachel, rimarrai qui. - propose Alan.
La cacciatrice annuì e tolse la sicura alle Bladegun.
- La gilda è stata costruita sulle rovine di un vecchio castello, il tunnel dietro quella porta dovrebbe portare fuori città. – disse semplicemente.
Alan spostò lo sguardo alle sue spalle, verso la porta in fondo alla stanza: - Non crepare. –
- Non accadrà. –
Maxwell non disse nulla.
Passò un lunghissimo istante e il tempo parve dilatarsi all’infinito. Poi i cacciatori si separarono e poco dopo il cigolio di una porta che si apriva e chiudeva riecheggiò sui muri di pietra.
Sebastian, che fino ad allora le era svolazzato intorno silenzioso, si posò sulla spalla della sua padrona.
- Desidera trasformarsi, signorina? Se mi permette, sarebbe l’opzione migliore. -
- Lo so, ma non subito. L’obiettivo è ancora troppo lontano. -
- Immagazzinerò un altro po’ di energia, allora. -
Il Gemren si piegò e le morse il collo, mentre un basso ronzio si diffondeva dappertutto.
 
Rachel lo percepì avvicinarsi quasi subito. Camminava lentamente, appoggiando con accortezza i piedi sul pavimento. Probabilmente sperava di coglierla di sorpresa, oppure era fin troppo sicuro di poter vincere.
Il cuore accelerò appena il suo battito e un fuoco conosciuto le incendiò il sangue, invadendole le vene e il cervello: l’eccitazione prima della caccia, l’unico sentimento che le era concesso di provare quando era in quella forma.
Quando l’essere entrò nella stanza, Rachel rimase immobile, godendosi la sua espressione stupita. Aveva l’aspetto di una giovane donna, con i lunghi capelli cinerei che le ricadevano languidamente in due code sul seno prosperoso. Le braccia, entrambe coperte da una fitta rete di tatuaggi che si inerpicavano fino alla parte destra del viso, ondeggiavano ad ogni passo, sfiorando con le unghie nere i calzoni di pelle stinta e la seta viola della tunica.
- Pensavo di dover combattere contro dei cacciatori di mostri, non contro una vampira. Anche se il tuo odore non ricorda molto quello dei tuoi simili. - disse, arricciando le labbra in un sorrisetto irritante.
La Slayer non raccolse la provocazione. Il morso che Sebastian le aveva lasciato sul collo sanguinava ancora, ma non le importava granché, non ora che era trasformata. Si mosse di lato, le Bladegun già puntate sul bersaglio.
- Ah, sì, giusto! Voi Slayer non siete veri mostri, Aedrihar me lo aveva accennato. Tanto meglio, mi sentirei quasi in colpa ad uccidere uno dei nostri. -
Aprì una mano e nello stesso momento in cui uno dei tatuaggi si illuminò apparve una spada nera, più lunga di una lama normale.
- Veniamo a noi, piccola vampira. –
Rachel allargò le gambe e cominciò a girarle attorno, accelerando e rallentando continuamente, una Bladegun vicino al petto, l’altra davanti al viso.
La donna mulinò la spada e la seguì con lo sguardo: - Questo trucchetto con me non funziona, cacciatrice, ma soprattutto mi annoia. –
Accorciò le distanze con uno scatto e calò un fendente dall’alto verso il basso con forza.
Rachel lo schivò e indietreggiò quel che bastava per sferrare subito un colpo, senza mettersi in posizione, senza nessun preavviso. Dall’incontro dei lynium e dell’acciaio scaturì un’esplosione di scintille.
- Non male. – commentò la donna, - Davvero, niente male. –
Si disingaggiò e, imitando quello che aveva fatto la cacciatrice, sferrò un fendente diagonalePerò, un attimo prima che le lame si sfiorassero, le girò attorno e tentò un affondo al fianco. Rachel parò, sfruttò il suo slancio per farle abbassare la spada e attaccò con l’altra Bladegun. Come se se lo fosse aspettato, la donna scattò in avanti, eseguì una piroetta e rispose con un altro affondo, veloce e preciso. Rachel sentì la carezza dell’acciaio a un pollice dal viso, ma riuscì a balzare indietro ed evitare per un soffio che le portasse via un orecchio. Poco dopo avvertì il sangue scorrerle sulla guancia.
