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Autore: Inikos DS    21/07/2016    4 recensioni
Nico Di Angelo ha sedici anni, dopo la morte prematura della madre Maria, si troverà a dover fare i conti con la nuova compagna del padre: Persefone. Costei porterà via al ragazzo l’unica persona cara rimastagli; sua sorella Bianca.
Accusato ingiustamente dalla donna, di esser lui l’assassino della ragazza, Nico sarà portato di forza in un manicomio situato su un isola, nel pieno dell’oceano Atlantico; l’Happy Island.
Qui il ragazzo, si troverà ad affrontare una situazione completamente nuova, distrutto dal dolore e circondato da malati mentali, scoprirà presto gli orrori che si celano dietro quel nome, all’apparenza così “rassicurante”. Tra nuove amicizie, odio e il tanto desiderato amore, Nico dovrà combattere contro i suoi demoni per riuscire nella sua vendetta: eliminare Persefone e proclamare la sua innocenza al mondo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Gli Dèi, I sette della Profezia, Nico di Angelo, Nico/Will, Quasi tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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Happy Island / Il mattino seguente



Caronte trovò Nico addormentato sul pavimento, davanti alla porta.
Nella stanza regnava un disordine mai visto prima; il pavimento era sporco di sangue rappreso, le coperte strappate e pezzi di legno e ferro erano sparsi al suolo. 
Preoccupato il vecchio si avvicinò al moro,
<< Avanti ragazzo svegliati. >> gli intimò, colpendolo con delle pacche sul viso.
Nico mugugnò scocciato e pigramente aprì un occhio, alla visione dell’uomo così vicino a lui, però scatto all’indietro con un balzo felino.
<< Cosa hai combinato qui? >> lo redarguì quello.
Nico si guardò attorno, riportando alla mente tutto quello che era accaduto qualche ora prima.
<< Volevo uscire, ho urlato per mezz’ora ma tu non sei venuto. Dov’eri? >> lo accusò a sua volta, sviando così l’attenzione sul suo interlocutore.
<< Non t’importa sapere cosa stessi facendo. >> gli rispose grezzamente Caronte.
<< Però potresti uscire benissimo adesso, non credi? >> aggiunse poi, riportando alla mente le parole di Era, riguardo il suo licenziamento.
Nico alzò le spalle, 
<< Come vuoi, ma prima credo di aver bisogno di una doccia, e di un nuovo mp3. >> esclamò, indicando i resti sparsi sul pavimento.
Caronte annuì,
<< Te lo farò avere. Adesso seguimi avanti, e cerca di non fermarti.>> gli intimò.
Inizialmente il ragazzo non capì cosa il vecchio intendesse, ma quando uscì dalla stanza tutto gli fu chiaro. 
Attraversarono un lungo corridoio, ove Nico vide molti ragazzi tra i dodici e i vent’anni in condizioni orribili.
C’era chi era legato al letto con delle funi pregando di esser liberato, chi mordeva le sbarre della cella, altri che litigavano tra loro con pesanti insulti e sputi. La maggior parte delle porte erano però chiuse, e dal loro interno si sentivano provenire urla agghiaccianti. (Le stesse che Nico aveva cercato di ignorare, ma che l’avevano accompagnato da quando era arrivato).
Una ragazza che stava rannicchiata per terra, come lo vide gli corse incontro;
<< Loro mi hanno ridotta così. >> gli disse indicando verso il basso con la testa, poi  scoppiò ad urlare come un ossessa. Caronte la prese per un braccio e la buttò nella stanza, chiudendola a chiave. 
<< Ti avevo detto di non fermarti. >> lo redarguì il vecchio.
<< Ma tutti quei ragazzi? >> 
<< Sono dei malati mentali, proprio come te. Ora sta zitto e vedi di muoverti. >> concluse il vecchio.
Alla fine del terribile corridoio stava una scala a chiocciola,
<< Il bagno dei ragazzi è quello a destra, vedi di non metterci troppo. >> gli spiegò il vecchio.
<< E per i vestiti? >>
<< Troverai quelli puliti in camera. >>
<< No, non voglio più stare in quella stanza. >> si lamentò. 
Caronte sbuffò.
<< E va bene, provvederò a fartene avere un’altra. Adesso smettila di seccarmi e vai a lavarti. >>     

Nico salì la scalinata e si trovò davanti ad una biforcazione, proseguì allora a destra, e dopo aver superato un ingresso ad arco, si ritrovò in un’enorme stanza. 
Le docce erano disposte lungo la parete di fondo, molte erano sporche di muffa e sangue secco.
Dopo aver dato un occhiata generale, il ragazzo constatò di esser fortunatamente solo.
Il fatto di esser finito in un manicomio lo inquietava un poco… Sapeva che quelle persone si trovavano lì per aver avuto la sfortuna di nascere in quel modo, o semplicemente per essere impazzite a causa di traumi, abusi psicologici, ecc…
E lui in parte li compativa, ma sapeva anche quanto alcuni di loro potessero diventare violenti, e proprio non se la sentiva di fare a botte con una persona che non aveva colpe.
Prese così a spogliarsi in quell’enorme stanza che quasi lo inquietava. Scelse la doccia più decente tra le peggiori e si lasciò trasportare dal getto d’acqua calda, cercando di mettere invano a tacere i pensieri.
- Perché alcuni esseri umani dovevano nascere così? C’era forse un motivo ben preciso? E perché nonostante il grande passo in avanti che l’evoluzione umana aveva fatto in ambito sanitario, luoghi del genere presentavano ancora pessime condizioni sanitarie? 
Tutte domande che spesso le persone non si ponevano. Domande che mai, prima di allora avevano sfiorato la mente di Nico.
Finita la doccia, il ragazzo raccolse i panni sporchi e coperto solo da un accapattoio, si apprestò a raggiungere Caronte. 
<< Avanti vieni, ti ho trovato una nuova stanza. >> gracchiò quello nel vederlo.
<< Tutte le tue cose sono state già trasferite, sul letto troverai anche il dannato mp3, e stavolta vedi di non romperlo. >> lo minacciò, chiamando l’ascensore. 
Mentre attendevano che le porte si aprissero però, un ragazzo si avventò sul collo di Nico, cercando di azzannarglielo.
Il ragazzo agile nei movimenti riuscì comunque a liberarsi, mentre Caronte afferrò l’altro per le braccia. 
<< Dammi il tuo sangue, loro hanno prosciugato il mio. Dammelo! >> glj gridò disperato quello, mentre il vecchio lo trascinava via.
<< Sta zitto, schifoso decelebrato. Tu scendi al piano – 4. La tua stanza è la 9 B. >> spiegò poi a Nico.
Il ragazzo si chiuse in ascensore, ancora sconvolto da quanto aveva appena visto.
Negli occhi di quel ragazzo c’era pura follia, eppure nel fondo Nico aveva scorto del dolore… Ma di una cosa era certo; quello sguardo lo avrebbe accompagnato fino alla fine dei suoi giorni. 









