Lo Specchio delle Anime.
“E Patroclo si slanciò sui Troiani meditando rovina,
si slanciò per tre volte, simile ad Ares ardente,
paurosamente
gridando: tre volte ammazzò nove uomini.
Ma quando alla quarta balzò, che un nume pareva,
allora,
Patroclo, apparve la fine della tua vita.1"
[Omero, Iliade (XVI, 783-787)]
Atto XVI – Parte I
Cantami o Diva.
Davanti a loro, in una splendente tunica del
colore dell’oro, c’era un giovane uomo che non avrebbe potuto avere più di
trent’anni, con fluenti capelli scuri ed occhi dello stesso colore dell’erba
primaverile. Aveva un sorriso gentile, la voce garbata completamente priva
d’accento. Hermione pensò che, chiunque fosse, dovesse aver vissuto una vita
particolarmente agiata2, i suoi modi erano quasi più regali di
quelli di Malfoy.
«Benvenuti» ripeté ancora, facendo un grazioso
passo avanti ed allargando le braccia per indicare tutto il tempio che li
circondava. «Spero che gli abiti siano di vostro gradimento. Ho pensato che
quei colori avrebbero incontrato i vostri gusti».
Più parole avevano lasciato le sue labbra, più la
strega si era ritrovata a fissarlo, incantata.
Era un bell’uomo, non poteva negarlo, ma non era bellissimo,
così come non era il suo tipo. Semplicemente, ogni suono che aveva articolato
le era sembrato incredibile, ricoperto di uno splendore che doveva esser andato
perduto da secoli.
Draco, ancora inginocchiato accanto a lei, le
diede un buffetto sulla mano, come a voler richiamare la sua attenzione. Poi,
scuotendo il capo, si rialzò, tirandola con sé.
«Stai per metterti a sbavare, Mezzosangue» le fece
notare, con un pizzico di stizza. «Non mi sembra il caso, davanti a qualcuno
che potrebbe tranquillamente averci rapiti e sottoposti a qualunque genere di
sevizia, durante la nostra incoscienza» aggiunse, però voltandosi verso l’uomo
in questione, che aveva continuato ad osservarli con curioso divertimento.
«Vi farà piacere sapere che non ho abusato di voi»
disse proprio lui, congiungendo le mani all’altezza dello stomaco e continuando
a sorridere. «Anche se volessi, non potrei certo farvi del male. Il mio compito
è quello di accogliervi, non certo di ferirvi». Gli occhi smeraldini sembrarono
soffermarsi con particolare interesse su Draco, velati di qualcosa che Hermione
pensò di catalogare come interesse. «Questi colori vi stanno davvero
bene, non ho perso il mio occhio» mormorò quindi, lasciando che il suo sorriso
si ampliasse.
Confuso, Malfoy le posò la mano sul braccio, come
a volerla trattenere. Lei non apprezzò quel gesto di apparente protezione e si
liberò dalla stretta dedicandogli un’occhiataccia, cui lui rispose con
un’espressione esasperata.
Lo sconosciuto, rimasto sempre a parecchi passi di
distanza, li guardò entrambi con sempre maggiore divertimento, lasciandosi
andare ad una risata assolutamente deliziosa.
«Dovete perdonarmi» si scusò, quando entrambi lo
fulminarono con gli occhi. «Mi rendo conto di dovervi sembrare orribilmente
sgarbato, ma queste schermaglie mi riportano alla memoria vecchi episodi di
gioventù. Dopotutto, l’amore è immortale, no?» disse, prima di avanzare di un
paio di passi, incurante della velocità con cui loro arretrarono, preoccupati.
«Oh, non dovete certo avere paura di me. Se avessi voluto ferirvi, vi avrei
tolto le bacchette, non credete anche voi?».
Solo in quel momento, Hermione si rese conto del
leggero e rassicurante peso della sua bacchetta contro il fianco. Quella sua
tunica aveva una tasca apposita, perfettamente mimetizzata ma, al tempo stesso,
incredibilmente comoda in caso di necessità improvvisa d’estrarre l’arma. Anche
Malfoy ne aveva una, però lui doveva averla trovata già da qualche istante,
avendo puntato la bacchetta contro il loro gentile ospite.
«Adesso puoi dirci chi accidenti sei» disse
infatti, serio. La tunica smanicata aveva lasciato scoperto il suo braccio
martoriato, ma non sembrava più preoccuparsene più di tanto. Dopotutto,
Hermione l’aveva già visto e gli aveva chiaramente detto che non avrebbe più
dovuto nasconderlo: era parte di lui, non poteva vergognarsene per sempre.
«Mezzosangue, occhi aperti» la ammonì, quando notò che lei non avesse dato
segno di prepararsi ad una possibile fuga.
«Non credo ci sia pericolo, Draco» gli fece notare
allora lei, tranquilla, incrociando le braccia al petto. «Eravamo svenuti e non
ci ha fatto del male. Che senso avrebbe sfidarci ora? Siamo entrambi coscienti
e armati».
Lo sconosciuto sorrise, spostando gli occhi
smeraldini fra entrambi e lasciando, infine, che si posassero su Hermione. «Ah,
è snervante, non è vero mia cara? Avere a che fare con chi ha il complesso
dell’eroe…» borbottò quindi, scuotendo il capo. I ricci scuri gli dondolarono
sulle spalle in modo innaturale, con una perfezione davvero poco umana.
«Soprattutto perché spesso ti costringono a diventarlo a tua volta, per quanto
usare il cervello sia una scelta sempre migliore». Le sue labbra delicate si
strinsero in una linea sottile, osservando Draco come se fosse stato un
cucciolo particolarmente discolo.
