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Autore: eliseCS    13/10/2016    2 recensioni
Per "festeggiare" il fatto di aver finito gli esami ho deciso (invece di cominciare a concentrarmi sulla tesi) di cominciare a pubblicare questa ff che ho per le mani da un po' di tempo.
Dopo quella sui fondatori e quella su Draco e Astoria la new generation non poteva certo mancare, quindi eccola qui.
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Una ragazza comincerà a scoprire le sue potenzialità in modo alquanto singolare.
Ricordi torneranno pian piano a galla.
Una profezia (forse, l'autrice è ancora un po' indecisa al riguardo)
E ovviamente non si può chiedere ai Potter di restare fuori dai guai, no?
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[...] Non sapeva che invece quello era stato solo l’inizio, come non sapeva che quella crisi era in qualche modo collegata a quello che uno strano bambino dai capelli scuri e spettinati le aveva detto diversi anni prima dietro la siepe di un parco giochi.
Per Elise quello strano incontro era ormai diventato un vecchio ricordo sbiadito e senza importanza, nulla più di un insolito e confuso sogno.
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Un piccolo assaggio dal prologo
Buona lettura
E.
(Pubblicata anche su Wattpad)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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30 – Lacrime di Giada
 
 
 
Elise e Silly apparvero nell’area, accanto alle altalene che la ragazza aveva descritto come punto di riferimento.
L’elfa sparì nel giro di pochi secondi: Shayleen non doveva accorgersi della sua trasferta.
Il tempo di guardarsi intorno e James la stava già stringendo in un abbraccio soffocante.
 
“Stai bene?” le domandò dopo averla liberata scrutandola da capo a piedi in cerca di qualsiasi cosa che potesse essere fuori posto.
“Sto bene” confermò lei sorridendo teneramente alla preoccupazione del ragazzo.
“E quello era…?”
Quella era Silly, l’elfa domestica di Skelton House”
“Ah… quindi… hai scoperto qualcosa? Non tornavi più…”
“Ecco, qualcosa sì, ma devo finire il discorso…”
James strabuzzò gli occhi: “Devi finire… hai incontrato qualcuno?”
Elise annuì: “Sì, la signorina Clark. Non fare quella faccia, abbiamo solo parlato, come vedi sono ancora tutta intera. E poi ho trovato questa…”
Porse a James la foto di Evan e Cheryl che ancora teneva in mano.
Il ragazzo la guardò concentrato per qualche istante.
 
“Quella è la Clark, non c’è dubbio. Il ragazzo invece sembra proprio suo fratello” commentò alla fine facendo per ridare la foto ad Elise. “Come mai è così importante?”
La ragazza si ricordò in quel momento che effettivamente James non aveva mai avuto l’occasione di vedere suo padre.
“Guarda bene il ragazzo, soprattutto gli occhi: non ti sembrano familiari?” lo esortò.
James tornò a concentrarsi sul dettaglio della foto finchè Elise non lo vide esibire un’espressione di pura sorpresa.
“Sono…” cominciò alzando la testa a guardare Elise. “… come i tuoi”
“Quel ragazzo è mio padre” confermò lei.
 
“Dobbiamo dirlo subito a…”
“No”
James fronteggiò la ragazza stranito: “Cosa? Perché no?” domandò alzando un sopracciglio.
“Beh, come ho detto dobbiamo ancora finire il discorso e voglio che lei sappia di potersi fidare di me. Non voglio esprimere un giudizio prima di aver sentito tutta la storia. Quando saprò come sono andate davvero le cose sarò la prima a far vedere i miei ricordi a tuo padre e a chiunque abbia bisogno”
James non ribattè.
Dopo qualche istante un sorrisetto si fece strada sul suo volto.
“Cosa c’è?”
“È che… stavo pensando: se lei e tuo padre erano fratelli allora vuol dire che Clark è anche il tuo cognome. Cioè, il tuo vero cognome…”
“Oh, taci!”
 
 
 
ↄↄↄ
 
 
 
la mattina dopo Elise era di nuovo diretta verso l’appartamento di Diana e Rupert.
Si era accorta che il giorno prima, complice il caldo pomeridiano, si era completamente dimenticata del golfino che aveva indosso quando lei e James erano arrivati in mattinata e che si era tolta durante il pranzo.
Poco male.
Julia ormai passava quasi tutto il suo tempo da Daniel, il quale aveva ancora il morale sotto le suole delle scarpe, e lei non voleva monopolizzare James perché passasse tutto il suo tempo con lei.
Il ragazzo non si era mai lamentato ma lei stessa poteva capire che ogni tanto non gli sarebbe dispiaciuto passare un po’ di tempo con la sua famiglia al completo, adesso che c’erano le vacanze.
 