La prima cosa che Nico notò quando le porte dell’ascensore si aprirono fu il silenzio assoluto, in netto contrasto con il luogo appena lasciato. La seconda fu l’eleganza dell’arredamento. Questo corridoio non era semplicemente bianco con delle porte bianche (Lol) in ferro. Il muro era rivestito da tappezzeria avorio a motivi floreali, e dal soffitto pendevano degli strani lampadari a forma di candelabri. 
- Sicuro di esser finito nel luogo giusto? 
Titubante proseguì, leggendo i numeri e le lettere applicate sopra le porte, e dopo qualche minuto, riuscì a trovare quella detta da Caronte. 
Ancora scombussolato da quel cambio di realtà, aprì lentamente la porta e si ritrovò in una camera elegante quanto il corridoio. Si rese subito conto che qualcuno la abitava già, e che di conseguenza avrebbe dovuto condividerla; cosa che non gli andava molto a genio, data la situazione.
Il suo letto era situato a ridosso di una nicchia scavata nella parete, e sulla coperta vide il suo fidato mp3 ed un pacchetto di sigarette.
- Però a quanto pare Caronte, non era del tutto scemo.
I suoi vestiti sporchi però, erano rimasti tali e non aveva intenzione di rimetterli. Prese così a frugare nel suo armadio nella speranza che non fosse del tutto vuoto. Ma cambiò idea quando con terrore scoprì che gli unici indumenti presenti erano delle orribili divise bianche, sulla cui maglia era stampato uno smile sorridente che riportava il logo: Happy Island.
Nico la ributtò dentro inorridito;
- Non metterò mai una cosa del genere, a costo di andare in giro nudo.
Senza pensarci due volte, si voltò verso l’armadio del compagno ancora sconosciuto e prese a cercare qualcosa di “accettabile” da mettere.
Per sua fortuna non trovò altre copie della terribile divisa, ma alcune maglie viola (colore che lo stesso non amava), e diversi jeans. Cercando più a fondo però riuscì a scovare una t-shirt con scollo a V nera, e dei pantaloncini del medesimo colore. 
Dopo averli indossati tuttavia, si rese conto di quanto realmente fossero grandi. La maglia pareva quasi un vestitino ed i pantaloncini, su di lui erano dei normali pantaloni lunghi.
Scoraggiato decise di tenere quelli, fino a quando non avrebbe trovato un modo per lavare i suoi. 
Si buttò poi sul letto e accese una sigaretta.
Le ferite sulle mani, erano ancora ben visibili, ma il dolore era sopportabile. Forse avrebbe dovuto medicarle, ma nel bagno non aveva trovato nessun tipo di medicinale, e Caronte non si era minimamente preoccupato di procurargliene qualcuno…





Nel frattempo…




<< Caronte allora il ragazzo è pronto? >> domandò Era all’uomo.
Quello annuì sorridente.
<< Si signorina Era. Stamattina ha deciso di voler uscire dalla stanza di sua spontanea volontà, anzi ha persino chiesto di essere spostato in una nuova. >>
<< Perfetto, son felice che tu sia riuscito nel tuo incarico. >> si congratulò la donna, cosa che fece riempire d’orgoglio il vecchio. 
<< Voglio vederlo. >> ordinò poi.
<< Come desidera, vado a prenderlo allora. >> disse Caronte uscendo.
<< Aspetta un attimo Caronte. Dove lo hai sistemato? >>
<< In una stanza del quarto piano proibito. >> 
Era sbuffò spazientita.
<< Caronte! Sai benissimo che solo i ragazzi visitati prima da me e mio marito possono accedere a quella sezione! >>
L’uomo indietreggiò, facendosi man a mano più piccolo.
<< Sai cosa dovremo fargli se non dovesse ritenersi adatto e scoprisse qualcosa? >>
Il vecchio annuì con aria mesta e pentita. 
<< Bene, allora muoviti a farlo venire qui. >> gli ordinò.

Prese poi il telefono e mandò un messaggio al marito,
- Zeus il ragazzo è pronto, sto per incontrarlo. Vieni, così mi aiuterai a capire se è adatto. – scrisse, sorvolando sull’errore madornale commesso dal vecchio incompetente. 
Non passarono due minuti, che l’uomo la raggiunse. 

