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Autore: Mary P_Stark    24/09/2016    2 recensioni
2024. Malcolm Hamilton e i suoi amici si apprestano a terminare i loro studi alla Columbia ma il giovane, Guardiano dello Spirito e Fulcro del Pentacolo di Potere della sua famiglia, sente che qualcosa non va, che qualcosa lo minaccia, pur se non direttamente. Niente e nessuno sembra riuscire a comprendere cosa stia curiosando attorno al giovane, neppure un'entità potente come la Fenice Araba, che si è presa personale carico di aiutare l'amico e Guardiano.
Cosa vi può essere che riesce a sfuggire agli occhi di un Dominatore dello Spirito? E sarà un'entità davvero malvagia, o solo incuriosita dal potere di Malcolm e della sua famiglia?
E' difficile scoprirlo, specialmente quando cuore e anima vanno in due direzioni diverse. Se il primo vorrebbe pensare agli occhi dolci di Eiko, la seconda è incuriosita da Rin, le due nuove amiche che Malcolm conosce all'università.
Riuscirà il ragazzo a non cacciarsi nei guai, o saranno i guai a trovare lui? - SPIN-OFF serie 'The Power of the Four' (è necessaria la previa lettura della saga, per comprenderne gli intrecci)
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario, Sovrannaturale
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Power of the Four'
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9.
 
 
 
Prima ancora di giungere in ospedale – dopo una corsa a perdifiato per raggiungere la metro – Malcolm aveva inviato in avanscoperta le sue Elementali per avere un quadro generale della situazione.
 
Da quel poco che avevano potuto capire, Rin aveva avuto un crollo dovuto, con tutta probabilità, alla brutta infreddatura che l’aveva colpita alcune settimane addietro.
 
Gli impegni scolastici e le scarse cure avevano congiurato contro di lei che, in quel momento, si trovava stesa in un letto d’ospedale, una flebo attaccata al braccio e l’aria smunta ed emaciata.
 
Con grande sollievo di Malcolm, però, Rin era cosciente e vigile, pur se stanca il che, per il momento, era sufficiente.
 
Quando infine Mal ed Eiko raggiunsero l’ospedale e la stanza dell’amica, quest’ultima si lanciò di corsa verso il letto dove, pallida e stordita dai farmaci, Rin la guardò con aria dubbiosa.
 
Eiko le prese una mano, se la portò al petto e, parlando frettolosamente in giapponese, la sgridò per la sua follia e le chiese infine come si sentisse.
 
Rin le prestò ben poca attenzione, presa com’era dalla presenza di Malcolm assieme all’amica.
 
Sorridendo al giovane, mormorò roca: “Posso festeggiare?”
 
“Direi di sì… ma solo quando starai meglio” asserì lui, avvicinandosi a sua volta al letto per stringerle la mano libera.
 
Pur se i suoi Spiriti l’avevano rassicurato circa le sue condizioni – Rin si sarebbe ristabilita, nonostante l’attuale stato di debilitazione – vederla di persona lo rincuorò.
 
I suoi occhi scuri erano febbricitanti, ma risplendevano come sempre.
 
Chinandosi per darle un bacio sulla fronte bollente, Malcolm le disse accorato: “La prossima volta, vedi di curarti un po’ di più e studiare un po’ meno.”
 
Rin gli fece la lingua e, nell’osservare il volto rasserenato dell’amica, domandò: “Va tutto bene, Eiko-necchan?”
 
“Tutto benissimo” assentì la ragazza, lanciando poi un’occhiata timida a Malcolm, che ammiccò complice.
 
“Grazie a Dio… non se ne poteva più di vedervi ciondolare sui piedi perché non avevate il coraggio di parlarvi” sentenziò a quel punto Rin, facendoli ridere per il sollievo.
 
Se Rin aveva la forza e il desiderio di fare dell’ironia, c’era la speranza che quella debilitazione momentanea durasse meno del previsto.
 
La giovane sorrise nel vederli così lieti, contenta suo malgrado di aver stemperato le loro ansie, ma non poté unirsi a loro e alla loro allegria. Stava ancora troppo male perché potesse parteciparvi attivamente, pur se non voleva darlo a vedere.
 
Si limitò a godersi lo spettacolo, ascoltando il loro resoconto su come fossero andate le cose, e su come Eiko avesse baciato Malcolm per azzittirlo.
 
Quando anche Bobby e Keath giunsero in ospedale – avvertiti da Mal – i due giovani sorrisero un po’ stupidamente, non appena videro Eiko seduta sulle gambe dell’amico.
 
Lei li salutò con timidezza, arrossendo un poco, mentre Malcolm ammiccava ai due amici con aria vagamente sciocca ma soddisfatta.
 
Naturalmente, Bobby si lanciò in battute allegre sui due e tentò di coinvolgere anche Rin in quell’ilarità generale, ma Keath fu distratto da tutt’altra idea.
 
