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Autore: Tury    12/07/2016    3 recensioni
“No.”
Emma Swan era abituata alle titubanze, le apprensioni e le paure dei suoi pazienti. Ma mai, prima di allora, si era imbattuta in una tale ferrea decisione, racchiusa in un’unica sillaba.
Si tolse gli occhiali dalla montatura nera e si passò due dita ai lati del naso con fare stanco, esattamente dove svettavano i segni lasciati dagli occhiali.
“Signora Mills, sarò sincera, questa è la sua unica possibilità di salvezza.”
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CAPITOLI
1-Incontri
2-Regali
3-Di promesse fragili come ali di farfalla
4-AVVISO!
5-Il mio nome è Regina
6-Pirati
7-Tenebre di luce
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano ormai trascorsi vari mesi dal giorno che aveva segnato il primo incontro tra Regina Mills e la dottoressa Emma Swan. Un incontro avvenuto nel peggiore dei modi, un incontro che sembrava destinato ad un’unica conclusione. L’espulsione della dottoressa Swan dall’ospedale e la resa della paziente Mills di fronte la sua malattia, in uno scenario tetro e livido, esattamente come l’ematoma che, per giorni, aveva svettato sul viso di Emma.
Eppure, nemmeno il fato avverso aveva potuto nulla di fronte a ciò che successe. A quel piccolo miracolo che si era magicamente compiuto tra le mura asettiche di quel piccolo studio.
Un sorriso nacque sul volto di Regina nel prendere atto di quella piccola quanto preziosa verità, mentre la sua mano si accingeva ad aprire quella porta bianca, che tante volte aveva accolto il suo arrivo, senza mai chiederle di annunciarsi. In fondo, anche quel piccolo dettaglio concorreva alla creazione di quella realtà che temeva fosse andata persa per sempre.
Era ancora nitido, nella sua mente, il terrore di quel giorno, la paura che si impossessò di lei nel momento in cui si trovò dinanzi, per la prima volta, quella stessa porta. Ricordava i secondi che scorrevano veloci, mentre la sua mano stringeva la fredda maniglia in una morsa ferrea, incapace di agire. Aveva creduto che tutto sarebbe svanito, una volta superata quella soglia, che la sua vita sarebbe scemata, cedendo il posto a quel tetro scenario a cui non era pronta. Eppure, la mano agì, contro ogni sua convinzione. E la porta fu aperta. Regina entrò, con tutto il poco coraggio che la animava, pronta a sostenere quella realtà che tanto temeva. Ma ciò che trovò, oltre quella soglia, non fu certo ciò che si aspettava. Era una realtà, una realtà dalla quale Regina stava scappando da anni, ma non era la realtà contro cui si era preparata a combattere. Perché oltre quella porta, contro ogni sua credenza, contro ogni suo timore, Regina non incontrò la morte, bensì la vita. Quella vita che aveva rinnegato a se stessa da ben prima della comparsa del tumore. E ricordava ancora lo sguardo curioso e sorpreso di quella ragazza che, a quel tempo, era solo una sconosciuta per lei. E quel sorriso impertinente che Emma Swan le rivolse la prima volta, mentre sottolineava come la sua entrata non fosse stata annunciata dal tipico bussare. Ma, dopotutto, era giusto così. Perché, in fondo, alla vita non ci si annuncia mai. La si incontra, semplicemente. Negli occhi di un bambino, tra le rughe di un volto, nel leggero soffiare del vento, tra i petali delicati di un fiore. O all’interno di uno studio medico, come nel suo caso.
Quando la maniglia fu completamente abbassata, Regina spinse la porta in avanti, nell’intento di aprirla, ma, contro ogni sua aspettativa, ciò non avvenne. Sorpresa, provò a ripetere l’azione nuovamente, ma invano.
«Cerca la dottoressa Swan?»
Regina sobbalzò e si girò di scatto, incontrando il sorriso divertito dell’uomo che si era posizionato alle sue spalle.
«Dottor Whale! Non l’avevo sentita arrivare».
«La sua reazione non sembra lasciar adito a dubbi. Dovrebbe recarsi nel reparto di radioterapia, in ogni caso».
«Prego?» chiese la donna, visibilmente confusa.
«Tentava di entrare nello studio della dottoressa Swan, ciò implica che la stesse cercando. Potrà trovarla nel reparto di radioterapia».