«Se proprio vogliamo esser pignoli, signor
Sconosciuto» lo interruppe Malfoy, gli occhi ridotti a due lame di affilato
argento, «l’eroe della coppia è lei. Io preferisco salvarmi la pelle,
quando non mi costringe a fare l’intrepido per salvarle la vita». Si voltò
verso di lei, dedicandole la migliore fra le sue occhiate disperate. «Per
quanto il tuo ragionamento fili, mia cara, non mi sembra il caso di
essere spericolati proprio ora. Per quello che ne sappiamo noi, questo tizio
potrebbe essere una trappola per distrarci».
«Ha ragione, sai» anche lo sconosciuto gli diede
corda, annuendo leggermente. «Comunque, tranquilli, non ho davvero intenzione
di farvi del male. Sono qui, come ho già detto, per accogliervi nell’Agorà dei
Giusti. Voi siete Hermione Granger e Draco Malfoy, se
non sbaglio».
Il silenzio confuso che seguì quell’affermazione
fu alquanto carico di tensione.
«Come fai a conoscere i nostri nomi?» domandò
Hermione, osservandolo con curiosità. C’era qualcosa, in lui, che la
tranquillizzava. Non era una reazione logica, non era una reazione
giustificabile: semplicemente, lei voleva fidarsi e accettare qualunque cosa le
avrebbe detto come se fosse stata pura e semplice verità scientifica.
Era un incantesimo?
Lo sconosciuto sorrise, indicando un enorme arazzo
sulla parete sinistra, che né lei o Malfoy avevano notato. «Il vostro arrivo è
stato previsto da tempi immemori» spiegò, tranquillo, incrociando le braccia al
petto. «Non ne ero assolutamente certo, temevo di aver perso il conto dei
secoli, ad un certo punto. Fortunatamente non è stato così, non credete anche
voi?».
Vagamente preoccupata, Hermione si voltò a
guardare Draco, trovandolo con la stessa espressione di pacato panico stampata
in viso.
Aveva detto secoli.
«Cosa sta succedendo? Chi sei tu?» domandò
quindi lei, questa volta tirando fuori la bacchetta e puntandola contro colui
che avrebbe potuto essere sia il loro aggressore che il loro salvatore. «In che
senso perso il conto dei secoli? Quanti anni hai? Che cosa sei?»
aggiunse, così velocemente da arrivare quasi a balbettare.
La calma è la virtù dell’Inquisitore, si
ripeté, sentendo la voce del suo Capo rimbombare per gli angoli più sperduti
del suo cervello. Le aveva ripetuto quelle parole fino alla nausea, quando si
era avvicinata per la prima volta all’Ufficio Inquisitori, ancora troppo
inesperta e troppo ansiosa di fare qualcosa di buono per poter comprendere il
vero scopo del suo lavoro.
Lo sconosciuto sembrò divertito da lei, ma ancora
di più sembrò intenerito nel notare come Draco si fosse immediatamente fatto
avanti per proteggerla, nonostante le sue proteste iniziali.
«Avevi ragione, ragazzo» disse quindi, dolcemente.
«L’eroe è lei, pronta a tutto ma così incosciente da aver bisogno che tu le
guardi le spalle…» mormorò, lasciando che un’eco di qualcosa – era dolore? –
aggiungesse alle sue parole un retrogusto amaro. Poi, come se si fosse
improvvisamente reso conto dello sguardo confuso dei due, scosse il capo e
sorrise, nuovamente tranquillo. «Scusatemi ancora. Mi capita spesso di perdermi
nel passato, non è una cosa razionale… l’amore non lo è mai». Si schiarì
la voce, sollevando il mento e raddrizzando le spalle. Una cicatrice, che
Hermione non aveva notato prima, gli attraversava tutto il fianco, come se
qualcuno avesse usato un coltello per aprirlo in due3.
O una lancia.
«Chi sei?» chiese ancora, improvvisamente più
curiosa che preoccupata. La presa di Draco sul suo braccio si irrigidì, ma lei
non si scostò, limitandosi a posare la mano libera su quella di lui e dargli un
buffetto delicato. «Non sei come noi. Non sei un mortale» aggiunse, gli occhi
ormai ridotti a delle fessure scure.
«Non sono un mortale» confermò, gentile, lo
sconosciuto. «Il mio nome è Patroclo, figlio di Menezio».
L’espressione di colorita incredulità che lasciò
la labbra di Malfoy avrebbe fatto tremare le gambe alla professoressa McGranitt, con buone probabilità, ma Hermione non si
scandalizzò. Non avrebbe potuto, considerando che lei stessa fosse stata sul
punto di fare un’uscita molto simile, se non addirittura peggiore. Il suo
silenzio, probabilmente, era dipeso dall’indecisione. Ebbene, se la parte più
razionale del suo cervello era perfettamente certa che lo sconosciuto stesse mentendo,
la restante gli credeva ciecamente. E questa era la parte più forte, senza orma
di dubbio.
Il suo iniziale sconcerto, infatti, si era
velocemente trasformato in incredula meraviglia.
«Patroclo» ripeté infatti lei, gli occhi così
sgranati da sembrare sul punto di rotolare via. «Quel Patroclo? Quello
di Achille? Dell’Iliade?» esalò, sentendosi sul punto di svenire per
l’eccitazione da un istante all’altro.
Lo sconosciuto sorrise leggermente, quasi fosse
stato timido. «Non ho idea di cosa sia questa Iliade4 di cui
parli, ma se ti riferisci alla Guerra di Troia, in cui sono stato ucciso,
allora sì, sono io» le confermò, voltandosi poi a guardare Draco. «Credo che il
tuo compagno non abbia preso la notizia altrettanto bene, mia cara. Forse
sarebbe meglio se si sedesse».
