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Autore: BillieJeanBJ    05/01/2017    10 recensioni
Il brillante sceriffo Rick Grimes si rivolge alla nota agenzia pubblicitaria -Greene Company- per inaugurare e sponsorizzare la nuova officina meccanica del suo migliore amico, Daryl Dixon.
La società è stata ereditata dalle sorelle Greene, Maggie e Beth, ma è soltanto la prima ad avere in mano le redini dell’impresa di famiglia. La seconda, invece, è la mente creativa.
E sarà proprio la piccola Beth ad occuparsi dei nuovi clienti, Rick e Daryl.
C’è solo un piccolo dettaglio: non ha assolutamente idea di quale sia il volto del signor Dixon e questo le causerà un imbarazzante, catastrofico problema.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon, Negan, Rick Grimes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Dovrei iniziare presentandomi? Come mi chiamo, quanti anni ho, dove vivo, cosa leggo, i miei hobby, qual è il mio problema.. Una specie di N.A. insomma; narratori anonimi!
Oppure potrei raccontarvi direttamente la mia storia. D’altronde le presentazioni possono essere superflue. Voglio dire.. molto spesso i fatti possono delinearci molto meglio delle parole. Prendete ad esempio una tipa che lavora in un call center. Come la descrivereste? Cordiale? Insistente? Rompipalle? Coraggiosa? Disponibile? Cortese?
La maggior parte di loro, e mi riferisco alle operatrici di sesso femminile, si chiama Francesca.
Ciao sono Francesca, la chiamo per..
No, grazie non sono interessata.
Oh, va bene. Grazie a lei per la disponibilità. Passi una buona giornata!

E voi non lo sapete o non potete immaginarvelo, ma appena riattaccano ci inviano un amabile, sentito, caloroso vaffa! Un contrasto davvero concorde con l’affabilità postaci pocanzi.
Quindi, io la definirei pazza isterica perennemente mestruata! Perché lo so? Perché conosco questo mondo ma se ve lo steste chiedendo.. no, non lavoro in un call center.
Sono socia della direttrice di un’agenzia pubblicitaria e, credetemi, anche in questo settore il clima non è per nulla paradisiaco.
Una volta il proprietario di un ristorante cinese ci ha chiesto di promuovere il suo locale creando un logo che lui riteneva ‘infallibile e ottimo per catturare l’attenzione dei clienti’. E l’attenzione l’avrebbe attirata eccome, ma unicamente quella perché d’infallibile aveva solo il doppio senso. Avete presente il pesce nasello? Ecco, adesso aggiungeteci un riccio in ambedue i lati, precisamente accanto agli occhi. Che figura ne viene fuori?
Un ristorante del ca.., come direbbe il mio amico Jesus!
Ovviamente, per la reputazione del nostro marchio, siamo stati costretti a respingere il compito. Non c’è stato verso di far cambiare idea al non-cliente o convincerlo che la sua non era esattamente una buona pubblicità.
Inutile dirvi che il nostro consiglio è stato preso come un’offesa con l’aggiunta di un diretto ‘andate al diavolo, incapaci!’.
E questo non è che solo un piccolo episodio. Ce ne sono stati tanti altri e altrettanti ce ne saranno. E’ il rischio del mestiere, suppongo.
-Il capo vuole vederti.-
Mery, collega e coinquilina, irrompe nel mio piccolo ma accogliente ufficio infestandolo di Coco Chanel n° 5. Una fragranza ottima.. se spruzzata in piccole dosi, misure quantitative che la rossa dagli occhi verdi chiaramente non conosce.
-Con una certa urgenza.-
Aggiunge nel vedermi ancora comodamente seduta.
-Ok, ok. Vado!-
Lascio perdere il progetto su cui sto –stavo- lavorando e mi alzo lisciandomi la gonna nera a tubino che, in tutta sincerità, odio indossare. Come anche le decolté dal tacco dodici se dobbiamo proprio essere precisi! E pure la camicetta di seta rigorosamente bianca. E non che l’acconciatura, un ridicolo chignon, sia salvabile.
