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Autore: DaisyBuch    01/09/2016    1 recensioni
Olga Haraldsen è la contessa del Lago Twerjen, che vive sola nell'unica casa che si affaccia su di esso. In Norvegia esistono lunghi periodi che si alternano tra giorni di sola notte e giorni di sola luce, e nei periodi così detti delle "notti polari" succede qualcosa di strano ad Olga ed al lago. La giovane donna è vedova e nasconde dentro di sè un angosciante segreto.
Genere: Drammatico, Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In macchina Olga aveva un’espressione accigliata che non riusciva a togliersi dal volto.
Non poteva crederci, ma era preoccupata. I suoi occhi seri si posavano interrogativi su quelli di Nina attraverso lo specchietto, che sembravano risponderle con lo stesso sguardo confuso.
Non parlarono molto, Olga le disse solo che avevano trovato suo padre e che era in ospedale. Nina la prese meglio di quel che pensava, ma lei aveva avuto un brutto presentimento che il tono dell’uomo al telefono aveva incoraggiato.
La bambina nel frattempo si rendeva conto che la donna seduta davanti a lei era in tensione, la guardava spesso con fare nervoso e stringeva le dita intorno al volante poco prima di tornare a guardarla. Nina provava a distrarsi ammirando la vallata fuori dal finestrino, col pensiero costante che avrebbe rivisto suo padre a breve.
Parcheggiarono in fretta e la donna si apprestò a slacciare la cintura a Nina, facendola scendere con cautela. La prese per mano e la strinse più forte del solito.
Entrarono nell’atrio ed Olga cercò il punto informazioni più vicino per chiedere del paziente Adrian Olsen.
-Un attimo.- le rispose indaffarato il segretario, mentre con una mano teneva il telefono e con l’altra digitava il nome.
Olga continuava a lanciare occhiate a Nina, che dal basso si guardava intorno, osservando la grande sala bianca e celeste colma di gente seduta  e che faceva la fila, con un odore forte di disinfettante e di chiuso.
-Terzo piano, ala Est, camera quarantacinque.- disse sbrigativo, sorridendo appena.
-Grazie.- Olga trascinò Nina verso le scale sempre più ansiosa.
Arrivati al terzo piano ci fu un bivio, ala Ovest o ala Est. Dirette a destra, si fiondarono verso la camera quarantacinque fino a che non riconobbero due poliziotti davanti ad una stanza con la porta aperta, sotto ad una luce al neon.
Nina si bloccò davanti alla ventotto.
-Che c’è?- chiese Olga quando sentì il braccio tirare.
-Ho paura.- mormorò, e si mise il pollice in bocca.
Olga si abbassò per poterla guardare bene negli occhi.
 –Anche io ho paura. – mormorò, e Nina poteva capire che era la verità.
 –Ma dobbiamo essere coraggiose, va bene?-  corrucciò lo sguardo. Aspettò fino a che Nina non si pulisse le lacrime dagli occhi e poi si rialzò. La guardò e le sorrise incoraggiante, poi ricominciarono a camminare verso i poliziotti.
-Eccole.- disse uno dei due, il più anziano.
-Nina Olsen e Olga Haraldsen?- puntò la penna contro loro due.
-E’ esatto.- rispose Olga.
-Bene, Adrian Olsen è in questa stanza, ha avuto un forte trauma in seguito ad un incidente d’auto. Ora è in.. coma.- abbassò la voce a disagio, percependo il poco tatto nel suo tono di fronte alla piccola bambina.
Olga inspirò pesantemente. La cosa la colpiva, non sapeva spiegare perché.. o semplicemente perché percepiva il dolore di Nina. La piccola si strinse sul vestito di Olga, mettendo la faccia tra la stoffa e cominciando a singhiozzare. Ad Olga si strinse il cuore, le toccò con una mano la testa e gliela massaggiò, nel tentativo di poter servire a qualcosa.
Il poliziotto aspettò pochi minuti per far calmare Nina, ma lei sembrava non riuscire a smettere.
-La bambina può entrare, lei però..- provò a dire, ma Nina sbottò a frignare ancora più forte.
-No anche lei! – cominciò ad urlare. Olga doveva avere un’espressione attonita quanto quella dei due uomini davanti a lei, non aveva mai sentito un tono così acuto in tutta la sua vita. Tutti nel corridoio si girarono a guardare.
Gli agenti si guardarono, l’anziano con il pizzetto scoteva la testa in difficoltà, l’altro aspettava la sua decisione.
-E va bene.- sussurrò. –Ma è illegale, perciò appena vedrò qualcuno entrare farò finta di non sapere nulla.- si sbrigò a dire.
Le due entrarono nella stanza silenziosamente.  Questa era poco grande, aveva un letto al centro ed un comodino al lato sinistro, vicino ad esso c’era attrezzatura da ospedale che tavolta emetteva qualche “bip” regolare. Nessun quadro. Nessun fiore. Sul letto era steso un uomo, era giovane ed aveva i capelli nero pece e la mascella forse troppo squadrata, che induriva l’espressione del dormiente. Olga notò subito le chiare ciglia lunghe e la fronte larga, che era la stessa di Nina. Aveva il collare e lo zigomo sinistro tumefatto. Fece impressione anche ad Olga. Nina si buttò disperata sul corpo del padre.
-Papà, papà!- cominciò a scuoterlo.
-Shh! Nina! Gli fai male così.- la fermò per le spalle.
-Ma perché non mi risponde.- singhiozzava senza staccare gli occhi da lui. Si mise seduta sul letto.
Olga capì che Nina non aveva la minima idea di cosa voleva dire “in coma”. E che spettava a lei spiegarglielo.
Odiava che avrebbe appreso quell’orrenda cosa da lei.
-Nina .. tuo padre  è in coma, vuol dire che è come.. addormentato finchè non si sente meglio.- provò a spiegarle.
-E tra quanto si sentirà meglio?- chiese impaziente tirando su col naso e guardandola.
-Questo.. non si sa. Forse il medico può dirtelo.- disse. Non le avrebbe mai detto che c’era l’opportunità che suo padre non si risvegliasse più, non era compito suo e non le avrebbe mai dato un dispiacere del genere, non ce ne era bisogno.

 
   
 
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