Volendo testare una sua teoria, formulò nella sua mente un pensiero e Mal, l’attimo seguente, sollevò entrambe le sopracciglia con divertimento.
 
Che stai facendo, Keath?” gli giunse in risposta alcuni attimi dopo, facendo rabbrividire per un secondo il giovane.
 
Cacchio! Allora ti è arrivato!” pensò Keath, cercando di mascherare la sua sorpresa con un abbraccio caloroso a Rin.
 
Certo. Trattandosi di un pensiero diretto a me, mi arriva come se me lo stessi urlando. Perciò, non pensare troppo. Se vuoi, posso sentirti senza che tu ti concentri troppo” lo mise al corrente Malcolm, dando poi il cinque a Bobby, che si stava complimentando con lui ed Eiko.
 
Keath lo osservò stralunato, sorpreso che l’amico potesse parlare contemporaneamente con lui – mentalmente – e con Bobby, a voce alta.
 
Alcuni istanti più tardi, Malcolm gli strizzò fuggevolmente l’occhio e disse: “Ci si fa l’abitudine. Io e mio padre parliamo per ore intere, con la mente, senza che nessuno se ne accorga.
 
Ed è a doppio senso?
 
No. Tutto parte solo se lo voglio io. A me arriva la richiesta, per così dire ma, solo se apro il collegamento, la conversazione può avere inizio. Per esempio, i miei zii e mio padre non possono parlare mentalmente tra loro… a meno che non intervenga io, ovviamente.
 
Cacchio!” esalò di nuovo Keath, dandogli a sua volta il cinque prima di dire a mezza voce: “Posso solo dire… evvai! Se non vi foste decisi, vi avrei rinchiusi in appartamento per un mese intero, pur di farvi rinsavire.”
 
Eiko sorrise a Malcolm e chiosò: “Ti rendi conto? Anche un tentato rapimento.”
 
“Ci vogliono male…” ghignò lui, dandole un colpetto fronte contro fronte, facendola ridere.
 
“Vi vogliamo anche troppo bene” sottolineò Bobby, rivolgendosi poi a Rin. “E tu, splendore? Che ti è saltato in mente di ammalarti fino a questo punto?”
 
Rin sorrise fiacca e, con una scrollata di spalle, borbottò: “Non è che volessi esattamente questo. Si vede che ho esagerato, stavolta. A dirla tutta, è difficile che mi ammali.”
 
Eiko assentì, dando una pacca sulla mano all’amica.
 
“Quando ho ricevuto il messaggio da parte di Cassie, che ti ha trovata svenuta in corridoio, mi è venuto un colpo. Da quando in qua ti ammali così?”
 
“Tutta colpa di Stanford e del suo votaccio in prospettiva” sentenziò lapidaria Rin, sbuffando.
 
Tutti sorrisero di fronte a quel commento ma, quando l’infermiera entrò per il cambio della flebo, l’atmosfera si raffreddò un poco e, con il suo invito a uscire, divenne davvero glaciale.
 
Nessuno, però, se la sentì di mettersi a discutere con l’infermiera, che sembrava più dispotica di un generale, perciò contrattarono solo per poter tenere compagnia a Rin a turno.
 
Malcolm allora si offrì di rimanere per fare il primo turno di ‘guardia’ ed Eiko assentì, promettendogli che gli avrebbe dato il cambio a mezzanotte.
 
Bobby e Keath si organizzarono per coprire il giorno seguente, e nulla di quello che disse Rin servì a farli desistere dal rimanere con lei.
 
Quando il gruppo si fu infine allontanato per rientrare all’appartamento e allo studentato, Rin fissò malissimo Malcolm e borbottò: “Ma ti pare logico che, subito dopo esserti dichiarato con Eiko, tu passi del tempo con me?”
 
“Eiko capisce benissimo e tu, al momento, hai bisogno di attenzioni speciali” replicò con candore lui, imperturbabile allo sguardo assassino dell’amica.
 
“Sei troppo gentile, Mal, e dovresti pensare un po’ di più a te stesso e meno agli altri… ma, da quel che ho letto, ce l’avete nel sangue” sospirò Rin, sorridendogli nello stringere la mano protesa del giovane.
 
“Hai finito l’albero genealogico?” si informò a quel punto lui, sorridendole di rimando.
 
“Già. Puoi sinceramente essere fiero di una simile famiglia. Sembrate davvero destinati a grandi cose… come se non poteste fare altrimenti” gli fece notare Rin, stringendo quelle dita tra le sue, più piccole e fredde. “Ma mi domando una cosa; quanto dipende da voi, e quanto dal peso del passato che vi segue come un’ombra?”
 
Malcolm non si stupì di quella domanda.
 
