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Autore: The_Grace_of_Undomiel    24/12/2016    3 recensioni
"Nei secoli passati, nella terra di Erendithum non prosperava la pace, ma era soggetta a guerre continue. I Regni più in contrasto in assoluto erano Il Regno dei Desideria e il Regno dei Mildriend, chioma rossa. Per molto tempo tra queste due popolazioni ci fu furono guerre e battaglie sanguinose, fino a quando non si giunse ad una faticosa pace, suggellata dal matrimonio del principe Desideria, Dawmanos e la principessa Mildriend, Fhanys. Purtroppo, questa pace non fu destinata a durare a lungo. Infatti una nuova minaccia sorse dal Regno degli Alkres, che tentò di usurpare il Regno dei Desideria e dei Mildriend, per ottenere la supremazia massima. Ma dopo una guerra lunga e violenta, il Regno degli Alkres fu sconfitto e confinato in una dimensione a noi sconosciuta per opera della Maga Ailenia. Sventata anche questa minaccia, si visse nuovamente in pace e armonia. Alla tragica e misteriosa morte dei due sovrani, salirono al trono il fratello del Re, Moron, e la sua consorte, Alidiana. In seguito a ciò, si scatenò nuovamente un conflitto con i Mildriend, popolo divenuto ribelle e pericoloso. La popolazione venne a lungo perseguitata fino a quando la razza dei Mildriend non scomparve"
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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L'alleanza dei rinnegati
La voragine di pura energia nera si restrinse in una baluginate linea sottile prima di richiudersi e spegnersi alle sue spalle come se mai fosse esistita. In piedi su un elevato promontorio scuro, Night Mare volse lo sguardo dinanzi a sé, mentre un vento vuoto, privo di gelo o calore, le scuoteva il manto che indossava: una distesa d’ombra si apriva ampia e inesorabile, delineata da alture ancora più scure e illuminata da fiochi bagliori arancio pallido sulla via e dal cielo nero e bluastro attraversato da voragini a spirale inconsistenti. Talvolta qualche saetta dai colori freddi squarciava l’oscurità, schiantandosi in bracieri che luminosi punteggiavano il buio.
Il corpo tra le sue braccia cominciò a muoversi leggermente e l’Alkres, certa che la sua ‘ospite’ stesse per risvegliarsi, la lasciò cadere a terra in un tonfo sordo. Un gemito di sorpresa e indolenzimento sfuggì dalle labbra di Felixia, che, sbattute le palpebre un paio di volte e tiratasi su a sedere facendo forza sulle braccia, mise a fuoco ciò che la circondava, gli occhi blu dilatati e l’espressione smarrita, oltre che ancora intorpidita.
“Dove…dove sono?” domandò debolmente, cercando di vedere oltre la foschia grigia che sembrava non volerle abbandonare le pupille.
“Ti trovi a Istakor, dimensione nel vuoto nonché attuale Regno degli Alkres” le rispose Night Mare, gelida e imperturbabile. Al suono di quella voce Felixia saettò rapida lo sguardo sulla maga, mentre dal suo viso spariva ogni traccia di confusione o stordimento, sostituita da pura agitazione e terrorizzata consapevolezza.
Come i suoi occhi ripresero a vedere nitidamente ogni cosa, i ricordi la travolsero uno dopo l’altro: si trovava nella foresta di Glas Faraoise e stava tentando di ricongiungersi agli altri quando Night Mare era apparsa all’improvviso, bloccandole ogni via di fuga e rivelandole una sconvolgente realtà, prima di intorpidirla con un incantesimo e portarla via.
Aveva creduto, o sperato ardentemente, che si fosse trattato solo di un incubo e che presto si sarebbe risvegliata, ma invece eccola lì, a terra su un promontorio scuro avvolto nella tenebra, una tenebra da cui pareva non esserci via di uscita.
Felixia voltò il capo alle sue spalle, in cerca di un qualsiasi passaggio, ma tutto ciò che trovò fu il buio, punteggiato da fosche voragini di luce blu.
“È inutile che ti guardi attorno, ho richiuso il passaggio pochi istanti fa. Non vi è alcuna via di uscita, se la stai cercando. Ora alzati in piedi, dobbiamo andare” ordinò l’Alkres, incamminandosi verso degli scalini in pietra costeggianti il promontorio sino a terra. Seppur tremante come una foglia e con le membra ancora anchilosate, Felixia si affrettò a seguirla, il cuore che palpitava a mille per l’agitazione e la paura mentre infinite domande le vorticavano in testa: che cosa stava accadendo? Ciò che le aveva raccontato Night Mare era la verità? Che ne sarebbe stato di lei? E Astril, oh, Astril e gli altri…dove si trovavano? Erano ancora nella foresta? Quanto tempo era passato? Si sarebbero accorti della sua assenza? Sarebbe riuscita a ricongiungersi a loro?
Immersa nei suoi pensieri aveva ridisceso l’intera scalinata e stava proseguendo al seguito di Night Mare su un sentiero, quando una saetta si schiantò in un braciere non molto lontano, strappandola dai suoi pensieri e facendola sobbalzare angosciata. La fiamma accecante e bluastra divampò riflessa nello sguardo di Felixia, che iniziò finalmente a guardarsi intorno. Osservò la via, la tenebra, i contorni dei promontori, il cielo, quel cielo freddo e vorticoso e, in lontananza, la sagoma di un enorme fortezza buia punteggiata da luci.
Mai in vita sua aveva visto qualcosa di simile e ancora non poteva credere di esser davvero sveglia. Forse fra un momento all’altro si sarebbe risvegliata e si sarebbe trovata nella foresta, nel luogo dove volteggiavano calde e luminose le sfere dorate che tanto si era divertita ad ammirare. Eppure, nel profondo del suo animo, una fastidiosa consapevolezze le suggeriva che non fosse così, irradiandole un bruciore preoccupato e malsano al centro del petto.
Un altro fulmine colpì un braciere e Felixia saltò nuovamente sul posto, le mani intrecciate l’una all’altra e la testa incassata fra le spalle.
“Muoviti” la esortò Night Mare, avendo percepito i passi della ragazza rallentare impauriti. Felixia ubbidì e annullò la distanza, in allerta e timore costante.
“Dove stiamo andando?” riuscì nonostante tutto a mormorare. La maga sollevò una mano, indicando il castello che aveva intravisto la cameriera poco prima.
“Lì, nella Fortezza di Ossidiana”
Quella fu l’unica spiegazione che le diede e Felixia non si azzardò a chiedere altro. Perché Night Mare, la stessa ragazza che aveva tentato di uccidere Astril e lei in passato, ora  la stava guidando in quella dimensione orribile e remota? Avere la chioma blu -non la chioma di un’Alkres, la chioma blu- stava già comportando situazioni assurde come quella?
Proseguirono il cammino, mentre l’attenzione di Felixia, in parte ottenebrata dalla paura, veniva attirata da forme lontane pressoché invisibili, simili a banchi di nebbia più chiari, e minuscoli puntini luccicanti. La giovane distolse lo sguardo, scrollando il capo, ma ovunque guardasse la sensazione era sempre la stessa: timore e angoscia.
Dopo un tempo che parve infinito, giunsero finalmente in prossimità della fortezza, preceduta da un ampio e ricurvo ponte in pietra. Il castello era, se possibile, il doppio della misura di quello dei Desideria. Torri, alcune spesse e rettangolari, altre sottili, mura spaziose e pinnacoli si alternavano in una struttura dalla parte inferiore massiccia e quella superiore snella e aguzza. Una torre in particolare svettava slanciata verso l’alto, la punta immersa in una delle voragini inconsistenti, che sostava tutt’intorno come una nube spessa e in movimento.
Davanti alla facciata principale della fortezza si apriva uno spazioso cortile in pietra, tetro e desolato a eccezione di qualche rampicante secco che si avviluppava intorno a statue di liscia ossidiana, riflettenti i fulmini bluastri.
Felixia quasi boccheggiò, gli occhi spalancati dinnanzi all’imponenza del palazzo giganteggiante.
Attraversarono il ponte in pietra, sospeso su delle acque scure e gorgoglianti, sicuramente ricolme di creature che la cameriera era certa di non voler mai incontrare, e raggiunsero il cortile.
L’intero luogo trasmetteva cupa desolazione ma allo stesso tempo vita nascosta nelle ombre e Felixia non sapeva se avvicinarsi ancora di più a Night Mare per scrollarsi di dosso quegli sguardi invisibili o mantenersi a distanza da lei. Entrambe le opzioni la facevano tremare.
Il portone dall’aspetto massiccio e pesante venne spalancato con un solo gesto della mano di Night Mare, forzato ad aprirsi da un’energia invisibile.
Un lungo corridoio dal pavimento in ossidiana si apriva dinanzi a loro, tuffandosi nell’oscurità. Alcune fiammelle azzurro pallido fluttuavano immobili, illuminando con una luce fredda l’intero ambiente, ulteriormente rischiarato da ampi finestroni posti sulla parete sinistra, dai quali si scorgevano i soliti fulmini bluastri.
Camminarono ancora in silenzio, l’unico rumore udibile il suono delle suole sul pavimento, e dopo qualche tempo cominciarono a svoltare diversi corridoi. L’arredamento era pressoché inesistente, tranne per qualche mobile in ebano e alcune armi nere appese alle pareti.
Le sferette di luce azzurra tremolarono tutte insieme e quasi si spensero, per poi riprendere a sfavillare ardenti di un altro colore, oro. L’intera tonalità del castello mutò, passando da una sfumatura fredda come il ghiaccio a una dorata tenebra.
