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Autore: Jim2233    08/09/2016    0 recensioni
Distretto 12? Panem? Dimenticatevi tutto.
Siamo nel selvaggio West, dove vige la legge della Colt.
Fra banditi senza scrupoli, pellerossa e cacciatori di taglie in cerca di vendetta, preparatevi ad immergervi in questa avventura!
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Finnick Odair, Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Katniss uscì lentamente dallo spaccio. Si guardò attorno, circospetta, squadrando la strada di fronte a lei, finché non si lasciò sfuggire un sospiro di frustrazione. Haymitch l’aveva tormentata con le sue raccomandazioni, ma così facendo le aveva messo una tale ansia che non osava fare due passi senza temere di non avere tutto sotto controllo.

Katniss però si era accorta che c’era qualcosa di strano in quella città. Non era mai stata in un posto grande come Yuma, eppure non riusciva a scrollarsi di dosso la fastidiosa sensazione di essere sempre osservata da qualcuno.

Tenendo il pane appena comprato sotto il braccio, cominciò a camminare. Era sicura che tutto quel guardarsi attorno avrebbe attirato ancora più attenzione.

Eppure, all’improvviso lo vide di nuovo. Dall’altra parte della strada c’era un uomo dalla pelle scura, il volto parzialmente nascosto da un cappello a larghe tese. Era seduto per terra come uno dei tanti medicanti di Yuma e Katniss non poteva vedere con chiarezza i suoi occhi, ma in qualche modo era sicura che la stesse osservando. Ed era altrettanto sicura di averlo già intravisto vicino alla stalla, qualche ora prima. In effetti, c’era un nero dallo sguardo sfuggente anche quando si era fermata a dare un’occhiata all’armeria.

Non era un buon segno, decise Katniss.

Senza quasi volerlo, accelerò impercettibilmente il passo. Tutto quello che voleva era allontanarsi dallo strano mendicante. Più ci pensava, più le sembrava che avesse un’aria familiare.

Smettila, si impose. Qui non ti conosce nessuno.

Ma quei pensieri non le impedirono di camminare sempre più velocemente.

Non voltarti, non voltarti, si ripeté, sapendo che era la cosa peggiore che potesse fare. Non riuscì a dominare quell’impulso e, senza smettere di camminare a passo spedito, si girò.

L’uomo non c’era più.

Presa dal panico, Katniss cominciò a correre: adesso aveva la certezza che l’uomo la stava cercando. Doveva assolutamente andarsene dalla strada principale. Pochi passi più avanti c’era un vicolo, alla sua destra; vi si infilò senza pensarci troppo su.

La stradina era stretta e maleodorante: il suo naso si arricciò in una smorfia di disgusto.

Senza nemmeno voltarsi, cercò di riprendere fiato nella penombra. Nella testa aveva già una mezza idea di raggiungere Haymitch, quando all’improvviso una mano le chiuse la bocca, stringendola in una morsa d’acciaio.

Con gli occhi sbarrati dalla paura, senza poter chiamare aiuto, Katniss si divincolò disperata, inarcando la schiena e scalciando con rabbia. Fu tutto inutile contro i possenti muscoli dello sconosciuto.

“Shh!” fece lui. “Non vorrai mica attirare gli uomini di Snow, vero?”

A quella domanda Katniss rimase sbigottita.

“Ora ti lascio” continuò l’uomo. “Ma tu non devi strillare. Non ti farò del male.” E detto questo, lasciò andare la ragazza, che si voltò di scatto.

Era proprio lui, il falso mendicante dalla pelle scura.

“Mi riconosci, adesso?” chiese.

Katniss lo osservò meglio e alla fine capì. In effetti, il cappello e il vecchio poncho sgualcito celavano bene le sue reali fattezze.

“Io… certo, adesso ti riconosco” balbettò lei. “Eri con Gale a Hangtown.”