In effetti, quando anche lei si voltò ad
osservarlo poté notare il colorito tutt’altro che sano assunto dalle sue
guance. Malfoy non sembrava particolarmente eccitato, all’idea di essere
davanti ad una figura a dir poco leggendaria, ma non sembrava neppure
che non gli credesse.
Era spaventato.
«Draco?».
«Tu sei un Dàimon».
***
L’uomo sorrise, dopo la dichiarazione di Draco,
quasi fosse stato entusiasta della velocità con cui lui aveva realizzato la
verità. «Sono lieto di constatare che la tradizione sia stata tramandata.
L’ultimo visitatore non è stato altrettanto bravo» si complimentò, allegro,
indicando con un cenno lo stesso arazzo che aveva mostrato poco prima.
Confusa, Hermione fissò prima lui e poi Malfoy,
che sembrava sempre ad un passo dal dare di stomaco per lo spavento. Una
gocciolina di sudore gli stava colando giù dalla tempia, nonostante non facesse
abbastanza caldo in quel luogo. Se lei si preoccupò fu per la sua
reazione, piuttosto che per vero pericolo. In cerca di risposte, quindi
assottigliò lo sguardo e cercò di decifrare la tela che già due volte le era
stata mostrata.
Di dimensioni incredibili, era intessuta di tutti
i colori conosciuti all’uomo. Dalla base nera come il carbone, schiariva
lentamente ed attraversava milioni e milioni di sfumature. Non c’erano
raffigurazioni, non una figura umana o animale. Tutta la superficie era quasi
totalmente ricoperta da un testo in lingua sconosciuta, ricamato in filo d’oro
con una premura da lasciar credere dovesse essere stato fatto a mano. Senza
comprendere perché, Hermione sentì d’essere sul punto di piangere dalla
commozione.
«Questo è l’Arazzo della conoscenza» la
informò l’uomo, con un sorriso gentile. «Contiene tutte le verità di questo
mondo e del mondo oltre. Qualsiasi domanda che sia mai stata posta o che
verrà pensata, troverà qui la sua risposta».
«E nessuno può leggere da quell’arazzo. Nessuno
potrebbe neppure avvicinarsi» si intromise Draco, cupo, tirando Hermione
indietro di un paio di passi.
Lei, sempre più confusa, non staccò gli occhi
dalla meraviglia che le era stata presentata. «Cos’è di preciso? E perché non
potremmo leggere?» chiese, scuotendo il capo per riacquistare un minimo di
concentrazione. Si voltò verso Draco, confusa, ma guardò per un istante anche il
loro accompagnatore. «E cos’è un Dàimon? Volete spiegarmi cosa sta
succedendo?».
L’uomo – Patroclo? – le lanciò uno sguardo carico
di dolcezza e rimpianto. «Tu somigli davvero tanto a lui. Stesso impeto,
stessa voglia di fare qualcosa» mormorò, accennando poi una risatina. «Stessa
testa calda».
«Un Dàimon, Hermione,» iniziò Draco, cupo,
continuando a tirarla indietro, «è una creatura leggendaria, non sono mai state
raccolte prove della sua esistenza che potessero esser considerate scientificamente
valide. Alcune tracce sono state tramandate oralmente… Socrate, il filosofo,
parlava del Dàimon5 come un principio divino presente in ogni uomo,
una sorta di voce interiore che impediva al suo animo di restare pacato».
Preoccupato, puntò gli occhi argentei sull’uomo. «Naturalmente, questa è la
versione nota ai babbani. La nostra tradizione dice che il Dàimon è una
creatura ibrida, un mago o strega il cui spirito è rimasto bloccato fra due
mondi, costretto a torturare le anime di uomini e donne così sfortunati da
incrociare il suo cammino».
«Come un fantasma, intendi?».
«Non proprio, mia cara». Divertito, l’uomo li
osservò entrambi con un sopracciglio inarcato, tentato, probabilmente, di
scoppiare a ridergli in faccia. Hermione non avrebbe potuto biasimarlo,
naturalmente: Malfoy sembrava aver appena incrociato suo nonno in mutande
appena uscito dalla tomba per fumare una sigaretta. «Un Dàimon è, sì, uno
spirito bloccato fra la vita e la morte, come i fantasmi, ma non ha come scopo
quello di torturare i vivi. Come il buon vecchio Socrate tramandava, il
nostro compito è quello di stimolare l’anima umana, di costringere voi mortali
ad affrontare le varie sfide che la vita vi presenta» spiegò, camminando
velocemente verso i sette troni al centro del tempio, su cui riposavano le
sette corone d’oro. «Siamo proiezioni di voi stessi, manifestazioni della
vostra volontà di crescere e conoscervi. Abbiamo ottenuto l’immortalità perché l’umanità
ci ha identificati con un’emozione, con una sensazione, impedendo alla nostra memoria di sparire» allargò le braccia,
tranquillo. «Siamo stati chiamati Giusti, perché costringevamo i nostri
visitatori a fronteggiare la propria coscienza, il proprio spirito. Siamo stati
chiamati Demoni per lo stesso motivo. Siamo i guardiani della conoscenza
eterna, perché solo noi possiamo assistere al manifestarsi dell’anima, senza
impazzire».
Draco era rimasto in silenzio, durante quella
spiegazioni, ma la sua presa si era leggermente allentata sul braccio di
Hermione. Osservava quell’uomo con una strana curiosità, una sorta di naturale
fiducia che anche lei aveva immediatamente percepito. Voleva credergli. Forse
non riusciva ad evitare di credergli, per quanto quella realtà fosse
assurda.