Regina rimase per un attimo in silenzio, meravigliata dal modo familiare con cui tutti, ormai, si rivolgevano a lei in quell’ospedale.
«Grazie mille, dottor Whale».
«Piano terra, terzo corridoio sulla sinistra. Buona giornata» rispose l’uomo, superandola e dirigendosi nel suo studio.
Regina l’osservò allontanarsi per qualche secondo, prima di dirigersi verso il reparto che le era stato indicato.
Quando giunse nella sala d’attesa, il tipico chiacchiericcio di quei luoghi cessò improvvisamente, mentre sguardi curiosi si posarono su lei. Regina lasciò che quegli occhi indugiassero sulla sua persona mentre, con calma, si avvicinava alla porta che conduceva agli acceleratori. La curiosità e la sorpresa iniziali furono presto sostituiti da calorosi sorrisi, sorrisi a cui lei stessa rispose, mentre la sala torna a rianimarsi di parole quotidiane e di quella vita che, forse, stava ancora scivolando via dalle sue mani, ma non così velocemente da non poter essere vissuta.
Appena Regina ebbe varcato la porta, un giovane ragazzo, vestito con il tipico camice bianco, le corse incontro. Sul suo viso, si leggeva una velata apprensione.
«Signora, mi perdoni, ma non le è concesso star-»
«Va tutto bene, GasGas! Lei è una dei nostri» disse una voce squillante, che Regina riconobbe subito.
Disorientato, il ragazzo guardò ancora una volta la donna di fronte a lui, incapace di qualsiasi azione, finché la voce della ragazza non ribadì l’invito a farla entrare.
Una volta che ebbe varcato la soglia, Regina fu accolta dal sorriso furbo di Ruby Lucas.
«Buongiorno, signora Mills».
«Buongiorno a lei, dottoressa Lucas».
«Andiamo, ormai potremmo dire di essere amiche. Evitiamo certi convenevoli» rispose la giovane donna, alzandosi e dirigendovi verso Regina Mills.
«Non vorrei apparir scortese, ma credo abbia iniziato lei, dottoressa Lucas» rispose Regina, sottolineando volutamente le ultime due parole.
«Dritta al punto, come vedo. Tipico di te, Regina. In ogni caso, perdona l’accoglienza un po’ formale del mio collega, ma le tue lodabili gesta ancor non sono giunte al suo udito».
Regina si lasciò andare ad una lieve risata, mentre il suo sguardo andò a posarsi sul diretto interessato, suscitando, così, un leggero rossore e imbarazzo nel giovane ragazzo.
«Per quanto tempo avrai intenzione di torturarmi ancora con questa storia, Ruby?» chiese infine, volgendosi nuovamente verso di lei.
«Non si tratta di una storia ma di una vera e propria leggenda. Vedrai, la tramanderò ai miei figli e ai figli dei miei figli» rispose Ruby, incamminandosi verso gli acceleratori.
«Che sarebbero semplicemente i tuoi nipoti» rispose Regina, seguendola e venendo a sua volta seguita dal giovane ragazzo.
«La pignoleria non è stata ancora abolita dal tuo essere?».
«Certe abitudini sono dure a morire» rispose semplicemente Regina con un sorriso sornione.
«Lo vedo bene- rispose Ruby, fermandosi vicino ad una postazione vuota- In ogni caso, lei è lì».
Regina volse il suo sguardo verso il punto indicato dalla ragazza, trovando Emma seduta di fronte ad un piccolo schermo. Indossava delle cuffie e un microfono e, dal movimento delle sue labbra, sembrava stesse parlando con qualcuno.
Regina le si avvicinò in silenzio, per non disturbarla, ma quando vide la persona presente sullo schermo, non riuscì ad impedire alla sua voce di abbandonare le sue labbra.
«Tiger…»
Il bambino era steso su di un letto, la testa immobilizzata da quella che sembrava una maschera, mentre l’acceleratore gli ruotava intorno.
Emma si voltò verso di lei, il suo sorriso dolce sempre presente sulle labbra, per poi tornare a volgere nuovamente lo sguardo verso lo schermo.