L’uomo dalla pelle d’ebano sorrise. “Mi chiamo Boggs” si presentò, tendendo la mano.

“Katniss” rispose lei, stringendola.

“Ti chiedo scusa per averti spaventata” proseguì lui. “Non ero sicuro che fossi davvero tu e non volevo metterti in allarme davanti a tutti. È un posto pericoloso, questo” aggiunse.

A quelle parole Katniss sentì il cuore gonfio di preoccupazione per Peeta e i suoi amici: non aveva idea di come stesse andando la pericolosa missione.

“Già, puoi dirlo forte” rispose, cercando di farsi forza. “Come mai sei qui?” chiese poi, curiosa.

“Il capitano Hawthorne ci aveva ordinato di raggiungerlo a Yuma non appena avessimo finito di dare una mano nella tua città” spiegò Boggs. “L’intera compagnia è accampata poco fuori Yuma.”

La sorpresa di Katniss si trasformò presto in speranza: la ragazza realizzò che con la squadra di Gale avrebbero avuto la possibilità di affrontare Snow.

“In ogni caso, ero venuto in città per cercare il capitano” disse Boggs. “Dove posso trovarlo?”

“Gale non è qui” rispose la ragazza. “Abbiamo avuto qualche… problema.”

“Che ne diresti di parlarne nel nostro accampamento?” propose lui. Katniss si accorse che stava cercando di mascherare la preoccupazione. “Le nostre tende sono più comode di questo vicolo puzzolente” aggiunse.

“Volentieri!” rispose lei sorridendo.

 

L’accampamento della Squadra 451 era situato ai margini del deserto di Yuma, lontano da occhi indiscreti. Katniss era riuscita a contare una dozzina di  tende piantate nel terreno polveroso. C’erano sempre due sentinelle a fare la guardia: Boggs spiegò alla ragazza quanto fosse fondamentale avere sempre qualcuno che sorvegliasse l’accampamento. Dopodiché, la condusse nella sua tenda. Lì, Katniss raccontò la loro avventura, compresi la cattura di Peeta e il tentativo di salvarlo.

“Ho un compagno da recuperare” disse poi, riferendosi a Haymitch. “Ci eravamo messi d’accordo per ritrovarci al tramonto.”

“Nessun problema” la rassicurò Boggs. “Ti farò scortare da quattro persone in gamba. E farete meglio a passare dal vostro accampamento: è più sicuro se vi trasferite da noi.”

 

***

 

Finnick si sentiva sprofondare nella polvere: aveva le gambe talmente pesanti da poter solo trascinare i piedi. Sapeva che Gale provava le stesse sensazioni, lo capiva dagli occhi semichiusi del suo amico. Entrambi stringevano in mano le briglie dei due cavalli; sulla schiena degli animali si reggevano a malapena Peeta e Thresh, mai del tutto lucidi.

Il viaggio di ritorno dal carcere di Yuma si era rivelato una vera odissea. Il solo pensiero che spingeva i quattro ad andare avanti era la consapevolezza di aver quasi raggiunto l’accampamento. Eppure, una volta arrivati, Finnick reagì sgomento a quello che vide: l’accampamento era completamente desolato. Sapeva che Katniss e Haymitch sarebbero dovuti essere lì. Era successo loro qualcosa?

Sentì le forze venirgli meno; lasciò andare la briglia del cavallo e si lasciò cadere sulle ginocchia. Il cinturone che portava alla vita adesso sembrava pesare tonnellate… eppure a cosa serviva un revolver carico e una mano veloce come la sua?

Aveva rischiato la vita per salvare un compagno e adesso ne aveva persi due. Impolverato e impotente, Finnick sfogò tutta la sua frustrazione prendendo a pugni la rovente sabbia del deserto.

E senza alcun preavviso, una voce femminile fece trasalire tutto il gruppo: “Capitano!”