«Come?» domandò alla fine, la voce ridotta ad un
sussurro. «Com’è possibile che io non riesca a non evitare? Come puoi essere
davvero tu?».
Patroclo sorrise leggermente, indicando l’arazzo.
«In questo luogo non è possibile mentire. A noi Daimones
non è possibile mentire, poiché siamo proiezioni dell’anima di ciascuno6».
Si avvicinò all’enorme tela, sfiorandola con la punta delle dita. «Non posso
spiegarvi come sono diventato ciò che sono adesso, ormai non ricordo neppure
tutti i dettagli della mia vita prima di diventare così. Ma so
che il mio compito è accogliervi e guidarvi come ho fatto dal giorno della mia
morte in poi» continuò, tornando a fronteggiarli.
Hermione annuì, accettando ciò che le veniva rivelato
come semplice verità. Non c’era motivo di mettere in dubbio le sue parole, non
c’era menzogna nei suoi occhi e lei, con l’esperienza maturata durante gli anni
di fedele servizio al Ministero, non ebbe motivo di dubitare.
«L’Arazzo sembra sia stato intessuto di conoscenza
pura, plasmato dalla magia del Mondo Antico ormai andata perduta. La stessa
Magia che ha creato lo Specchio, Mezzosangue» si intromise Draco, cercando di
non fissare la tela in questione. «Nessuno lo comprende, perché nessuno vuole
comprenderlo. Se l’uomo potesse trovare risposta ad ogni sua domanda,
impazzirebbe. Le nostre leggende dicono che i Dàimones usano questa conoscenza
per torturare le loro vittime, facendogli perdere il senso della ragione».
Patroclo annuì. «Diciamo che è vero, più o meno»
disse, tranquillo. «Quando ancora venivamo regolarmente interpellati, eravamo
soliti consentire a chi avesse superato le prove di trovare sull’Arazzo la
risposta ad una sola delle sue domande. Spesso queste domande erano troppo
profonde per la semplice comprensione umana, cosa che portava alla follia. Ma
non siamo mai stati noi a farli impazzire. Non è il nostro compito».
«Quanti siete?» chiese allora Hermione, guardando
i troni. «Sette?» aggiunse, dopo aver fatto un breve conto dei seggi presenti.
Sette era un numero magico molto forte, pensò,
quasi a voler confermare la propria teoria.
«Noi siamo tantissimi, sparsi un po’ ovunque» negò
invece lui, scuotendo il capo. «Non tutti, però, hanno accesso all’Arazzo. Non
tutti sono abbastanza… importanti» spiegò, tranquillo. «Sette sono i Dàimones
Superiori, quelli incaricati di mettere alla prova chi si presenta da noi con
una domanda. Sette diverse prove, ognuna delle quali affronta un aspetto
diverso dell’animo umano. A volte si tratta di un’emozione, altre un sentimento,
qualcosa che si tende sempre a mettere da parte, quando si fanno i conti con se
stessi».
«Tu sei uno dei sette?» chiese allora Draco,
accigliato. «Sei qui, sei a conoscenza dell’Arazzo ed hai detto di aver vissuto
qui per secoli, eppure non ti stai includendo fra i sette maggiori».
L’uomo rise, questa volta sinceramente divertito.
«Io non sono uno dei Sette, ma sono un Dàimon Superiore, sì. Io rappresento la
devozione, la volontà di mettersi al servizio degli altri. Non mi occupo di
testare chi si presenta, perché già avere una richiesta implica l’aver
accettato di portare a termine una missione dal risultato potenzialmente
nefasto».
«Come hai fatto tu, prendendo il posto di Achille»
convenne Hermione, con un leggero sorriso. «Hai indossato la sua armatura e sei
sceso sul campo di battaglia, anche se sapevi che saresti morto» continuò, con
tono ammirato ed evidente stima nello sguardo. «Ti sei sacrificato per aiutare
gli Achei a vincere la guerra».
Patroclo scosse il capo, un sorriso triste ad incurvargli
le labbra. «Non l’ho fatto per il mio popolo. Non solo, quantomeno» spiegò,
avvicinandosi a loro con passi lenti e cauti, quasi temesse che potessero ancora
spaventarsi. «Io l’ho fatto per devozione verso di lui. L’ho fatto
perché lo amavo e sapevo che senza il mio sacrificio non sarebbe riuscito a
realizzare il suo destino». Il suo sguardo smeraldino si rischiarò
all’improvviso, quasi fosse diventato un’altra persona, all’improvviso. Quegli
sbalzi d’umore erano alquanto preoccupanti. «Ma non è per parlare di me che
siete venuti qui. Voi avete una domanda».
Inquietata, Hermione si voltò ad osservare Draco,
in quel momento intento a fissare con sconcerto il Dàimon.
«Noi abbiamo una domanda?» chiese quindi a sua
volta, confuso. Il suo viso, poi, si illuminò. «Noi abbiamo una
domanda!» ripeté, voltandosi verso Hermione ed afferrandola per le spalle. «Non
capisci, Granger? Potremmo chiedere dov’è lo
Specchio! Trovando subito la fonte, potremmo distruggere ogni possibilità che
Tu-Sai-Chi ritorni! Non dovremmo più andare a ritroso all’infinito…» spiegò,
tornando ad osservare Patroclo. «Ho ragione, vero? Se noi superiamo le vostre
prove, l’Arazzo potrà rispondere al nostro quesito».