Proprio quando Felixia aveva cominciato a pensare che non sarebbe mai più uscita da quel dedalo di corridoi, si ritrovò in un’immensa sala, ove al centro si apriva un’ampia scalinata che conduceva verso un portone nero lavorato da simboli intrecciati e ai piani superiori.
Diversi bracieri in cui ardevano fiamme azzurrognole illuminavano l’ambiente circostante, riflettendosi su alcune porte e distinguendo quelli che erano gli altri corridoi.
Da svariati angoli e direzioni Felixia era certa di udir provenire delle voci, tuttavia semplici brusii concitati che non sarebbe stata in alcun modo capace di distinguere o comprendere.
Salirono i gradini e di nuovo con un semplice gesto del braccio la maga spalancò il portone, rivelando un’altra sala spaziosa suddivisa da spesse colonne nere. Bastoni sottili d’ebano fluttuavano sospesi leggermente da terra e sulla punta vorticava un piccolo concentrato di energia bluastra, che dava luce alla stanza.
Felixia, piena di timore, lasciò dardeggiare lo sguardo su ogni particolare sino a quando non si accorse della presenza di alcune persone.
Un ragazzo snello e slanciato sostava disinvolto vicino a una colonna, l’espressione tra il sinceramente rallegrato e il maligno. I capelli blu gli giungevano in ciocche a metà del collo, mentre due ciuffi gli ricadevano sul lato sinistro del viso. Gli occhi grigi si guardavano attorno con divertimento e le labbra erano sollevate in un sorrisetto. Indossava una giacca nera e larga dal colletto alto aperta su una maglia violacea e un paio di pantaloni scuri infilati negli stivali.
Al fianco, appesa alla cintola, portava una spada dall’elsa appena illuminata da un bagliore blu.
Dal lato opposto della stanza, vicino a un’altra colonna, sostava una giovane ragazzina, forse di tredici anni. Minuta e di statura non molto alta portava le ciocche sulla fronte dei lisci capelli blu, che le giungevano appena sulle spalle, tirate all’indietro. Gli occhi, castano scuro, la osservavano appena ristretti, come se la stessero studiando, mentre le labbra erano tenute serrate in una linea sottile. Indossava una semplice veste maniche lunghe color vinaccia legata in vita da una cintura in cuoio, a cui era appeso un pugnale di ferro.
A pochi metri da lei vi era un uomo anziano magro e leggermente ricurvo in avanti, appoggiato con la mano destra a un bastone simile a quelli che fluttuavano per la stanza, tuttavia privo di sfera. Sul viso segnato sostavano un paio di piccoli occhi grigio chiaro che nulla esprimevano se non assoluta indifferenza, fissi su un punto non ben definito. Completamente calvo, la barba bianca striata da fili blu gli giungeva ampia e vaporosa sul petto, posandosi su una giacca nera ornata da bottoni triangolari.
Sulla fronte era infine visibile un sottile simbolo intrecciato, molto simile a quelli che percorrevano la guancia sinistra di Night Mare.
Fu quando incontrò un volto a lei conosciuto che Felixia sussultò impercettibilmente, battendo le palpebre in un misto di timore e incredulità. Lo sguardo di Myran, seminascosta da un pilastro e con le mani poggiate sulle braccia incrociate, la osservava insistentemente, il viso avvolto da un’ombra cupa e torva.
L’unica e ultima volta che Felixia aveva visto quella donna era stata il giorno del suo arrivo ad Ait Hiding, quando i Sette Saggi avevano interrogato sia lei che Astril nella Sala delle Voci. In seguito ad allora non l’aveva mai più incontrata e le ultime notizie che la riguardavano provenivano dalla principessa, che le aveva raccontato  il suo tradimento e come ella l’avesse attaccata, prima di fuggire, ferita involontariamente dalla principessa. Astril l’aveva sempre definita come una donna meschina e sprezzante, sempre pronta a deriderla per i suoi fallimenti durante  l’allenamento.
Anche quel giorno nella Sala, ricordava Felixia, gli occhi di Myran le erano parsi maliziosi e ricolmi di scherno, tutte caratteristiche che sembravano essersi dissolte. La figura presuntuosa e beffarda si era tramutata ora in una schiva ombra, o almeno così appariva.
Sul fondo della sala si ergeva infine un uomo e non appena Felixia ne incrociò lo sguardo il respiro le si mozzò in gola e fu come se le sue membra si fossero tramutate in pietra. Sul viso con un accenno di barba finemente curata un paio di occhi scuri la scrutavano penetranti, illuminati da un bagliore gelido e micidiale; i capelli blu legati in una coda bassa ricadevano vicino all’incavo del collo, sfiorando il colletto alto della giacca nera, decorata con motivi azzurro ghiaccio. Appeso alla cintola portava uno spadone dall’impugnatura nera elaborata, impreziosita da frammenti di ossidiana incastonati.
Felixia, attraversata da tremolii in tutto il corpo, venne condotta da Night Mare sin dinanzi a lui, dopodiché la maga si allontanò, portandosi anch’ella vicino a uno dei tanti pilastri.
“Dunque, ecco finalmente ricondotta dalla sua stirpe l’Alkres smarrita. A darti il benvenuto avrebbero dovuto essere qui con noi altre persone, ma poiché sono al momento impegnate altrove ho pensato di chiamare anche coloro la cui presenza solitamente non sarebbe contemplata, così da rendere meno desolata l’accoglienza” disse, dardeggiando una vaga occhiata sulla ragazzina e sul vecchio, prima di ritornare a osservare la cameriera, più rigida di prima. Le parole dell’uomo avrebbero dovuto esprimere gentilezza, ma la voce severa le aveva trasformate in gelide sentenze.
“Immagino ti sentirai confusa, perciò lascia che mi presenti: il mio nome è Waldak e questa è la Fortezza di Ossidiana. Night Mare ti ha detto in che luogo ci troviamo?”
“I-in una dimensione creata nel vuoto nonché a-attuale Regno degli Alkres, Istakor” rispose balbettante la giovane, citando le stesse parole della maga.
“Esattamente, vedo che sai ascoltare e memorizzare velocemente e questo è un bene. Sai chi fu a creare questo luogo?”
“Ailenia” rispose la cameriera, sebbene il suo unico desiderio fosse quello di sparire all’istante.
“Proprio lei, la maga leggendaria, quarant’anni fa quella donna confinò l’intera razza degli Alkres in questa dimensione. Ero solo un moccioso all’epoca, ma ricordo il giorno in cui venni bandito qui, luogo che nostro malgrado è diventato un Regno in cui vivere. Quasi tutto ciò che vedi è stato creato dai poteri della Neish originale, quando ancora erano un tutt’uno e non scissi. Deduco tu sappia bene chi siano le Neish, dal momento che la Neish Bàn è stata a lungo in tua compagnia”
La cameriera si limitò ad annuire.
“Il nostro compito è trovare la Neish Dorkadas, la sua controparte oscura, colei che, una volta raccolte tutte le Gemme dei Regni, sarà in grado distruggere definitivamente la barriera che ci separa dal resto del mondo e ci consentirà di proseguire ciò che i nostri avi avevano iniziato. In quanto Alkres il tuo obbiettivo sarà d’ora in avanti quello di contribuire nella ricerca, tuttavia” fece una breve pausa, mentre il suo sguardo diveniva, se possibile, ancora più gelido “Prima che possa giungere quel momento dovrai dimostrare di essere un elemento valido, perciò, al fine di sviluppare appieno il tuo potenziale e scoprire quale sia la tua vocazione, verrai iniziata qui nella fortezza, da cui non ti sarà permesso uscire, almeno sino a quando non avrai dimostrato di essere utile. In caso contrario agirò di conseguenza, ma adesso non è il momento di parlarne. Piuttosto, ti istruirò su quella che è Istakor e la nostra fortezza”
Felixia assentì nuovamente in un movimento meccanico, troppo terrorizzata e ancora incredula per poter fare altro.
“La Fortezza di Ossidiana è il fulcro di Istakor, il suo cuore e la sua mente. Data la sua vastità è fondamentale la presenza di un nucleo e questi siamo noi, coloro che combattono affinché la nostra stirpe ritorni quella di un tempo. Non vi è solo il vuoto in questa dimensione, vi sono foreste, grotte e alture. Sono certo tu abbia visto una fosca figura in lontananza e piccoli bagliori, lungo la strada”
“Sì” pigolò con sforzo immane Felixia, temendo che, a furia di limitarsi ad annuire, l’Alkres potesse adirarsi con lei in qualche modo. E la cameriera, ancora, voleva soltanto sparire.
“Le prima è un’altra torre, non correlata alla nostra e di cui non dovrai mai interessarti, mentre il secondo è il villaggio”
Felixia spalancò gli occhi, non riuscendo a impedirsi di boccheggiare. Aveva sentito bene? Un villaggio? In quel luogo maligno, possibile? Non osava immaginare quale genere di malvagità pullulasse lì e non voleva assolutamente saperlo.
“Sarai libera da questo momento di muoverti a tuo piacimento nella Fortezza, ad eccezione di alcune stanze in cui non ti sarà permesso entrare. Per il resto, agisci come meglio credi, ambientati, parla con chi desideri, ma non provare a fuggire in alcun modo. Falliresti al primo tentativo e la punizione sarebbe esemplare”
Il rumore di una porta che veniva aperta ruppe momentaneamente l’inquietudine sospesa e Felixia si voltò di scatto alle sue spalle, scorgendo sulla soglia della stanza una provocante figura femminile, gli occhi grigi e le labbra rosse e lucide distese in un sorriso enigmatico.
“Lunmoon, perché tutto questo tempo per tornare? Dove si trova Shipsail?” parlò sorvolando su ogni convenevole Waldak, gelido e tagliente.