Finnick si voltò di scatto: una donna a cavallo era appena sbucata da dietro una grossa roccia. Aveva lunghi capelli castani e con assoluta naturalezza portava un fucile di notevoli dimensioni sulla schiena. I suoi limpidi occhi verdi stavano fissando Gale, che appariva abbastanza sbalordito da non riuscire a spiccicare parola.

“Jackson…” mormorò il ragazzo. “Cosa ci fai qui?”

“Eseguo i tuoi ordini, capitano Hawthorne” rispose la donna; un sorriso obliquo le attraversava il volto. “Sei stato tu a dire alla Compagnia 451 di raggiungerti in questo maledettissimo deserto, o sbaglio?”

“Credo di sì…” borbottò Gale tra sé e sé. Si portò una mano agli occhi e prese a stropicciarli nervosamente. “Avete preso voi i nostri amici?” chiese infine.

“Sono sani e salvi nel nostro accampamento. Al contrario di me… Boggs mi ha mollato qui a fare il palo, finché non siete arrivati voi e avete cominciato a fare a botte con il deserto. Eh sì, dico a te, biondino” aggiunse, inclinando il capo verso Finnick e sorridendo beffarda.

Lui d’istinto si guardò il dorso delle mani. Le nocche erano terribilmente scorticate e il sangue colava copiosamente dalle ferite fresche.

“Avrai bisogno di una bella fasciatura, lì” riprese Jackson, ammiccando. “Forza, vi porto al nostro accampamento.”

 

Diverse ore più tardi, Finnick sedeva nella tenda più grande del campo. Accanto a lui si era sistemato Gale; di fronte aveva Boggs e Jackson. La donna sembrava non separarsi mai dal suo fucile.

“Snow controlla il carcere di Yuma” esordì Gale. “Lo sospettavamo, ma ora che ci sono entrato ne ho avuto la certezza. Lì dentro ogni guardia risponde ai suoi ordini” concluse, in tono grave.

“Come avete fatto ad uscirne?” chiese Boggs, stupito.

“Abbiamo provocato… un’evasione di massa.” Adesso la voce di Gale si era fatta esitante. A Finnick non sfuggì lo sguardo accigliato di Jackson. “Era l’unico modo per venirne fuori vivi” riprese Gale. “C’erano innocenti, lì dentro. In cella solo per aver ostacolato i crimini di Snow!”

“Non ti preoccupare, capitano. Quella prigione era solo un postaccio da ripulire” lo rassicurò Boggs. Gale abbassò lo sguardo, ma solo per un attimo.

“Come stanno i due che abbiamo riportato indietro?” chiese.

“Oh, lo sceriffo si rimetterà presto” rispose Jackson. “L’indiano, invece… per come è conciato, sarebbe dovuto morire da diverso tempo. Evidentemente ha la pelle più dura del previsto. Ma si può sapere chi è?”

Finnick sapeva che l’amico non poteva rispondere.

“Lui è Thresh, il capo dei guerrieri Apache” si affrettò a spiegare. “ Ed è come un fratello, per me.”

Gale si voltò verso di lui. “E come è finito nel carcere di Yuma?” chiese, sbalordito.

“Non lo so” Finnick scosse la testa. “Forse ce l’hanno portato i Piedi Neri, forse gli uomini di Snow. L’unica cosa che so è che è stato torturato per chissà quanto tempo. Era disperso da mesi… alla riserva lo credevano morto.”

“Non temere, sopravvivrà anche lui” disse Jackson.

Il respiro di Finnick si era fatto pesante. “Vorrei parlare con lui il prima possibile.”

 

Thresh sonnecchiava in una brandina troppo piccola per lui. Dall’altra parte della tenda medica c’era Peeta, anche lui a riposo.

Non appena Finnick mosse un passo verso Thresh, gli occhi dell’indiano si aprirono e un pallido sorriso si fece strada sul suo volto.

“Lupo Vendicatore…” esordì con voce roca. “Sono davvero ancora vivo?”

