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Autore: DeaPotteriana    19/09/2016    1 recensioni
Questa fanfiction era già stata postata, ma ho deciso di riscriverla completamente, in quanto non mi sembrava...mia. Quindi questa è la Re-edizione de "L'Ultima Black".
E se Sirius Black avesse avuto una figlia?
Questa è una raccolta di avvenimenti della vita di Helena Kaitlyn Black, una vita difficile, passata nella rabbia, nel dolore e nella solitudine. Una vita passata senza genitori, con una famiglia dura e razzista e un padrino troppo buono per riuscire a gestire la figlioccia.
Questa storia narra di questo e di molto altro. Narra di un'amicizia eterna, una scuola che fa da casa e una Casa che non sembra adatta a Kait; parla di una guerra in arrivo, di lacrime trattenute a stento e di lutti strazianti. È solo una fanfiction, ma immaginate come sarebbe stata la vita della figlia di Sirius Black, se solo fosse esistita.
Non siete curiosi?
Vorrei dimostrare, in questa storia, che a volte il dolore toglie il fiato, che l'amore spesso non basta e che essere un eroe ha sempre il suo prezzo. Spero di riuscirci.
EDIT: STORIA INCOMPIUTA, NEGLI ULTIMI 2 CAPITOLI SPIEGO COME FINISCE.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Famiglia Black, I fondatori, Il trio protagonista | Coppie: Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Isn't that what a great story does? Makes you feel?'
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A chiunque stia leggendo... Grazie. Grazie per essere ancora qui, nonostante vi faccia aspettare un'eternità.
Quest'estate mi sono maturata (doppia! Ho rpeso quella italiana e quella francese!), poi ho passato un mese a non avere idea di cosa fare della mia vita e due settimane in Portogallo con le amiche. Ora sono ufficialmente tornata, ufficialmente iscritta all'università e ufficialmente alle prese con il mio secondo libro.
Oggi, comunque, mi è caduto l'occhio sull'ultima Black e mi sono detta "perché no? Vediamo se esce qualcosa"... Ed è uscito un capitolo. L'ho scritto in un giorno, è l'1:38 di notte e sono stanca, quindi mi scuso già ora per qualsiasi strafalcione.
E per avervi fatti aspettare così a lungo.
Spero questo capitolo vi piaccia.
Se avete voglia, ogni commento è più che apprezzato :D









La Casata dei Black
 

L’arrivo di Harry portò un po’ di tensione, a Grimmauld Place. Tra Harry stesso, ferito per essere stato tenuto all’oscuro dell’Ordine, Jackson, che si comportava in modo più possessivo del solito verso Kait, e Sirius, deciso a far partecipare il figlioccio alle riunioni come fosse un membro effettivo, tutti erano più nervosi. Forse, pensò Kait distrattamente, è contagioso. Come quando qualcuno piange e piangono tutti… O quando qualcuno vomita e anche gli altri finiscono per stare male.

Alzò lo sguardo su suo padre e Harry, intenti a discutere sull’Ordine.

“Kait è dentro! E ha solo un anno più di me!” sbottò il ragazzo. Lei sollevò un sopracciglio e schioccò la lingua.

“Non mettermi in mezzo,” sibilò calciandolo sotto il tavolo. Un’occhiataccia di Sirius le disse di non aver preso bene la mira; abbassò lo sguardo in un gesto di scuse.

“Sentite,” cominciò Harry, ma venne interrotto da un forte rumore: qualcosa era andato in mille pezzi.

“Scusate!” gridò Tonks dall’ingresso. “Sono inciampata, non l’ho fatto apposta… Il vaso era tanto importante?”

Sirius sgranò gli occhi, mormorando qualcosa come “quello di quasi due secoli fa? Certo che no!”. 

“Oh, Tonks!” esclamò Kait alzandosi dalla sedia con uno sbuffo. Uscì in corridoio, ridacchiando nel vedere la cugina cercare di risistemare il vaso ormai distrutto. Un brivido le corse lungo la schiena, però, nel sentire che il disastro di Tonks aveva risvegliato il quadro di sua nonna.

Quella vecchia megera non faceva altro che urlare e urlare e urlare. Ancora non le era stata davanti, non si era mai fatta vedere, perché un po’ la intimidiva - era sua nonna, insomma. Con tutta la famiglia che aveva perso, tutto ciò che rimaneva a Kait erano ricordi e nomi.