Rin non era una sciocca, tutt’altro, e doveva esserle parso strano che nessuno – o quasi – della sua famiglia avesse vissuto in modo meno che onorevole. O che non avesse mai tentato di rimanere lontano dal mondo accademico, culturale o religioso.
 
Chiunque, nel proprio passato, poteva contare almeno un paio di parenti scomodi o qualche delinquente.
 
Nel caso del clan di Malcolm, però, erano stati eliminati prima che potessero danneggiare tutti.
 
Ovviamente, non avrebbe mai potuto dire a Rin dell’intervento divino di Arianhrod, né dei motivi che avevano spinto i suoi predecessori a eliminare sul nascere – e dall’albero genealogico – quelle minacce.
 
Era sempre stato vitale che, nella loro famiglia, il sangue scorresse privo di contaminazioni negative. Ugualmente, rispose alla sua domanda, mormorando: “Diciamo che ci siamo sempre sentiti in dovere di mantenere lo status quo.
 
“E non è mai stato difficile?”
 
“A volte” ammise Malcolm, ripensando a ciò che era successo a sua nonna paterna.
 
La morte di Shaina era stata una macchia enorme nel loro recente passato, e nessuno di loro avrebbe dimenticato la Purga tanto facilmente.
 
Ciò che lei aveva tentato di fare a suo padre e agli zii, così come ai loro compagni di vita, era stato fonte di enorme furia da parte della dea, oltre che di vergogna per tutto il Clan.
 
No, nessuno avrebbe dimenticato. Quell’evento sarebbe rimasto un memento per molti secoli a venire.
 
“Riposa. Baderò io al tuo sonno” le consigliò alla fine Malcolm, lasciando a un secondo momento ulteriori spiegazioni.
 
Rin avrebbe voluto chiedere altro ma lasciò perdere e, alcuni istanti dopo, si assopì, scrutata dolcemente da Malcolm.
 
***
 
Un fuoco, le urla della gente, le invocazioni dei prelati di Dio.
 
Rin aprì gli occhi su una scena di cui aveva letto, che l’aveva colpita a fondo e che le aveva lasciato dubbi immani e curiosità sincere.
 
Incurante della folla che minacciava di calpestarla, Rin avanzò verso la pira sfrigolante di fiamme e, con occhi spalancati, scrutò la donna splendida che, immersa nel fuoco immenso, urlava all’indirizzo dei suoi carcerieri.
 
Quella donna dai meravigliosi capelli dorati li tacciò di follia e, levato il viso verso il cielo adombrato dal fumo, lanciò un grido in una lingua che lei non comprese.
 
L’attimo seguente, le sue braccia furono libere dalle corde e le fiamme seguirono il suo incedere attraverso le genti terrorizzate.
 
Non contenta, scrutò la pira e, con un movimento del braccio, lanciò contro di essa una lingua di fuoco che la abbatté come se fosse stata un castello di carte.
 
Ormai era il caos, tutt’attorno, e le persone si accalcavano le une sulle altre nel tentativo di fuggire a quell’incendio indomabile.
 
Del tutto impreparata, Rin si accucciò per evitare di venire ferita ma, di colpo, tutto si fece silenzioso e freddo, non più afoso e ammorbato di fumo e urla spaventate.
 
Risollevando il capo, la giovane si guardò intorno con la confusione dipinta in volto e, nello sgranare gli occhi, riconobbe le pareti spoglie e fredde dell’orfanotrofio dove era cresciuta.
 
Levatasi in piedi, si guardò intorno, camminando a piedi nudi sull’assito di legno consunto, che scricchiolava a ogni suo passo. Fu con il massimo dello stupore che vide se stessa seduta vicino alla balconata a est, ove soleva sistemarsi nei giorni di pioggia per scrutare l’orizzonte.
 
Un gocciolio costante tempestava il tetto ricoperto di tegole rosso mattone, mentre la voce lontana della direttrice rimbalzava tra le parete in carta di riso e legno.
 
Rin si avvicinò silenziosa alla se stessa bambina, e il suo cuore ebbe un tremito.
 
Rammentava più che bene come si fosse sentita, in quegli anni, così sola e sperduta, come un’ombra nel mondo, che sembrava del tutto ignaro della sua presenza.
 
Infine, quasi come una sorpresa di Natale, erano giunti i suoi genitori adottivi… e la luce di Eiko l’aveva riportata alla vita.
 
Aveva vissuto un’adolescenza splendida, grazie a tutti loro, e divenire una donna adulta era stato per lei un traguardo che, nella sua infanzia, non aveva mai neppure sperato di poter raggiungere.
 
Il ricordo svanì come era giunto e tutto si fece buio, spaventando Rin che, muovendosi in quell’oscurità priva di forma, sperò che qualcos’altro si palesasse, che un nuovo ricordo – o visione – la strappasse a quell’oscurità gelida.
 