Cominciò a indietreggiare.
- Ahi, ahi, ahi… sei stata avventata. - la derise e falciò l’aria con ampi movimenti della spada, - Questa volta ti è andata bene, ma la prossima? Dai, stai più attenta, non vorrei mai sfregiare ancora quel tuo viso così carino. -
Rachel arretrò e si mise sulla difensiva.
- Se continui così, finirai contro il muro. –
- Se continui così, finirai contro il muro. - le fece notare divertita.
La cacciatrice lo sapeva perfettamente, ma non le importava. Doveva prendere tempo, sia per concedere ad Alan e Maxwell un vantaggio, sia per trovare il punto debole del nemico.
- Aspetta, ora ho capito. Sei qui per i tuoi compagni, giusto? Ah, che dolce, pensi prima a loro che a te stessa. Quasi mi commuovo. - si umettò le labbra con la lingua nera, biforcuta come quella di un serpente.
Le si gettò addosso, eseguendo una lunga serie di colpi, la lama che sibilava attorno a lei in finte fulminee. Rachel divaricò le gambe e attese che arrivasse a portata, che credesse di averla sopraffatta. All’ultimo si girò e simulò anche lei un colpo da destra e, quando la donna esitò, affondò con l’altra Bladegun, talmente velocemente che la donna riuscì a malapena a difendersi. Indietreggiò e per un istante, barcollò e a Rachel quella frazione di secondo bastò. La lama si insinuò nella sua guardia, la sorpassò e affondò, descrivendo con un sibilo una diagonale perfetta dalla spalla al petto. La stoffa si lacerò e il sangue schizzò a terra.
Negli occhi della donna si accese un barlume animale. Rispose con furia, con la stessa rabbia di una tigre a cui vengono portati via i cuccioli. Se la cacciatrice non fosse balzata di lato, probabilmente quel colpo le avrebbe staccato un braccio.
- Schifosa! Ti stacco la testa, ti faccio a pezzi! - sbraitò collerica.
Rachel si abbandonò a un sorriso, dettato dalla consapevolezza che quell’essere non era come l'altro Antico.
Prese a camminare verso di lei, senza esitazione, con spada davanti al viso pronta a colpire. La ingaggiò subito, costringendola sulla difensiva. Attaccava così in fretta che Rachel non poteva rischiare né un affondo né una finta, doveva continuamente schivare senza permettersi il lusso di allontanarsi.
La pressava colpendo in croce, spingendola contro un’altra parete, una parete da dove non avrebbe più avuto lo spazio di muoversi. Se fosse finita lì, non avrebbe avuto scampo.
Spostò appena lo sguardo alle sue spalle, il minimo per scorgere la rampa di scale che si inerpicava giù, fino al piano superiore.
Un lampo, un’intuizione.
Passò dalla parata al colpo nello stesso istante in cui la donna descriveva il secondo, rapido fendente. Le due lame si incontrarono, si scontrarono, gemettero in uno stridio assordante. Quella di Rachel scivolò di lato, permettendole di aggirare la sua avversaria e di andarle alle spalle. La donna si girò, mulinando quasi alla cieca un ampio colpo dove presupponeva lei fosse, ma la mancò di un pelo e rimase scoperta. Rachel scattò e la colpì con forza con un calcio all’addome che le fece perdere l’equilibrio. Barcollò senza più fiato, con il sangue che ormai le aveva infradiciato la veste. Solo quando il suo piede incontrò il vuoto del primo scalino, capì di aver perso, lo capì quando un proiettile la passò da parte a parte facendole esplodere il cuore in una pioggia di scintille e carne.
Risuonò un gemito, poi la donna spalancò ancora di più gli occhi. Poi cadde a terra in una nuvola di polvere. Una chiazza nera si spandeva sotto di lei, gocciolando sugli scalini in un lento stillicidio.
La cacciatrice si affacciò dalla cima della rampa e scrutò nell’oscurità. La scorse mentre provava a sollevare la testa, a muovere le braccia, le gambe. I suoi lamenti riecheggiavano nell’aria pregna del tanfo del sangue. Rachel torreggiò su di lei senza dire una parola, con le rune della Bladegun fumante che brillavano nella penombra. Voleva che si imprimesse per bene la sua faccia nella memoria, la faccia della Slayer che l’aveva sconfitta.