“Chi diavolo sei? Come osi insudiciare la casa dei miei padri!” gridò il quadro. Tonks, l’espressione scioccata, si allontanò a tutta velocità.

“Sono tua nipote,” mormorò Kaitlyn, rimasta sola.

Improvvisamente Walburga tacque, un luccichio interessato negli occhi. Si sporse in avanti. “Figlia di Regulus?”

Dev’essere morta prima di lui, ragionò la ragazza. O forse non sa che non aveva figli.

“No, signora,” rispose avvicinandosi di qualche passo così da esserle di fronte. “Di Sirius e Dorcas Meadowes.”

Ancora le lasciava l’amaro in bocca l’idea di aver creduto per tanti anni che fosse Gillian, sua madre - eppure… Eppure il suo cuore ancora piangeva al ricordo. Si era presa cura di lei e dei suoi fratelli, che fosse per una questione di sangue o meno.

“Figlia del traditore!” strillò Walburga. “E della cagna!”

Kait trasalì e indietreggiò di scatto.

“Spero di aver mantenuto la mia promessa, lurida ragazzina!”

“Promessa?” domandò la nipote, basita.

“Gliel’ho detto, a quella traditrice di tua madre. Finirete tutti sottoterra!” urlò. “Uccideremo te e tutti gli altri bastardi che quella cagna di Meadowes ha sfornato, e tortureremo lei fino a farla impazzire. Ci sarà il Marchio Nero alto nel cielo, ma tu saprai che li ho mandati io. Solo allora quel lurido rinnegato di Sirius avrà il permesso di morire!”

Kait trattenne il respiro, immobile. 

“E tutti sapranno cosa accade a chi si mette contro i Black!”

“No,” sussurrò la ragazza. “Sei… Sei stata tu,” disse in un fiato. “Li hai… Oh Merlino,” sentiva il panico, lo shock aumentare, “sei stata tu! Li hai mandati tu, sei stata tu!

Delle braccia la strinsero all’altezza della vita e del seno, costringendola contro un petto maschile.

“Avevano cinque e otto anni. Cinque e otto anni! Come hai potuto. Come hai potuto!” urlò con tutta la forza che aveva, il cuore sprofondato sotto il dolore e la rabbia, la rabbia che montava sempre di più. “Erano dei bambini. Innocenti. Non meritavano… Erano dei bambini!

Jackson e Remus stavano cercando di richiudere le tende del quadro, per zittire Walburga - la strega, infatti, aveva ricominciato a inveire sui traditori del proprio sangue e aveva alzato il volume nel vedere Remus. “Un ibrido nella casa dei miei padri!” fu l’ultima cosa che riuscì a gridare prima che i due riuscissero a silenziarla.

Improvvisamente stremata, Kait si lasciò andare contro l’uomo che ancora la teneva stretta e una parte della sua mente, quella più lucida e analitica, le fece notare che si trattava di Sirius.

“Respira,” le mormorò lui all’orecchio. La fece voltare per guardarla in viso e le passò i pollici sulle guance - solo allora Kait si rese conto di aver pianto.

“Lei ha… le-lei li ha…”

“Lo so,” sussurrò Sirius abbracciandola e accarezzandole i capelli. “Vieni, leviamoci da qui.”

La accompagnò in salotto, senza mai separarsi veramente da lei, forse per paura che crollasse o forse per se stesso - per essere sicuro di non aver perso anche lei. Di avere ancora la sua bambina.

I genitori non dovrebbero mai sopravvivere ai figli e Sirius si sarebbe fatto ammazzare pur di non dover seppellire anche Kaitlyn.

“Senza cuore,” stava mormorando lei.

“Già. Si teneva in vita per puro dispetto.”

Il tentativo di alleggerire l’atmosfera non andò a buon fine e Sirius si grattò la nuca, a disagio davanti alle lacrime della figlia. Non era una che piangeva poi così facilmente - ed era sicuro Remus sarebbe stato meglio di lui, nel consolarla.

Ma sono io suo padre, pensò. È compito mio.

La fece sedere sul divano da poco libero dall’infestazione di Doxy e cercò di rassicurarla con un sorriso. Kait neanche lo notò, continuando a borbottare.

“Aveva otto anni. E Hannah… Le-lei solo cinque. Erano dei bambini,” tirò su con il naso. “Erano solo dei bambini.”

“Lo eri anche tu,” la interruppe Sirius con dolcezza, sforzandosi di non lasciar trasparire il proprio dolore.

