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Autore: Enedhil    04/06/2016    1 recensioni
È il primo Marzo dell'anno 3019 della Terza Era della Terra di Mezzo. La notte è scesa su Minas Tirith e il nuovo Re di Gondor, dall'alto delle mura, è in attesa di quell'alba che darà inizio al suo regno. Ma non è solo. Al suo fianco, come sempre, l'amico che l'ha accompagnato fino a quel momento e che, ancora una volta, gli terrà la mano ricordando con lui il loro passato, prima che il nuovo giorno cominci.
[Prima parte della serie "Dall'Oscurità Alla Luce"]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aragorn, Eomer, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dall'Oscurità Alla Luce'
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~ 14 ~

I due amici proseguirono verso l'Albero Bianco di Minas Tirith, mano nella mano, bagnati dai tenui raggi di sole che lentamente si rialzava alle loro spalle.
Le corone di Gondor e della Foresta di Foglieverdi erano posate sulle loro teste per donare al sovrano degli Uomini e al principe degli Elfi quella regalità che spettava loro di diritto ma che entrambi sembravano accantonare spesso con noncuranza per dare importanza ad altri ideali.

Un soffio di vento rialzò i lembi della tunica che l'elfo portava ancora aperta sul petto, sospingendoli in avanti con forza e i lunghi rami dell'Albero a pochi passi da loro si scossero, come svegliati di soprassalto, lasciando ricadere diversi petali bianchi sul terreno circostante.

All'improvviso un potente tuono rimbombò nel silenzio e grandi nuvole scure e veloci nascosero il sole, celandolo di nuovo alla vista quasi non fosse mai comparso. Il cielo, fino a poco prima limpido e costellato di stelle, si coprì diventando grigio e carico di pioggia... e quel vento che aveva fatto notare la sua presenza pochi istanti prima, iniziò a soffiare con prepotenza.

Aragorn e Legolas si fermarono con un'espressione turbata e sorpresa sul viso e lentamente si voltarono l'uno verso l'altro e poi all'indietro per osservare coi propri occhi quello che già si aspettavano di vedere, senza però allentare la stretta che li univa.

“Non è ancora l'alba,” esclamò l'elfo, riportando poi subito l'attenzione sul compagno.
Istintivamente posò la mano destra sulla sua guancia e si chinò in avanti per baciarlo ancora una volta, lievemente e teneramente come poco prima.

“Non ci sarà un'alba quest'oggi,” gli mormorò l'uomo appena lo vide allontanarsi. Senza pensare a niente lo ritirò di nuovo a sé per la mano che ancora teneva la sua e con decisione posò le labbra sulle sue.

Un altro bacio più forte dei precedenti ma con l'identica carica di affetto in quell'unione che rimase sempre superficiale.

E un altro tuono scosse il cielo nuvoloso sopra di loro.

La mano di Aragorn lasciò allora quella dell'amico per potergli cingere la vita con entrambe le braccia e rialzarlo da terra. Senza interrompere il bacio, Legolas mise le mani sul viso dell'uomo per carezzarlo. Percorse con le dita le guance e le tempie e quando arrivò alla fronte, cinta dalle ali argentate di Gondor, non si lasciò intimorire e proseguì, spingendo oltre il suo capo la corona che ricadde a terra in un tonfo sordo, quasi fosse più pesante rispetto a quanto sembrasse in realtà.

Le prime gocce di pioggia tintinnarono su quell'argento lasciato abbandonato sulla nuda pietra e le dita dell'elfo scivolarono tra i capelli ora liberi del compagno, fino a fermarsi dietro il suo collo.

L'uomo proseguì lentamente per coprire la breve distanza che li divideva dall'Albero Bianco e quando lo raggiunsero, lasciò scendere a terra l'amico solo per spingerlo contro il tronco.
“Uno...” iniziò a contare, sorridendogli per qualche attimo, prima di baciarlo ancora una volta “...due...” e ancora “...tre...” e ancora.

“Non mi hai bloccato schiena a terra!” ribatté Legolas rapidamente cercando di spingere lontano il re di Gondor, ma questi lo precedette, afferrandogli i polsi per portarglieli sopra alla sua testa, contro l'albero.

“Ma sono comunque sopra di te!”
Aragorn premette con più forza le labbra contro le sue mentre con le dita gli percorse le braccia per poter arrivare al suo viso, e a sua volta gli liberò la fronte dalla sottile corona argentata, lasciandola cadere ai loro piedi.
“Quattro...” un profondo sospiro e rialzò lo sguardo su di lui come in attesa di un permesso per poter continuare.