«Tutto sembrava ormai perduto per la nostra ciurma di pirati, solo Tiger era rimasto a fronteggiare il temibile drago. Ma ecco giungere il vicecapitano Regina, proprio quando anche l’ultima traccia di speranza stava per abbandonare il cuore del giovane pirata. Impugnando spade affilatissime e utilizzando lo scudo che Regina aveva trovato, i due riuscirono ad avere la meglio sul drago. E corsero a liberare i loro amici, per dirigersi, tutti insieme, verso una nuova ed avvincente avventura».
Il dispositivo nella sala suonò subito dopo la conclusione della storia.
Emma si alzò dalla sua postazione ed entrò in una stanza adiacente, per poi uscirne dopo qualche minuto accompagnata dal piccolo Tiger, che si gettò direttamente tra le braccia di Regina.
Il giovane GasGas subito si allarmò per lo slancio del piccolo, ma Ruby fermò qualsiasi sua azione, rassicurandolo.
«Siamo stati grandiosi!» urlò il piccolo, alzando le braccia al cielo.
«Puoi dirlo forte, ometto!» rispose Regina, sorridendogli divertita.
«Perfetto, valorosi eroi ed eroine- intervenne Emma, affiancandosi ai due- È tempo di tornare nella stanza».
«Va bene signor capitano! Ma può portarmi Regina?»
«Se a lei non dà fastidio» rispose semplicemente la giovane dottoressa, facendo scivolare pigramente le mani nelle tasche del camice.
«Nessun problema, capitano».
«Perfetto, allora possiamo andare. Ruby, GasGas buon lavoro» disse infine Emma, prima di avviarsi verso la porta, seguita da Regina e Tiger.
 
Durante tutto il tragitto, Tiger non fece altro che rivivere l’avventura narrata precedentemente da Emma, facendo sorgere sorrisi e risate sulle labbra di Regina.
«E la tua entrata in scena! Pazzesca! Proprio come i pirati, che colpiscono quando meno te lo aspetti! Ma dove hai trovato lo scudo?»
«In una caverna vicino al lago!» rispose Regina, la voce bassa, quasi cospiratoria.
«Wow! E come ha fatto a respingere il fuoco del drago?»
«Perché era rivestito da squame di drago! Lo sai che i draghi non possono ferirsi con il fuoco?»
«Non lo sapevo! Quindi quando litigano come fanno?»
«Usano i loro artigli e i loro denti, ma non il fuoco»
Emma camminava qualche passo indietro, godendosi la scena. Un sorriso nacque sulle sue labbra, nel vedere la felicità sui volti di coloro che non considerava più suoi pazienti, ma una parte integrante della sua quotidianità. Quasi come se quei volti potessero andare a riempire i vuoti, per anni, avevano segnato la sua vita.
Sapeva che quelle sensazioni erano sbagliate, ma non poteva impedirsi di sentire quell’ospedale un po’ come una sua seconda casa. E, inevitabilmente, le persona che vi incontrava divenivano parte di quella famiglia che non aveva mai avuto.
Quando giunsero fuori la porta della stanza, Emma si avvicinò a Regina, prendendo Tiger tra le braccia.
«Allora, ometto, adesso mi dai un bacio e poi corri subito a letto. Intesi?»
Tiger annuì vigorosamente, per poi stringere le braccia intorno al collo di Emma e donarle due baci sulla guancia.
Entrambi, poi, si voltarono verso Regina che, confusa dai loro sguardi e dal loro silenzio, faceva vagare lo sguardo dall’uno all’altra.
«Cosa c’è?» chiese infine, non comprendendo le loro intenzioni.
«Tu non me lo dai il bacio, Gina?» chiese in maniera innocente Tiger.
Regina si irrigidì per un attimo. Da che ne aveva memoria, nessun bambino le aveva mai chiesto un gesto d’affetto. Anzi, spesso capitava che scappassero via da lei, a causa del suo portamento autoritario e della sua espressione il più delle volte seria. Era stato questo uno dei motivi che l’aveva fatta desistere da un possibile sogno di maternità. Per quanto lei amasse i bambini, sembrava che quell’amore non potesse essere in alcun modo ricambiato. E, così, aveva lasciato che quel sogno sfumasse via lentamente, piuttosto che relegare suo figlio ad una vita di infelicità.
Eppure, in quel momento, l’unica cosa che riusciva realmente a vedere erano due occhi castani, imploranti una sua attenzione. E non poté non sciogliersi in un sorriso, mentre riprendeva nuovamente Tiger dalle braccia di Emma, per posargli poi un bacio materno sulla fronte.