“Sono desolata per il mio ritardo, ma ho avuto necessità di deviare un poco il mio percorso, prima di far ritorno. Shipsail?” ripeté la ragazza, come la sua espressione divenne lievemente dubbiosa, per poi rispondere “Credevo fosse già qui”
“Ci sono state forse complicazioni con i Mildriend?”
“Non esattamente, mi sono scontrata con una di loro ma l’ho resa inoffensiva con rapidità, rimediando anche una piccola nuova capacità magica” rispose compiaciuta, aprendo appena le dita e creando una vibrante sfera luminosa di luce oscura. Da sotto il cappuccio, un bagliore accigliato attraversò gli occhi gelidi di Night Mare.
“Se te lo stai domandando, non l’ho uccisa, solo resa debolissima e rubato il suo potere, come sono solita agire” disse Lunmmon, voltandosi appena verso la maga “Inoltre, so bene quanto tu voglia distruggere con le tue mani quella Mildriend, perciò non temere, non le ho torto un capello, o quasi”
Nell’udire quelle parole la fronte di Felixia si aggrottò in un’espressione allucinata. Stava forse parlando di Keira? Quell’Alkres…aveva davvero sconfitto la guerriera? Com’era possibile? Che diamine stava accadendo in quella foresta?
L’unica cosa che le impedì di lasciarsi andare ad un attacco di agitazione fu la presenza di Waldak e, di nuovo, il timore che questi decidesse di trucidarla alla prima mossa sbagliata. Il suo stato d’animo oscillava da quello inesistente della pietra e quello di una lucciola inquieta e sfarfallante rinchiusa in uno stretto barattolo di vetro senz’aria.
“Quindi questa è l’Alkres smarrita?” disse Lunmoon, incontrando per un breve attimo gli occhi della cameriera “Interessante”
“Il suo nome è Felixia e da questo momento in poi risederà qui nella Torre di Ossidiana”
“Felixia? Che nome divertente” ridacchiò Dread.
“In ogni modo, questo è quanto” disse Waldak, tornando a rivolgersi alla cameriera “Il tuo posto adesso è qui, non con quegli sporchi Mildriend. Il tuo mondo non ha mai avuto nulla in comune con il loro, dimentica in fretta chi ha tentato di allontanarti da quella che è la tua natura, ovvero quella di un’Alkres. Ora che sei tra i tuoi simili tutto andrà per il meglio. In quanto nuovo componente, per il momento, della Torre di Ossidiana, dovrai ubbidire alle leggi che governano questo luogo: noi tutti dipendiamo dalla volontà di ciò che definiamo “Entità”; non sei tenuta a conoscere nulla a tal proposito, così come gli altri membri della Torre ad eccezione di me. Sappi solo che Entità è la nostra guida, i suoi desideri rispecchiano i nostri e solo a me spetta l’onore di ricevere le sue parole. Dunque, eseguire i miei ordini corrisponde nell’ubbidire alla sua volontà. Spero non sarà necessario ripeterlo una seconda volta”
“No. Ho compreso ogni c-cosa” si affrettò a mormorare la giovane, sebbene in realtà l’intero discorso l’avesse lasciata totalmente confusa.
“Molto bene. Per adesso non ho altro da aggiungere a riguardo. Night Mare ti mostrerà la tua stanza e ti fornirà qualche altro dettaglio”
“L-la mia s-stanza?” balbettò incredula Felixia, convinta che avrebbe passato giorni e giorni rinchiusa in qualche buio antro.
“Ovviamente. Ti ricordo che questa non è una prigione, ma la tua nuova casa” concluse Waldak.
In un fruscio di vesti Night Mare fu al fianco della cameriera e senza un cenno si avviò verso l’uscita. La ragazza comprese di doverla seguire e in un istante la tallonò, smaniosa di allontanarsi da quella sala e da quell’uomo. Persino Night Mare, comunque gelida e spaventosa, pareva nulla in confronto a Waldak.  In un certo modo quell’uomo le ricordava Moron, ma se il sovrano Desideria manifestava apertamente la sua natura rabbiosa e folle, l’Alkres era invece un’imperturbabile e incompressibile statua, il cui interno, sotto strati gelidi, pullulava crudeltà e chissà quale malvagità, che nel caso di una fuoriuscita avrebbero portato una devastazione inarrestabile. Di questo Felixia era più che certa e ne era terrorizzata.
Come uscirono dalla sala il portone si richiuse alle loro spalle in un sordo tonfo, dopodiché Night Mare cominciò a percorrere la scalinata che proseguiva a sinistra, verso i piani superiori. Conclusi i gradini, si ritrovarono in un lungo corridoio dal lucente pavimento in marmo nero, illuminato dalle consuete fiamme di luce sospese, ritornate al precedente bagliore azzurro pallido.
In assoluto silenzio percorsero parte del corridoio, superando innumerevoli porte e portoni. Se non fosse stato per i lumi sospesi, Felixia era quasi certa che sarebbe stato impossibile per lei distinguere Night Mare dalle tenebre circostanti, così affini al manto scuro da cui era avvolta. Proseguirono ancora per qualche tempo, sino a quando la maga non si fermò dinnanzi a una bassa porta scura, avvolta da cuspidi e simboli blu appena vibranti. Non era presente alcuna maniglia e per attraversala sarebbe stato sicuramente necessario piegarsi un poco.
“Osserva bene questa porta” parlò Night Mare, posando una mano sulla superficie, che reagì al tocco con una vivida scintilla abbacinante “Per nessuna ragione al mondo dovrai mai attraversarla, ti è proibito. Se disubbidirai ti ritroverai a dover affrontare gravi conseguenze, sono stata chiara?”
“Me ne ricorderò” annuì tremante la cameriera, che non avrebbe aperto la porta neppure se costretta, considerato a quali orrori dovesse condurre quel pertugio dall’aspetto così poco rassicurante.
La maga riprese a camminare e dopo ancora qualche metro si fermò a un passo da un’alta porta a due ante, che spalancò con il semplice movimento del braccio sinistro.
“Questa sarà la tua stanza d’ora in avanti” disse Night Mare, spostandosi appena, così che Felixia potesse avvicinarsi. All’interno della camera, in fondo a sinistra, si trovava un piccolo letto, mentre dalla parte opposta si ergevano un armadio in legno, un cassettone e una scrivania, su cui erano riversate diverse pergamene vuote e una boccetta di inchiostro, insieme a qualche tomo impolverato dalla copertina spessa e rigida. Poco lontano vi era uno specchio circolare e un piccolo lavabo, dentro al quale si trovavano una brocca di ceramica ricolma d’acqua.
Infine un grande finestrone dalle tende scure legate al centro si affacciava sulla vuota dimensione e il cielo vorticante, da cui inarrestabili scaturivano i fulmini, riflessi sulle vetrate della finestra.
Tondi di fredda luce fluttuavano tutt’intorno, sfiorando delicati la superficie di ogni oggetto presente.
Felixia rimase immobile a scoccare occhiate da una parte all’altra della sua futura stanza per quello che le parve un tempo infinito, sino a quando la voce imperturbabile di Night Mare alle sue spalle non la richiamò alla realtà.
“All’interno dell’armadio troverai diversi vestiti che potrai indossare, insieme alla biancheria e qualche altro effetto. Più tardi qualcuno verrà a chiamarti e ti condurrà nelle cucine, dove potrai farti dare qualcosa da mangiare. Non vi sono orari prestabiliti per i pasti, ma potrai ottenerne solo due al giorno, perciò vedi di saperti regolare in base alle tue esigenze, poiché non ne otterrai altri.
La persona incaricata ti mostrerà poi altre zone della Fortezza e domani mattina sarai tenuta a incontrala ancora, tuttavia sarà lei a spiegarti ulteriori dettagli” girò le spalle in procinto di avviarsi, poi si fermò, voltando appena il capo verso la cameriera e scoccandole una gelida occhiata.
“Rammenta bene le parole di Waldak. Ogni genere di disobbedienza o tentativo di fuga difficilmente verrà tollerato. Non sei ancora un membro effettivo della Torre, la tua condotta e le tue capacità d’ora in poi verranno studiate e ponderate. Se non ti rivelerai all’altezza o percepiremo qualcosa di strano subirai gravi conseguenze. Per ora sei considerata la sporca alleata dei Mildriend, un’Alkres corrotta, perciò non credere di poterti definire al sicuro”
Con queste ultime parole richiuse la porta e se ne andò, lasciando Felixia impietrita sul posto, gli occhi spalancati dallo sgomento.
Sola in quella stanza sin troppo grande per lei, le labbra della giovane iniziarono a tremare, frattanto che il groppo liquido che le aveva ostruito la gola e il respiro sin dal momento in cui era arrivata si scioglieva in lacrime, che una dopo l’altra iniziarono a sgorgare dai lucidi occhi blu, percorrendo le guance e il mento, sino a cadere a terra in piccole gocce. Il cuore le batteva forsennato nella cassa toracica, quasi fosse in procinto di sfondarla, e Felixia si portò una mano al petto, serrando le dita intorno alla stoffa e lasciandosi scivolare sul pavimento.
Fra i singhiozzi soffocati fuoriuscirono in mormorii spezzati i nomi di Astril, l’unica vera amica che avesse mai avuto, e degli altri Mildriend, con i quali, se solo ne avesse avuto il tempo e la possibilità, forse avrebbe potuto stringere un legame profondo, simile a quello che condivideva con la principessa.
Si era unita al loro viaggio proprio con lo scopo di scoprire le sue origini, ma ora che aveva appreso quali fossero voleva soltanto ritornare indietro e rimangiarsi quel desiderio, che altro non le aveva portato se non guai e sofferenza.