Arrivata a destinazione un Rupert in tenuta da casa le aprì la porta piacevolmente sorpreso accompagnando con un sorriso scherzoso l’esclamazione: “Già di ritorno?”
Risolta la questione della felpa dimenticata l’uomo aveva invitato Elise a fermarsi un attimo, facendole segno di sedersi sul divano accanto a lui.
 
“Allora…” cominciò.
“Allora?” ripetè lei, abbastanza curiosa di sentire quello che suo padre aveva da dirle.
“Devo dire che James mi è sembrato proprio un bravo ragazzo” continuò.
Elise arrossì di botto.
Si sarebbe aspettata una conversazione del genere con Diana, con tanto di tavolo da interrogatorio e lampada puntata in viso, non con lui.
“E mi è anche sembrato che foste abbastanza, ecco… affiatati” aveva intanto proseguito lui.
A quel punto sarebbe potuta benissimo andare a fuoco.
“Papà, ti prego! Arriva al punto, cosa vuoi sapere?” ripensandoci forse avrebbe fatto meglio a non chiederlo.
“Beh, è solo che mi è sembrato che la cosa fosse piuttosto seria, e tu hai solo vent’anni…”
“Ok, ok. Papà, non è il primo ragazzo con cui esco: dovresti saperlo visto che tu e mamma avete sempre insistito perché io ve li presentassi sempre”
“Vero, ma come ho detto mi sembra che questa volta sia diverso, o sbaglio?”
 
“E quindi?” domandò Elise rompendo alla fine il silenzio imbarazzato che si era creato.
Rupert le sorrise apertamente: “E quindi niente, a mio parere state proprio bene insieme. Credo di non averti mai visto sorridere così come quando sei con lui. Se davvero quel ragazzo è quello giusto e ti rende felice… non fartelo scappare”
La ragazza si ritrovò suo malgrado a ricambiare il sorriso alla parole del genitore.
“Solo non fatemi sorprese, eh!” concluse Rupert rovinando l’atmosfera e facendo di nuovo arrossire Elise che si astenne dal commentare.
 
“Quasi dimenticavo” riprese l’uomo cambiando discorso: lui la sua approvazione e i suoi avvertimenti li aveva dati, se Diana avesse voluto aggiungere qualcosa l’avrebbe fatto di persona.
“Stamattina insieme alla posta è arrivata questa” la sua voce arrivava leggermente attutita dalla cucina dove si era appena diretto.
“Non c’è francobollo né mittente, però c’è il tuo nome scritto sopra. L’hanno lasciata al portiere questa mattina. Charlie ha detto che era una signora sull’età di Diana: occhi e capelli scuri, chignon… dalla descrizione che ha fatto credo sia la tua vecchia educatrice dell’orfanotrofio. Com’è che si chiamava? È un po’ che non la vai a trovare o sbaglio?”
Intanto era tornato in sala e aveva allungato alla ragazza una busta in pergamena, non molto grande.
 
“Clark, è la signorina Clark” rispose Elise mentre constatava con sollievo che la calligrafia con cui il suo nome era scritto sulla busta non era quella sottile e spigolosa di Shayleen ma una più piena e tondeggiante, quasi simile alla sua.
La aprì cautamente, quasi si aspettasse che ne saltasse fuori qualcosa, per poi alla fine sfilare un semplice biglietto vergato con la stessa scrittura.
 
Stamattina alle 11 dove ti ho trovata.
 
La ragazza guardò l’ora: era ancora in tempo.
 
“Spero non sia una cosa troppo importante, non ti ho fatto fare tardi, vero? Dovevo chiamarti ma so che ti piace dormire fino a tardi, non volevo disturbare” si scusò Rupert che aveva seguito i movimenti della figlia.
“No, sono in tempo” rispose lei.
 
Meno male che quella mattina Julia l’aveva svegliata prima di uscire.
E meno male che il giorno prima aveva dimenticato il golfino lì perché altrimenti avrebbe aperto la busta quando ormai sarebbe stato troppo tardi.
 
“Ci vediamo” Elise salutò l’uomo con un abbraccio. “Adesso devo proprio andare”
“Salutami mamma!” aggiunse che era già fuori dalla porta.
 