<< Che velocità. >> si complimentò la donna, stampandogli un bacio sulle labbra.
<< Lo sai che sono un fulmine. >> rispose l’altro approfondendo il gesto, cosa che mandò in estasi Era. 
I due furono però interrotti dal bussare alla porta.
<< A quanto pare non sei l’unico. >> commentò la donna infastidita, ricomponendosi.
<< Avanti. >> disse.
Nico fece il suo ingresso nella stanza spintonato da un Caronte alquanto timoroso,
<< Eccolo. >> annunciò.
<< Bene Caronte, puoi andare adesso. >> lo liquidò Zeus.

Nico rimase immobile davanti ai due sconosciuti che lo fissavano, come un lupo fisserebbe il bancone di una mecelleria.
<< Bene, bene Nico, finalmente ci degni della tua presenza. >> l’apostrofò Era, facendo il giro della scrivania.
<< Siediti pure. >> gli disse indicando la poltroncina di pelle.
Nico obbedì senza batter ciglio. 
Caronte gli aveva detto che quei due erano i padroni della clinica, e gli aveva intimato di mostrarsi rispettoso e pacato. Contrariamente a come faceva di solito, questa volta aveva deciso di seguire i consigli dell’uomo. Non poteva rischiare di farsi buttare in una cella d’isolamento per l’eternità, altrimenti la sua vendetta non avrebbe mai potuto compiersi. 
<< Allora sei stato mandato qui, per aver commesso l’omicidio di tua sorella, e per il tentato omicidio della tua matrigna, giusto? >> attaccò Zeus, sfogliando un fascicolo. 
Nico si limitò a guardarlo negli occhi.
<< Rispondi ragazzo. >> lo incitò l’uomo. 
Aveva una voce davvero potente, e trasmetteva un’aura quasi temporalesca.
<< Si, ho tentato di uccidere la mia matrigna. >> ammise il ragazzo.
<< E? >> 
<< E basta. >> rispose freddo.
<< Non hai commesso tu l’omicidio di Bianca Di Angelo? >> 
<< No, è stata la mia matrigna ad ucciderla. >> spiegò semplicemente, cercando di mantenere un tono pacato.
<< Mmh vedo che siamo ancora nella fase della negazione. >> s’intromise Era, camminando vicino al ragazzo. 
<< Smettetela di trattarmi come un pazzo, io non ho ucciso nessuno. >> ribadì, nella vana speranza che i due decidessero di lasciarlo andare. 
Era scoppiò a ridere, 
<< Oh dite tutti così. I pazzi non accettano mai la realtà dei fatti. >> lo schernì, dandogli un buffetto alla guancia. 
Istintivamente Nico la scansò via, con un colpo. 
<< Mmh vedo che il contatto fisico non fa per te. >> continuò a stuzzicarlo la donna. 
Poi però osservando meglio le mani del ragazzo si accorse delle ferite,
<< E queste da dove vengono? >> gli domandò improvvisamente allarmata.
<< Non è niente. >> rispose solo Nico, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni. 
Ma Era continuò,
<< Zeus hai visto? Vanno assolutamente medicate. >> 
<< Dimmi, è stato Caronte? >> gli chiese l’uomo.
Nico scosse la testa, 
<< No, me le sono fatte cercando di rompere la griglia della finestra  a pugni. >>
Era si sedette agitata,
<< Questo non va per niente bene Nico. Il nostro compito è quello di curarti, esigo che mai più accada una cosa del genere. >> 
Suo malgrado il moro non riuscì a tenere a freno la lingua,
<< Il vostro compito include anche tenere delle persone legate al letto come delle bestie? >>
Il volto della donna si rabbuiò, ma fu il marito ad intervenire,
<< Sono misure cautelari necessarie. Ma forse se ne evitassi di parlare sarebbe meglio per te, forse potresti esserci tu al loro posto, proprio in questo momento. >> 
Nico non rispose, consapevole della minaccia indiretta che l’uomo gli aveva lanciato.
<< Benissimo, vedi com’è facile? >> esclamò Era, gioiosa. << L’importante è saper come comportarsi. >> 
Nico finse con accondiscenza, cercando di tenere a freno i nervi, che gli urlavano di ridurre quei due a un mucchietto di ossa. 
<< Ascoltami Nico, adesso Zeus ti accompagnerà in infermeria, e da domani inizierai a seguire le lezioni come tutti gli altri, hai capito? >> 
Il ragazzo annuì, non ben consapevole di quel che la donna gli stesse dicendo, 
<< Ah e saresti pregato di indossare la divisa della clinica. >> aggiunse poi,
<< Mi dispiace, ma sono disposto ad andare nudo, pur di non metterla. >> rispose, uscendo.
Zeus sorrise appena, mentre Era aggiungeva il suo nome su una lista, che ne conteneva solamente altri ventisei.