«Mi raccomando, piccolo ometto, obbedisci al capitano. Subito a letto a riposare!»
«Agli ordini, Gina!» urlò il piccolo, scendendo dalle sue braccia e correndo nella stanza, non prima di averle salutate entrambe.
Regina rimase ancora qualche secondo a guardare la porta, il sorriso sempre presente sulle sue labbra.
La giovane dottoressa rimase ad osservarla, in silenzio, lasciandole il suo tempo e godendo di quella serenità che traspariva dal volto della donna.
«Allora- disse infine Emma, distogliendola dai suo pensieri- Mi spieghi cos’era quello?»
«Quello cosa?» chiese Regina confusa, voltandosi verso di lei.
«Quello che è avvenuto in radioterapia. Stai cercando di ammutinarmi, per caso?» concluse, rivolgendole il suo solito sorriso impertinente.
«Idiota!» esclamò la donna, lasciandosi andare ad una sonora risata e colpendo in modo scherzoso Emma sul braccio.
«Ehi, piano con quelle mani- disse la giovane dottoressa, fintamente risentita, massaggiandosi il punto dolente- Potrei denunciarti, lo sai?»
«Certo, per un’innocente spinta. Sono proprio curiosa di conoscere l’avvocato che sarebbe disposto a prendere le tue difese».
«Di sicuro sarebbe un avvocato delle cause perse».
Regina si lasciò andare ad una lieve risata, prima di tornare a guardare Emma con sguardo serio.
«E che mi dici di GasGas?»
«GasGas?»
«Il ragazzo che stava con Ruby».
«È un tirocinante. Ruby è la sua tutor»
«E si chiama davvero così?»
«In realtà si chiama Gaspare, ma Ruby è un’amante della Disney, quindi ha deciso di chiamarlo GasGas perché le ricorda il topino di Cenerentola».
«Ma qualcuno con un minimo di intelligenza è presente in questo ospedale?»
«Spiacente di deludere le tue aspettative, ma la stramberia è uno dei requisiti fondamentali per essere assunti qui dentro».
«In che mani sono finita» esclamò Regina, volgendo gli occhi al cielo.
Emma scoppiò a ridere, portandosi la mano dietro la testa e chiudendo un occhio, assumendo quell’espressione infantile che era sempre in grado di intenerire la donna.
«Allora, quelle storie le inventi tu?»
«Sì.»
«Come mai gliele leggi?»
«Perché la radioterapia usa radiazioni molto forti- rispose Emma, iniziando ad incamminarsi verso lo studio- Quindi è necessario che i pazienti stiano praticamente immobili, per non rischiare di colpire cellule sane. Nel caso dei bambini, il discorso è un po’ più complesso, dato che un bambino è portato all’iperattività, soprattutto nei primi anni. La soluzione più semplice sarebbe quella di anestetizzarli, in modo tale da essere certi della loro immobilità. Ma, dato che la radioterapia va effettuata quasi ogni giorno, significherebbe sottoporre il bambino ad uno stress non indifferente. Per questo motivo, stiamo cercando di introdurre tecniche alternative e questa sembra essere quella che, per ora, sta dando migliori risultati».
«Quindi leggi ad ogni bambino la stessa storia?»
«Assolutamente no. Ogni bambino ha la sua.»
«Quando trovi il tempo di scriverle?»
«La sera, prima di andare a dormire».
Regina annuì semplicemente, per poi chiudersi in un silenzio ermetico, di cui Emma non chiese spiegazione.
Continuarono a camminare, l’una di fianco all’altra, finché non giunsero fuori la porta dello studio.
«Bene, signora Mills, credo sia giunto il momento che io riprenda il mio lavoro».
«Non si preoccupi, dottoressa Swan, non le causerò ulteriori perdite di tempo».
Emma scoppiò a ridere, per il repentino cambiamento di espressione che era avvenuto sul volto di Regina.
«Allora io entro» disse, inserendo la chiave nella serratura.
«Emma!» la chiamò la donna, con voce leggermente allarmata, prima che la serratura potesse scattare.
«Sì?»
«Domani ho la prima seduta di chemioterapia» disse Regina, tutto d’un fiato.
Emma continuò a guardarla in silenzio, attendendo che continuasse.
