Il mattino seguente di buon'ora Artemis era già seduto nel sedile della macchina, che Leale stava guidando.
Aveva tagliato molto persone da quella lista. Un paio bionde, una che assomigliava in modo sorprendente a Juliet e alcune more. Aveva avuto l'impressione di essere riuscito a trovare quella ragazza ma quando l'aveva sentita parlare, qualcosa si era rotto dentro di lui. Era solo il primo giorno ma già non aveva fiducia in questa ricerca. Avrebbe preferito cercare di introdurre un virus in una banca e vedere come cercavano di risolverlo.
Riprese la lista tagliando qualche nome che non aveva levato ieri sera. Oggi avrebbero controllato il nome accompagnato dal cognome C. Per sua sfortuna erano nate un sacco di persone di sesso femminile attorno al 1989, il suo anno di nascita. Ma il vantaggio dei capelli rossi e gli occhi castani erano di puro vantaggio per lui, il che riduceva di gran lunga la lista.
Ma era riuscito a eliminare parecchi nomi e aveva cominciato a sperare per il meglio.
Un rumore forte la ridestò dal suo sonno. Si mosse piano e vide che si trovava nella sua camera da letto. Era vestita con la divisa ancora. Ieri dopo aver pianto aveva solo trovato la forza per stendersi sopra il letto.
Il rumore ricominciò stavolta accompagnato dalla voce di una persona che la chiamava.
Si avvicinò alla porta e ascoltando attentamente si accorse che la voce era quella di Lucy. Aprì la porta.
Lucy e Sally entrarono come due furie. Lucy corse ad abbracciarla, mentre Sally chiudeva la porta.
- Non sai quanto siamo state in pena per te. Abbiamo visto la scena e quando il capo ti ha chiamato nel suo ufficio abbiamo mollato tutto e abbiamo cercato di ascoltare. Maledetti mocciosi. La prossima volta che vengono ci penso io a loro. -
- Grazie Lucy, ma non ti voglio mettere in brutte situazioni. È stato molto umiliante per me, non mi era mai capitato e dire che... - Si fermò appena in tempo, stava per lasciarsi sfuggire particolari sconvenienti.
– Hai detto qualcosa Holly? – Sally si era già accomodata a tavola, mentre Lucy stava sistemando la colazione che avevano preso.
– Che il cornetto con il cioccolato è mio. – Strusciando i piedi le raggiunse in cucina per mettere qualcosa dentro la pancia affamata e gorgogliante.
– Grazie, una buona giornata. –
Artemis si rimise dentro la macchina. Ormai era il tramonto ed era abbastanza stanco. Prese il foglio e diede il consenso a Leale di tornare a casa. Con la mano destra fece scattare la penna e taglio il nome della ragazza che aveva da poco visitato. Diede uno sguardo al telefono, ci aveva messo meno di due minuti con la ragazza che aveva visitato. Lasciò cadere tutto dalle mani. Ormai non si stava più occupando dei suoi affari, era impegnato nella sua “missione”. Il bello era che non sapeva neanche cosa dirle quando l'avrebbe trovata.
Un semplice ciao non sarebbe bastato...
Si massaggiò le palpebre e lanciò uno sguardo al finestrino di sfuggita. Non fece neanche in tempo a guardare il cellulare che riportò gli occhi al finestrino.
Anche se aveva i capelli raccolti in una crocchia, riuscì a riconoscerla lo stesso. Aveva una divisa addosso, lavorava da qualche parte come cameriera, ne era sicuro.
– Leale, fermati un attimo, per favore. – La guardia del corpo accostò la macchina vicino al marciapiede, proprio mentre stava passando la rossa ignara di tutto.
Artemis uscì dalla macchina e si avvicinò a lei.
– Scusami. – le poggiò una mano sulla spalla, e Holly si girò di scatto spaventata.
Il genio Fowl rimase interdetto. Era molto diversa da come i suoi sogni l’avevano modellata, ma era bellissima. – Io mi chiamo Artemis e so che ti potrà sembrare strano ma… - non poté finire la frase che la ragazza si girò e corse via. – Aspetta – cercò di seguirla, ma Leale gli acchiappò il braccio e lo riportò indietro.