<< Ecco questa è l’infermeria. >> annunciò Zeus, fermandosi davanti ad un porta a doppio battente.
<< Si può sapere dove sono finito? >> domandò Nico.
Zeus lo guardò, come si guarda un cucciolo,
<< Nell’isola felice. >> gli rispose semplicemente, andandosene.
Nico rimase qualche minuto immobile a riflettere, prima di entrare.
Durante il tragitto per raggiungere l’infermeria non aveva sentito nessun rumore ed incontrato nessuno. Strano considerando il luogo in cui si trovava.
I suoi dubbi vennero però spazzati via, dopo aver varcato la porta a battente che dava all’infermeria. 
In uno dei tanti lettini infatti, vide un robusto ragazzo di colore, accanto a cui stava seduta una ragazza dai lunghi capelli scuri.
Entrambi si voltarono a guardarlo con aria minacciosa, Nico capì però, che non si trattava di persone instabili. O perlomeno non come quelle incontrate nel piano in cui aveva alloggiato fino a poco prima… Queste erano consapevoli di quel che stavano facendo, ed i loro occhi erano più svegli ed acuti di quanto lo possano essere quelli di un pazzo.
L’arrivo di un altro ragazzo smorzò però la tensione creatasi,
<< Oh Dei, queste vanno immediatamente curate. >> esclamò lo sconosciuto lanciandoglisi letteralmente addosso.
Nico rimase basito da una tale preoccupazione nei suoi confronti.
<< Avanti seguimi. >> gli disse il ragazzo, portandolo in un’altra stanza.
<< Stenditi per favore. >> gli ordinò indicando l’unico lettino presente. 
Nico obbedì, ancora frastornato da quel ragazzo, che non gli aveva dato nemmeno il tempo di dirgli per quale ragione fosse lì o semplicemente chi fosse lui. A quanto pare per l’altro tutte queste cose, erano secondarie alla medicazione. 
Il moro osservò attentamente mentre gli medicava le ferite; per prima cose gliele pulì con del cotone umido, poi aggiunse quasi mezza bottiglia di disinfettante e infine vi fece cadere sopra una strana polverina bianca, che a Nico ricordava lo zucchero a velo, che sua madre metteva sulle torte che preparava. Ricordo, che gli fece più male del bruciore che sentiva alle nocche scorticate. 
Con estrema precisione il ragazzo/medico applicò poi, una fasciatura con della garza che fermò con un nodo, stretto alla perfezione. 
<< Devi metterci una spolverata di questa, due volte al giorno per tre giorni; e vedrai che la ferita sarà scomparsa del tutto. >> gli spiegò, consegnandoli la boccetta. 
Solo allora Nico si accorse di quanto azzurri e luminosi fossero i suoi occhi. 
Anche l’altro parve osservarlo per bene solo in quel momento, e impacciato si presentò,
<< Comunque piacere i sono Will, e tu? >>
<< Nico. >>
<< Sei nuovo vero? >>
Il moro annuì,
<< Arrivato appena cinque giorni fa dai piani superiori. >> 
<< Oh ho capito…Beh ci siamo passati tutti, no?  >>
<< Passati dove? >> domandò il moro.
Will però non rispose, limitandosi a fissarlo con apprensione. 
<< Immagino tu non sappia nulla di questo posto, giusto? >>
Nico non capiva il senso di quelle parole, che servivano ad alimentare i suoi già nascenti sospetti.
<< Non mi trovo forse in un manicomio? >>
Il biondo annuì.
<< Ma tu non sei pazzo, vero? >> 
Nico non poteva credere alle proprie orecchie, finalmente qualcuno che se ne accorgeva!
<< Assolutamente no. >>
<< Will presto vieni, Charles sta avendo una ricaduta! >> urlò in quel momento la ragazza. 
<< Mi spiace ma ora devo chiederti di andare. >> gli disse, prima di sfrecciare nell’altra sala.
Non sapendo che altro fare il moro, decise di tornare nella sua camera, in attesa di conoscere il suo compagno di stanza, mentre nella testa ricorrevano le parole appena dette dal ragazzo…

Il suo desiderio fu presto esaudito, entrato infatti trovò un ragazzo intento a rovistare nell’armadio. 
Inizialmente quello non si accorse del suo arrivo, e Nico poté osservarlo silenzioso. Era alto proprio come aveva immaginato ed aveva anche un bel gran fisico (era a petto nudo). I capelli erano biondi, ma di una tonalità più chiara di quelli di Will e tagliati corti. Sentendo il peso del suo sguardo lo sconosciuto si voltò verso di lui, e differenti furono le reazioni che animarono il suo viso. 
<< Ecco dov’è finita la mia uniforme! >> disse alla fine, indicando i vestiti che Nico indossava. 
Il moro si sentì vagamente a disagio,
Aveva dimenticato persino di averla presa! Che figuraccia.
<< Ti dispiacerebbe ridarmela?  >> 
Nico si decise a reagire.
<< Scusa, solo che non ho trovato altro da mettere. >> 
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, 
<< Senti perché non me lo racconti un’altra volta? Sono in ritardo, Ares mi ucciderà se non arrivo in classe entro cinque secondi. >>
Nico però non accennò a spogliarsi.
<< Potresti andare fuori? >> chiese all’altro.
<< Come hai detto scusa? >> 
<< Hai capito bene, non posso di certo spogliarmi davanti a te. >>
Il biondo lo fulminò con uno sguardo tagliente,
<< Non mi importa nulla di vederti nudo, voglio solo la mia divisa. >>
<< E io ti dico che se non esci, non posso dartela. >> 
In quel momento la porta della stanza si spalancò,
<< Jason vuoi muoverti? Ares sta per venire a prenderti, e sai cosa succede quando perde la pazienza. >> esclamò un ragazzo dai capelli corvini.
<< Percy quest’idiota non vuole ridarmi la mia divisa, e senza non posso venire. >> rispose esasperato il ragazzo indicando Nico. 
<< Lascia perdere fratello ti presto la mia. >> gli disse l’altro, incitandolo a muoversi. 
Il biondo uscì dalla stanza correndo insieme all’amico, mentre Nico rimase imbambolato al centro della stanza, ancora scombussolato da tanta bellezza. 
- Mai aveva visto tanti bei ragazzi in una sola volta. 
Prima quel Will che con quegli occhi color del cielo, e la sua preoccupazione quasi materna nei suoi confronti, gli aveva ricordato che forse c’era ancora qualcuno disposto a tenere a lui. Poi Jason il cui fisico era pari a quello di un modello, e infine quel Percy anche non era davvero niente male. 
- Ok Nico, smettila. Ricorda quali sono le tue priorità; devi scappare da qui e far in modo che Persefone finisca dove meriti di stare. Quindi niente film mentali con nessuno. Si disse, cercando di ritrovare la lucidità persa nell’arco di dieci minuti. 
Si accese poi una sigaretta, ignorando beatamente il cartello che impediva di fumare e si stese sul letto a rimarginare su quanto appena accaduto.
- Nessuno di quei ragazzi gli era sembrato pazzo… Possibile che si trovasse ancora nello stesso manicomio? O forse era stato trasferito in un reparto speciale? Forse con dei sociopatici… Nico ricordava bene il personaggio di Kai Parker nella serie tv The Vampire Diares, all’apparenza un ragazzo normale, ma in realtà un pazzo sadico.
 (Anche se doveva ammettere che rientrava nella sua top ten dei personaggi preferiti).
 