«Mi chiedevo se potessi accompagnarmi».
«Certo» rispose prontamente la giovane dottoressa.
«E se… potessi leggermi una storia.»
A quelle parole, sul volto di Emma si allargò un luminoso sorriso, uno di quelli rassicuranti, che sanno far sparire ogni paura o incertezza, mentre i suoi occhi tornavano a brillare di quella luce magica, che avrebbe saputo donare protezione e sicurezza in ogni situazione.
«Ovviamente. Vuoi che ti scriva una storia?»
«No, no. Grazie. La porto io».
«Va bene. Allora a domani, Regina».
«A domani, Emma».
Quando, il giorno dopo, Regina si recò nella sala adibita alla chemioterapia, si sorprese di trovarvi Emma, seduta sulla poltrona ad attenderla.
Appena la vide entrare, la giovane dottoressa si alzò dalla sua postazione, in modo che la donna potesse prendervi posto.
Non vi furono parole, tra loro. Non vi fu il loro tipico salutarsi, accompagnato dal loro solito sarcasmo, sottile quanto amichevole.
Vi fu solo silenzio.
Il silenzio dei primi giorni, degli sguardi celati, delle paure rinnegate. Di quella vita temuta, come il peggiore dei mali.
Emma la guardò adagiarsi sulla poltrona, vegliando ogni suo movimento, custodendo ogni minimo cambiamento che avvenisse su quel volto.
Si erano già ritrovate in una situazione simile, eppure, in quel momento, la mancanza di quella loro quotidianità, di quella loro serenità, che avevano costruito poco alla volta, dilaniava quel loro presente, rendendolo quasi doloroso.
Regina scoprì il braccio, in modo tale che Emma potesse prenderle la vena.
Non vi furono sguardi, tra di loro, né alcun tipo di cenno.
Regina continuava a guardare il soffitto, subendo in maniera passiva tutto ciò che le accadeva.
Avvertiva lo sguardo di Emma su di sé, uno sguardo apprensivo e attento. Avvertiva il suo malessere.
Piano, si voltò verso di lei, incontrando subito i suoi occhi, sempre verdi, fin troppo verdi.
Eppure, in quel momento, la luce che quegli occhi sapevano emanare era offuscata da un velo di preoccupazione. E sapeva di esserne lei la causa.
Così, lasciò che la sua mano andasse a stringere quella della giovane dottoressa, nella speranza di alleviare le sue pene, venendo subito ricompensata dal sorriso di Emma.
Un sorriso appena accennato, a tratti quasi timido, ma pur sempre un sorriso.
Attesero in silenzio l’arrivo dell’infermiera, le loro mani ancora unite, a sottolineare la loro presenza e la loro unione in quella nuova battaglia.
Solo quando furono rimaste nuovamente sole, Regina decise di interrompere quel silenzio.
«Il libro è nella borsa. Prendilo».
Emma non aspettava altro.
Lentamente, come timorosa di rompere quell’equilibrio precario che si era instaurato tra loro, Emma raccolse il libro, sorridendo alla vista del titolo.
«Biancaneve e i sette nani- sussurrò appena, accarezzando con le dita le lettere in rilievo- Non sapevo ti piacessero le fiabe».
«Quando ero piccola era il mio preferito».
Emma si voltò a guardarla, regalandole uno dei suoi sorrisi più belli, prima di aprire il libro, sfiorando con estrema attenzione le pagine ingiallite dal tempo, cosciente che in esse non fosse racchiusa solo la nota storia conosciuta da tutti, ma anche una parte di Regina. Una parte del suo passato.
E proprio per quel passato racchiuso in quelle pagine, che Emma iniziò a leggere quasi con devozione le parole scritte con inchiostro indelebile.
 
Il tempo trascorse tranquillamente, scandito semplicemente dalla voce di Emma, finché la storia non giunse al momento più importante.
« E allora pensò di nuovo come fare ad ucciderla: perché se ella non era la più bella in tutto il paese, l’invidia non le dava requie. Pensa e ripensa, finalmente si tinse la faccia e si travestì da vecchia merciaia, in modo da rendersi del tutto irriconoscibile.»