-Che stai facendo? Devo raggiungerla. – Leale aprì la portiera e lo fece entrare. Nel giro di pochi secondi, era già seduto alla guida e con la macchina in partenza.
-La ragazza è veloce Artemis, non saresti riuscito a raggiungerla. Ci penso io, ma devi spiegarmi tutto e anche il tuo comportamento. –
Artemis prese fiato e cominciò a raccontare mentre controllava fuori dal finestrino.
Aveva il fiato corto e le gambe che dolevano ma ancora non si fermava, non poteva e non doveva fermarsi. Doveva stare lontana da lui, per la propria sicurezza e delle persone a cui voleva bene. Era troppo presto, sicuramente la stavano ancora cercando e quale posto migliore se non la Maison Fowl?
E anche se fosse tornata lì, cosa le faceva credere che Artemis si sarebbe ricordata di lei? Il fatto che l'abbia fermata per strada e che le stesse studiando il viso poteva essere una prova. Già una volta Artemis era sfuggito alla perdita di memoria, anche se c'era voluto un bel po', anche con la vista dei troll non era riuscita a smuovere niente nel suo cervello, figurarsi se la incontrava per strada con un viso diverso.
Almeno era felice che stesse bene... ma... allora perché mentre correva le lacrime cadevano dai suoi occhi? Doveva sprizzare gioia da tutti i pori, eppure le si era formato un nodo alla gola.
Guardarlo negli occhi e non potergli dire niente. Quando ti ritrovi davanti una faccia amica, una persona a cui hai voluto bene e che ancora gliene vuoi, dopo tutto lo schifo che hai affrontato, la prima cosa che fai è farti consolare. Abbracciare quella persona per sentirla più vicino. Ma per lei non era così, forse era per questo che piangeva a dirotto.
Forse voleva solo qualcuno che la abbracciasse e le dicesse che tutto sarebbe andato bene? Qualcuno che le stesse sempre accanto, che la protegga quando lei non ne aveva la forza, qualcuno che non aveva mai avuto
Continuò a correre fino a raggiungere il locale. Alla porta si fermò solo per controllare che nessuno la stesse seguendo e per potersi asciugare gli occhi e darsi una sistemata.
Fatto ciò, entrò nel Dinner chiudendosi frettolosamente la porta dietro di sé.
– Non credo che questa sia una buona idea. Forse dovresti lasciar perdere per oggi Artemis. –
Il moro si aggiustò il ciuffo e continuò a smanettare il suo computer. – Sto solo controllando una cosa. Non voglio fare niente di impulsivo. –
Dallo schermo controllava i dati del Dinner, a quelli fiscali e non. Raggiunse la pagina dei dipendenti e lesse tre nomi.
“Solo tre persone lavorano lì dentro? Poverine.” Pensò mentre smanettava e violava il database di Dublino, alla ricerca dei nomi delle ragazze.
Scartò quella di Lucy Middelton, in quanto già conosceva la fama della sua famiglia. Ma cercò gli altri due nomi nella sua lista. Non trovò niente che riguardasse Sally Porthigh.
Ma qualcosa lo bloccò quando lesse il nome – Holly Short -
Aveva visto la ragazza con i capelli rossi entrare lì dentro ed era anche con la divisa. Quindi era quello il suo nome.
Corrucciò la fronte, i file di Dublino non erano molto forniti sul suo conto. Leggeva solo che si era trasferita da un mese a Dublino.
– Artemis? Cosa facciamo? – Leale lo guardava attraverso lo specchietto retrovisore e vedeva la sua faccia concentrata. Benché sapeva di non doverlo disturbare quando aveva quell'espressione, non poteva fare a meno di chiedere, visto che l'orario di cena si stava avvicinando.
– Andiamo allo Scardeaux. Ho voglio di un po' di caviale. –
L'auto si allontanò e Lucy rientrò nel locale. Era andata a buttare la spazzatura e aveva visto quell'auto costosa. All'inizio aveva pensato ai suoi genitori, ma sapeva che non era così. I finestrini erano oscurati e lei non poteva sapere chi si celava dentro al veicolo, ma sapeva una cosa.