La creatura la fissò con uno sguardo carico d’odio, mentre osservava impotente la sua figura farsi più piccola, il seno sparire e il viso assumere i tratti delicati e acerbi di una ragazzina di quattordici anni.
- Sei un mostro… - esalò, poi scoppiò a ridere, un gorgoglio agghiacciante che la scosse come se fosse in preda agli spasmi della febbre, - Non… non hai ancora vinto. - sibilò con voce roca, - Io non posso morire. È stato un bello spettacolo, ma non è ancora terminato. Aedrihar ha avuto tutto il tempo di rimettersi in forze e adesso sarà sulle tracce dei tuoi compagni. Li starà già massacrando. -
- Allora è meglio che mi sbrighi. - considerò Rachel con espressione granitica e si allontanò.
Andò a recuperare Sebastian, che giaceva spento in un angolo polveroso della stanza. L'energia rilasciata per permetterle di trasformarsi lo aveva quasi completamente scaricato. Ci sarebbe voluto un po’ prima che la pietra del potere si riattivasse.
Una risata sommessa rotolò fuori dalle labbra della donna.
- Non arriverai mai in tempo. -
Rachel girò appena la testa nella sua direzione, dopodiché oltrepassò la porta a passo di marcia. Fu forse per questo che non udì la formula magica e il battere di mani dietro di sé.
 
Risuonò un rombo, uno schianto talmente violento da far fuggire gli uccelli.
- Attento Alan! -
L’Antico si scagliò su Alan come un dardo scagliato da una balestra. Con in bocca il sapore del sangue, il cacciatore piegò le ginocchia e bloccò l’artiglio a poca distanza dal viso. In quel momento, Maxwell gli balzò addosso da dietro e vibrò un colpo d’ascia con tutta la sua forza. Il mostro schivò agilmente, con grazia, lo affiancò e tornò all’attacco spalancando le fauci. Fu solo grazie ai riflessi fulminei da Lycan che Maxwell riuscì a balzare indietro giusto in tempo.
- Ah, quanto siete testardi. – si umettò le labbra con la lunga lingua biforcuta, - Era da molto che non incontravo qualcuno capace di farmi divertire così. –
I due Slayer non dissero nulla. Riprendevano fiato, puntando con entrambe le mani le armi verso di lui. La radura in cui si erano ritrovati alla fine del tunnel, sarebbe stata un’ottima arena se il loro avversario non fosse stato quell’essere. Con i deboli raggi del sole che proiettavano le ombre degli alberi sui loro visi, Alan sputò a terra un miscuglio di saliva e sangue.
L’Antico indietreggiò e si lecco gli artigli arrossati: - è davvero un peccato che siate dalla parte sbagliata. Siete ancora in tempo per fare la scelta giusta. Ditemi quello che sapete e vi concederò di entrare tra i miei seguaci. –
- Fottiti. -
Maxwell scattò in avanti, menando un violento fendente che squarciò l’aria in un sibilo, mentre Alan tentava un affondo al fianco. Entrambi i colpi andarono a vuoto. Quando il Lycan si accorse degli artigli del mostro, era già troppo tardi. Le unghie uncinate affondarono nella pelle, gli straziarono la guancia fino a sotto la mascella, portandosi via anche l’occhio destro.
Maxwell guaì di dolore, il sangue che usciva a fiotti inzuppandogli i capelli e la casacca nera. L’Antico ridacchiò e lo attaccò nuovamente, stavolta mirando alla gola, ma Alan si frappose tra i due. Spostò il peso sulla gamba sinistra e descrisse un semicerchio con la spada, mancando di nuovo il bersaglio, ma costringendo il mostro ad allontanarsi.
 - Siete testardi. Vi ho detto che non potete sconfiggermi con simili trucchetti. Mi avete trascinato qui, lontano da tutti, ma a me non cambia assolutamente nulla. - ghignò cattivo e scrutò Alan con malcelata impazienza, - Il tuo amichetto potrebbe morire dissanguato. Se mi dicessi quello che sai, gli salvaresti la vita. -
Alan sbirciò in direzione di Maxwell e si sentì schiacciare dall'angoscia. Il Lycan ansimava pesantemente, ogni respiro strozzato pareva l'ultimo, e fissava con l’unico occhio rimasto l’Antico. Alan lo aveva avvertito di non seguirlo, ma l'altro era stato irremovibile, come era accaduto durante la battuta di caccia che gli era valsa la nomina di Slayer, quando Maxwell aveva lasciato che la sua parte mostruosa prendesse il sopravvento per salvarlo, altrimenti sarebbe morto.