Lei non era un’Alkres e mai lo sarebbe stata, tuttavia i suoi capelli, che lunghi e lisci ricadevano in avanti coprendole il viso, continuavano a urlarle il contrario, ricordandole che la sua vita ora si sarebbe svolta in quel luogo vuoto, costruito nel buio e nella paura, lontano dai caldi raggi solari, dalle stelle scintillanti e dai suoi amici, che mai più avrebbe rivisto.
Se quella si era infine rivelata essere la sua futura esistenza, avrebbe preferito restare avvolta nel nulla per sempre.
 
 
°°°
 
L’indice robusto adornato da un anello d’oro e rubino picchiettava ripetutamente sul bracciolo rigido della morbida poltrona in velluto rosso, con impazienza e nervosismo sempre più crescenti.
Moron, la fronte aggrottata e i piccoli occhi scuri ristretti, osservava incattivito il calice d’oro, posto su un tavolino di vetro lavorato a pochi centimetri da lui. Continuò a scrutarlo, quasi come se il suo sguardo avesse avuto la possibilità di perforarlo, e mentre la sua bocca si ripiegava in una curva incollerita tutte le dita della mano destra si unirono in quel movimento seccato.
Dirimpetto a lui, seduta sa un’altra poltrona, Alidiana teneva il viso nascosto tra le pagine del romanzo che stava leggendo. Un silenzio teso regnava nello studio, interrotto soltanto dal rumore tamburellante e dalle pagine che venivano sfogliate.
Da anni ormai i rari momenti che trascorrevano in compagnia erano caratterizzati da quella quiete rigida e per nulla confortevole, che la regina di gran lunga preferiva rispetto alle discussioni e agli scatti d’ira del marito, i quali si riversavano come dardi elettrici su di lei, bersaglio nonché sfogo favorito del sovrano. E Alidiana altro non poteva se non assorbirli e lasciare che si dissolvessero sino al prossimo attacco.
Il calice si mosse appena e l’acqua al suo interno ondeggiò, frattanto che una lieve foschia vorticante e inconsistente iniziava a innalzarsi dal bordo, attirando su di sé sia gli occhi ristretti del re sia quella inquieti di Alidiana.
Moron cessò di muovere le dita e drizzò il capo composto, la solita luce dura a un passo dalla collera a imbevergli lo sguardo.
“Alidiana, sei congedata” ordinò brusco.
La regina  si affrettò a spostare l’attenzione dal calice al marito e dopo aver annuito silenziosa in un fruscio di vesti abbandonò lo studio, richiudendo piano la porta.
La foschia terminò di formarsi e al centro una figura cominciò pian piano ad apparire, sino a delinearsi nell’immagine evanescente di un uomo. I lisci capelli neri erano tirati all’indietro e sul volto dagli zigomi scavati sostavano un paio di occhi castano scuro dal taglio severo. Indossava un’armatura scura accollata, rinforzata sulle spalle da lucente metallo.
“Le porgo i miei saluti, mio unico signore e sovrano-“
“Risparmia i convenevoli, Voloskr” lo interruppe adirato Moron “Sono giorni che attendo di essere contattato e io non sopporto dover aspettare, perciò aggiornami sulla situazione. Spero che tu abbia buone notizie”
“Chiedo perdono per questi giorni di silenzio, ma ho voluto accertarmi che il tutto fosse orchestrato alla perfezione prima di mettermi in comunicazione con voi. Non appena avete ritirato l’incarico in cui ero impegnato mi sono subito prodigato nella vostra richiesta e posso assicurarvi che il piano è ormai ultimato” rispose, serio.
“Come è giusto che sia. Dunque, hai coinvolto i collaboratori che ho richiesto? Siete sulle tracce di mia nipote? È stata ritrovata?”
“Purtroppo non ancora, mio signore. Il piano data la sua meticolosità richiederà diverso tempo, ma vi assicuro che avrà successo, senza dispiegamento di uomini o spreco inutile di energie. So che pretendo molto, ma vi chiedo di pazientare. Vi spiegherò in cosa consista il-“
“Non mi interessano i dettagli o altre futilità, tutto ciò che voglio è che mia nipote venga riportata qui al più presto. Confido nel fatto che il piano da te elaborato dia i suoi frutti e, se così non dovesse essere, conosci già le conseguenze, non è vero?” lo interruppe ancora, seccato.
“Certamente, ma vi assicuro che non dovrete prendere alcuna contromisura. Considerate la principessa Astril già al castello”
“Bene, non tollererò alcun genere di fallimento. In secondo luogo, esigo che oltre a mia nipote venga rintracciato anche Shriwd”
“Shriwd, mio signore?” ripeté l’uomo, il cui volto duro non mostrò però alcuna sorpresa “Credevo che l’esercito rimasto nel Regno si stesse occupando della sua ricerca”
“Quegli stupidi inetti non sono stati in grado di trovarlo da nessuna parte, né lui né mia nipote!” sfuriò adirato e i vetri dei finestroni quasi vibrarono alla sua voce tuonante di rabbia “La loro incompetenza è stata ripagata con esemplari punizioni, ma questo non ha affatto risolto il problema principale. Vi è un motivo per cui ho deciso di revocare il precedente incarico che ti avevo affidato e ordinarti di intervenire! Non lo ripeterò una seconda volta, portami qui la ragazza e quel dannatissimo farabutto! Vivi
Allo scatto d’ira del sovrano, Voloskr si mantenne imperturbabile e composto annuii con il capo.
“Sarà fatto, mio signore. Presto non dovrete più angustiarvi per tali scomode seccature, lo giuro sul mio titolo. L’ordine naturale delle cose verrà ristabilito e ogni pedina tornerà al suo posto”
A seguito di quelle parole la figura dell’uomo sbiadì in un breve lampo opalescente, dopodiché la pallida foschia si disperse come una nuvola di vapore, lasciando Moron solo dinnanzi al calice d’oro.
Il sovrano si appoggiò infastidito allo schienale della poltrona, i denti serrati e la vena sulla tempia sinistra che pulsava furiosamente per il nervosismo. Da quando quella maledetta Mildriend era apparsa, le pedine del suo gioco favorito avevano iniziato a sparpagliarsi contro la sua volontà: Astril era fuggita dal castello, liberando la chioma rossa per un motivo ancora sconosciuto e coinvolgendo in quell’intollerabile evasione anche una delle sue cameriere personali, una certa Felixia, nonché la figlia adottiva della capo cuoca, Màthar. Nonostante l’interrogatorio costei si era ostinata ad affermare di non sapere nulla in proposito, perciò il sovrano non aveva esitato a richiuderla in prigione, così da punirla per la poca collaborazione.
Non troppo tempo dopo, in un modo tuttora inspiegabile, anche il prigioniero del diciottesimo livello Shriwd era evaso, eludendo le guardie e fuggendo dal castello senza lasciare tracce. La notizia lo aveva adirato quasi quanto la fuga della Mildriend e della nipote e subito aveva mobilitato l’esercito affinché quelle tre dannate calamità venissero rintracciate, senza alcun successo.
Da quel momento in avanti, le cose però sarebbero state diverse. Nuovi risvolti attendevano di stravolgere l’intero scenario in suo favore, tramite l’operato del fidato comandante Voloskr e dei collaboratori che aveva richiesto.
Le pedine sotto il suo controllo erano allineate, pronte ad agire, e presto avrebbero riportato nel corretto ordine quelle ribelli, al momento sparpagliate alla rinfusa sulla mappa, prive di una collocazione definita.
Un ghigno storto incurvò le labbra del sovrano, che poco agilmente si alzò dalla poltrona e si avvicinò alla scrivania in pregiato legno scuro, sul quale vi era srotolata la mappa di Erendithum e sopra ad essa innumerevoli piccole pedine.
Presto la nipote e il prigioniero sarebbero stati nelle sue mani e quelle statuine vacanti avrebbero finalmente riavuto la giusta collocazione.
 
 
°°°
 
“Hai detto di aver qualcosa di importante da comunicarci, perciò ti chiedo di andare dritto al punto. Ti ascoltiamo” parlò Keira non appena la stanza fu vuota e le voci lontane, incrociando le braccia al petto e scrutando tra l’imperturbabile e il guardingo gli occhi luminosi di Jeal.
“Immaginavo avresti parlato così, perciò non mi perderò in futili preamboli” disse sorridente, iniziando a camminare a passo lento per la baracca “Ho sempre pensato, tramite anche gli insegnamenti di Breof, che aiutare coloro che si trovano in difficoltà fosse un bene, dunque sono stato lieto, e lo sono tuttora, di avervi fornito supporto, condividendo con voi le nostre provviste e dandovi un posto in cui poter riposare. Non conosco pressoché nulla di voi, ma come ho già detto il solo vedervi mi suggerisce che i vostri intenti siano nobili e la causa per cui state combattendo giusta e questo mi rende ancora più felice di starvi dando una mano. Tuttavia, affinché un rapporto sia equilibrato, è necessario che tra le due parti vi sia reciprocità. Per questo motivo, avrei due favori da chiedervi” comunicò allegro, fermandosi.
Keira aggrottò appena la fronte e Astril al suo fianco la percepì divenire ancora più attenta, come pronta a difendersi da un tranello imminente.
“Ovvero?”
“La prima richiesta la rivolgo a te, in quanto mi sembri rappresentare l’intera compagnia: nel proseguimento del vostro viaggio, vorrei che rintracciaste una persona e le consegnaste una cosa da parte mia…”
Spostò appena con le dita il colletto dal bordo dorato della maglia che indossava, rivelando intorno al collo un cordoncino nero alla cui estremità era appesa una sottile chiave lucente. La sfilò dal capo, dopodiché inizio ad armeggiare con uno dei cassetti della scrivania, sino a quando non si udì il rumore scattante di una serratura. Jeal prese ciò che si trovava all’interno e in un morbido gesto lo lasciò cadere sulla scrivania, come se fosse stato un mercante che con atteggiamento affabile invitava la clientela ad avvinarsi ai suoi prodotti.