Doveva essersi addormentato mentre pensava, perché fu il ragazzo biondo a svegliarlo,
<< Hey tu. >> gli disse scuotendolo. << E’ ora di cena. >> 
Nico aprì gli occhi e scattò a sedere.
<< Ti prego di non toccarmi. >> gli rispose stropicciandosi gli occhi. 
Il biondo parve offendersi a quell’affermazione,  
<< Prima ti appropri della mia divisa, ed ora neanche mi ringrazi per averti avvisato della cena. >> 
<< Non credo mangerò. >> continuò Nico, indifferente alle sue parole. << Riguardo la tua divisa credo che la terrò fino a quando non troverò il modo per lavare i miei vestiti o perlomeno procurarmene dei decenti. >> 
Jason sorrise sconfortato, 
<< Davvero non posso crederci, mai ho conosciuto una persona così menefreghista nei confronti degli altri. >>
<< Ed io un ragazzo così paziente. >> 
<< Mi stai forse incitando a dovertele dare?  >> 
<< Un ragazzo-Hermione come te non credo arriverebbe a tanto.  >> 
<< Ragazzo-Hermione? >> domandò il biondo confuso. 
Nico lo guardò sconvolto. 
<< Davvero non conosci Harry Potter? >> 
Il biondo scosse la testa, 
<< Non so di cosa tu stia parlando.  >> ammise. 
Il moro sempre più sconvolto prese un’altra sigaretta,
<< Da pazzi, ma dove hai vissuto fino ad ora? >> 
<< In questo posto. >>
<< Da quanto sei qui? >>
<< Da quando sono nato praticamente. >> 
Nico rimase sorpreso da quella rivelazione,
<< Oh allora non è colpa tua… >>
Jason fece spallucce, 
<< Questa non puoi fumarla qui. >> disse, togliendoli la sigaretta dalla bocca. 
<< Ehi ridammela subito. >> si lamentò Nico.
<< Le regole sono regole, e finché starai con me dovrai rispettarle. >>
<< Mi correggo, sei molto peggio di Hermione. >> si lamentò il moro, seguendo suo malgrado il compagno.
<< Comunque io sono Jason. >> si presentò il biondo, mentre salivano in ascensore.
<< L’avevo capito ti chiamassi così, io sono Nico. >> rispose il moro, osservando l’ascensore salire di due piani e fermarsi.
<< Perché qui è tutto così..? >>
<< Lussuoso? >> finì il biondo per lui. 
<< Esatto. >> 
<< Semplicemente ci tengono a farci stare in un ambiente gradevole. >> 
<< Ma se… >> stava per controbattere Nico, prima che un ragazzo dai capelli castani gli piombasse addosso come un razzo. 
Entrambi ruzzolarono a terra, 
<< Ehm scusami ragazzo zombie. >> si scusò quello rialzandosi e riprendendo a correre.
<< Leo Valdez, fermati immediatamente. >> urlò un’altra ragazza, che stava correndo con un vaso di una povera piantina bruciacchiata.
<< Katie ti prego non fare pazzie. >> esclamò un’altra correndo a sua volta dietro ai due ragazzi. 
Jason alzò gli occhi al cielo, mentre Nico cercava di dare un senso a quel che aveva appena visto.
<< Quelli erano Leo, il ragazzo più guastafeste che io conosca, Katie Gardiner un’ecologista patita e Calypso, la paziente ed irritante fidanzata di Leo. >> gli spiegò il biondo, aprendo le porte che davano alla mensa.
<< Come ha osato chiamarmi ragazzo Zombie? >> 
Jason fece spallucce, 
<< Leo é fatto così. >> 