L’uomo annuì, tornando serio. «Dovete però
comprendere quanto gravi potrebbero essere le conseguenze» li ammonì,
facendosi avanti di qualche passo e fermandosi giusto a mezzo metro da loro
due, abbastanza vicino da permettere che Hermione potesse notare altri dettagli
di quel corpo immortale. Oltre alla cicatrice sul fianco, infatti, ce n’erano
molte altre. Ferite seguite a dieci anni di guerra. «Il tempo scorre in
modo diverso nel Tempio, se volete davvero che la risposta dell’Arazzo serva a
qualcosa non avrete che tre giorni per completare le vostre sette sfide e
tornare qui, insieme agli altri miei fratelli e sorelle». Allungò la mano verso
Hermione, che la prese immediatamente. Era tiepida, troppo morbida per essere
reale. «Solo tre giorni, altrimenti il solstizio d’inverno passerà e non
potrete più salvare la vostra gente».
Tre giorni non erano molti.
«Se non volessimo porre la domanda? Sappiamo che
lo Specchio era qui, non potremmo limitarci a cercare la Traccia?» gli chiese,
guardandosi intorno. «Alessandro Magno l’ha trovato in questo luogo, dopo aver
affrontato le sue paure».
Patroclo annuì, ma non sembrò particolarmente
incoraggiante. «Potreste avventurarvi nei tunnel sotterranei, ma dubito che
tornereste vivi. Grandi orrori si sono riversati in quei luoghi, quando
la Magia Antica ha smesso di correre liberamente per il mondo7.
Quando Alessandro Magno pose definitivamente fine alla storia di Atene, superò
le nostre prove e chiese all’Arazzo come rendere la sua gloria immortale.
Ottenne lo Specchio, ma ottenne anche che la memoria di questo luogo andasse
perduta nei secoli, così che nessun altro potesse estirpare ciò che era stato
suo» spiegò, stringendo le labbra in una linea sottile. «Quantomeno, non
utilizzando l’Arazzo».
«Quindi voi siete stati dimenticati perché lui
ha chiesto così?» domandò Draco, accigliato. «Non credo di aver compreso il
nesso logico».
«Alessandro ha fatto in modo che noi fossimo
dimenticati, perché altrimenti altri guerrieri avrebbero interrogato l’Arazzo
per capire come distruggere il suo regno. Non posso dirvi come
sia riuscito nel suo intento, così come non posso dirvi come avremmo
potuto ostacolarlo nella gloria» fu la pronta risposta dell’uomo, che poi
sospirò. Il suo umore era nuovamente cambiato, somigliava ad un vecchio troppo
stanco per continuare a vivere. «Sta a voi, adesso. Potete accettare il rischio
di perdere voi stessi nel superare le prove, trovando tuttavia la risposta alla
vostra domanda. Oppure…» con un gesto elegante, indicò un’apertura nella parete
che fino a quel momento Hermione non aveva notato, «potreste decidere di
avventurarvi nei tunnel sotterranei e cercare la vecchia sede dello Specchio,
con la certezza, tuttavia, che almeno uno di voi non potrà uscirne vivo8».
Draco, una mano ancora poggiata sulla spalla di
Hermione, non sembrò dover riflettere molto sulle loro possibilità.
«Dove si affrontano le prove?».
***
Andate lungo il tunnel, saranno le prove a venire
da voi.
Draco ancora non era riuscito a capacitarsi di
aver incontrato e parlato proprio quel Patroclo. Quello dell’Iliade.
Quel Patroclo che aveva combattuto al fianco del grande Achille nella Guerra di
Troia ed era morto indossando la sua armatura. Aveva provato a non credergli, davvero.
Aveva fatto il possibile per catalogare le sue parole come viscide bugie e
cercare una via di fuga a quella situazione a dir poco assurda.
Non ci era riuscito ed in quel momento si stava
avventurando lungo un corridoio buio con la sola bacchetta ad illuminargli la
strada.
Meraviglioso.
«Quantomeno abbiamo scoperto che le teorie sono
vere» commentò Hermione, dandogli un colpetto col gomito. Aveva un sorrisino
divertito ad incurvarle le belle labbra, l’espressione preoccupata leggermente
illuminata da un vago compiacimento. «Mi riferisco a lui ed Achille, sai».
Draco si accigliò, osservandola ed inclinando
leggermente il capo. «Cosa intendi dire? Lo sanno tutti che Patroclo è morto
per aver preso il posto del suo sovrano».
Lei scosse il capo, tenendo la bacchetta alta.
C’erano dei disegni dall’aria neolitica su
quelle maledettissime pareti. Se non avessero avuto i giorni contati e non ci
fosse stato il rischio di una catastrofe imminente, si sarebbe volentieri
fermato per analizzarli tutti. Avrebbe potuto fotografarli, portare le
foto al Ministero e veder aumentare a dismisura il suo patrimonio.
Invece doveva affrontare delle prove e sperare di
non impazzire.
«Molti studiosi ritenevano che Achille e Patroclo
fossero innamorati, ma non c’erano prove» gli disse, guardandosi intorno con
aria affascinata. «L’Iliade non è stata molto chiara, al riguardo… non è da biasimare,
naturalmente! Nell’Antica Grecia i rapporti omosessuali erano assolutamente
normali e non c’era bisogno di specificare, nulla di inconcepibile, come invece
lo è oggi per molti».
«Non è assurdo, neppure oggi» si lagnò Draco,
sentendosi stranamente punto sul vivo. «Ma comprendo ciò che dici. Se io fossi
stato omosessuale, dubito che mio padre si sarebbe preoccupato più di tanto
della mia salute o della mia sicurezza».
Hermione strinse le labbra, ma non negò. «Ti avrebbe
voluto bene comunque, Draco. Sarebbe solo stato un rapporto più complicato di
quanto non lo sia già» mormorò, con un sospiro. «Pensa in positivo, i tuoi
genitori non si sono ancora presentati a casa tua per chiederti come è
andata a finire con quel biondino tanto affascinante» aggiunse, arrossendo
fino alla punta dei capelli quando lui si voltò a fissarla, la bocca
spalancata. «Ti prego, non guardarmi in questo modo».