-Sai, ogni volta che fai questa espressione –e cioè sempre- mi domando cosa diavolo ci fai qui.-
Non è la prima volta che Mery mi rivolge un’osservazione del genere e nonostante il suo tono sia  perpetuamente calmo e riflessivo, non posso fare a meno d’innervosirmi.
-L’espressione di una che lavora molto e che è, giustamente, stanca?!-
-No, di una che odia ciò che fa.-
Infilo gli occhiali da riposo tirandoli sul naso con l’indice prima di spostare, senza troppa forza, la mia amica dall’uscio.
-Sai cosa odio? Preparare la cena. Quindi stasera tocca a te!-
-Prima o poi esploderai, Betty Boop!-
-Niente fritto, mi raccomando!-
Ignoro e chiudo la questione salutandola con le dita prima di svoltare l’angolo e uscire dalla sua visuale.
Ragazze, non è vero che odio il mio lavoro! Sono creativa, ho fiuto per gli affari e le idee non mancano, e queste sono caratteristiche fondamentali per la mia professione. L’unica cosa che detesto, sono alcune regole, ecco tutto!
Si entra alle 8.00 e si esce alle 18.00, non un minuto in meno, non uno in più.
La pausa pranzo deve durare esattamente trenta minuti.
Scarpa con tacco, chignon, make-up adeguato e tailleur rigorosamente scuro, non importa se a gonna o a pantalone.
E non importa neanche che tu sia la socia del capo. Non hai agevolazioni perché hai da poco raggiunto la maggiore età e non puoi permetterti il lusso di stare sugli allori. Non è così che s’impara il mestiere.
E il fatto che ti ritrovi co-proprietaria di questa società lasciata in eredità dalla tua defunta madre, beh.. è un privilegio che non puoi e non devi assolutamente disprezzare, anche se il tuo obiettivo nella vita era decisamente un altro. Quindi, perché dovrei odiare il mio lavoro? Sono una ragazza fortunata dopotutto, no?!
E la buona sorte continua a prendersi gioco di me sorridendomi attraverso le labbra lucidate di rosa scuro che mi accolgono quando, dopo aver bussato, entro nell’ufficio del capo.
Espressione fintamente cordiale che nasconde una ramanzina dovuta ai miei cinque, o forse sei, minuti di ritardo. Sfuriata che avrei dovuto subire se in ufficio fossimo state sole.
-Ascensore fuori uso.-
Irritazione che aumenta a dismisura dopo la mia battuta perché noi non abbiamo un ascensore. Se solo potesse, Maggie Greene mi taglierebbe la lingua in questo precisissimo momento e conosco abbastanza bene mia sorella da sapere quanta collera le scorre nelle vene, e il sospiro da toro in posizione d’attacco ne è la conferma.
-Lei è Beth, la collaboratrice di cui ti ho parlato pocanzi.-
Da socia co-proprietaria a collaboratrice. Un salto di qualità, devo dire. Anche se, in tutta sincerità, poco m’importa di quale grado sia il mio ruolo qui.
Questo però mi ricorda che non siamo sole e quando mi volto il mio viso va inevitabilmente a fuoco per una ragione molto chiara e comprensibile. Chi ho davanti non è il solito cliente serioso e formale che ti guarda con un’espressione di massima serietà e pretenzioso impegno, nossignore!  I due occhi azzurri che continuano a fissarmi appartengono ad un uomo il cui aspetto non passa di certo inosservato e che mette, appunto, in soggezione.
Fisico asciutto coperto da camicetta nera arrotolata sui gomiti che lascia scoperte le vene sporgenti, e jeans altrettanto scuro, capelli ricci sul castano chiaro, se ne sta seduto con una caviglia appoggiata al ginocchio che stringe con una mano dalle lunghe dita callose, mentre l’altra è ferma sul mento coperto da una barbetta corta e ordinata. Tuttavia, riesco a vedere benissimo il sorrisetto stampato sulle labbra carnose; è chiaramente divertito dal modo in cui lo guardo. No, credo che fissare sia il verbo più adeguato. Eppure mi rivolge uno sguardo saldo e gentile. Un’espressione da ‘mi hai mangiato con gli occhi piccola, lo so, ma –tranquilla- fingerò di non essermene accorto’.