La prima cosa che Nico notò appena entrato in mensa furono due grandi tavoli, posizionati ai lati della stanza, separati al centro da un lungo bancone contente qualsiasi tipologia di cibo.
Jason si diresse al tavolo sulla sinistra, mentre alcune voci dall’altro gli urlarono frasi che Nico non capì bene, 
<< Guardate chi è arrivato. La signorinella Grace! >>
<< Dove li hai lasciati i tacchi, eh? >> 
Jason però li ignorò tutti beatamente e prese posto accanto al moro Percy, indicando a Nico di mettersi vicino a lui. Quasi tutti i ragazzi presenti al tavolo si voltarono a guardare Nico, 
<< Jason è lui quello nuovo? >> domandò una ragazza dalla lunga treccia corvina.
Il ragazzo annuì.
<< Ti va un goccetto di vino, amico? >> gli domandò un ragazzo dall’aria brilla, indicando una caraffa di quel che apparentemente sembrava vino. 
Il moro scosse la testa,
<< Non mi piace bere. >> 
<< Finalmente, sei il primo che dice una cosa del genere. >> commentò timidamente un’altra dalla folta chioma castana. 
Nico la guardò negli occhi, e sentì una strana sensazione avvolgergli il cuore; qualcosa in quella ragazza gli era famigliare. Rimase a fissarla per molto, tanto che il ragazzo vicino a lei tossicchiò infastidito; Nico vide che le teneva la mano.
<< Allora Nico com’è che sei finito qui? >> gli domandò quel Percy, i cui occhi lo fecero nuovamente impazzire. 
Il moro deglutì, non se la sentiva di spiegare la situazione davanti a tutti quegli sconosciuti. A salvarlo dall’imbarazzo arrivò però la ragazza seduta vicino al moro,
<< Testa d’alghe possibile che tu non riesca mai a pensare prima di parlare? >> lo redarguì esasperata. Poi si rivolse a Nico, 
<< Ti prego di non farci caso, lui è fatto così. >> 
<< Ehi! Cosa intendi per così, è? >> si lamentò Percy.
La ragazza bionda scoppiò a ridere,
<< Così speciale. >> gli disse, stampandogli un bacio sulle labbra. 
A quella visione Nico distolse lo sguardo vagamente infastidito, gesto che non sfuggi alla ragazza che prima gli aveva rivolto la parola.
Accortosi di esser stato visto, Nico abbassò lo sguardo. Già non ne poteva più di tutte quelle persone. E poi davvero non capiva, era finito o no in un manicomio? Nessuno di quei ragazzi gli sembrava realmente pazzo. 
<< Non sa ancora nulla, giusto? >> domandò poi la ragazza dai capelli corvini a Jason. 
Quello scosse la testa sospirando. 
<< Capisco. E quando avevi intenzione di dirglielo? >> 
<< Reyna non è facile. >>
<< Lo so benissimo Jason ma, prima ne sarà consapevole, più tempo avrà per metabolizzare la cosa. >> ribatté la ragazza.
<< Perdonate si vi interrompo, ma vorrei farvi notare che io sono qui. >> commentò Nico ad alta voce, infastidito. 
Jason si alzò dal tavolo, 
<< Andiamo a parlarne fuori. >> disse alla ragazza.
<< Guardate Grace tacco rosso, insieme a Reyna uomo mancato. >> gracidò una ragazza dall’altro tavolo mentre i due si avviavano verso l’uscita.
<< Infilati quel rossetto dove immagino tu faccia già di solito Tanaka! >> le rispose la mora, provocando le rise di molti. 
<< Ma che? >> esclamò Nico, che non aveva ben capito cosa i due stessero confabulando su di lui.
<< Perdonali, non è facile per loro. >> venne in suo aiuto la ragazza dai capelli ricci. << Comunque piacere io sono Hazel Levesque. >> 
<< Piacere mio Hazel, io sono Nico. >>
<< Hazel io ho finito. Vado di sotto a riposare prima dello spettacolo. >> le disse il ragazzo vicino a lei, stampandole un bacio sulla guancia. 
<< Va bene Frank, a dopo allora. >> rispose Hazel, accarezzandogli la mano. 
Nico rimase immobile a fissarli; c’era così tanta dolcezza in quei gesti… si vedeva che si volevano bene per davvero. 
<< Scusa se te lo chiedo, ma di quale spettacolo stava parlando il tuo ragazzo? >> domandò il moro.
Lo sguardo della ragazza s’incupì.
<< Teoricamente non potrei ancora parlartene, ma dato che Reyna e Jason potrebbero impiegare anche tutta la notte per decidersi… >>
<< Per favore, neanche dovrei essere in questo posto, ed è da quando sono arrivato che non ci sto capendo più nulla. >>
<< Va bene, ma è meglio se andiamo in un posto più tranquillo. >> propose la ragazza, alzandosi. 
I due finirono per andare a parlare nella camera della ragazza.
<< La condivido con Katie, è una patita delle piante, non farci caso. >> lo avvisò la Hazel prima di entrare. 
Nico però rimase ugualmente meravigliato, o meglio sconvolto. 
La stanza pareva divisa letteralmente in due, da un lato c’era un letto sovrastato da piante rampicanti attorcigliate alla ringhiera. Vasi di fiori che pendevano dal soffitto, mensole stracolme di vasetti di margherite e rose. 
L’altra parte invece pareva una gioielleria. C’era diamanti incollati alla parete che andavano a formare un mosaico decorativo. L’armadio interamente ricoperto di diamantini e altri stavano esposti sulla scrivania e sul comodino. 
Hazel sorrise timidamente quando vide la faccia del ragazzo.
<< Beh ti avevo avvisato. >>
<< M-ma hai una foresta in camera… >> 
Hazel fece spallucce e invitò il ragazzo a sedersi sul suo letto.
<< E anche tu non scherzi, superi di gran lunga Edward Cullen… >> 
<< Aaaaah ora capisco il perché del look oscuro, ti piace Twilight! >> esclamò la ragazza.
<< Ehi no, frena! Non ho mai detto nulla del genere. >> controbatté Nico. 
Hazel scoppiò a ridere, 
<< Guarda che non c’è nulla di male. >> 
<< Si forse, ma ora potresti spiegarmi in che razza di manicomio sono finito? >> 