Astril batté le palpebre, perplessa nel vedere tre secchetti di stoffa verde scuro legati in cima da un pezzetto di corda e una busta. Keira inarcò un sopracciglio con blando scetticismo e fece per sfiorarli con la punta delle dita.
“Che cosa contengono?”
“Veleno”
La guerriera fermò d’istinto la mano, saettando lo sguardo verso il viso serafico di Jeal, in cerca immediata di spiegazioni.
“Non è mia intenzione avvelenarvi o trarvi in inganno, su questo avete la mia parola” disse il capo dei ribelli, posando nella sua solita teatralità una mano sul cuore “Semplicemente, vorrei che lo riportaste al legittimo proprietario”
“Quindi la persona che dovremmo trovare è un commerciante di veleni. Da quel che so i prezzi delle piante velenose non sono mai favorevoli, dunque deduco che tu abbia speso non poco per ottenerle. Perché riportarle indietro? Il risultato non è stato soddisfacente e vuoi un risarcimento?” domandò Keira, poco convinta.
“Oh, no, non si tratta di denaro. Tempo fa questa persona aiutò una delle mie reclute a trarsi fuori da un impiccio in cui si era incastrato, dunque, per ripagarlo del suo intervento, gli chiesi se avesse qualche richiesta in particolare e che io l’avrei soddisfatta volentieri. Mi disse solo se potesse affidarmi questi tre sacchetti, contenenti teoricamente un veleno paralizzante da lui elaborato, un suo esperimento, di provarlo su un mio nemico e di vederne gli effetti. In caso di malfunzionamento avrei dovuto fargli riavere il veleno e scrivergli in una lettera le problematiche riscontrate”
“Cosa è andato storto?”
“Il veleno ha ucciso la vittima in meno tre secondi”
Astril sussultò sgomenta, mentre Keira non mutò neppure espressione.
“Se potessi manderei qualcuno dei ribelli a rintracciarlo, ma come avete potuto vedere la situazione qui è critica, siamo in pochi, e non posso permettermi di organizzare una spedizione e sottrarre uomini all’accampamento, mentre voi da quel che ho compreso siete in viaggio per l’intera Erendithum, dunque non dovrebbe essere un problema, dovreste solo deviare un pochino il percorso” spiegò pacato.
“Forse, tuttavia nell’intera questione non mi è chiara una cosa: perché questa persona non ha provato lui stesso il veleno su qualcun altro? E perché dovreste esser voi a rintracciarlo? Dopotutto è conoscenza della vostra posizione, mentre voi se ho ben intuito non avete idea di dove si trovi” replicò Keira.
“La risposta alla seconda domanda è molto semplice, le attività del nostro uomo sono altamente illegali e tornare più volte in un posto per lui potrebbe essere problematico, quindi capisco perché abbia chiesto a noi di ritrovarlo. Per la prima domanda, non ho la più pallida idea” rispose, allargando le braccia.
Taciturna, la Mildriend posò l’indice sulle labbra, nella sua tipica posizione riflessiva, e per qualche istante nella baracca non si udì alcun suono, ad eccezione dei passi di Jeal, che disinvolto aveva ripreso a camminare avanti e indietro, in attesa.
“Hai offerto il tuo aiuto, senza che fossimo noi a chiedertelo, solo per ottenere questo cambio, non è vero?” parlò d’un tratto la guerriera, la voce fredda e vibrante note di accusa. Un clima teso e carico di tensione calò come una lama sulla stanza e Astril, il cuore colmo di disagio per la piega che stava prendendo la situazione e sempre più convinta di essere una spettatrice di troppo, iniziò a spostare preoccupata lo sguardo da Keira e Jeal, che nonostante il sorriso sulle labbra aveva preso a osservarle con intensità, quasi le stesse studiando.
Poi, gli occhi grigi parvero rilucere e il capo dei ribelli scoppiò a ridere, una risata argentina e briosa, sinceramente esilarata.
Astril strabuzzò gli occhi e Keira inarcò le sopracciglia a dir poco interdetta per la situazione surreale, frattanto che il giovane continuava a ridere, appoggiando persino un braccio sulla scrivania e piegandosi in avanti, quasi non riuscisse a contenersi.
“Scusate…ora mi riprendo, è solo che…mi sono immaginato l’espressione che avrebbe fatto Iwaritoh nel sentirvi e…non ce la faccio” ridacchiò ancora, dopodiché prese un respiro e tornò in posizione eretta, gli occhi ancora illuminati dal divertimento.
“Apprezzo le capacità di stratega che mi hai attribuito, Mildriend Keira, ma purtroppo non possiedo tali qualità, come è solito ripetermi Iwarioth. In effetti sarebbe stata un’ottima strategia, però l’idea di chiedervi questo favore mi è venuta poco fa. Come ho detto, ho sentito di potermi fidare e quindi mi siete venuti in mente voi, tutto qui. Ora mi è ancor più chiaro perché sia tu a possedere le redini del gruppo, una mente così brillante non può che portare beneficio!”
“Non sono una stratega, ho solo pensato all’interpretazione più plausibile” replicò imperturbabile la ragazza, sebbene la reazione di Jeal l’avesse senza dubbio colta alla sprovvista.
“Ah, quindi l’interpretazione mi vedeva come uno spietato calcolatore. Che mancanza di fiducia! Anche se in effetti visto il mondo in cui ci troviamo non posso biasimarti. Deduco perciò che tu stia rifiutando, peccato” sospirò affranto.
“Non ho detto questo” lo corresse la guerriera “Nonostante tutto, ci hai comunque aiutato e  ciò significa che, anche se contro la nostra volontà, ci troviamo in debito con voi. Non assicuro nulla, ma cercheremo di rintracciare questa persona. Hai qualche informazione a riguardo? Puoi descriverlo?” domandò, frattanto che al suo fianco Astril tirava un’impercettibile sospiro di sollievo. Per un attimo aveva temuto il peggio.
“Purtroppo non conosco molto a riguardo, senza dubbio si tratta di uno degli individui più misteriosi che abbia mai incontrato. Ha indossato per tutto il tempo un cappuccio perciò non ho idea di come sia il suo viso. So per certo che sia un ragazzo giovane, alto, che sostiene di chiamarsi Nagarial. Potrebbe non essere il suo vero nome, ma ha detto di utilizzare quello per rintracciarlo”
“Sono un po’ poche informazioni. Non conosci altro?”
“Vediamo…” guardò verso l’alto, tentando di ricordare “Parlando mi è sembrato un individuo calmo e controllato, estremamente intelligente e con le idee molto chiare su ciò su cui sta lavorando. Oltre al mantello scuro e al cappuccio indossava anche un anello d’argento con una pietrina verde incastonata, ma per il resto non sono riuscito a cogliere altro”
“Per quanto ne sappiamo potrebbe essere impossibile trovarlo, in ogni modo cercheremo di scoprire qualcosa”
“Lo apprezzo, Mildriend Keira” disse Jeal, per poi battere brioso le mani “Bene, ora mi rivolgo a te, principessa Astril”
La giovane, convinta che si fossero totalmente dimenticati di lei, sobbalzò quando si ritrovò sia lo sguardo di Keira che di Jeal addosso.
“Non ho idea di come i fatti si svolgeranno in futuro, né quale esito avrà la nostra ribellione, né se ci rincontreremo mai di nuovo. In ogni modo, ti chiedo se posso considerarti, insieme alla vostra compagnia, un’alleata dei ribelli di Neahm” disse il Syrma.
“U-un’alleata?” ripeté la ragazza, smarrita.
“Sì. Guardando i tuoi capelli comprendo in parte perché tu sia in compagnia dei Mildriend e perché tu abbia deciso di fuggire dal castello di Moron. Ti trovi in una posizione critica, ma comunque sia sei e rimani una principessa, una principessa Desideria, e dato che il futuro è incerto e imprevedibile penso sia importante avere una persona come te alleata. Per motivi diversi ma forse più simili di quanto non appaia, entrambi i nostri gruppi stanno combattendo una battaglia, soli e rinnegati nel nostro stesso mondo.
Ovviamente non voglio costringerti, la decisione spetta a te e sei libera di rifiutare. Ricorda però che se ti dichiarerai nostra alleata anche tu, tutti voi, lo sarete per noi, e per gli avvenimenti futuri potresti contare sul nostro appoggio, nei limiti del possibile”
Astril rimase in silenzio, totalmente smarrita e senza aver la minima idea di come fosse meglio agire. Lì intorno non scorgeva contratti magici da dover firmare o altro genere di vincoli, ciò che avrebbe sugellato l’alleanza sarebbero state le sue semplici parole, una promessa, e questo la turbava ancora di più. Li conosceva da poco, eppure sentiva di potersi fidare dei ribelli e di Jeal, dunque una parte del suo cuore le suggeriva che accettare fosse la scelta migliore. Dall’altro lato, proprio come aveva detto il capo dei ribelli, il futuro era imprevedibile e non aveva idea di che cosa sarebbe accaduto, o quali conseguenze le sue scelte avrebbero comportato.
Si voltò a guardare Keira, in cerca di aiuto, ma ad accoglierla trovò solo il suo viso imperscrutabile, celante quale fosse la sua posizione a riguardo.
La domanda era stata rivolta a lei e solo a lei spettava decidere. Jeal la osservava in attesa, le labbra sollevate in un sorriso spigliato e fiducioso, e la principessa si sentì avvolgere da un’improvvisa sicurezza, oltre che da un’irrazionale sensazione.