Kait non diede segno di averlo sentito. “Ed erano innocenti. Avrei dovuto… Avrei dovuto proteggerli, aiutarli e - e invece sono morti e non ho fatto niente! Niente!

“Non ci pensare nemmeno!” sbottò Sirius. “Non è stata colpa tua. Sei sopravvissuta per miracolo e non è stata colpa tua. Okay?! È stata quella stronza e se proprio vuoi incolpare qualcuno, prenditela con me. Io l’ho fatta infuriare, io non ero lì a tenervi al sicuro.”

Kait sgranò gli occhi. “Papà…” sussurrò.

Si abbracciarono e Sirius cominciò a dondolare sul posto, cullandola inconsciamente come fosse tornata piccola come l’ultima volta che l’aveva stretta prima di Azkaban.

“Sei viva. Sei… Sei tutto il mio mondo. Non è colpa tua. Voglio che tu sia felice. Tengo a te più di qualsiasi altra cosa. Non voglio perderti. Sei la mia bambina.”

Non sapeva neanche più cosa stava dicendo, tutto ciò che voleva era continuare a parlare e toglierle dalla mente il senso di colpa.

“Andrà tutto bene,” mormorò infine. Allontanò il viso e notò che Kait stava fissando il vecchio arazzo de “La Nobile e Antichissima Casata dei Black - Toujours pur”. Il nome di entrambi era coperto da una macchia bruciata e così quello di Nathan e di Hannah. Probabilmente erano presenti solo perché purosangue, visto che di Ninfadora non c’era traccia.

“Pensi che le sarei piaciuta?”

“A tua nonna? Ah, domanda difficile. Penso avrebbe apprezzato la tua forza, sicuramente, visto che i Black sono principalmente una “famiglia” - passami il termine - matriarcale, ma… Non ti devi offendere, è che…”

“No,” lo interruppe Kait. “Mamma.”

L’intero corpo di Sirius si tese, per poi rilassarsi contro lo schienale del divano. Rimasero fermi così, le gambe di lei su quelle di lui, il viso di Kait contro la sua spalla, a guardare l’arazzo.

“Ti avrebbe adorata,” sussurrò. “Era più… Delicata, rispetto a te. Aveva meno rabbia, meno dolore… Ma era forte come te. Due forze diverse, sicuro, però… Non si piegava. Anche se terrorizzata, anche se senza speranza, lei non si piegava.”

Kait annuì, incitandolo a continuare.

“Era bella quasi quanto te, ma più delicata anche in questo. Sai, i Black affascinano e colpiscono. Lei ti entrava sotto la pelle senza che tu te ne rendessi conto. E osservava, osservava sempre. Non era una che faceva casino, o molto popolare, o che amava l’attenzione degli altri. Si limitava a guardare il mondo. Guardava in silenzio e così sapeva tutto.”

Prese fiato, perso nei ricordi.

“Al quinto anno ho spezzato il cuore a Mary MacDonald, una Grifondoro che praticamente era caduta ai miei piedi dopo un sorriso. Lily era sua amica e non ti dico che sfuriata mi sono dovuto sorbire… E al tempo neanche stava con James! Ma Lily odiava vedere Mary soffrire - o chiunque, a dir la verità - e così aveva preso le sue difese. Quando ho lasciato Gillian mi aspettavo che Dorcas si comportasse allo stesso modo. E invece no.”
Ridacchiò, ancora stupito dal comportamento di Cas. Lo aveva stregato in quello stesso istante.

“Cosa è successo?” domandò Kait con un filo di voce.

“È venuta da me. Non potevo crederci,” rise. “È venuta da me, timida e silenziosa come al solito, e mi si è seduta accanto. Ero sui gradini che portano da Hagrid. Lo ricordo come fosse ieri.”

 

Sirius sentì un fruscio alle proprie spalle e sbuffò. “Era solo una storiella, Ramoso. Non ho bisogno che mi consoli. Stessa cosa per te, Remus,” esclamò senza nemmeno voltarsi.

Il silenzio seguì le sue parole e per qualche secondo pensò di essere rimasto solo… Fu solo nel vedere una ragazza sedersi accanto a lui che Sirius si rese conto di avere vicino l’amica di Gillian e non i due Malandrini.

“Venuta a combattere per l’onore di Gill? A dirmi che faccio schifo? Che sono un donnaiolo?” domandò con tono amareggiato. Aveva davvero pensato che le cose avrebbero potuto funzionare.