Lanciò uno sguardo a Holly che stava servendo ai tavoli. Era entrata con gli occhi rossi e il fiato corto. Immaginava che aveva corso, non ne capiva il motivo, ma vedere quell'auto l'aveva fatta riflettere.
La preoccupazione iniziò a marciare dentro di lei, dopo quello che era successo ieri alla sua amica preferiva non correre rischi.
Domani avrebbe chiesto aiuto ai suoi genitori, sapeva che l'avrebbero aiutata.
Una volta finito di dividere le mance, il signor Startman assegnò a Holly il compito di chiudere.
Le altre ragazze volevano restare ma Holly le aveva mandate a casa, aveva lo spray al peperoncino dentro la borsa, regalo di Sally.
Buttò la spazzatura e chiuse il locale. Avevano fatto leggermente tardi, quindi a passo svelto si affrettò a tornare a casa. Era molto pericoloso prendere mezzi ma lo era anche camminare. Purtroppo con la mente affollata dai pensieri non si fermò alla fermata, ma continuò dritto.
Rivedeva il viso di Artemis nella sua mente, chissà cosa stava per dirle e il motivo per cui l'aveva fermata. Scacciò quei pensieri. Non voleva soffermarcisi di nuovo e neanche piangere. Aveva già dato, per oggi e per sempre.
Una mano le afferrò il polso e glielo strattonò. Lei fece qualche passo indietro di scattò, risvegliata dai suoi pensieri. Si girò e vide che a tenerle stretto il polso, nientepopodimeno era il ragazzo dell'altra sera, Dylan.
– Ci incontriamo di nuovo signorina. Visto che hai chiuso e il modo con cui mi hai trattato ieri sera, io e te possiamo andarcela a spassare da qualche parte. Magari un Motel? Che ne dici? E' molto roman. Ah, maledetta – mentre Dylan continuava a parlare, Holly era riuscita, con l'altra mano a prendere e usare lo spray al peperoncino.
Approfittando del dolore di Dylan, lei gli mollò un calcio in mezzo alle gambe e scappò.
Corse molto veloce, ma non fece molta strada. Il ragazzo biondo si era subito ripreso, anche perché Holly non era riuscita a centrare bene gli occhi, e inseguendola l'aveva afferrata per i capelli.
La sbatté contro il muro e le si mise davanti.
Un dolore si impossesso della parte posteriore della testa, le faceva malissimo, tanto che stava per lasciarsi andare. Dylan cercò di toccarla, ma faceva ancora resistenza anche se sentiva le forze abbandonarla.
Non poteva finire così. Non doveva, non dopo tutto quello che aveva fatto per vivere. Non sapeva neanche a chi pregare perché finisse tutto.
Le sue preghiere furono ascoltate da qualcuno, visto che il ragazzo che la teneva non c'era più e lei scivolò seduta contro il muro. La testa le doleva e le girava ma sforzando la vista, vide che una persona grande aveva afferrato il ragazzo, storcendogli il braccio.
Un'altra figura si stava avvicinando a lei, ma non riusciva a capire cosa stesse dicendo. Sentiva che le si inginocchiava accanto e le tastava la fronte. Aveva una mano calda e morbida, usava gesti leggeri e dolci. Le sfiorò la guancia e lo guardò negli occhi, ma vide solo due cerchi azzurri sfocati
– Andrà tutto bene. Ti aiuteremo noi. –
Non poté rispondere perché l'incoscienza stava avendo la meglio su di lei, ma come ultimo gesto afferrò la mano della persona.
Ciao, mi scuso per il ritardo, ma le feste sono feste XD
Ho finito di scrivere questo capitolo proprio ora, e sono nel letto di mia cugina a Roma.
Un piccolo viaggio che mi sono concessa per capodanno ma che alla fine mi sono gustata poco perchè sono stata contagiata dal virus intestinale.
Cose che capitano, domani alle 19 e 40 il mio aereo partirà per casa. Evvivaaaaaaa
Fatemi sapere come vi sembra, lasciate una recensione e ditemi se ci sono errori.
Baci baci Sophie Robin Kendrick