 
 
 
Dovette trattenersi dal fare la strada di corsa, sperando al contempo di non stare per finire dritta in una trappola.
 
Vieni da sola
 
Diceva il biglietto sotto l’orario indicatole per l’incontro.
 
Alla fine non dovette neanche aspettare: come arrivò in vista dell’edificio notò che fuori dal cancello c’era già la signorina Clark intenta ad osservare i bambini dell’orfanotrofio che erano ancora fuori in giardino a giocare più scalmanati che mai.
Stava sorridendo.
Elise rallentò il passo fino a fermarsi al suo fianco ad guardare a sua volta la scena: anni fa anche lei faceva parte di quel branco di terremoti urlanti.
 
“Può capitare che tra tutti i bambini ogni tanto ci sia qualcuno che manifesta doti magiche, per questo motivo c’è sempre qualche mago tra i dipendenti, per questo lavoravo qui. È bene che la loro magia involontaria venga tenuta sotto controllo finchè non raggiungono l’età per frequentare Hogwarts” la signorina Clark cominciò a parlare di punto in bianco senza ancora voltarsi a guardare la ragazza.
“Poi quando è il momento la bambina o il bambino riceve una visita da parte di uno degli insegnanti della scuola, di solito è la professoressa McGranitt ad occuparsene, che spiega loro tutto quello che gli occorre sapere. Noi invece ci occupiamo di accompagnarli a Diagon Alley a prendere il materiale, ci assicuriamo che i compagni non si insospettiscano vedendo partire un loro amico per mesi alla volta di una misteriosa scuola, che i compiti delle vacanze vengano fatti, cose così…”
 
Intanto aveva cominciato a camminare seguendo il muro che delimitava il perimetro dell’edificio finchè non arrivarono dalla parte del retro, molto più isolata e silenziosa.
Gli schiamazzi dei bambini sembravano così lontani.
Presero posto su una panchina.
 
“Tuo padre ti ha portata qui che eri appena nata” continuò guardando finalmente Elise negli occhi.
“Da quando ha iniziato a frequentare Shayleen prima, e a lavorare presso l’Ufficio Misteri poi ci siamo sempre più allontanati, lo sentivo molto di rado. Quella mattina è venuto qui e mi ha supplicato di tenerti nascosta a qualsiasi costo, nessuno doveva sapere chi eri o da dove venivi. Non l’ho più visto da allora se non nella sua bara il giorno del funerale. Non mi aveva lasciato nessuna spiegazione, ma non mi ci è voluto molto per capire quello che era successo” una lacrima le era scesa lungo la guancia lasciando una scia lucida.
 
“Ero tranquilla: la lettera per Hogwarts arriva l’anno in cui il bambino deve compiere undici anni e generalmente i poteri non iniziano a manifestarsi che un paio di anni prima. Ovviamente con te le cose sono state molto diverse, in tutti i sensi.
Come ormai ricordi la prima volta che hai manifestato i tuoi poteri avevi solo cinque anni. Non potevo lasciare che cominciassi ad usarli così presto: Shayleen avrebbe potuto rintracciarti.
Ho dovuto cancellarti la memoria”.
 
Elise ascoltava in silenzio senza perdersi una parola.
Che fosse la volta buona che le sue domande avrebbero ricevuto risposta?
 
“Poi c’è stata quella volta in cui ti ho vista saltare dall’altalena, avevi solo sei anni e mezzo e già eri consapevole di quello che eri in grado di fare… Non ho avuto il coraggio di farlo di nuovo. Era sicuramente ancora presto per la lettera ma in qualche modo ho cercato di schermare il fatto che fossi tu a usare i poteri: immagino ti ricorderai di tutte le volte in cui ti ho ripetuto di non fare magie tanto per fare.
Non avevo però messo in conto gli Starlet. Avevi ormai l’età in cui un bambino comincia ad essere considerato troppo grande per essere adottato, e a me andava benissimo così visto che saresti potuta rimanere con me. Un’altra cosa su cui mi sbagliavo…”
 
“Continui a parlare della lettera per Hogwarts, ma a me non è mai arrivata” si inserì Elise.
La donna annuì facendole capire che sarebbe arrivata a spiegare anche quello.
 