Lo aveva ferito capire di essersi sbagliato - non che lo avrebbe mai ammesso! Era un Black, alla fin fine.

“Mi dispiace,” rispose la Corvonero. Sirius le lanciò un’occhiata confusa.

“Penso tu ci stia male quasi quanto lei. E mi dispiace.”

“Ah sì? E dimmi, principessa, com’è che ti sei fatta questa idea?” ghignò. Tanto nessuno avrebbe visto ciò che provava davvero.

La ragazza scrollò le spalle. “Io osservo. E penso di doverti ringraziare. Credo tu ti sia reso conto di come stavano davvero le cose e sia intervenuto.”

“E come starebbero, queste cose?” mormorò Sirius.

“Non credo tu sia la persona adatta a Gill.”

“Su questo siamo d’accordo, biondina.”

“Dorcas.”

Sirius si voltò a guardarla negli occhi, inclinando la testa come a dire “e quindi?”.

“Mi chiamo Dorcas.”

“Lo so,” sorrise Sirius, stavolta con sincerità. “Non sei una che si dimentica facilmente, Meadowes.”

Dorcas lo fissò e Sirius quasi udì la sua risposta, nonostante non l’avesse espressa ad alta voce. Qualcosa come “in realtà è proprio ciò che sono”. “Ah sì?” sorrise la Corvonero, ripetendo le parole usate da lui in precedenza. “Eh dimmi, principe, com’è che ti sei fatto questa idea?”

Sirius scoppiò a ridere. “Io osservo,” la imitò.

Dorcas rise a sua volta, ma in modo diverso da lui, quasi in silenzio, come se non volesse disturbare il mondo circostante, o fargli sapere della sua presenza.

“Scusa,” si riprese dopo qualche secondo - e Sirius avrebbe voluto dirle di continuare, che non gli dava fastidio, e tuttavia tacque. Aveva appena lasciato la sua migliore amica, avrebbe atteso almeno una settimana o due prima di provarci con, beh, chiunque.

“Sono davvero dispiaciuta per com’è finita tra voi,” continuò Dorcas.

“Lo so. Sei troppo buona per non esserlo.”

Alzarono entrambi lo sguardo al cielo, tinto dei colori del tramonto. “Non so come sopravviverai a questo mondo.”

“Solo perché non parlo molto non vuol dire che non me la sappia cavare,” ribatté Dorcas.

“Non sopravviveresti un minuto, di fronte alla mia famiglia.”

 

“E invece sapeva tenerle testa. Lei e mia madre… Non hai idea. Quando vedevo Cas affrontare la megera io… Mi sentivo così fiero di lei. E così preoccupato.”
“Avevi paura le facessero del male?”

Sirius annuì, stringendo Kait un po’ più forte.

“Mi dispiace,” sussurrò lei.

“Per cosa?”

“È morta di parto. È morta a causa mia e di Hannah.”

Aveva ripreso a piangere.

“Okay, okay, basta,” Sirius la allontanò da sé e le prese il viso tra le mani. “Questa storia del senso di colpa deve finire.”

Kait aprì la bocca per ribattere “tu ti odi per cos’è successo a James e Lily”, ma lui le baciò la fronte e le parole le morirono in gola.

Fu in quel momento che Remus entrò in salotto, lo sguardo preoccupato e allo stesso tempo concentrato di chi vorrebbe intervenire ma si trattiene. Kait batté la mano sul cuscino accanto a sé e presto si trovò stretta tra i due.

“Potreste sposarvi,” cercò di scherzare dopo qualche momento, quando sentì i respiri di entrambi farsi più lenti.

“Uh, vorrei proprio vedere come reagirebbe la Casata dei Black. Traditore e gay,” ridacchiò Sirius senza aprire gli occhi, contento di nascondere il viso sul collo della figlia e sentirne il profumo, la pelle liscia… Sentire che lei c’era ancora.

“E con un lupo mannaro,” aggiunse Remus, nella stessa posizione dell’amico ma dalla parte opposta. “Traditore al quadrato,” sorrise.

“Forse andrebbe a fuoco l’intero arazzo,” commentò Kait.

“Sei ubriaca dal sonno,” la zittì Sirius - e poi, ridacchiando, allungò una mano e strinse quella di Remus, lasciandole entrambe sulle gambe della figlia.

“Pretendo di avere il tuo cognome, sappilo,” sussurrò infine Sirius.

E i tre scivolarono nel sonno.

 

  
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