Adesso capite perché mi sento in imbarazzo?
Fortunatamente mia sorella imita un colpo di tosse e mi aiuta a distogliere l’attenzione dall’uomo che avrà ad occhio e croce trent’anni.
Sentendomi impacciata come mai prima d’oggi, mi posiziono al suo fianco e invece di guardare il belloccio, che suppongo sia un cliente, mantengo lo sguardo sullo schermo del pc.
-Dunque, riassumendo, il signor Dixon ha bisogno di un’insegna per la sua officina meccanica.-
Veramente no.”
-E’ così.-
Alzo di scatto lo sguardo perché, a meno che lo stress non mi stia giocando brutti scherzi, come ad esempio sentire le voci, a rispondere sono stati due uomini. Uno è il belloccio, ma l’altro??
Passo in rassegna ogni angolo dell’ufficio trattenendomi davvero per un pelo dal controllare anche sotto la scrivania, ma giuro che -a parte noi tre- non c’è nessun altro!
E quando lascio cadere gli occhi sul nuovo cliente, il suo sorriso diventa visibilmente divertito mentre con un cenno del capo mi indica un cellulare piazzato sulla scrivania.
Ah.
Dunque è in corso una chiamata.
E se ho sentito una seconda voce maschile è perché l’aggeggio è in modalità vivavoce.
Bene.
Anzi, perfetto.
Adesso mi sento una scema.
E probabilmente anche mia sorella.
-Temo di non aver capito. Il signor Dixon ha o non ha bisogno di un’insegna?-
“No.”
-Sì.-
La conferma arriva ancora una volta un tantino confusionale poiché la coppia ha parlato di nuovo in un sincrono perfetto ma discordante. Seppur la risposta più udibile pronunciata con tono deciso sia stata la seconda –e cioè quella del belloccio-, la smentita della prima, articolata invece in un mormorio seccato e quasi imbronciato, è stata altrettanto chiara a me quanto a Maggie.
-Si o no?-
Ed è l’uomo dai capelli ricci a ribattere frettolosamente ribadendo il sì.
-Se allora siamo sicuri-
La celata domanda resta sospesa per qualche secondo, giusto il tempo di dar loro la possibilità di schiarirsi un’ultima volta le idee.
-la nostra collaboratrice, Beth, si occuperà di tutto.-
Grande! Non vedo l’ora, sul serio!
Anche perché adesso, proprio adesso, c’è una procedura da seguire; dopo la supervisione e il consenso del grande capo, tocca alla sottoscritta occuparsi di tutto il resto. E questo comporta chiudermi nel mio ufficio insieme ad uno sconosciuto che, solo a guardarlo, mi trasmette una goffaggine assurda.
-Perfetto!-
Eh, come no!
-Grazie per la disponibilità, Maggie.-
Maggie? Il tizio l’ha davvero chiamata Maggie e non Miss Greene?!
Questa avrei dovuto registrarla!
-Grazie a voi per aver scelto la Greene company. Beth ti accompagnerà nel suo ufficio.-
E dopo che mia sorella e il belloccio si stringono la mano, mi affretto a raggiungere la porta rivolgendogli un sussurrato invito a seguirmi. Solo che il termine ‘seguire’ ne implica il pieno significato perché lui deve camminare dietro di me e improvvisamente sento di avere l’andamento di un dinosauro.
Perlomeno il mio ufficio non è molto distante, e quando passo dalla scrivania di Mery ignoro l’espressione alla Homer Simpson modalità sbavo che ha non appena focalizza la figura del tipo alle mie spalle.
-Prego.-
Lieta di poter prendere una boccata di ossigeno, apro la porta accostandomi ad essa affinché il nuovo cliente possa entrare. E’ un sollievo non averlo più dietro! (Ehi, niente doppi sensi!)
Mi faccio coraggio e lo seguo chiudendomi la porta alle spalle.
-Quindi.. un’officina?-
Prima parliamo di affari, prima finiamo, prima posso andare a far pipì.