Abbacinante come un cristallo sfaccettato, la luce calda di Jeal si riversava come una potente cascata, quasi impossibile era potersene sottrarre e dopo averti travolto ti cullava piano, trasformando le acque in apparenza burrascose in un luogo in cui voler restare per sempre.
Seppur per un motivo diverso da quello di Nicklesh, anche Astril si ritrovò a comprendere perché quel ragazzo fosse una guida.
Nonostante l’incertezza che da sempre la caratterizzava, diede così la sua risposta.
“Accetto. D-diventerò vostra alleata”
“Molto bene, speravo di sentirtelo dire” chiocciò il capo dei ribelli stringendole la mano, come se si fossero trovati d’accordo sul loro dolce preferito e non avessero appena accordato un’alleanza. Astril ricambiò la stretta frastornata e ancora una volta guardò Keira, senza però trovare alcun appiglio.
“Direi che abbiamo finito, possiamo pure ricongiungerci con gli altri. Dirò a Mighdar di andare a riprendere le vostre armi, immagino che, giunti a questo punto, siate desiderosi di continuare il vostro viaggio” disse Jeal, incamminandosi verso l’uscita con al seguito Keira, che meditabonda osservava la busta e i sacchetti tra le sue mani. Questo però non le impedì di accorgersi che la principessa fosse rimasta al centro della baracca, ferma immobile.
“Astril?” la chiamò, inarcando un sopracciglio.
“I-io avrei da chiedere un’ultima cosa a Jeal” mormorò poco dopo, i pugni tremanti per la tensione “Nel caso…nel caso doveste incappare in una giovane ragazza dagli occhi blu e dal colore della chioma particolare, per favore aiutatela e ditele che stiamo bene. Il suo nome è Felixia, era una nostra compagna, ma l’abbiamo smarrita all’interno di Glas Faroise e per motivi esterni non abbiamo potuto recuperarla. Se dovesse arrivare qui, vi chiedo come alleata d-di avere cura di lei!” esclamò forse con sin troppa enfasi, tentando di impedire alla sua voce di spezzarsi.
Il ragazzo la osservò per qualche attimo in silenzio, poi annuì con un sorriso d’intesa.
“Ma certamente! Se dovessimo incontrarla non esiteremo ad aiutarla, hai la mia parola su questo”
Gli occhi della ragazza brillarono di speranza e d’istinto cercò ancora il viso di Keira, trovando questa volta un abbozzo di sorriso a incresparle le labbra.
 
 
Avevano appena messo piede fuori dalla baracca, quando dalla bocca di Jeal sfuggì un’esclamazione tra il sorpreso e l’incantato, gli occhi fissi sulla figura bianco lucente aggrappata con le zampe al braccio di Nicklesh.
Accerchiato da una moltitudine di ribelli meravigliati e sussurranti, il giovane stava accarezzando lieve con le dita il morbido piumaggio di un falchetto, frullante le ali di tanto in tanto, accentuando così ancor di più l’espressione stupefatta sui volti dei ribelli.
Fra il gruppetto di Syrma spiccava l’originale acconciatura porpora di Idril, che briosa e divertita indicava la creatura a un’interdetta Mighdar e a uno scettico Iwarioth, a quanto sembrava indecisi se avvicinarsi maggiormente o meno.
Fuori dal cerchio sostava invece Khaled, passante lo sguardo ostile dalla folla al falchetto.
“Ma quel falchetto è un Imrael!?”
Gli occhi grigi scintillanti curiosità e la voce limpida, Jeal irruppe nel cerchio scostando senza troppe cerimonie uno dopo l’altro i ribelli -che all’arrivo del loro capo presero a sparpagliarsi, comprendendo di dover tornare alle loro occupazioni- per poi sbracciare in avanti, colpendo Iwaritoh che si trovava proprio al suo fianco, e giungere a un passo da Nicklesh.
“Esatto, proprio così. Come sei riuscito a capirlo?” chiese il ragazzo battendo le palpebre, stupito sia per l’intuizione del capo del ribelli sia per il suo arrivo di certo non passato inosservato.
“Breof mi aveva spesso narrato di queste affascinanti creature, dichiarando di averne visto un esemplare una volta. Le sue descrizioni a riguardo erano così dettagliate che è stato semplice per me riconoscerlo all’istante! Appartiene a te?” chiese Jeal, sporgendosi in avanti verso il falchetto, che in risposta inclinò appena il capo.
“Sì, è un mio amico. Il suo nome è Elathain” rispose Nicklesh frattanto che proseguiva nell’accarezzarlo, il sorriso nella voce.
“Incredibile! E come è arrivato sino a q-“
Jeal si interruppe non appena Iwarioth lo afferrò per il colletto della maglia e lo strattonò indietro, una vena pulsante sulla tempia e i denti serrati in un’espressione visibilmente irritata, come se si stesse trattenendo dal sfoderare lo spadone e trapassarlo da parte a parte.
“Non ti hanno insegnato a non invadere lo spazio altrui, idiota?” lo rimproverò spazientito.
“Oh, scusami, non mi ero accorto fossi qui” replicò sereno senza mostrarsi troppo dispiaciuto e tempo un istante riportò l’attenzione sul falchetto.
“Dicevamo, come è riuscito a giungere sino a qui?”
“Mi sono separato da lui qualche giorno fa, l’ultima volta che l’ho visto è stato a Glas Faraoise, dove grazie al suo aiuto siamo riusciti a trarci fuori da una situazione problematica. Siamo legati ma è un volatile indipendente, non di rado restiamo separati a lungo” spiegò il giovane.
“Come riuscite a comprendervi? Pare incredibile da dire, ma tu e quella creatura sembrate molto affiatati” osservò Iwarioth, poco convinto.
Le dita di Nicklesh smisero per un attimo di accarezzare il piumaggio di Elathain e una lieve ombra di indecisione attraversò le sue iridi azzurro polvere, prima che il suo viso ritornasse sereno.
“Sono dotato dell’abilità di comprendere il linguaggio di tutte le creature non-comuni di Erendhitum ed Elathain, in quanto Imrael, rientra nella categoria” rivelò e in risposta il falchetto frullò con energia le lucenti ali bianche.
Iwaritoh aggrottò le sopracciglia e spalancò gli occhi a dir poco interdetto mentre Jeal si lasciò andare ad un’altra esclamazione deliziata.
“Questa sì che è una sorpresa! Mi domando quali altri misteri costituiscano la tua persona, Snachta Nicklesh!”
In risposta il ragazzo gli avrebbe detto di trovar Jeal stesso una delle persone più misteriose mai incontrate – e dire che nel corso del suo viaggio in personalità originali era incappato- tuttavia si limitò a sorridere da dietro la fascia di stoffa e non disse nulla. Gli occhi chiari di Elathain lo studiarono per pochi istanti, dopodiché proruppe in un breve verso acuto, facendo sobbalzare sia lui che i Syrma.
“Ha detto qualcosa in particolare, adesso?” chiese curioso il capo di ribelli.
“Sostiene di trovarvi delle persone interessanti, anche se…” esitò “Non è sicuro di potersi fidare di voi”
“Possiamo affermare la stessa cosa” replicò Iwarioth, incrociando le braccia.
“Esatto” concordò spazientita Mighdar.
“Calmi, calmi, tutti e due. Abbiamo già risolto la questione” intervenne gioioso Jeal. L’altro Syrma increspò la fronte inclinando appena il capo, frattanto che una vocina gli suggeriva di tenersi pronto la ramanzina da infliggere a quell’idiota dalla bocca sempre troppo larga.
“Ossia?” chiese, tetro.
“Ho finito di parlare sia con la Mildriend Keira che con la principessa Astril pochi minuti fa e senza indugi possiamo dichiararci alleati” disse allegro.
Idril parve gioiosa quanto lui, mentre Nicklesh, non convinto di averci sentito bene, batté le palpebre per poi cercare con lo sguardo Keira, incredulo che la guerriera avesse preso una decisione simile. Trovò sia lei che Astril vicino a Khaled e da come il ragazzo si era posizionato sul piede di guerra doveva appena aver scoperto la novità.
“Alleati? E di questo quando ne avremmo parlato!?” esclamò Iwarioth, troppo sbigottito dalla rivelazione per tirargli in testa il piatto della spada e stordirlo sul colpo. Delle varie previsioni formulate, quella era decisamente l’ultima che si sarebbe aspettato.
“In effetti non lo abbiamo fatto, questa meravigliosa idea mi ha colto all’improvviso e non potevo permettermi di sprecarla, dunque non ho esitato. Per fortuna hanno deciso di accettare”
“Lo sapevo, sapevo di dover sospettare qualcosa quando hai chiesto di rimanere da solo con la Mildriend e la principessa” ringhiò, passandosi con esausta esasperazione una mano sul volto.
“Semplicemente ancora non vedi i benefici di un’alleanza con persone incredibili e ricche di risorse quali il nostro gruppetto di Mildriend, ma non importa, per fortuna ci sono io a prendere le iniziative” si compiacque il capo dei ribelli “Dunque, è arrivato il momento di attivarci. Mighdar, vai a prendere le armi dei nostri amici e riportale qui, poiché a breve riprenderanno il loro viaggio.
“Ma-!“ provò a contestare la Syrma, subito interrotta da Jeal che brioso la incitò a sbrigarsi.
“Tu invece Iwarioth procurati dei mantelli e un po’ di viveri. Oh, e già che ci sei vai a chiamare Dutràshine e Luibhor e di’ loro di portare qualche erba medica”
“Da quando sarei diventato il tuo messaggero personale?” inarcò un sopracciglio il ragazzo.