Tutto ciò che avvertì. Fu morbida pelliccia attorno al corpo, a farla scuotere, e la voce sussurrata di una donna a paralizzarla. L’umidore di una lingua sul braccio a raggelarla e il sibilo di zanne sfregate tra loro a metterla in allarme.
 
Subito, Rin tentò di scacciare qualsiasi cosa la stesse infastidendo e, agitandosi in quell’oscurità senza forma, si massaggiò le braccia nel tentativo di allontanare quelle sensazioni sgradevoli.
 
L’attimo seguente, un immenso bagliore la investì come un’onda di piena, e una risata argentina le percorse il corpo, simile a una scossa a basso voltaggio.
 
Ormai terrorizzata, Rin si parò un braccio dinanzi al viso per proteggere gli occhi e, attorno a lei, come in un caleidoscopio, miriadi di immagini rimbalzarono le une sulle altre, stordendola.
 
Anche il suo corpo prese a vorticare, mentre la morbida pelliccia di pochi istanti prima tornava ad avvolgerla, avviluppandola tutta.
 
Questa volta, Rin scorse ciò che la stava attaccando, violando e, subitaneo, un grido agghiacciante le scaturì dalla bocca.
 
O, per lo meno, lei tentò di urlare.
 
In realtà, nulla scaturì se non un sussurro dolce come miele e velenoso come arsenico.
 
Frenetica, Rin cercò di scacciare ciò che la stava stringendo con sempre maggiore forza, con sempre maggiore decisione.
 
Mentre le sue mani affondavano nervose nella pelliccia bianco latte, Rin fissava sgomenta quelle che sembravano essere code di volpe.
 
Nove. Nove code di volpe danzavano attorno a lei, come tanti cobra incantati dal suono di un piffero.
 
“Non può essere…” riuscì a sussurrare, prima che una zampa artigliata le coprisse la bocca.
 
“Può eccome, mia cara… grazie a te, otterrò ciò che voglio…” le sussurrò la voce mielata di prima.
 
Rin cercò di divincolarsi, la luce scemò attorno a lei con flash sempre più radi finché, in un ultimo lampo, si spense del tutto.
 
Il suo corpo si afflosciò, la pelliccia bianca e morbida la ricoprì completamente e, in un ultimo, disperato rantolo, Rin sussurrò: “Eiko… aiutami…”
 
***
 
Malcolm si riscosse di colpo dal sonno leggero in cui era caduto e, nello scrutare il volto turbato di Rin, si chiese se stesse avendo un incubo.
 
Osservando distrattamente l’orologio da polso – segnava le 23.49 – il giovane si chiese incerto se non fosse il caso di svegliare l’amica. A volte, un brutto risveglio era preferibile al rimanere imprigionati in un incubo.
 
Nel vederla agitarsi tra le coltri, però, lasciò perdere i suoi pensieri errabondi e non perse ulteriore tempo. Allungata una mano verso Rin, le sfiorò la spalla, richiamandola poi dolcemente perché si destasse.
 
Subito, gli occhi scuri della giovane si spalancarono, misero a fuoco la stanza intorno a lei e, quando inquadrarono Malcolm, si fecero di fiamma.
 
“Rin… tutto bene?” le domandò lui, avvertendo un leggero malessere alle viscere.
 
Che stava succedendo?
 
Non ebbe tempo di chiedersi altro.
 
L’istante successivo, Rin balzò dal letto con velocità disumana e gettò a terra Malcolm, impreparato a un simile attacco, né tanto meno alla sua forza, che era in netto contrasto con il suo corpo minuto e fragile.
 
“Rin, calmati!” esalò il giovane, cercando di trattenerla per le spalle.
 
Lei, però, non gli diede retta e, sgusciando dalla sua stretta, afferrò i lembi della felpa che Malcolm indossava e, con gesto secco delle mani, spezzò la zip e la aprì a forza.
 
Sconcertato, Mal fissò la ragazza mentre, con una risatina animalesca, si denudava del misero camice ospedaliero, rimanendo in indumenti intimi dinanzi a lui.
 
Malcolm non riuscì a dire nulla, troppo turbato da quella visione inaspettata, per riuscire anche solo a parlare. Ma che le prendeva?
 
Sarai mio…” sussurrò poi Rin, artigliando la maglietta del giovane per lacerarla.
 
“Rin! Maledizione, fermati!” esclamò a quel punto Malcolm, cercando di fermarla.
 
Non ne fu in grado.
 
Il suo corpo era completamente immobilizzato da nove code bianche come la luna, che scaturivano dal corpo piccolo e perfetto di Rin.
 
Il suo cellulare scelse quel momento assurdo, per suonare, ma lui non poté fare nulla per raggiungerlo. Era bloccato dal corpo di Rin sopra di sé, misteriosamente quanto spaventosamente forte, oltre che minaccioso come poche altre cose Malcolm avesse mai visto in vita sua.
 