<< Non è facile Nico... Io stessa ho impiegato molto per accettare la cosa… Ma comunque partiamo dal presupposto che nessuno di noi merita di stare qui, ok? >>
Il moro annuì.
<< Credo che tu non sappia che ci troviamo su una piccolissima isola dell’oceano Atlantico a sud della Florida. >>
A Nico mancò un colpo… 
Sapeva di esser finito in un luogo straniero dato il cambio di lingua dall’italiano all’inglese (che aveva imparato fin da piccolo grazie alle assidue lezioni private), eppure credeva di esser finito al massimo in Gran Bretagna, non dall’altra parte dell’oceano…
<< Vieni da molto lontano, vero? >> gli domandò Hazel, notando la sua espressione.
<< Italia. >> 
<< Non l’avrei mai detto, il tuo inglese è perfetto. >> si complimentò la ragazza.
<< Mia madre era fissata con questa cosa dell’inglese… >> spiegò Nico, rendendosi conto solo in quel momento, di averla involontariamente nominata.
Hazel però non era una sciocca ed accortasi del disagio, continuò a parlare come se nulla fosse.
<< Dunque dicevo, sull’isola è presente solo il manicomio. Per il resto è coperta da foreste.  Ma le persone vanno e vengono praticamente quasi ogni giorno tramite il servizio traghetto. >>
<< Quali persone? >> domandò Nico, accendendosi una sigaretta.
<< Più tardi ci arriverò. Ora devi sapere che il manicomio conta in totale undici piani.
Di cui cinque sono situati sotto terra… >>
Nico ascoltava attentamente, immagazzinando per bene tutte le informazioni che la ragazza le stava dando. Gli sarebbero tornate utili per quando avrebbe trovato un modo per andare via da quel posto.
La loro conversazione fu però interrotta da una furibonda Katie, che entrò sbattendo la porta,
<< Quell’assassino di Leo me la pagherà cara, prima o poi. >> disse, accorgendosi solo allora della presenza dei due.
<< Katie che è successo? >> le domandò Hazel.
Ma la ragazza non rispose, quando vide cosa Nico teneva in mano, perse del tutto le staffe.
<< Come osi fumare schifoso parassita? E per di più nella mia stanza! >> gli gridò, lanciandogli contro il vaso che teneva in mano. 
Nico riuscì ad evitarlo per un pelo, ma la ragazza tirò fuori dalla tasca dei piccoli rami spinosi con cui iniziò a bombardarlo. 
Questa volta fu impossibile per il moro schivarli tutti, considerando poi la mira perfetta dell’altra.
<< Ecco cosa merita gente come te dalla natura! >> 
<< Katie ti prego calmati. >> le gridò Hazel, cercando di fermarla. << Nico è meglio se te ne vai, perdonami. >> 
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte, e nonostante la costernazione per non aver potuto concludere il dialogo con Hazel, corse via. 
Mentre tornava in camera constatò con seccatura, che alcune spine gli si erano conficcate nel braccio destro e sulla spalla. 
Dolorante decise allora di andare in infermeria per farsele togliere.
In ascensore ebbe però la sfortuna d’imbattersi nel gruppo dei ragazzi che prima avevano deriso Jason e Reyna. 
<< Bene bene, ecco il nuovo amichetto degli sfigati. >> l’apostrofò una ragazza dal trucco e vestiario impeccabile.
<< Questo è il più nano e rammollito di tutti però. >> commentò un altro dai capelli biondi platino. 
Nico stava facendo di tutto per mantenere la calma, anche perché erano in tre contro uno. Non avrebbe mai avuto la minima possibilità di uscirne vincente. 
<< Mi chiedo com’è possibile che l’abbiano messo qui. Non è né bello, tantomeno forte… >>
<< Già, guarda che braccia gracili, potresti spezzarle persino tu, Drew. >> ridacchiò un altro.
Nico ce la stava mettendo davvero tutta per non rispondere alle provocazioni, sapeva di non doversi mischiare in zuffe inutili, ma quei ragazzi stavano oltrepassando il limite.
Fortunatamente l’ascensore arrivò a destinazione, e Nico filò subito via, ma il ragazzo biondo gli mise lo sgambetto.
Nico rovinò al suolo, tra le risa degli altri.
<< Non avresti dovuto farlo. >> sibilò a denti stretti.
Con un balzo colpì il ragazzo ai testicoli con una ginocchiata, e riservò lo stesso trattamento al compagno, colpendo però con un pugno. La ragazza terrorizzata scappò a gambe levate, lasciando i due amici a terra doloranti.
<< Codarda che non sei altro, avrai anche tu la tua parte prima o poi. >> le urlò dietro.
Poi si avviò noncurante nell’infermeria, ignorando i gemiti di dolore dei due malcapitati.
Ad accoglierlo trovò nuovamente il ragazzo biondo, Will se ricordava bene. 
Il volto di lui s’illuminò appena lo vide,
<< Hai ancora dolore alle mani? No perché se vuoi, posso rifarti la fasciatura. >> gli disse subito.
Nico sorrise debolmente divertito da tanta preoccupazione.
<< No, le mani stanno bene, piuttosto son venuto per queste. >> spiegò indicando il braccio.
Il biondo trasalì a quella visione.
<< Ci scommetto tutti i raggi del sole, che questa è opera di Katie. >> 
Il moro annuì,
<< Cosa le hai fatto per farla arrabbiare così tanto? >>
<< Ma nulla, stavo solo fumando in camera sua. >>
<< Ah allora è giustificata. >> 
<< Come? Dimmi ti sembra normale reagire in quel modo, per una semplice sigaretta? >> s’indignò il moro.
Will sorrise divertito da quel tono,
<< Per Katie il rispetto della Natura viene prima di tutto. E’ normale che si sia infuriata, quando ha visto che le stavi inquinando le piante e l’aria. >> 
Nico sbuffò,
<< Magari avrà anche le sue buone ragioni, ma dovrebbe imparare a controllarsi meglio. >> 