“Cosa vuoi, Aragorn?” gli bisbigliò l'elfo sorridendogli quando gli parve di intuire qualcosa nei suoi occhi: una richiesta alla quale già sapeva di non poter fare a meno di acconsentire.

“Voglio ricordare,” rispose l'uomo con un filo di voce mentre con la punta delle dita gli sfiorava le labbra. “Voglio ricordare quella notte.” Le vide socchiudersi leggermente ed allora con l'indice gli percorse l'interno del labbro inferiore e il profilo dei denti. “Voglio ricordare quello che ci siamo scambiati.” Respirò profondamente nel sentire la sua lingua lambirgli in modo appena percettibile e involontario le dita. “Voglio ricordare ogni cosa!” le allontanò da lui e se le portò tra le proprie labbra, chiudendo gli occhi per riuscire a sentire il suo sapore.

A quel gesto, Legolas si lasciò sfuggire un sospiro.
“Allora guardami. Voglio...” si fermò un istante e sorrise “...voglio guardare i tuoi occhi!”

“E cosa vedi nei miei occhi?”

“Vedo il tuo spirito che è ancora all'estenuante ricerca di qualcosa,” rispose subito l'elfo, inumidendosi le labbra. “E so cosa sta cercando.” Alzò una mano e passò la punta delle dita lungo il suo viso. “Cerca l'uomo che hai sempre voluto essere. Guarda nei miei occhi e lo vedrai.”

“Ho sempre ritrovato...”
Aragorn si bloccò all'improvviso, lasciando a metà quella frase quando un fulmine illuminò il cielo alle sue spalle, ma quel bagliore gli parve di averlo visto proprio davanti a sé.

Ho sempre ritrovato me stesso nei tuoi occhi...

“Ho sempre ritrovato me stesso nei tuoi occhi,” ripeté allora debolmente ma con un tono interrogativo, come se chiedesse a se stesso se fosse quella la frase giusta da dire.

Legolas inclinò la testa di lato, guardandolo piacevolmente sorpreso nell'udire le stesse parole che l'altro aveva pronunciato quella notte e si rese conto di non poter più tornare indietro.
Oramai la porta della memoria era stata aperta, servivano solo le azioni giuste per spalancarla completamente.

“Sei confuso ora?” gli chiese allora, posando le mani sul suo petto e quando lo vide scuotere la testa seppur con un'espressione non del tutto convinta, cercò di far scattare quella scintilla che era servita in quella notte lontana.
Lo spinse con forza all'indietro, facendolo barcollare e quando incrociò di nuovo il suo sguardo allibito, si sfilò la tunica superiore che era rimasta aperta, gettandola poco distante.

Un altro potente tuono e la pioggia, fino a quell'istante appena accennata, aumentò di intensità, iniziando a tamburellare sulla pietra e su di loro.

“Colpiscimi, Aragorn! Lotta con me!” allargò le braccia sui lati e con le mani gli fece cenno di attaccare.

L'uomo si passò una mano sul viso, ormai costellato da gocce d'acqua e fece un passo per avvicinarsi a lui.
“Devo lottare con te anche quando la mia intenzione è...”

...è quella di amarti?

Un nuovo lampo di luce e abbassò la palpebre quando le gambe gli tremarono, facendolo traballare sui propri piedi.

“Devi lottare con me perché ti piace!” ribatté l'elfo, facendo un passo per raggiungerlo. Chiuse i pugni sul suo abito e lo strattonò contro di sé .“Perché ti piace che sia...”

“...così tra noi,” terminò Aragorn fissandolo intensamente. Accennò un sorriso ma poi di scatto gli afferrò i polsi e si liberò dalla sua stretta, solo per spingerlo con violenza contro il tronco dietro di lui. Tentennò qualche istante con lo sguardo che vagava dai suoi occhi alle sue labbra socchiuse ma poi bisbigliò quell'ultimo numero che lo separava dalla vittoria: “Cinque!” e con sicurezza posò la bocca sulla sua.
Cercò subito quel contatto più intimo del quale non aveva mai avuto la necessità e appena lo ottenne venne percorso da un'ondata di luce come se quei fulmini che gli annebbiavano la vista ora fossero entrati lungo il suo corpo attraverso quel bacio profondo.

'Perché sei così ostinato nel volermi baciare?'

'Perché.. non l'ho mai fatto...'

'Ci sono molte cose che non hai fatto con me...'

Un calore violento che gli impediva quasi di respirare.

'Mi hai quasi tolto il fiato! Com'è possibile? Non ho mai provato niente di così... intenso!'