“Ti ho cancellato la memoria un’ultima volta quando sei stata adottata per lo stesso motivo per cui l’ho fatto la prima. Non avrei potuto continuare a mascherare i tuoi poteri una volta che tu fossi uscita dall’orfanotrofio. Con un po’ di fortuna i tuoi poteri avrebbero cominciato a manifestarsi di nuovo in corrispondenza con l’arrivo della lettera e a quel punto non ci sarebbero più stati problemi”
Fece una breve pausa per riorganizzare i pensieri.
“Ogni mago o strega è iscritto di diritto a Hogwarts fin dalla nascita, questa è la regola generale. In realtà però la cosa è un po’ più sottile.
Vedi, con il termine mago si intende una persona dotata di poteri magici destinata ad essere scelta da una bacchetta per essere in grado di utilizzarli.
Ora, all’epoca non ne avevo idea, ma tu non sei mai stata destinata ad usare una bacchetta, Elise, questo mi sembra chiaro. E allo stesso modo non credo che i registri della scuola fossero (o lo siano anche adesso) incantati in modo da prevedere che forse qualcuno non abbia bisogno di usarla, la bacchetta.
Sappi comunque che non avrei mai voluto… le crisi… mi dispiace davvero” concluse abbassando lo sguardo.
“Avevo promesso a Evan che ti avrei protetta, era l’unica cosa che mi aveva chiesto, e temo di non aver fatto esattamente un buon lavoro”
 
Forse era un po’ presto per parlare già di perdono e cose simili, ma Elise si ritrovò comunque a pensare che a parere suo non era vero che la donna non aveva fatto un buon lavoro.
“Quindi… Clark, eh?” disse alla fine cercando di spezzare un po’ la tensione e abbozzando un sorriso.
Cheryl la guardò stranita per un attimo, poi scoppiò a ridere.
“Clark? Oh no, no… per Merlino, no…”
A quel punto Elise era certa di essersi persa qualcosa: “Ah no?”
L’altra scosse ancora la testa per poi far apparire la foto, quella originale, e porgerla alla ragazza tenendola girata dalla parte del retro.
Elise potè così notare un dettaglio a cui non aveva fatto caso quando il pomeriggio precedente l’aveva sfilata dalla fodera del paravento.
Nell’angolo in basso a sinistra c’era infatti scritto qualcosa.
 
Evan e Jade Shivell
 
Elise rimase un attimo perplessa.
Rilesse i nomi più volte girando anche la foto per riguardare i due ragazzi.
La signorina Clark, o doveva dire Shivell?, sorrise alla sua espressione: “Evan e Jade Shivell, hai letto bene” confermò.
“Shayleen non ha mai badato più di tanto alla sorella minore di Evan, lui le parlava spesso di me ma di persona non ci siamo mai incontrate, non in quel periodo, e a scuola essendo di una anno più piccola non abbiamo mai avuto occasione di passare del tempo insieme. Ho ritenuto comunque più prudente cambiare nome quando le rare volte che ci sentivamo Evan ha cominciato a mostrarsi preoccupato per la situazione che si stava venendo a creare. Quando poi sei entrata in gioco tu la mia decisione si è dimostrata particolarmente azzeccata, non potevo rischiare che Shayleen mi riconoscesse” i suoi occhi sembravano persi in un ricordo.
 
Da parte sua anche Elise aveva il suo bel da fare a cercare di dare un contegno ai pensieri che le affollavano la mente.
 
In meno di ventiquattr’ore aveva scoperto che quella che aveva sempre considerato la sua educatrice preferita era in realtà sua zia e che il suo nome non era Cheryl Clark ma Jade Shivell.
 
“Perché stai ancora con Shayleen?” domandò alla fine per cercare di trovare risposta agli ultimi interrogativi che le rimanevano. “Perché non raccontarmi tutto subito: chi eri tu, chi ero io…”
“Eri solo una bambina Elise. Non volevo che venissi coinvolta, non ancora. La tua adozione ha scombinato i piani, ma non ho avuto cuore di manipolare la memoria anche agli Starlet per far sì che si dimenticassero di te, eri così felice quando hanno iniziato a venire a farti visita per l’adozione… alla fine ho pensato che, visto che ormai saresti stata al sicuro per un buon periodo di tempo, sarebbe potuta essere una buona idea provare ad entrare a far parte del gruppo di seguaci di Shayleen per tenere la situazione più sotto controllo”
Elise fece per ribattere.
“Chi pensi che abbia sempre messo in dubbio il fatto che tu fossi davvero tu quando Shayleen ha ordinato a me e a Jack di cominciare a seguirti? Pesi che tua madre non mi abbia mai fatto domande sul periodo che hai trascorso in orfanotrofio? Ho sempre mentito dicendo che non avevo mai notato nessuna traccia di magia in te… Chi pensi che abbia bloccato l’incantesimo di allarme che avvisa quando qualcuno entra nella proprietà quando ieri hai deciso di venire a farti un giro?”
 