La mente dell’amica, inoltre, era impenetrabile, completamente al di fuori della portata delle sue Elementali, che stavano lottando invano per entrare in lei e fermarla.
 
Una folata di vento penetrò all’interno della stanza dopo aver spalancato le finestre, ma la ragazza scacciò i poteri di Autumn con una semplice occhiata sdegnata.
 
Mal! Che diavolo succede?!
 
La voce di Ben rimbombò nella sua testa come un colpo di maglio e Malcolm, indeciso se essere terrorizzato o furioso, esclamò: “Non vedi?!
 
Assolutamente no! So solo che sei nei guai, ma non capisco perché!
 
Questo sconcertò ancor di più il giovane, se possibile, e ciò permise alla paura di prendere il sopravvento sul suo corpo. Se neppure una Fenice era in grado di comprendere ciò che stava accadendo, cosa poteva fare, lui?
 
Questo fece sorridere maggiormente Rin che, nel leccargli il viso con bramosia, sussurrò gelida al suo orecchio: “Fenice non può vedermi… nessuno può… e, visto che non posso avere lei, avrò te e tutta la tua famiglia…
 
Ciò detto rise, scese con la bocca lungo il corpo di Malcolm, asservito ai suoi fini spregevoli e, in quel mentre, si udì uno schiocco secco e violento.
 
Rin si limitò a ridere. Malcolm impiegò qualche attimo più di quella creature che, solo per il caso più infausto, aveva le sembianze dell’amica, prima di comprendere il perché di quel suono.
 
Il rubino che aveva sempre portato con sé per proteggersi era letteralmente esploso, dilaniato dalla forza incontrollabile di quel demone senza nome.
 
Le unghie di Rin, lunghe e affilate quanto quelle di un felino, si divertirono a sbottonare i pantaloni di Malcolm che, ormai agghiacciato, si sentì prossimo a un attacco di panico.
 
Fu l’arrivo a sorpresa di Eiko a sbloccare in qualche modo la situazione, anche se nel modo peggiore possibile.
 
Rin tornò se stessa in un breve battito di ciglia e, fissando sorpresa e contrita l’amica, non tentò nemmeno di nascondere l’evidenza dei fatti.
 
Malcolm, al contrario, cercò di liberarsi dalla sua stretta, ma tutto fu inutile.
 
Per quanto le code fossero svanite, Rin rimaneva ancora troppo forte fisicamente, per lui, anche se tentava di apparire fragile e indifesa di fronte allo sguardo scioccato di Eiko.
 
Eiko che, sgomentata da quella vista e impreparata a un simile spettacolo, fissò al colmo dell’ira e del disgusto Malcolm.
Non fosse stato per la forza demoniaca che controllava Rin, sarebbe bastato quello sguardo pieno di biasimo, a togliere potere a Mal. Il solo pensiero di averla ferita a quel modo, pur se non per sua colpa, lo fece stare malissimo.
 
Indietreggiando disgustata per uscire dalla stanza d’ospedale in cui, piena di speranza, era entrata solo un attimo prima, Eiko sussurrò sdegnata: “Non pensavo potessero esistere persone così meschine, ma mi sbagliavo…”
 
Tornando a guardare Malcolm con l’orrore negli occhi, aggiunse: “Mi sono davvero sbagliata nel giudicarti.”
 
“Eiko, aspetta!” esalò lui, osservandola sgomento mentre la giovane correva via.
 
Infuriato per tutta quella situazione assurda, Malcolm si volse a scrutare il viso di Rin, ancora abbarbicata sopra di lui. I suoi occhi di fiamma erano spariti, però, sostituiti dal suo solito sguardo di cioccolata.
 
“Ma che diavolo…” sbottò il giovane, rimasto ormai senza parole.
 
“Scappa…” riuscì a gorgogliare Rin, balzando letteralmente via dal corpo disteso di Malcolm. “… scappa…”
 
“Rin…” esalò Malcolm, completamente frastornato. Ma chi aveva realmente dinanzi a sé? Cosa stava succedendo?
 
Ormai in lacrime, Rin si strinse le braccia attorno al corpo tremante mentre la sua immagine, letteralmente, svaniva e riappariva dinanzi a Malcolm, simile a un filmino consunto e rovinato dagli anni.
 
“Non la tratterrò… a lungo…” aggiunse Rin, aggrappandosi al piede del letto per sostenersi.
 
“Chi devi trattenere, Rin?” le domandò ancora Malcolm.
 
Lei, allora, lo fissò a occhi sgranati, la sclera completamente arrossata dal sangue dei capillari ormai in frantumi, e un rantolo furioso le uscì dalla gola.
 
“VATTENE!”
 