<< Disse quello che ha appena pestato i genitali di due ragazzi. >> esclamò una terza voce.
Entrambi si voltarono di scatto verso il nuovo arrivato.
<< Michael sei tu! >> lo salutò Will. << Hai finito la lezione con Dioniso? >>
Il ragazzo annuì.
<< Si, mentre venivo qui ho trovato Luke e Ethan stesi a terra doloranti. Mi hanno detto che un ragazzino dai capelli neri li aveva appena assaliti. Ora sono di là, gli ho dato degli antidolorifici. >> 
<< Quei bastardi mi hanno offeso! Cosa pensi avrei dovuto fare, eh? >> controbatté Nico.
<< Ehi ehi calmo. So benissimo quanto siano stronzi quei due, hai fatto bene ad abbassargli la cresta. >> disse uscendo per andare a controllarli. 
<< E così ti sei dato molto da fare per crearti così tanti problemi in un solo giorno. >> lo schernì il biondo, estraendo delicatamente le spine con una pinzetta di ferro. 
Nico però non rispose, consapevole di quanto fossero vere le parole del ragazzo. Rimasero così in silenzio, fino a quando Will, concluso il braccio, chiese a Nico di togliere la maglia per poter eliminare le spine presenti nella spalla. 
Nico però si rifiutò.
<< No davvero va bene così. Nella spalla ne sarà entrata al massimo una o due, non mi danno neanche tanto fastidio. >> cercò di minimizzare.
Ma Will fu irremovibile.
<< Non posso lasciarti con delle spine conficcate nella pelle. A lungo andare potrebbero allargare le ferite, e affondando sempre di più, provocare delle infezioni anche gravi. >> spiegò. << Quindi niente storie, e via la maglietta avanti. >> 
Nico però non poteva, non se la sentiva di rimanere a petto nudo davanti ad un ragazzo, specie se quel ragazzo lo guardava così intensamente. 
Fece allora per alzarsi dal lettino, ma il biondo lo bloccò con una mano; 
<< Ho detto via la maglietta. >> ribadì serio. 
Non avendo via di scampo il moro afferrò allora il colletto della maglietta e con un gesto rapido lo strappò di un poco. In tal modo poteva far uscire la spalla, senza doversi denudare.
<< Il tuo petto è davvero così segreto da non poter esser visto? >> gli domandò Will, mentre contava ben sette spine. 
<< Si. >> rispose Nico risoluto, sibilando poi dal dolore.
<< Ti ho fatto male? >>
<< No, continua pure. >>
Will appoggiò allora una mano sull’altra spalla del ragazzo,
<< In questo modo riesco ad estrarle più facilmente. >> spiegò.
Per quanto Nico detestasse ammetterlo, il tocco di quel ragazzo gli infondeva un calore mai sperimentato, prima… gli ricordava vagamente quello del sole, ma questo era molto  più intenso e dolce. 
Will stesso si accorse del lieve disagio nel ragazzo, ma ugualmente non lo lasciò mai, fino a quando la spalla non fu completamente libera. 
<< Ecco fatto. >> annunciò quando ebbe finito di medicare l’ultimo foro. 
<< Grazie. >> rispose Nico alzandosi, << Beh allora io vado. >> disse poi, mentre la pelle tornava a raffreddarsi. 
Will gli sorrise di rimando e cominciò a risistemare le attrezzature mediche, con fare nervoso. 
Senza aggiungere altro il moro uscì; per quel giorno ne aveva avute abbastanza… troppe nuove persone, troppe scoperte sconvolgenti ed emozioni forti.
Non vedeva l’ora di ritirarsi in camera per dormire un po’, ma aveva dimenticato di avere ancora una questione in sospeso con Jason.
Quest’ultimo lo stava aspettando sveglio seduto sul letto, 
<< Finalmente sei tornato, temevo ti fossi perso. >> gli disse appena lo vide.
<< Non sapevo fossi la mia balia. >> ribatté il moro, scostando le coperte del letto. 
<< Nico, riguardo il discorso di oggi… >> 
<< Ti spiace se lo rimandiamo a domani? Sto morendo di sonno e non credo che la mia mente possa reggere ancora per molto… >> 
Jason sospirò, 
<< Va bene, ma prima di andare a lezione dovremo parlarne. >>
Nico annuì, buttandosi nel letto.
<< Ehi un attimo, ma cosa hai fatto alla mia maglia? >> domandò Jason notando lo squarcio. 
<< Colpa della fanatica delle piante. >> rispose solo, girandosi dall’altro lato. 
Jason sospirò nuovamente, questa volta enfatizzando il suono, e poi spense la luce.
<< Ah Jason. >> lo chiamò Nico, qualche minuto dopo.
<< Uh? >> 
<< Posso chiederti perché oggi quei ragazzi ti schernivano riguardo un paio di tacchi… >> 
<< Beh diciamo che è stata la punizione che mi son beccato a causa di una certa persona, che mi ha fatto fare tardi a lezione. >> ammise il ragazzo.
Nico sorrise vagamente divertito, poi Ipno lo rapì tra le sue braccia. 


 
Continua…

Nota Autore: 

Salve a tutti cari lettori, 
come avete visto, i capitoli iniziano ad allungarsi e la storia inizia ad entrare nel pieno della vicenda. Spero che questo primo approccio con i ragazzi del manicomio sia stato reso bene, più avanti comunque capirete un sacco di cose, che ora possono apparire confuse. Ci tenevo a ringraziare di cuore, tutte quelle persone che hanno aggiunto la storia tra le preferite e le seguite, perché siete davvero in tanti. Dunque grazie, spero continuiate a seguire la storia con piacere. E ricordate, siamo solo all’inizio. 
Se volete scrivermi, ripeto qualsiasi commento è sempre ben accetto, nel mondo della scrittura non si finisce mai d’imparare, ed io ho ancora tanta strada da fare. 
Un abbraccio a tutti. 
Ps: spero di non aver fatto troppi errori grammaticali, anche se ho riletto più volte il capitolo prima di pubblicarlo, alla fine qualcosa mi sfugge sempre “-.-
xxNico
  
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