“Dai, per favore” tentò di convincerlo Jeal congiungendo le mani, sul viso un sorrisetto che pareva rubato al ritratto dell’innocenza. Iwarioth lo squadrò irremovibile.
“Scordatelo”
“Che crudeltà!” sospirò addolorato il capo dei ribelli, posandosi la mano sul cuore in una delle sue consuete pose teatrali, dopodiché sorrise disinteressato, stringendosi nelle spalle “Poco importa, vuol dire che mi occuperò io di informarli”
“Apprezzo molto l’aiuto che ancora volete fornirci, tuttavia non penso sia necessario” tentò di persuaderlo Nicklesh agitando appena una mano, perplesso e un poco imbarazzato dalle premurose attenzioni che Jeal stava rivolgendo all’intero gruppo.
“Non preoccuparti, Sneachta Nicklesh, in quanto alleati assicurarmi che il vostro viaggio riprenda al meglio e che abbiate con voi il necessario è il minimo che possa fare. Inoltre, se non potessi permettermi di condividere i nostri averi non vi starei offrendo il mio aiuto, perciò non vi è nulla per cui sentirsi in difetto”
Con queste ultime e gioviali parole si congedò, senza neppure dare il tempo al ragazzo di controbattere. Lo Sneachta rimase immobile qualche istante, ancora frastornato dal fiume di parole con cui lo aveva travolto il capo dei ribelli, sino a quando un verso limpido e squillante non lo richiamò alla realtà, facendogli sbattere le palpebre e voltare verso Elathain, il quale, dopo aver osservato il suo padrone, spiegò le ali e in un frullo di piume spiccò il volo, scomparendo presto nel cielo azzurro.
Nicklesh spostò poi l’attenzione su Idril, sprizzante vitalità e con lo sguardo rivolto verso la direzione in cui era sparito il volatile, nella sua solita allegria che da quando erano giunti nell’accampamento non l’aveva abbandonata un solo in istante e, anzi, pareva essersi accentuata ancora di più dal momento in cui i ribelli si erano mostrati privi di intenzioni negative. Tra tutti loro, si poteva tranquillamente identificare come la più entusiasta dell’improvvisa e non ben  definita alleanza.
Stessa cosa non si poteva certo affermare per Khaled, la cui voce sbottante e contrariata non aveva fatto altro che risuonare tutt’intorno, intervallata di tanto in tanto dal tono imperturbabile di Keira, che sempre meno tollerante aveva tentato di spiegargli la situazione. Erano ancora là, poco distante, con il Mildriend che sprizzante ostilità continuava a esprimere il proprio disappunto, probabilmente a sé stesso, poiché la guerriera aveva cessato di ascoltarlo e Astril, come suggerito dalla sua espressione assente, si era perduta a pensare ad altro.
Non conosceva pressoché nulla del Mildriend, ma di una cosa era certa: avrebbe contestato la questione alleanza per almeno i prossimi tre giorni.
 
 
 
Se avesse dovuto stilare un elenco delle cose che non sopportava, molto probabilmente avrebbe riempito un libro intero in poche ore. Al primo posto avrebbe senza dubbio pizzato i Desideria, cerchiati più volte sino a formare un solco con l’inchiostro, e al secondo posto avrebbe messo, facendo scalare il resto della gerarchia, la situazione a cui stava assistendo in quel momento.
Abbarbicato sul tronco di un albero caduto e con lo sguardo ambra ricolmo disapprovazione, Khaled osservava i suoi compagni discutere in tutta tranquillità con i Syrma.
Poco lontano, Luibhor, l’erborista dei ribelli, stava porgendo tre barattoli di legno contenenti degli unguenti a Idril, che vitale come al solito gli stava rivolgendo domande a raffica a proposito di erbe mediche e altri intrugli, domande a cui l’uomo  rispondeva a stento, visibilmente irritato -oltre che frastornato- da quelle chiacchiere irrefrenabili.
Non molto distanti da loro, Keira, Nicklesh e Astril parlavano con Mighdar, Iwarioth e Jeal. O meglio, principalmente a muovere la bocca era lo Sneachta, mentre la guerriera li osservava e la principessa se ne stava in silenzio ad ascoltare.
Khaled in quel momento non seppe chi detestare di più, se quell’inutile di Astril per aver accettato l’alleanza di quell’esaltato del capo dei ribelli, se Keira per non averla fermata e aver accettato la richiesta di ritrovare un vagabondo incappucciato, o Nicklesh per…perché sì, perché come al solito si atteggiava da buon conversatore.
Strinse i denti, voltando il capo con una smorfia. A quanto pareva nessuno lì mezzo era più in grado di ragionare, oltre che ad aver perduto l’udito, dal momento che per quanto sbottasse le sue parole non venivano mai prese in considerazione. In fondo, era sempre e solo lui ad avere a che fare con i lati peggiori delle persone con cui puntualmente entravano in contatto: lui per un infimo secondo si era sentito rovistare l’anima da un’indovina maledetta e sempre lui aveva quasi perso un braccio a causa di un colosso che per fortuna non aveva più visto lì in giro. Per concludere il quadretto, si era pure ritrovato a discutere con un odioso e spocchioso Syrma.
Stizzito, posò una mano sulla spada corta appesa al fianco. L’unico elemento positivo di quella giornata era l’aver riottenuto la sua fidata arma. Doveva solo resistere, ancora poco e finalmente avrebbero ripreso il viaggio.
“Ehi, tu” lo richiamò una voce, tra il distaccato e l’infastidito. Khaled tirò su di scatto il capo, trovandosi a un passo Dutrashìne, come sempre dalla postura composta ma con l’espressione di uno che avrebbe preferito di gran lunga ricevere un calcio piuttosto che avvicinarsi a lui.
“Che sei venuto a fare?” sbottò subito ostile il Mildriend, già sul punto di balzare in piedi.
“Rilassati, non ho la minima intenzione di iniziare uno scontro con te, sarebbe solo una perdita tempo” tagliò corto il Syrma e prima che l’altro potesse controbattere gli porse un piccolo barattolo di legno chiaro “Tieni, prendi”
Khaled inarcò un sopracciglio, il viso ripiegato in un’espressione tra lo sdegnoso e il guardingo, come se si fosse appena ritrovato innanzi un essere informe.
“E perché dovrei?”
“Prendilo e basta”
Khaled restrinse lo sguardo poco convinto, poi, sempre con diffidenza, afferrò il piccolo contenitore e iniziò a rigirarselo tra le mani.
“Che cosa contiene?”
“Un unguento. Ha un effetto rinvigorente e in caso di affaticamento basterà applicarne un poco per ripristinare le energie”
Il Mildriend arricciò le labbra in una leggera smorfia e voltando appena il capo stizzito gli ritese il barattolo.
“Di questo genere di cose si occupa Idril, perciò se proprio è necessario consegnalo a lei”
“Devi tenerlo tu, l’unguento è stato preparato per te, dunque i suoi benefici avranno effetto solo sul tuo corpo”
“Eh? Come sarebbe a dire “per me”? Cosa staresti insinuando, maledetto?” sibilò aspro, lo sguardo sprizzante scintille astiose.
“Assolutamente nulla, sto solo eseguendo il compito che mi ha affidato Luibhor, e non credere che approcciarmi a uno come te mi stia divertendo, preferirei di gran lunga sradicare un cespuglio di rovi a mani nude, tuttavia mi è stato detto di consegnarti questo ed è quello che sto facendo”
“Non ne ho affatto bisogno, perciò puoi pure tenertelo e dire al vostro erborista che i suoi intrugli non sono graditi” controbatté piccato, incrociando le braccia al petto.
“Evita per una volta di comportarti come un idiota quale sei e accettalo, Luibhor ha speso buona parte del suo tempo per preparartelo e il minimo che tu possa fare è accettare il suo dono” rispose, tra l’annoiato e l’infastidito.
“Non mi pare di aver chiesto nulla” sbottò acido “Inoltre, secondo quale criterio è convinto che sia io ad averne bisogno? Tch, è evidente che il vostro presunto medico non sia abile come sostiene nel suo lavoro”
“Non esiste nessuno esperto come lui in ambito di erbe curative, perciò evita di parlare di cose che non sai, Mildriend” rispose gelido Dutràshine, gli occhi dorati avvolti da un’ombra severa “Luibhor sostiene di aver compreso che avresti potuto averne bisogno subito dopo che ti ha curato quella ferita, dicendo inoltre che un taglio di quel genere avrebbe dovuto cicatrizzarsi con molta più rapidità e senza aver necessità di ulteriori medicazioni. Dunque, smettila di opporti e prendi questo barattolo, così che possa finalmente andarmene”
“Se ti infastidisco così tanto perché invece di continuare con le tue inutili prediche non ti levi di torno e basta?”
“Perché sono un aspirante erborista, mi sto dedicando agli studi delle erbe e sono diventato apprendista di Luibhor proprio per poter apprendere più conoscenze possibili, perciò non tollero che una persona rifiuti cocciutamente un rimedio preparato proprio al fine di salvaguardare la sua salute, pur trattandosi di uno stolto come te”
“Non mi occorrono i vostri rimedi Syrma e ancor meno i vostri consigli, grazie” ribatté ostile, storcendo testardo la bocca in una smorfia intollerante, dichiarando così conclusa l’intera questione.
Lo sguardo duro di Dutrashìne sostò sulla figura del ragazzo per qualche istante, dopodiché il Syrma socchiuse gli occhi, emettendo uno sprezzante sibilo tra i denti.
“Tsk, sei proprio un imbecille. Molto bene allora, agisci come credi. Fosse stato per me non ti avrei donato neppure una radice”
Con queste ultime parole se ne andò, non prima di aver gettato ai piedi dell’altro il contenitore.