L’attimo seguente, la voce di Benjamin penetrò nella mente di Malcolm, ottenebrata dalla confusione, ed esclamò: “Vai via immediatamente da lì, finché la tua amica trattiene quella belva famelica! Io cercherò di aiutarla, ma non so per quanto potrò resistere. E’ ben oltre le mie attuali possibilità!
 
“Non posso lasciarla qui!” protestò Malcolm, pur sapendo di rischiare moltissimo, forse la sua stessa vita, negandosi la fuga.
 
Rin stava rantolando a terra, gli occhi che piangevano lacrime e sangue, mentre le sue mani artigliavano il pavimento di linoleum nella vana speranza di trovare una via di fuga. Da cosa, Malcolm davvero non lo sapeva.
 
Ben non ci andò per il sottile, stavolta.
 
Non puoi fare più niente, per lei! Scappa, e corri dietro a Eiko! Lei sarà la prossima vittima, se non ti muovi!
 
“Mi dispiace…” mormorò Malcolm, rivolgendosi a Rin che, però, scosse il capo.
 
“Dispiace… a me…” sussurrò, intimandogli poi di fuggire.
 
Non potendo fare altro, Malcolm fuggì dalla stanza, inviò le sue Elementali a cercare Eiko e, nel frattempo, inviò un messaggio a Keath e Bobby tramite telefono.
 
Scivolando fuori dall’ospedale, obbligò mentalmente a medici e infermiere a tenersi lontani dalla stanza di Rin e, mentre correva a perdifiato verso il Central Park, pianse.
 
***
 
Come aveva potuto ingannarsi a quel modo? E perché Rin e Malcolm avevano congiurato contro di lei fino a tradire la sua fiducia a quel modo? Perché uccidere i suoi sentimenti in maniera così becera?
 
E dire che si era fidata di loro! Di lui!
 
Aveva pensato di aver trovato finalmente la persona giusta a cui donare il suo cuore, e invece era incappata nell’essere più spregevole di tutti.
 
Tergendosi nervosamente il viso con mani tremanti, Eiko si sedette su una delle tante altalene del parco e, dondolandosi stanca, ripensò all’amica.
 
Erano state inseparabili per anni, molto più che amiche, molto più che sorelle, quasi due parti di una stessa anima, separata alla nascita.
 
Si erano sempre spalleggiate a vicenda, nessuno si era mai interposto tra di loro… fino a quel momento, per lo meno.
 
Proprio quando lei aveva pensato di poter vivere un’intensa, appagante storia d’amore, tutto era finito con un secco ceffone in viso.
 
Il ritorno alla realtà era stato terrificante, e quelle maledette immagini continuavano a rimbalzarle nella mente come tante biglie di un flipper impazzito.
 
Se fosse stata investita da un camion, forse avrebbe sofferto meno.
 
“Eiko…” sussurrò una voce alle sue spalle.
 
Sobbalzando, la giovane balzò in piedi con un diavolo per capello, e poco le importò di vedere i segni delle lacrime sul viso di Malcolm.
 
Era troppo furiosa per provare pietà, figurarsi nei suoi confronti.
 
Avanzando verso di lui con la mano levata, gli ringhiò contro: “Non puoi nemmeno lasciarmi in pace, dopo quello che ho visto?! Cosa vuoi da…”
 
Malcolm intercettò il suo braccio, la azzittì con un bacio e, trattenendola perché non si divincolasse dalla sua stretta, lasciò che il suo animo si aprisse a lei.
 
Non entrò dentro la sua anima, ma la condusse dentro di sé, lasciando che Eiko vedesse tutto, dalle sue paure inconfessabili, al suo potere, alla sua genia.
 
Devi abbracciare il tuo potere…
 
Ben gli aveva detto questo, tempo addietro, e non poté che essere d’accordo con lui, a quel punto.
 
Se non accettava se stesso per quello che era, come avrebbe potuto Eiko?
 
Perciò, prima di sapere tutto di lei, Eiko avrebbe dovuto sapere tutto di lui e, solo in seguito, lei avrebbe deciso cosa farne di ciò che era nato tra di loro.
 
Mentre approfondiva il bacio, afferrandole la nuca per aderire meglio al suo corpo ormai calmo, Malcolm riversò tutto se stesso in quel tocco di labbra e lingua.
 
Eiko sgranò gli occhi, fissò sgomenta le luci che danzavano attorno a loro e, scostandosi dalla bocca di Malcolm, ansò: “Cosa succede?!”
 
Le luci presero le sembianze di mille e mille fate e Mal, carezzandole il viso con espressione tenera e contrita, mormorò: “Ti offro me stesso… tutto me stesso, se potrai accettarlo… oltra a una spiegazione per ciò che hai visto, se la vorrai.”
 
La giovane lo fissò senza capire e Malcolm, con un sorriso triste, tornò a baciarla, stavolta con minore ardore e più calma.
 