'Mi dispiace... io... era questo che temevo prima... che baciandoti il mio spirito si risvegliasse in questo modo e cercasse il tuo... è qualcosa che devo tenere sotto controllo o rischierò di farti bruciare...'

'Oh, mi fai di certo bruciare con baci come quello...'

Riaprì gli occhi e lo vide.
Vide quello che stava sentendo dentro di sé. La pelle candida dell'elfo che irradiava un'intensa luce ma il suo viso era accigliato in un'espressione di tentato autocontrollo.
“Posso farcela,” gli sussurrò sulle labbra, sfiorandogli il viso col proprio. “L'ho fatto quella notte... non temere.” Appena l'elfo annuì, catturò di nuovo la sua bocca per un altro bacio passionale che si interruppe però nel momento in cui percepì le dita del compagno cercare di aprirsi l'abito senza però riuscirci. “Aspetta...” si chinò leggermente, approfittando di quella posizione per baciargli il collo, mentre con la mano scendeva lungo la propria gamba per raggiungere lo stivale, dal quale estrasse il coltello che lo aveva accompagnato durante la Missione dell'Anello, dono degli Elfi di Lórien.

“Perché porti con te quel pugnale?” esclamò Legolas con un sorriso sorpreso e divertito. “Sei re e hai delle guardie col compito ben preciso di proteggere la tua persona.”

“Non vorrei nessuna delle mie guardie qui a fare... questo!” indirizzò la lama verso di lui e con dei movimenti sicuri del polso taglio tutti gli alamari fino a raggiungere la cintura di stoffa che l'elfo aveva stretta in vita. Senza indugiare, lacerò anche quella, facendola finire ai piedi dell'Albero.

Legolas spalancò la bocca allibito ma poi si perse in un sospiro quando l'altra mano del compagno rifece lo stesso percorso dal collo al profilo dei pantaloni, questa volta però col palmo sulla nuda pelle.

“Più i nostri corpi sono in contatto, più possiamo... percepire l'uno dall'altro, giusto?”

“Sì, questo lo ricordi?” gemette, inclinando indietro la testa quando sentì nuovamente quella carezza percorre ogni muscolo del suo petto e dell'addome che ora si stava bagnando per via della pioggia.

“Sto iniziando a ricordare.”

“Allora è meglio non fermarsi!” Con quelle parole prese dalla sua mano il pugnale e, indirizzando la lama contro di lui, tagliò ogni singolo laccio della tunica che indossava, aprendo poi i due lembi di stoffa, aiutandosi anche con l'altra mano.

“Cosa ne è stato del rispetto per chi ha passato intere giornate per preparare questo abito? ” ribatté l'uomo divertito, lasciandosi sfuggire però un sospiro di inaspettato piacere quando sentì lungo il corpo nudo prima le dita dell'elfo e poi la lama del suo stesso pugnale che lievemente gli rasentava la pelle bagnata.

“Lo riparerò con le mie mani se sarà necessario.”

“Ora fa qualcosa d'altro con le tue mani,” replicò subito, cercando di nuovo le sue labbra che l'elfo però gli impedì di raggiungere, puntandogli le lama alla gola.

“Sei davvero sicuro, Aragorn? Questa volta non potrai più tornare indietro.”

“Non voglio tornare indietro.”

Il tempo di un sospiro e Legolas gettò di lato il pugnale, mettendo poi entrambe le mani sul corpo dell'uomo, una dietro al suo collo e l'altra sulla vita per tirandolo a sé e concedergli quel bacio agognato.
Una danza passionale che passò da una bocca all'altra per un lungo momento, mentre i due compagni, ora completamente adagiati l'uno contro l'altro, si stringevano noncuranti della pioggia che ormai li aveva completamente inzuppati da capo a piedi.

Come in un passaggio naturale e obbligato, le labbra di Aragorn lasciarono quelle dell'amico e proseguirono lungo il suo mento per salire al lobo dell'orecchio ed allora udì la voce dell'elfo debole e tremante.

“Non è necessario... non devi farlo per...”