Oh, in effetti le sue ragioni sembravano convincenti.
 
“Tutto quello che ho fatto è stato per proteggerti”
“E per mantenere la promessa che hai fatto a Evan”
“… e per mantenere la promessa che ho fatto a mio fratello, sì” confermò.
 
“Sappi comunque che promessa o meno ti ho sempre voluto bene. Lo so che pensi di non poterti fidare e che ti sarà difficile da credere ma è la verità”.
 
Sembrava sinceramente convinta di quello che stava dicendo: o era un’attrice dannatamente brava oppure le lacrime che in quel momento avevano ripreso a rigarle le guance erano autentiche.
 
Senza sorprendersi più di tanto anche Elise si rese conto di avere gli occhi che le pizzicavano.
Non permettendo a se stessa di pensarci più di tanto si spostò lungo la panchina in modo da avvicinarsi a sua zia –anche solo pensarlo le faceva uno strano effetto– per poi sporgersi verso di lei e abbracciarla.
 
La donna reagì irrigidendosi in un primo momento, stupita dal gesto della nipote, finendo poi con il lasciarsi andare e abbracciarla a sua volta.
 
Per anni aveva immaginato il momento in cui avrebbe detto ad Elise chi lei fosse in realtà: non si sarebbe mai immaginata, almeno non all’inizio, che sarebbe avvenuto in tali circostanze, ma il fatto che la ragazza non avesse reagito allontanandola le aveva fatto tornare la speranza che forse non tutto era perduto.
Forse era ancora in tempo per recuperare quel rapporto che avrebbe voluto e avrebbe dovuto avere con lei fin da subito.
 
“Non so se te l’ho mai detto –anche se penso che tu l’avessi capito– ma sei sempre stata la mia preferita” confessò Elise ancora stretta dalle braccia della donna.
“…quindi da adesso posso chiamarti zia Jade?” domandò poi timidamente.
La donna rispose stringendola ancora di più.
 
Elise non poteva vederlo ma sul suo visto era appena spuntato un sorriso come non se ne vedevano da anni.
Un sorriso che sapeva di sollievo e felicità.
 
Un sorriso che sapeva di famiglia.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“… ma che scena commovente…”













Eccomi qui come promesso!
Finalmente abbiamo chiarito anche gli utlimi interrogativi rimasti: come mai ad Elise non è mai arrivata la lettera, come mai la signorina Clark (che da questo momento è diventata zia Jade :P) le ha cancellato la memoria quando era all'orfanotrofio...
Adesso l'unica cosa che rimane da capire è quali sono le intenzioni di Shayleen, ma per quelle c'è tempo: mancano ancora diversi capitoli prima che la storia finisca.
Cosa posso dire: voglio davvero sapere i vostri pareri su questo capitolo, ricordo nuovamente che non mordo se lasciate una recensione!
... E poi vogliamo mettere Rupert che dà la sua benedizione alla nostra coppietta preferita?
Ecco lo spoiler del prossimo capitolo:

Dalla porta del salotto – che fino a quel momento era rimasto sigillato e insonorizzato – fecero capolino Albus e Lily.
“Finalmente! Cominciavamo a pensare che non aveste più finito” esclamò il primo.
“Proprio non capisco tutta questa segretezza… siamo tutti maggiorenni qui!” commentò l’altra.
“Vogliamo andare?” aggiunse poi. “Sapete che la nonna si agita sempre quando qualcuno è in ritardo…”
Elise guardò James: “Io… tolgo il disturbo. Non sapevo doveste uscire…”
Il ragazzo scoppiò a riderle in faccia: “Elise, guarda che tu vieni con noi. Sarei passato io a prenderti ma mi hai risparmiato il viaggio”
La ragazza alzò un sopracciglio.
“Ecco… tu mi hai fatto conoscere la tua famiglia, adesso è il tuo turno a conoscere la mia” si spiegò meglio. “Vedrai che ti piacerà, i pranzi di nonna Molly sono epici, e sono sicuro che le sarai subito simpatica anche se forse avrà qualcosa da ridire sul fatto che sei troppo magra… oh, e a questo punto anche tua zia è invitata se vuole…”

A lunedì! (Sarò puntuale, giuro!) Grazie come sempre per aver letto
E.
   
 
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