La avvolse nel suo abbraccio, schiacciò dolcemente le labbra di Eiko e le dischiuse, affondando poi in lei con il calore del suo amore e del suo potere.
 
Eiko venne invasa da ricordi non suoi, da voci che non conosceva, da persone che non aveva mai visto.
 
Una figura di donna ammantata di luce le sorrise, mentre generazioni e generazioni di persone si susseguivano ininterrotte dietro di lei, senza mai fermarsi.
 
Quando le immagini iniziarono a rallentare, Eiko riconobbe i genitori di Malcolm, i suoi zii e… una donna splendida, eterea, ma…
 
Ma era formata di ghiaccio, stupenda nella sua interezza, ma assolutamente innaturale.
 
Vide un bambino che riconobbe essere Malcolm. Lo vide crescere e, di fronte ai suoi occhi sgomenti, fare cose al di là dell’immaginabile. Al di là della logica comune.
 
Eppure, non ne ebbe paura.
 
Abbracciò quei ricordi, quella richiesta accorata d’amore e, quando infine si palesò il Malcolm adulto, lei comprese.
 
Rivide la terribile scena dell’ospedale, ma non come lei l’aveva scorta, ma con gli occhi di Malcolm, e con il suo cuore.
 
Ne percepì la paura, la confusione, il tentativo di mettere fine a quell’aggressione, e infine vide Rin… ma non la sua amica, solo una creatura demoniaca che le assomigliava e che voleva Malcolm.
 
Con quei ricordi, Mal le aveva donato ogni cosa di sé, pur se non si sarebbe mai aspettata fosse possibile fare una cosa simile.
 
Con quella confessione, Malcolm le aveva messo tra le mani ogni più piccola parte del suo animo, denudandola completamente, e permettendole di avere la possibilità di fare di lui ciò che voleva. Nel bene e nel male.
 
Aveva riversato in lei ogni suo segreto, la sua unicità, e i motivi di questa unicità.
 
Quando infine Malcolm si scostò da lei, i suoi occhi erano colmi di dubbi e speranze, oltre che di mille e più domande.
 
Eiko si sfiorò le labbra tumide, osservò a occhi sgranati le piccole creature alate che danzavano attorno al giovane, quasi volessero proteggerlo… da lei.
 
E forse era vero.
 
“Cosa… cosa ho visto?” riuscì a sussurrare Eiko, ancora frastornata.
 
“Me” disse soltanto Malcolm.
 
Fu in quel momento che Eiko si avvide del sangue che stava scivolando sul torace di Malcolm, e delle ferite da artiglio che aveva sulla carne.
 
Tutto il resto era passato in secondo piano; il suo aspetto disordinato, le sue ferite, ogni cosa.
 
Solo Malcolm era rimasto, di tutto il mondo che la circondava. Solo lui le era interessato.
 
A quel punto, sospirò sgomenta ed esalò: “Che ti è successo? Non può essere stata…”
 
Bloccandosi, Eiko prese un gran respiro e domandò subito dopo: “Cos’è successo, prima, esattamente? Ho visto, ho visto una cosa…”
Nel dirlo, si tastò la fronte, confusa e spaventata, e Malcolm annuì.
 
“Non era lei…” le disse Mal, stringendola in un abbraccio tremante. “… non era Rin. Non so in che altro modo spiegartelo ma… è posseduta da un demone.”
 
Eiko si irrigidì nel suo abbraccio, a quelle parole, trovandole anacronistiche, assurde… eppure credibilissime.
 
Dopotutto, intorno a lei non stavano svolazzando mille fatine bianche? E poi, l’aveva vista attraverso gli occhi di Mal, ne aveva percepito la forza e la malvagità.
 
O era impazzita del tutto – e poteva anche essere – oppure c’era qualcosa di molto più grande della logica comune, a farla da padrone in quel momento.
 
Prima ancora di poter parlare per chiedere ulteriori spiegazioni, però, il cellulare di Malcolm squillò e, nell’afferrarlo, il giovane si sentì urlare nelle orecchie: “Finalmente hai risposto! Scappate da lì! Venite a casa! A Washington! ORA!”
 
La voce di Selene, terrorizzata e ai limiti del pianto, sgomentò Malcolm al punto da perdere quasi la presa sul cellulare.
 
“Selly, ma cosa…” tentennò il cugino, chiedendosi fuggevolmente se la ragazza avesse avuto una visione.
 
“Lo spirito si libererà e, ora che è stato scoperto, non rimarrà più nell’ombra del passato e del futuro! Venite via di lì! Siete vulnerabili!” gli intimò la cugina con voce tremula e spaesata.
 
Preferendo lasciare a un secondo momento ulteriori spiegazioni, Malcolm assentì e, dopo aver rassicurato Selene, afferrò la mano di Eiko e disse: “Partiamo subito. Non c’è tempo da perdere.”
 