Cogliendo l’esitazione nei suoi occhi, l’Antico continuò con un ghigno compiaciuto: - Dai, non hai motivo di diffidare di me. Siamo molto più simili di quello che credi, te lo posso assicurare. So che ti hanno insegnato a detestarmi, ma questa tua cocciutaggine potrebbe costarti molto. È ovvio che non puoi vincere, tanto vale cercare di trarre qualche vantaggio da questa situazione e provare ad uscirne senza lasciarci le penne. -
- Ci ammazzerai comunque una volta ottenute le informazioni che desideri. – ringhiò Maxwell.
- Sei così diffidente, lupo? Ti sto offrendo una via di fuga, perché mai… -
Alan lo ingaggiò prima che terminasse la frase. Fece tre salti in avanti, un mezzo giro e una finta da destra. Il mostro abbassò la guardia quel secondo necessario perché lui potesse agire. La lama non incontrò resistenza. Un grido di dolore vibrò nell’aria, un grido che nelle orecchie del cacciatore risuonò come una gradevole melodia, ma che non durò che un istante.
Maxwell, l’ascia sollevata per colpire, gli balzò addosso, ma l’Antico reagì molto più velocemente. Tirò un’artigliata ad Alan e si allontanò prima riuscisse a colpirlo. I due cacciatori l’osservarono, mentre caracollava al limitare della radura, ma nessuno dei due riusciva a muoversi per attaccare. Erano stanchi e questo anche l’Antico lo sapeva. Probabilmente, era proprio su questo che contava, che prima o poi le ferite e il sangue perso gli avrebbero fatto fare un errore mortale.
Si scambiarono una rapida occhiata, poi Maxwell caricò a testa bassa, mulinando velocemente l’ascia per tentare di disorientare il mostro, che gli andò incontro inferocito. La ferita aperta sanguinava sempre meno, si stava rimarginando troppo in fretta. L'impatto dell'ascia sugli artigli provocò una piccola esplosione di scintille.
Ci fu un breve scambio di colpi tra i due, prima che anche Alan intervenisse. Gli andò addosso, compì tre piroette, schivò un’artigliata che gli descrisse una sottile linea rossa sul collo e passò la spada nella sinistra. Con una torsione del busto, diede un colpo forte, vigoroso, un colpo che avrebbe tranciato di netto il braccio a un uomo, ma la lama rimase bloccata tra l’omero e la clavicola incapace di penetrare oltre. L’Antico si svincolò, colpì con gli artigli della destra, facendogli perdere la presa sull’elsa. Poi alzò l’altra, già pronto ad attaccare di nuovo quando Maxwell afferrò l’ascia a due mani, compì un mezzo giro e affondò. Affondò con sicurezza, con la fluidità di chi ha una grande padronanza dell’arte della guerra. Il sole scintillò sulla lama che scivolava dietro di lui, trascinandosi dietro una parabola di goccioline rosse. L’Antico annaspò, fece due passi con il sangue che gli usciva dalla bocca e un sorriso odioso che gli increspava le labbra. Poi la testa cadde con un tonfo appena udibile nell’erba. Nello stesso istante, l’ennesima nuvola si addensò davanti al sole.
- Ce… ce l’abbiamo fatta… - domandò Alan.
Maxwell scrollò il capo. Si accostò alla testa mozzata e mise il piede sulla guancia insanguinata, osservando con palese disgusto il corpo scosso da spasmi del nemico, che giaceva tra le ortiche e le erbacce.
- Questo stronzo è ancora vivo. Potremmo cavargli qualche informazione, ovviamente stando bene attenti a non riunire le parti. -
Alan sghignazzò, rinfoderò la spada e sollevò il corpo dell’Antico per le braccia, cominciando a trascinarlo verso il bosco. Quando stava per lasciarlo, un brivido gli corse lungo la schiena e la sensazione d’essere osservato gli stritolò le viscere. Alzò piano gli occhi e perlustrò i dintorni fino ad incontrare quelli della figura che era apparsa ai margini della radura. Camminava sfiorando appena il terreno con i piedi nudi, la larga gonna di lino che accarezzava i fili d’erba ad ogni suo passo. I capelli le volteggiavano davanti al viso come alghe nere sospinte dalla corrente. Di fianco a lei, sorretta da una fitta rete di lucenti corde violacee, volteggiava una donna con la parte destra del viso coperta da tatuaggi. 