-Esatto. E’ del mio amico, Daryl.-
Il belloccio agita il telefonino e capisco che la chiamata è ancora in linea.
-E avete dunque bisogno di pubblicità? O di un nuovo logo? O-
Né l’una, né nient’altro.”
Sto iniziando a capire che quando, Daryl giusto?!, apre la bocca lo fa solo per contraddire o confondere le cose. L’accordo è ormai stato fatto, non può rifiutare. Anche se devo ammettere che ne sarei davvero sollevata.
-Daryl, andiamo! Un consulto professionale può esserti molto utile!-
Sul serio, Rick? Un consulto professionale per un’officina?”
E adesso ho anche scoperto il nome del belloccio che mi ha appena rivolto uno dei suoi cioccolatosi sorrisi scusandosi per il comportamento del suo misterioso amico.
-L’officina aprirà il lunedì prossimo ed io avevo pensato ad una bella inaugurazione, così da poter spargere la voce.-
-Certo. Normalmente è così che funziona.-
Forse non l’ho fatto di proposito, ma la mia risposta sembra una vera e propria battuta sarcastica verso Daryl, tanto che dal cellulare sento provenire un ringhio.. animale. Non fosse stato per la risatina rilassante di Rick, me la sarei comunque svignata a gambe levate, giuro! Anche perché nella mia testa ha iniziato a lampeggiare la frase ‘ex detenuto’ a mo’ di allarme. Insomma, perché non si è presentato di persona questo Daryl? Avrà, appunto problemi di selfcontrol, gli stessi che lo hanno spedito tra le sbarre. Mi ci gioco la mia finta borsetta Paciotti!
-Ma avrai capito che lui non è molto.. esigente.-
Vorrei replicare alla stessa maniera di prima, e cioè che sempre normalmente i clienti che si rivolgono a noi lo sono eccome, ma evito accuratamente di dar voce alla risposta.
L’unica frase che esce dalle mie labbra è, credo, la più plausibile.
-Quindi?-
Quindi niente. Non ho bisogno di fiori e piantine per attirare gente. Chi conosce le mie competenze, sa dove trovarmi.”
E’ la frase più lunga che Daryl ha pronunciato in mia presenza e devo riconoscere che il suo pensiero non fa una piega.
-Questo è vero, ma sarebbe conveniente per lei se altre persone sapessero delle sue doti.-
-E quello che sto cercando di fargli capire.-
Daryl grugnisce una specie di dissenso, credo, mentre Rick appoggia alla grande la mia teoria.
Non posso trattare solo con il belloccio? Non può chiudere la chiamata? Sarebbe tutto molto più semplice! Ma so che non è possibile perché, a quanto ho capito, Daryl è una testa dura e l’ultima decisione è solo sua.
Rick vorrebbe una cosa fatta per bene, l’altro no.
Rick vorrebbe ricorrere al nostro aiuto, l’altro no.
Devo risolvere la questione il prima possibile se non voglio che la vescica mi scoppi.
-Qual è il nome dell’officina?-
Rick mi punta con un’espressione inconfondibile: smarrimento totale!
Persino il telefono sembra morto.
Inevitabilmente le mie sopracciglia si sollevano mentre gli occhialini mi scivolano dal naso.
-Perché ha un nome quest’officina, vero?-
E’ sempre il fischiettio degli uccellini questo che sento?!
Ok, la questione è seria, e la soluzione è soltanto una.
-Credo che dovremmo partire da zero.-


Note d’autrice
Ciao a tutte!!!
Eccovi la nuova storia che avevo iniziato a scrivere già qualche settimana fa ma che non ho avuto tempo e modo di continuare!
Questo primo capitolo è una specie d’introduzione, giusto per anticiparvi lo ‘stile’ dei capitoli successivi e presentarvi i personaggi. Spero vi sia piaciuto!:)
Sarei felice di sapere se la storia potrebbe interessarvi!:)
Grazie a chi ha letto e a chi, eventualmente, recensirà.

Ps. Ho preso il titolo dal noto film con Adriano Celentano, il bisbetico domato, appunto. E’ un film che onestamente adoro! *-*
   
 
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