«In quale modo, Granger?»
le chiese allora lui, particolarmente allegro. La notizia che i genitori di lei
lo considerassero affascinante lo
aveva improvvisamente risollevato. Non si era ancora posto il problema delle
famiglie, dando per scontato che tutti si sarebbero semplicemente adeguati alle
loro decisioni. Quando però lei aveva aperto quella discussione, un piccolo
dubbio gli aveva offuscato il cuore. I babbani avrebbero potuto non volere che
loro figlia avesse una vita con un ex Mangiamorte, ritenendo che lei potesse
mirare più in alto. Avrebbero potuto pensare qualsiasi cosa di lui. Qualsiasi
cattiveria.
Però l’avevano
definito affascinante.
«In quel
modo, come se ti avessero appena consegnato il Nobel per la pace!» sbottò lei,
alzando gli occhi al cielo… o al soffitto del tunnel. «Guardati! Hai già tirato
fuori quel sorrisino da marpione» si lagnò ancora, non riuscendo tuttavia a
nascondere un sorrisino compiaciuto. «E comunque, mio padre sarà un osso duro
da conquistare, puoi starne certo».
Divertito, Draco le passò il braccio libero
intorno alle spalle. «Quale padre non lo sarebbe, Mezzosangue? Quando avremo
una figlia nostra, probabilmente la rinchiuderò in casa e la farò studiare da
privatista finché non compirà trentacinque anni e sarà pronta a sposare l’uomo
che io sceglierò per lei.
Probabilmente il figlio di Blaise» le disse,
tranquillissimo, sentendosi leggermente un idiota a sputtanare in quel modo i
programmi che aveva iniziato a fare nell’istante stesso in cui si era
risvegliato dall’illusione del Djinn. «E non ho la
più pallida idea del motivo per cui te l’ho detto tanto chiaramente».
Hermione, sghignazzando come una paperella, gli diede un colpetto allo stomaco con il
gomito. «Hai scordato cosa ci ha detto Patroclo? Qui si dice solo la verità» gli ricordò, compiaciuta. «E, per quanto
io mi senta in imbarazzo nel parlare già di bambini, puoi star certo che i miei
figli frequenteranno Hogwarts e avranno tutte le libertà che la loro età gli
consentirà» aggiunse, arrossendo a chiazze per tutto il viso. «E di certo non
verranno forzati fra le braccia di nessuno».
Il tono nervoso che usò nel pronunciare quelle
ultime parole fece preoccupare Draco.
«Tu sei stata forzata fra le braccia di Weasley,
Hermione?».
Alla stessa velocità con cui era arrossita, la
strega impallidì. «Più o meno» rispose, agitata. «Ti prego, non chiedermi nulla
al riguardo. Voglio parlartene solo quando sarò pronta, non spinta da un
incantesimo che mi impedisce di mentire. Non mentre siamo in missione»
aggiunse, in un sussurro.
Il modo in cui rabbrividì fece chiudere lo stomaco
a Draco.
Qualcosa
non quadrava.
«Quindi… Patroclo e Achille innamorati, uhm?
Abbiamo trovato risposta ad un quesito che gli storici ritenevano irrisolvibile»
disse invece, tornando a concentrarsi sul pavimento di marmo bianchissimo. «Anche
se, devi ammetterlo, l’Iliade è abbastanza chiara al riguardo. Quantomeno lo è
per chi la legge con mente aperta» aggiunse, annuendo fra sé e sé. «L’hai mai
letta per intero, Mezzosangue?».
Evidentemente sollevata da quel cambio d’argomento,
Hermione annuì, con un sorriso. «Certamente, era una delle letture consigliate
al secondo anno, per Storia della Magia» gli rispose lei, tranquilla. «Immagino
tu ti stia riferendo alla reazione di Achille dopo la morte di Patroclo. Le sue
urla e la paura degli altri che potesse tagliarsi la gola per il dolore…»
sospirò, intenerita. «Quello, per me, è stato il più grande indizio, non mi
importavano neppure le spiegazioni aggiunte alle note, secondo cui era per via
del loro legame di amicizia».
Vagamente ammirato, Draco annuì. «Anche quella
parte, sì. Ma è già il proemio ad aprire gli occhi, non credi? L’ira di Achille
che ha portato infiniti lutti al suo popolo… un orgoglio così grande da renderlo cieco davanti alla morte di centinaia e
centinaia di uomini del suo esercito, che però si estingue alla morte di uno solo di loro, che non era neppure un
vero Mirmidone» spiegò, con un leggero sorriso. «Dimmi, quale versione hai
letto? Fra i testi consigliati ce n’erano un paio che approfondivano la
questione dell’amore omossessuale fra Patroclo e Achille».
Lei strinse le labbra, pensierosa. C’erano ottime
probabilità che avesse letto così tanti
libri da non riuscire a ricollegare con assoluta certezza il titolo all’autore.
Alla fine, annuì e gli sorrise. «Ho letto quella con il commento di Ignatius Amantis».
Draco scosse il capo, sorridendole. «Hai scelto il
commento più complicato e bigotto, Granger! Amantis, l’esperto di testi antichi, quello che ha
analizzato i grandi poemi alla ricerca dei segnali di Maghi e Streghe sotto
mentite spoglie… è un po’ che non lo vedo, devo proprio mandargli un gufo per
invitarlo a cena» mormorò, scoppiando a ridere quando lei gli dedicò uno
sguardo sconvolto. «Mon ange, imparerai presto che stare con me
significa avere rapporti con i più grandi esperti di Storia dell’Arte Magica e
di Storia della Magia in generale. Sono sicuro che ti divertirai un mondo, alla
prossima festa di Theresa Lovecraft-Pittsburg, l’autrice di-».