“Shh... lasciamelo fare per questa volta,” replicò, sfiorandogli il profilo ad ogni parola. “È un'altra di quelle cose che non ho mai fatto con te...” proseguì e raggiunse la punta “...e lo so che non sei un giocattolo. Desidero solo che tu senta le mie attenzioni attraverso le mie labbra e non per via della mano di un altro.” La succhiò debolmente e ripeté quel percorso più volte, lambendolo con la lingua e carezzandolo la volta successiva, sorridendo soddisfatto di come l'elfo si inarcava contro di lui con le dita strette tra i suoi capelli come se volesse, da una parte allontanarlo e dall'altra tenerlo ancora di più contro di sé.
Si perse in quei gesti estremamente intimi e sensuali, passando da un orecchio all'altro come se ormai fosse diventata una cosa a cui era abituato, continuando però a sorprendersi della reazione che poteva ottenere con quella semplice azione. Percepì i suoi gemiti crescere di frequenza e intensità e sentì chiaramente il corpo del compagno scaldarsi mentre la sua pelle candida assumeva quel chiarore pallido e irreale... e con la coda dell'occhio vide la sua mano posarsi con forza sul tronco per tentare di controllarsi.
Allora fece scivolare la propria lungo il suo braccio fino a raggiungerla per poterla stringere come quella sera.
Quando intrecciò le dita con le sue, si allontanò dal lato del suo viso e poté scorgere quelle labbra socchiuse davanti a sé incurvarsi in un dolce sorriso.

Ed udì la sua voce, ora con un tono fiero e risoluto nel quale si avvertivano i millenni di saggezza e conoscenza di quella vita eterna che trascorreva in lui.

“Respira e prendi la mia luce dentro di te!”

Ad essa si unì la stessa voce nella sua mente, come un eco sospirato e bruciante di desiderio:

'Thuio a gado i galad nîn ned o le!'

Nel sentire quella richiesta alla quale già una volta il suo spirito aveva ceduto, chiuse gli occhi e, facendo scivolare l'altra mano sulla sua schiena, sotto la stoffa dell'abito aperto, lo strinse a sé con fare possessivo.

Un intenso e accecante bagliore illuminò quel luogo e ai piedi dell'Albero Bianco di MinasTirith, il tempo si fermò.
La pioggia che scendeva incessantemente su di loro dal cielo plumbeo, diminuì di velocità fino a dissolversi e trasformarsi in impalpabile nebbia, non appena entrava in contatto con quella luce che si sprigionava dalle due figure unite, diventate ora quasi irreali ed evanescenti.
Gli stessi rami dell'Albero, fino a poco prima scossi con violenza dal vento, rallentarono la loro andatura frenetica, assumendone una lenta e fluida.

E in quel preciso punto, dove Terra e Cielo si stavano incontrando per dei momenti di pura estasi, dove il passato svaniva in un eco lontano a confronto dell'eterna passione che si stava consumando, il re di Gondor posò la testa sulla spalla del compagno con le labbra socchiuse contro il suo collo come se stesse bevendo quel calore direttamente dalla sua pelle.

“Lasciati andare, Estel,” gli bisbigliò l'elfo all'orecchio quando sentì la mano sulla propria schiena chiudersi a pugno come se temesse quello che ancora non era avvenuto. “Non mi farai alcun male.” In quell'istante entrambe le mani dell'uomo si allontanarono da lui, solo per posarsi con una nuova forza sulla sua schiena.
Lungo il suo corpo iniziò prepotentemente a scorrere quel fiume di ardente argento che già aveva provato una volta dentro di sé. Insieme al suo sangue, percorse ogni fibra del suo essere a partire dal punto in cui le mani di Aragorn lo stavano accarezzando, disegnando ogni vena fino a formare un'intricata ragnatela luminosa.

E anche l'uomo spalancò gli occhi nel sentire il proprio potere percorrergli le braccia e fluire intensamente nel corpo del compagno, insieme a quella stessa luce che stava ricevendo in dono.

Quell'unione crebbe impetuosamente dentro di loro, come un immenso globo di fiammeggiante lava circondata da continui lampi altrettanto ardenti, e portò i loro corpi a cercarsi con sempre più bramosia, in movimenti violenti e sfrenati, fino a perdersi in una bruciante esplosione di luce, calore e passione.

Quando i due spiriti raggiunsero quell'apparente stato di appagamento, si placarono all'improvviso, lasciando i due corpi ansimanti ed esausti sotto la persistente pioggia che ora aveva ricominciato a scendere su di loro.

“Non mi addormenterò subito, vero?” sussurrò debolmente l'uomo contro la sua pelle ancora bollente.

“No,” bisbigliò Legolas e sorridendo, appoggiò stancamente la testa al tronco. “Nessuno ti costringerà a farlo questa volta, ma non chiedermi altro perché ancora non saprei cosa risponderti.”

“Il mio corpo...” iniziò comunque Aragorn, spostando la mano che era finita sotto la coscia del compagno durante quei momenti di scatenato trasporto. “Non so spiegarmelo. Ho raggiunto il piacere fisico senza rendermene conto come invece di solito mi accade. Ero quasi accecato da quello che sentivo scorrere dentro di me.”