«Sai- iniziò Regina, distogliendo la giovane dottoressa dal suo compito- Quando ero piccola questa era la mia fiaba preferita perché amavo il personaggio di Biancaneve. Era così pura e giusta che desideravo essere come lei, una persona esemplare, capace di amare il suo prossimo incondizionatamente. Invece, con il tempo, ho notato di assomigliare sempre più alla regina cattiva, distaccandomi totalmente da Biancaneve».
Emma chiuse piano il libro, mantenendo il segno con l’indice. Guardò ancora la copertina, prima di volgere il suo sguardo nuovamente su Regina.
«Perché dici questo?»
«Perché anche io mi sono votata all’egoismo e all’invidia, vendendo i miei ideali a poco prezzo. Ho distrutto vite per la mia sete di potere o semplicemente per l’onore. E sono rimasta sola, con i miei abiti firmati, la mia bella casa, i miei mobili di prima fattura. Ma pur sempre sola, Emma. Ho barattato la mia umanità per dei beni materiali e titoli di alcun valore. Ho preferito l’apparenza all’essenza. E, ora, la mia anima è piena di pieghe e ferite. Esattamente come il volto della vecchia strega che giunse da Biancaneve per avvelenarla».
Regina aveva spostato nuovamente lo sguardo sul soffitto, per impedire alle lacrime di scendere, mentre attendeva, in silenzio.
«Sai, Regina, credo che questo mondo avrebbe bisogno di più regine cattive come te» disse semplicemente Emma, sorprendendo così tanto la donna da indurla a guardarla nuovamente, facendole dono del suo sorriso.
«Stai scherzando, Emma?»
«Assolutamente, Regina. A questo mondo, nessuno di noi è perfetto. Ognuno di noi compie degli errori, nella propria vita. Ma quanti di noi sono così onesti da ammettere a se stessi i propri sbagli? Solitamente accusiamo il fato avverso, le situazioni che ci hanno indotto a percorrere determinate strade, le amicizie sbagliate, i consigli non dati. Ma tu no. Tu ammetti e accetti la tua colpa ed è questo che ti rende speciale. Che ti rende unica, migliore rispetto alla persona che eri. Rispetto alla maggior parte delle persone là fuori. Se ognuno di noi fosse un po’ come te, Regina, se ognuno di noi fosse così onesto, allora questo mondo sarebbe davvero un posto migliore».
Regina non riuscì ad impedire alle lacrime di abbandonare i suoi occhi, mentre un sorriso andò ad allargarsi sul suo volto, ringraziando silenziosamente la giovane dottoressa per quelle parole.
Emma le sorrise di rimando, lasciando che la sua mano tornasse a stringere quella della donna.
E rimasero così, ferme e in silenzio, fino alla fine della terapia.
Il libro, ormai chiuso, poggiato tra di loro. 


~Angolo Autrice~
Buonasera a tutti. 
Lo so, manco davvero da molto. Praticamente è quasi un anno. 
Chiedo scusa per la mia assenza prolungata, ma in questo anno sono successe molte cose che mi hanno tenuta molto lontana dalla scrittura in generale. 
In ogni caso, approfitto di questo spazio anche per fare un annuncio importante. 
Le persone che mi conoscono e mi seguono da un po' sanno quanto io tenga a questa storia e quanto di me sia presente in essa. 
Proprio per questo motivo, ho deciso di portare avanti un progetto inerente a La sua salvezza. Detto in parole povere, ho intenzione di trasformare questa storia in ebook e, se mai sarà possibile, tentare la pubblicazione. 
Ovviamente, la storia sarà ancora accessibile sul sito, ciò che cambierà sarà semplicemente l'aggiunta di tre capitoli inediti all'interno della storia originale. 
Il finale di entrambe le versioni, sia quella ebook che quella su efp, sarà il medesimo. I capitoli inediti saranno inseriti tra i capitoli centrali. 
Detto questo, ringrazio chiunque sia arrivato alla conclusione di questo capitolo. 
Ringrazio chi da sempre mi supporta, quindi Vale e Barbara. 
Ringrazio, inoltre chi, in quest'anno di assenza, mi è stato davvero vicino, ovvero Marta e Susan, che si sono rivelate amiche e consiglieri fidate. 
E ringrazio Nadia, per avermi dato una seconda possibilità, permettendomi di conoscerla meglio. 

Ringrazio, inoltre, i vecchi lettori e i nuovi. 
Grazie davvero a tutti!
Ci rivediamo al prossimo capitolo!
  
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