“Partire? E per dove? E l’università?” esalò lei, correndo al suo fianco nonostante tutto.
 
“Non saremo più neppure vivi, se quel maledetto demone dalle nove code ci raggiunge” si lagnò Malcolm, affrettandosi a far fermare un taxi per loro.
 
Al diavolo il decoro e la gentilezza! In quel momento, avrebbe asservito ai suoi scopi anche un plotone di marines, se fosse servito.
 
Subito, un’auto gialla si bloccò a fianco della strada e un uomo li fece salire senza proferire parola, pronto a esaudire ogni loro desiderio.
 
Malcolm gli ordinò di recarsi alla Central Station e, quando infine si volse per spiegare brevemente ogni cosa a Eiko, la trovò con gli occhi spalancati e la bocca socchiusa.
 
“Eiko… che succede?” mormorò lui, chiedendosi cos’altro fosse successo, nei brevi momenti in cui non le aveva prestato attenzione.
 
Lei sobbalzò appena nel sentirsi nominare e, quando si volse verso di lui, esalò terrorizzata: “Cos’hai detto, prima?”
 
“Riguardo a cosa?”
 
“Al… al demone” riuscì a gracchiare lei, ancora disorientata da tutta quella situazione oltre i limiti del paradossale.
 
Dove diavolo era finita? In una puntata de ‘Ai confini della realtà’, forse?
 
“Un demone dalle nove code… perché?” le domandò lui, confuso.
 
“Oh, Kami-sama…” esalò lei, coprendosi la bocca spalancata con le mani, gli occhi sgranati e pieni di terrore.
 
Subodorando qualcosa, Malcolm le domandò: “Sai di cosa sto parlando, per caso?”
 
Lei assentì, le lacrime a velarle gli occhi di pece e, nell’addossarsi a Malcolm – che le strinse le spalle con un braccio – Eiko mormorò sgomenta: “I demoni a nove code fanno parte del bestiario giapponese, Malcolm. E, da quello che ho visto prima, poteva trattarsi di una kitsunetsuki. Di una possessione demoniaca da parte di una volpe.”
 
Mentre l’auto volava letteralmente per le strade, avvicinandosi sempre di più alla stazione e al treno che avrebbero preso di lì a poco, Malcolm sgranò gli occhi di fronte a quelle parole.
 
Era mai possibile che…
 
“Ero avvolto da code di volpe, un attimo prima che tu entrassi… ed erano nove, lo ricordo bene. Erano bianche come il latte” mormorò lui.
 
 
A quelle parole, Eiko scoppiò in lacrime e Mal, nello stringerla a sé, sussurrò contro i suoi capelli: “Dimmi cosa succede, mo chrói…”
 
Se la situazione fosse stata diversa, Eiko avrebbe gioito nell’udire quelle parole – sapeva cosa significassero perché gliele aveva sentite dire spesso, rivolto alla sorella – ma, in quel momento, pianse solo più forte.
 
Baciandole i capelli, Malcolm ritentò e lei, nell’affondare il viso nel suo torace, ansò: “Una volpe a nove code è un demone potentissimo, Malcolm e, se le leggende sono vere, non so davvero come potremo salvarci.”
 
“La mia famiglia è forte” la rincuorò lui, pur non sapendo se ciò si sarebbe poi tramutato in realtà. Non era certo che i loro poteri, stavolta, sarebbero bastati a confrontarti con un nemico di tal risma.
 
Eiko, allora, levò gli occhi umidi di pianto per fissare quel viso a lei tanto caro e, ansiosa, replicò: “Abbastanza per abbattere un demone che può viaggiare nello spazio-tempo, e può possedere le anime delle persone a suo piacimento?”
 
Malcolm non seppe cosa rispondere e, mentre si avvicinavano alla loro via di fuga, si domandò come stesse Rin, e se Benjamin fosse riuscito nei suoi intenti.
 
Di una cosa, però, era sicuro. Quel ‘non puoi più fare niente, per lei’, lo avrebbe perseguitato per tutta la vita.

 

 

 

Note: Lo spirito è venuto allo scoperto, mostrando finalmente le sue carte... e impadronendosi di Rin una volta per tutte.

L'entrata in scena di Eiko salva per un istante Malcolm e permette a Rin di scacciare, seppur per pochi istanti, la presenza della Volpe dentro di sè.

A questo punto, Ben può finalmente vederla, intrappolando per quel che può lo spirito e consentendo, così, a Malcolm di fuggire.

Eiko è giustamente furiosa e confusa, e Mal non trova altro di spiegarle se non offrendole tutto se stesso, paure e sentimenti e poteri compresi.

L'avviso terrorizzato di Selene impedisce altre spiegazioni, ma vi verranno fornite nel prossimo capitolo, promesso.

Grazie per avermi seguita fino a qui! alla prossima!

  
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