“Le grandi praterie del cielo dovranno aspettare, prima di poterti accogliere” sorrise Finnick. “Hai ancora delle imprese da compiere, Thresh.”

“Se così vorrà il Grande Spirito.”

Finnick chinò il capo, poi riprese: “Come eri finito nel carcere di Yuma? Alla riserva tutti ti considerano morto. Io stesso non credevo ai miei occhi quando ti ho visto dentro quella buia cella.”

Thresh gli rivolse uno sguardo carico di sofferenza. “Ero a caccia con tre guerrieri, ma degli uomini ci hanno accerchiato. Hanno abbattuto i miei tre fratelli e mi hanno legato.”

Finnick poteva sentire l’altro digrignare i denti.

“E poi, Thresh? Ti hanno portato a Yuma?”

“No, Lupo Vendicatore. Mi hanno portato nell’Inferno dei Piedi Neri” Thresh chiuse gli occhi. “Quei cani mi torturavano… e l’uomo bianco faceva le domande.”

“L’uomo bianco?” ripeté incredulo Finnick.

Thresh annuì. “Faceva domande sulla nostra riserva, domande a cui era impossibile rispondere. Ma lui lo sapeva, Lupo Vendicatore. A lui piaceva farmi torturare. E i Piedi Neri hanno distrutto il mio onore. Mi hanno impresso sul petto il loro sciacallo… adesso non sono più un guerriero Apache.” Thresh tacque, lo sguardo perso nel vuoto.

Finnick rimase interdetto. Doveva fare qualcosa, e alla svelta: conosceva Thresh abbastanza da sapere che per un vero guerriero Apache l’onore e l’appartenenza alla propria tribù erano tutto. E i Piedi Neri gli avevano sottratto entrambe le cose.

“Ehi” lo chiamò, afferrandolo per una spalla. Thresh parve riscuotersi dal torpore. “Tu non hai mai smesso di essere un Apache. Sei rimasto vivo, hai lottato. Alla riserva ci sono i tuoi guerrieri che ti aspettano.”

Con enorme sollievo, Finnick notò che il volto pallido di Thresh stava recuperando un po’ di colore, così continuò a parlare. “E poi, stiamo per affrontare l’uomo che ti ha fatto questo. Lo staneremo e vendicheremo tutti i torti che ti ha fatto. È anche la mia vendetta, Thresh.”

Come rianimato da quelle parole, l’indiano scostò bruscamente la coperta che aveva addosso. Sul possente torso nudo, Finnick distinse chiaramente la sagoma di uno sciacallo impressa sulla pelle. I contorni della figura erano di un tremendo rosso vivo.

“I coltelli dei Piedi Neri sono affilati, fratello” disse Thresh, che aveva perfettamente indovinato i suoi pensieri. Poi si alzò e, anche se un po’ incerto, rimase in piedi.

“Torno alla riserva, Lupo Vendicatore.”

“Non puoi!” protestò Finnick. “Sei ridotto male, non ce la puoi fare ad affrontare un viaggio così lungo da solo!”

“Sono ancora il capo dei guerrieri Apache. E loro mi credono morto” spiegò, ripetendo le parole di Finnick. “Devo tornare da loro. Lo hai detto tu stesso.”

“Hai bisogno di riposo.”

“Non riposerò finché non avremo vendetta.”

Finnick chinò il capo: sapeva che insistere non sarebbe servito. “Fai attenzione. Non voglio perderti un’altra volta.”

“Ce la farò. E ti porterò dei guerrieri” promise l’altro, incamminandosi verso l’uscita della tenda.

“Thresh” lo richiamò Finnick. Improvvisamente aveva la gola secca. “Ecco… salutami Annie, se puoi.” Deglutì.

“Contaci, Lupo Vendicatore” rispose Thresh, stavolta senza l’ombra di un sorriso. E uscì dalla tenda.

 

   
 
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