Ricolmo di avversione, il giovane voltò di nuovo il capo altrove e così rimase sino a quando non giunse il momento della partenza.
In fila uno di fianco all’altro, il gruppo dei Mildriend sostava dirimpetto ai Syrma, al cui centro vi era Jeal, le labbra sollevate nel consueto sorriso raggiante.
“E così, è giunto il momento di salutarci. Mi sarebbe piaciuto poter trascorrere più tempo in vostra compagnia, ma i vostri compiti vi attendono e trattenervi ancora qui non sarebbe stato corretto” esordì con voce serena, sebbene vibrante di un lieve dispiacere.
“A nome dell’intero gruppo, vi siamo grati per tutto l’aiuto che ci avete dato” parlò Nicklesh, riferendosi soprattutto alle provviste, alle erbe mediche e ai mantelli che avevano procurato loro.
“Come spero abbiate compreso, per me è stato un piacere. Qualunque sia il vostro obbiettivo, mi auguro che riusciate a portarlo a termine e che il vostro cammino sia privo di ostacoli”
“Allo stesso modo, speriamo che la causa dei ribelli giunga a buon fine, senza bisogno di lotte o scontri”
“Tsolais è una donna pericolosa e senza scrupoli, l’azione diplomatica potrebbe non esser sufficiente” parlò a sorpresa di tutti Keira, imperturbabile.
“Lo sappiamo, tuttavia percorreremo questa via sino a che sarà possibile e, quando avremo ottenuto la giustizia che ci spetta, potremo contare sull’alleanza di una principessa, e questo mi rende ancora più fiducioso” disse allegramente rivolgendosi ad Astril, che appena imbarazzata annuì, le labbra distese in un piccolo sorriso.
“Sono certa che realizzerete ogni vostro intento!” esclamò vivace l’arciera e Jeal ridacchiò.
“Ti ringraziamo per la fiducia, Mildriend Idril. Ora, se non vi è altro da dire, penso sia giunto il momento di salutarci. È stato un piacere per me incontrarvi, sono convinto che un giorno ci rivedremo di nuovo e forse potremo festeggiare l’inizio di un mondo migliore. Mighdar vi scorterà fuori dall’accampamento, facendovi risparmiare un notevole pezzo di strada”
Fosse stato per lui si sarebbe gettato a braccia aperte verso i Mildriend e li avrebbe stretti in un abbraccio di saluto uno per uno, tuttavia l’occhiata omicida di Iwarioth al suo fianco lo convinse a desistere e a limitare il tutto in un semplice sorriso genuino.
Così, al seguito del passo di marcia di Mighdar, il gruppo si incamminò, sino a quando Nicklesh non si fermò all’improvviso, come attraversato da una consapevolezza.
“Vorrei solo dirti un’ultima cosa, Jeal” disse, voltandosi verso il capo dei ribelli, che come gli altri lo guardò con blanda sorpresa, oltre che una chiara scintilla di curiosità.
“Non so se stia facendo bene a parlarvene dato che la questione non mi riguarda appieno, in ogni modo…se doveste imbattervi un particolare simbolo, due quadrati inclinati, giallo e nero, l’uno dentro l’altro, vi chiedo di stare attenti. Qualcosa di pericoloso e potente è legato è quel segno e… non è da sottovalutare”
Jeal parve per un attimo perplesso, dopodiché sorrise, annuendo con il capo.
“Va bene, terremo gli occhi aperti” gli assicurò.
Nicklesh gli rivolse un ultimo cenno di saluto, poi raggiunse il resto del gruppo, che riprese il cammino alla guida della Syrma, impegnata a parlare con Idril.
“Ti è dato di volta il cervello?” farfugliò in un sibilo Khaled, affiancandolo.
“Non capisco cosa tu voglia dire”
“Come sarebbe!? Mi riferisco al simbolo! Perché diamine ne hai parlato a quelli di tua iniziativa? La questione non ti riguarda, non avevi alcun diritto di…!”
“Va bene così” intervenne Keira, senza neppure voltarsi e prima che le venissero chieste spiegazioni riprese a parlare “Anche Nicklesh ha assistito direttamente agli effetti di quella maledizione e non penso abbia sbagliato a parlarne ai ribelli. Non ha rivelato informazioni su di noi o suoi nostri obbiettivi, perciò non mi interessa”
La questione venne così considerata chiusa e mentre Khaled borbottava fra sé e sé mormorii contrariati, i Mildriend iniziarono a lasciarsi alle spalle l’accampamento, quel luogo fonte di innumerevoli screzi ma al tempo stesso un porto sicuro, separato da quello che era il mondo al di fuori, dove pericoli, avversità, una gemma da recuperare e l’ignoto li attendevano, inconsapevoli che ciò che avrebbero trovato avrebbe segnato un solco indelebile in ognuno di loro.
 
 
 
“Alleati, eh?” fu la prima cosa che disse Iwarioth non appena il gruppo dei Mildriend sparì dalla loro vista, il tono carico disapprovazione “Come al solito hai agito di testa tua senza chiedere il parere di nessuno”
“Oh, andiamo, ancora? Pensavo avessimo già risolto la questione, prima” rispose con leggerezza Jeal, incamminandosi spensierato.
“No idiota, non abbiamo risolto un bel nulla. Hai sentito la novità che lo Sneachta ha pensato di riservarci come saluto finale, no? Un misterioso simbolo pericoloso e micidiale, di certo legato a loro in qualche modo  e che dopo aver stretto quell’alleanza è quasi certo ci piomberà addos-“
“Non portare sventura, cieli divini!” lo interruppe rallegrato.
“Non sto facendo questo, ti sto semplicemente mettendo di fronte l’ennesima tua idea da maniaco del protagonismo e salvatore dei viandanti”
 “Viandanti? Quali viandanti?” Jeal parve sinceramente smarrito.
“Il tipo incappucciato”
“Ti riferisci a Nagarial? Ma lui non era un semplice viandante, bensì un esperto di veleni, nonché colui che ha aiutato la nostra matricola a…”
“Non serve che mi racconti la storia. Ero presente” replicò spazientito.
“Quindi qual è il problema?” chiese tranquillo.
“Gli hai mostrato il nostro accampamento, dopo averlo appena incontrato e senza neppure averlo obbligato a mostrare il suo volto”
“Lo abbiamo bendato entrambe le volte, dunque non conosce la strada, non hai nulla da temere, mentre per i Mildriend non ve n’era bisogno. E poi so quello che faccio, puoi stare tranquillo” dichiarò con infantile compiacimento.
“È proprio quando mi dici così che non lo sono affatto, cretino”
Per tutta risposta Jeal ridacchiò allegro, fermandosi e alzando lo sguardo verso l’alto, in direzione del sole che brillava vivido.
“Questo mondo è troppo ostile e richiuso nelle sue difese, gli uomini si temono gli uni con gli altri e i rapporti si sfaldano. La fiducia è crollata, sepolta dal peso delle macerie e dal colore del sangue, e non avrà modo di risorgere sino a quando qualcuno non farà la prima mossa. Io sto provando a donare il mio piccolo contributo”
Iwaritoh non rispose, fermo alle sue spalle a fissarlo con un sopracciglio inarcato, poi scosse la testa, esalando un sospiro di irritata rassegnazione.
“Tsk, sei senza speranza. Un giorno o l’altro finirai ammazzato da uno dei tuoi fantomatici viandanti degni di fiducia e io scoppierò a ridere guardando il tuo cadavere”
“Tu sei una persona davvero spaventosa, Iwarioth, la pura insensibilità” disse, il timbro esageratamente cupo e catastrofico “Comunque sia, bando agli indugi! Abbiamo del lavoro da fare! Per caso, hai più visto Uglòr qui in giro? Avrei bisogno di parlargli!”



;Note dell'Autrice°

Salve a tutti, sono riemersa dalle tenebre! Questa volta è passato un po' più tempo del solito dall'ultimo aggiornamento e mi dispiace molto per questo, avrei voluto pubblicare prima perché preferisco esser puntuale quando riesco e non far attendere troppo , ma la scuola e il resto degli impegni mi hanno totalmente risucchiata. Dannata V Liceo >.>
Inoltre, ho iniziato anche a scrivere altre due storie completamente differenti, che probabilmente posterò (ma prima voglio portarmi abbastanza avanti con tutto) e dunque mi hanno portato via un po' di tempo, già ridotto al minimo. Insomma, lanciarsi in nuovi progetti quando già ne si è sommersi, la mia logica infallibile. Ma pazienza, LOL. Spero che il capitolo, lunghissimissimo, questa volta mi sono superata, sia stato di vostro gradimento. Il gruppo dei Mildriend si è separato dai ribelli -che rivedremo tra un po' di tempo- e si incammina verso il prossimo Regno, quello dei Veìdlin, nonché imminente nuovo 'arco'. Lo anticipo, succederà davvero di tutto e le cose inizieranno a farsi decisamente più oscure e Angst *gioisce crudele*.
Oh, prima di dileguarmi, l'immagine sopra è l'aesthetic di Felixia che ho creato io (per chi non lo sapesse, gli aesthetic sono collage di immagini che dovrebbero rappresentare in breve l'essenza di un personaggio :3). Oltre alle immagini di paesaggi etc inizierò mano a mano anche a mettere i vari aesthetic dei personaggi. Spero che quello di Felixia sia fedele a come la immaginate XD
Bene, capitolo lungo, note kilometriche. Sarà la lungaggine aleggiante o le festività imminenti che oggi mi fanno scrivere sproloqui a caso, boh. Ora sparisco davvero! x)

A presto e buone feste!

The_Grace_of_Undomiel
  
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