“Lo so,” rispose l'elfo, facendo scivolare il dorso delle dita lungo il petto bagnato dell'uomo fino al ventre, compiacendosi nel vedere i muscoli contrarsi e tremare ancora una volta a quella debole carezza. “Non è solo un'unione puramente fisica... e per la verità potrebbe non esserlo per niente ma forse per voi Uomini questo lato estremamente carnale è qualcosa di indispensabile, a quanto mi è sembrato di capire ed è... ad ogni modo, incredibilmente più appagante.”

“Non era una domanda,” disse il re di Gondor, rialzando la testa per guardarlo con un sorriso. “Lo stavo solo dicendo a me stesso perché non lo credevo possibile.”

“Inizia a crederci allora, perché lo hai appena vissuto... di nuovo.”

“E non ti azzardare a farlo con un altro Uomo per verificare la tua teoria!”

Legolas rise divertito e salì con le dita fino al suo collo per passargliele delicatamente lungo la gola.
“Non conosco molti Re col potere di guarire nelle mani e l'antico sangue dei Dúnedain che scorre nelle loro vene ai quali ho già donato la mia luce.”

“È un ordine!” gli mormorò Aragorn sulle labbra con un'espressione seria sul viso.

“Oh... il tuo primo ordine da sovrano. Allora non posso che eseguirlo.”

Si guardarono in silenzio per un lungo momento con lo sguardo che prima si incrociava per poi scendere sulle labbra dell'altro come nella trepidante attesa che uno dei due accorciasse ancora una volta quella distanza, ma alla fine l'elfo alzò entrambe le mani sul suo volto e glielo asciugò con un tenero sorriso.

“Ora è meglio rientrare. I nostri abiti sono a pezzi e fradici di pioggia.”

L'uomo imitò il suo gesto, accarezzandogli a sua volta il viso e i capelli prima di mormorare:
“Non puoi restare con me stanotte, vero?”

“No, da adesso nel tuo letto ti aspetterà la tua futura sposa,” rispose con un debole sorriso Legolas ma appena vide l'amico fare un passo indietro ed annuire, allungò una mano e la posò sul suo petto, all'altezza del cuore. “Io resterò con te qui. Avrai sempre quella parte di me dentro di te.”

E il nuovo re di Gondor posò la propria mano sulla sua e ricambiò il sorriso.

Un fulmine squarciò il cielo scuro, seguito da un possente tuono.
Il sole, quel giorno, non sarebbe sorto.

 
~ ** ~ ** ~ ** ~

Un fulmine squarciò il cielo scuro, seguito da un possente tuono...

...e la figlia di Elrond Mezzelfo, futura sposa di Re Elessar di Gondor e regina del regno degli Uomini, si rialzò di scatto seduta nel letto sul quale stava riposando.

Gli occhi azzurri spalancati e la pelle chiara e perfetta costellata da piccole gocce di sudore.
Voltò la testa in direzione della finestra per comprendere se quello che aveva udito fosse reale o solo nella sua mente.

Aragorn, il suo amato futuro sposo per il quale aveva scelto una vita Mortale e Legolas, colui che considerava come un fratello e un amico fidato.

Le due persone alle quali aveva riservato un posto speciale nel proprio cuore, uniti in un vincolo antico, potente e pericoloso che sfidava ogni legge e andava oltre ogni altro legame fisico e spirituale.

Li aveva visti con gli occhi della mente, grazie a quel dono che la sua famiglia possedeva.
Ma la preveggenza era un'arte complessa e non sempre era in grado di distinguere semplici sogni da eventi che realmente sarebbero accaduti. Quello a cui aveva assistito poteva benissimo essere entrambi, anche se in cuor suo sperava in un folle sogno dovuto alle troppe emozioni provate quel giorno.

Restò immobile, tentando di percepire qualche rumore all'esterno ma in cambio non ricevette altro che silenzio.
Non c'era pioggia battente all'esterno delle mura e una pallida luce stava iniziando ad illuminare la stanza. L'alba era arrivata.

Fece un profondo respiro e si distese nuovamente, posando la testa sul cuscino.

Un cupo e poderoso tuono spezzò il silenzio.

***** Fine. *****

NOTE:
Un immenso grazie a chi è arrivato fino a qui!
Come avevo anticipato, questo è un finale temporaneo, perché la storia continua con
“Un Attimo di Eterno” e quindi, dalla prossima settimana, potrete continuare a leggere cosa accadrà al nuovo Re di Gondor, al principe di Bosco Atro, a nuovi personaggi e ad altri di cui avete avuto un assaggio in questa prima storia ^_^

Non smettete mai di sognare.

Ene

 

   
 
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