«Di “Incanti
e Pozioni nell’Antico Egitto”» intervenne una terza voce, profonda e
vagamente divertita, da un angolo scuro alla loro sinistra. Lo spavento che
entrambi si presero li fece trasalire, le loro bacchette si puntarono
direttamente nella direzione da cui il suono sembrava giungere. «Posate quelle
bacchette, non offendete la vostra intelligenza».
Sdraiato su quello che sembrava essere un lettino
reclinabile da psicologo, un uomo dai corti capelli brizzolati e dalla folta
barba scura li osservava con divertita superiorità. Le braccia sottili – ma più
muscolose di quelle di Patroclo – erano piegate dietro la testa, le gambe
pigramente incrociate. Sembrava annoiato e pronto a tutto pur di trovare
qualcosa da fare.
Draco, stizzito, fu sul punto di sibilare qualche
insulto estremamente colorito in direzione del loro disturbatore, ma la
reazione imprevista della Mezzosangue gli impedì di aprire bocca. Eccitata come
una scolaretta, Hermione aveva iniziato a riempigli il petto di colpi,
saltellando sul posto quasi avesse appena incontrato il cantante delle Sorelle
Stravagarie9.
«Hermione?».
L’uomo, il cui divertimento sembrava aumentato in
modo proporzionale alla gioia della strega, si tirò a sedere sul lettino e si
alzò in piedi, stiracchiandosi. Indossava una felpa dell’università di Harvard,
pantaloni al ginocchio color cachi e infradito dalla fantasia floreale10.
A Draco ricordò molti studenti universitari che aveva incontrato negli Stati
Uniti, durante la sua ultima visita. Non aveva la più pallida idea di chi
potesse essere quel tizio.
«Per tutte
le vecchie mutande sporche di Merlino! Non ci posso credere!».
Evidentemente
Hermione non condivideva i suoi dubbi.
«Puoi essere un po’ più chiara? Sto iniziando a
innervosirmi» le fece notare allora, con un sibilo, bloccandole il polso così
che evitasse di tempestarlo di colpi anche parecchio dolorosi. «Mezzosangue!».
«Non arrabbiarti con lei, a quanto pare faccio
questo effetto alle signorine dotate di un buon cervello» si pavoneggiò l’uomo,
lanciando un sorriso da conquistatore alla sua
futura moglie. «Devo dire, mia cara, che tu mi hai addirittura sorpreso! Hai impiegato un istante per
riconoscermi… un cervello davvero da invidiare».
Il modo in cui Hermione arrossì fece salire un
fiotto di bile a Draco. Doveva proprio conoscere quel tizio, così da poter
incidere personalmente il suo nome sulla lapide che gli sarebbe servita a breve.
«Dice davvero?» pigolò la strega, trattenendosi a
stento dal mettersi nuovamente a saltellare sul posto. «Oh, signore, è un così
tale onore… quando abbiamo incontrato
Patroclo non ho potuto fare a meno di sperare che anche lei… oh, lei non può
immaginare quante volte ho sperato di poterle parlare!» aggiunse, squittendo
come un topolino agitato, incurante del colorito verdognolo assunto dal mago al
suo fianco.
Colorito che lo sconosciuto, invece, notò
immediatamente.
«Non preoccuparti, ragazzo, non ho alcuna mira
verso la tua accompagnatrice» lo tranquillizzò, pur tirando fuori un sorriso
che sembrava intendere tutto l’opposto. «Sono un uomo molto fedele, oltre che
orribilmente geloso di mia moglie» continuò, osservandosi distrattamente le
unghie della mano sinistra, su cui svettava una fede nuziale. «Quando si dice fare
una strage per la gelosia, nel mio
caso non si intende una semplice iperbole».
Quelle parole fecero scattare un campanello d’allarme
nella mente di Draco.
Strage
per gelosia, la Mezzosangue in brodo di giuggiole…
«Draco» disse proprio lei, schiarendosi la voce
per darsi un contegno, «ho il piacere di presentarti Ulisse, Re di Itaca e una
delle menti più geniali mai passate per questa terra».
»Marnie’s Corner
Bentrovati e
bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho
una pagina facebook!
Seguitemi per futuri aggiornamenti!
Sono una masochista
appassionata di mitologia.
Prima di tutto: ho
finalmente pubblicato la one-shot rossa! Chi non se
ne fosse accorto, può trovarla qui: A thousand kisses
– Lo Specchio delle Anime.
Con questo capitolo ha
inizio la fase finale della fanfiction! Come ha detto
Patroclo (ommioddio, proprio lui!), avranno solo tre giorni
in quel luogo, prima che all’esterno
arrivi il solstizio d’inverno.
Wow.
Punti importanti:
» 1 – L’estratto dell’Iliade
riguarda la morte di Patroclo, appunto, quando – complice Apollo – è stato
ucciso da Ettore. A questo punto vi devo delle spiegazioni. Io amo la mitologia greca. Amo tutto
dell’Antica Grecia. Non potevo non mettere in mezzo i personaggi dell’Iliade e
delle altre leggende, perché io li adoro. Ma più di tutti io amo Achille e
Patroclo. Dovevo tirarli in ballo. È stato
più forte di me. Spero soltanto che non riterrete questo insieme di informazioni
troppo assurdo, anche parlando di una
fanfiction.