Non appena li raggiunse, l'Antico gemette. Maxwell calcò ulteriormente il piede sulla guancia per farlo tacere.
- Chi sei? - ringhiò.
Le labbra rosse della donna si incresparono in un sorriso bonario e indicò con un cenno la testa sotto il suo stivale: - Sono la compagna di quello lì. -
In seguito, batté le mani scandendo una bassa litania. Entrambi gli Slayer furono sbalzati via come se fossero stati colpiti da un ariete, andando a schiantarsi contro gli alberi. La corteccia si spaccò sotto le loro schiene e si frantumò in piccole schegge, che caddero ai loro piedi assieme ad aghi di pino e rametti spezzati.
Ad Alan occorse un bel po' per tornare a mettere a fuoco il paesaggio, soprattutto per scacciare i puntini neri. Quando una potente stilettata di dolore gli trafisse il cervello, sgranò gli occhi e incamerò in una volta sola più ossigeno che poté per soffocare l'urlo sofferente che gli era risalito in gola. Digrignò i denti e guardò preoccupato Maxwell, svenuto accanto a lui.
- Scusate i modi rudi, ma non credo che me lo avreste restituito spontaneamente. - disse la donna e avanzò verso il compagno, - Ah, questi giovani! Sempre così affamati di gloria. Io avevo detto loro di non fare sciocchezze, ma come al solito non mi hanno ascoltata. -
Mentre le stesse corde che sorreggevano la donna tatuata si avvolgevano attorno alla testa e al corpo dell’Antico, Alan si prese il suo tempo per osservarla. Emanava la stessa aura opprimente che aveva percepito quando erano all’interno della gilda, anche se molto più forte. Il solo guardarla gli toglieva il fiato.
Prima che le corde lo allontanassero troppo, la donna tese l’orecchio per ascoltare il flebile sussurro che uscì dalle labbra cianotiche del suo compagno.
- Siete rimasti voi due. La vostra amica vampira non sapeva nulla. Peccato che Aedrihar mi abbia già rivelato chi è la nostra fonte d’informazioni, mi sarei divertita di più a scoprirlo da sola. -
- Cosa hai fatto a Rachel? - ringhiò il cacciatore e tentò di alzarsi, ma una fitta lo accecò e ricadde a terra.
- Ho soltanto rovistato nella sua mente, niente di più. Se mi dirai quello che sai sulla tua amica rossa, eviteremo tanti inconvenienti. Spero tu sia collaborativo. -
Alan la fissò negli occhi e sputò. L'altra inarcò un sopracciglio e sbuffò infastidita, poi azzerò la distanza in un secondo e lo afferrò per la gola. Lo Slayer rantolò e si dimenò come un ossesso, cercando disperatamente di liberarsi da quella morsa d'acciaio. Le mani della donna erano arroventate, sembrava fossero fatte di metallo incandescente.
Ormai un fitto banco di nubi aveva inghiottito il sole e le ombre si allungavano come se fossero dotate di vita propria.
- Te lo chiederò un’ultima volta: vuoi dirmele te le cose, oppure devo fare a modo mio? -
Alan, per quanto gli era possibile, scosse la testa e le sputò in faccia in un sibilo strozzato.
- Molto bene. Speriamo che il tuo cuore sia abbastanza forte, allora. - chiocciò la donna, impaziente di dare inizio ai giochi.
All'improvviso Alan si sentì schiacciare da una forza invisibile. Dei tentacoli simili a serpenti si infilarono sotto la pelle, invadendogli il cervello e violandogli i ricordi. Lanciò un grido agonizzante, che riecheggiò nel bosco per svariati istanti. Il suo corpo venne scosso da violente convulsioni, gli occhi si rovesciarono mostrando solo il bianco e le vene del collo si ingrossarono per lo sforzo di resistere alla tortura. Infine, lentamente, si arrese al supplizio: le sue membra si immobilizzarono e rimase appeso per il collo come una marionetta priva di fili.

  
  
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