» 2 – Patroclo è un
principe, figlio di Re Menezio (secondo una
interpretazione. Oltretutto la sua terra d’origine è nella Locride,
ad uno sputo da casa mia!). Considerando queste sue origini, ho dato per
scontato che fosse un filino più
raffinato della media. Piccolo avviso: nella descrizione di Patroclo, in alcune
sue affermazioni e in future dichiarazioni mi sono rifatta apertamente al libro
“La canzone di Achille”, che io adoro.
»
3 – Hermione ha visto la ferita mortale inflitta da Ettore, principe di
Troia, quando ha scambiato Patroclo per Achille. Lui, dopo secoli, ha ancora il
segno di quella morte violenta.
» 4 – Diversamente da alcuni dei prossimi Dàimones, Patroclo
non ha la minima idea di cosa sia l’Iliade e di come sia diventato il mondo al
di fuori del Tempio.
» 5- Tasto dolente, non è
vero? Filosofia è sempre stata una materia incredibilmente affascinante,
nonostante io non sia mai riuscita a dare davvero il massimo, a scuola. Socrate, in particolare, è stato uno dei miei
preferiti. Il suo Dàimon è, in poche parole, la vocina della coscienza che ci
spinge ad interrogarci sempre.
(Spiegazione molto spicciola, me ne rendo conto, ma ho dovuto manipolare un po’
le cose per farle quadrare, abbiate pazienza).
» 6 – Veniamo ai miei Dàimones. Prima di tutto, spero di
aver coniugato il plurale in modo corretto. Come ho già detto, non ho la minima
idea di come funzioni la lingua greca. Per quanto riguarda queste creature,
poi, dovrei fare un discorso pieno di trip mentali assurdi, ma sarò breve. In
pratica, quando questi disgraziati sono morti (o comunque quando si è diffusa
la leggenda della loro vita, nel mondo antico, alcuni non sono esistiti davvero)
la coscienza
collettiva (chiamiamola cultura di massa, magia di gruppo, come volete!
In pratica l’insieme della magia di tutti,
quel potere che unisce tutte le persone) ha plasmato il loro ricordo/spirito in
forma umanoide, realizzando delle immagini che rappresentano un aspetto
specifico dell’animo che li ha resi famosi. Per Patroclo, per esempio, a
dichiarare la fama è stata la devozione
verso Achille e verso il suo popolo. Per Ulisse, ovviamente, la
logica/intelligenza. Gli altri (non vi dico chi sono gli altri sei :D) sarà un altro carattere
particolare.
I Dàimones sono stati
creati per guidare l’uomo e per impedire che l’Arazzo (oggetto magico antichissimo, della stessa natura dello
Specchio) possa cadere in mani sbagliate e seminare follia per l’umanità.
Diciamo che i Dàimones
sono l’antifurto che la Magia ha creato per questo Arazzo (un grosso libro
delle risposte). Solo chi è in pace con la sua coscienza ed ha capito i suoi limiti può avvicinarsi.
Se ci sono dubbi, chiedete. Non sono brava con le
spiegazioni generali, ma con domande dettagliate posso essere molto più chiara.
» 7 – La Magia Antica,
altro trip mentale. Diciamo che ho ripreso varie teorie che appartengono a diverse
religioni mistiche. In pratica, all’inizio
dei tempi la magia scorrazzava libera per il mondo, senza restrizioni di alcun
genere. Era la Magia ad avere una coscienza, cosa che ha portato alla nascita
misteriosa di oggetti come lo Specchio delle Anime e l’Arazzo della Conoscenza.
Quando, però, l’uomo ha iniziato a sviluppare la propria coscienza, quando ha iniziato a controllare la magia con
regole e bacchette, questa si è lasciata morire, è collassata su se stessa e
quell’immenso potere si è esaurito. Tutto ciò che resta oggi sono questi
oggetti incredibili (ce ne sono altri, oltre allo Specchio ed all’Arazzo, ma
non ci servono qui) e qualche manifestazione assurda qui e lì.
» 8
–Come fa Patroclo a sapere che uno di loro due morirà, se decideranno di cercare
nel tunnel sotterraneo? Vi siete dimenticati del grosso Arazzo pieno di
risposte che ha a sua disposizione? Lui può fare tutte le domande che vuole.
Probabilmente sa già se loro porteranno a termine la missione, se
sopravvivranno, se riusciranno a sposarsi e a fare trenta bambini (come
vorrebbe Draco).
» 9 – Il cantante, maschile, perché nel quarto
film le Sorelle sono tutti uomini. Mi affascina l’idea del nome al femminile
per un gruppo di maschietti, un po’ come i Queen che non hanno alcuna Queen (ma
avevano un King!).
» 10 – Come vedrete,
tutti e sette i Dàimones Superiori rispecchieranno la visione contemporanea che
si ha della loro categoria. Ulisse è
un cervellone, un genio, quindi si veste come un universitario rilassato della
migliore università al mondo. È un po’ una versione alla Percy
Jackson che ho di questi soggetti, abbiate pietà, sono un tipo strano.
» Sono consapevole di
aver dato fondo alla follia, intraprendendo questa strada. Sono consapevole di
aver tirato fuori questioni assurde che meriterebbero capitoli e capitoli per
essere discusse da sole. Spero
comunque che non mi giudicherete una psicopatica! Io dovevo davvero mettere in mezzo anche loro (con
dovute correzioni per farli integrare meglio).
» Quale sarà la
prima prova? Chi saranno gli altri personaggi mitici che i nostri eroi dovranno
incontrare? Marne si merita un colpo in testa e un calcio nel sedere?
Ho esagerato, lo so. Ma
Patroclo con personalità multiple e Ulisse universitario con le infradito mi
avrebbero torturato la notte, se non li avessi inseriti.
E non avete idea di come (e chi) saranno gli altri sei.
Per
altre comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!
Grazie ancora a chiunque leggerà,
-Marnie