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Autore: hikachu    09/02/2017    2 recensioni
Una sorpresa, dopo l’ennesima e prima di tante altre ancora, in questa gara a chi rende più felice l’altro.
Una raccolta di one shot, flash fic e drabble scritte usando i prompt della Victuuri Week su Tumblr.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Giorno 1: Prime Volte (II)
Prompt: Yuuri, Confessioni


Il momento della verità coglie Yuuri di sorpresa in un pomeriggio tranquillo, un anno più tardi di quel che aveva inizialmente temuto. Lo coglie come un coltello alla schiena, quando ormai si era convinto, ingenuo, che non sarebbe mai arrivato.

Lo sorprende in ginocchio davanti all’altare ai defunti che ospita la foto di Vicchan ed un piatto fresco di gyoza fumanti, sotto forma di un’insolita inflessione delicata nella voce di Victor.

Victor che si inginocchia accanto a lui e ripete con compostezza i gesti che ha visto esercitare da Yuuri e la sua famiglia così spesso da averne perso il conto. Sono gesti estranei, pur se conditi da quell’universalità che attraversa tutti i culti del mondo, passando per quelle paure e quei dolori che caratterizzano l’essenza stessa dell’essere umani. Sono gesti estranei--stranieri, e, pur con tutta la grazia che anni di allenamenti duri hanno inculcato nel suo corpo, la postura di Victor tradisce una certa impacciatezza.

“Era davvero un cucciolo adorabile,” dice piano, gli occhi puntati sulla foto. “Avrei voluto conoscerlo.”

Dapprima, Yuuri annuisce in silenzio, sopraffatto dalla gratitudine verso Victor che ha deciso di condividere con lui anche quel momento. Poi aggiunge: “Sono certo che ti avrebbe voluto bene,” e ne è certo davvero, perché ha visto il modo in cui Victor riversa affetto senza riserve su Maccachin. Victor, che non è bravo con le parole e manca di tatto, ma possiede il cuore sincero di un bambino.

“Sapere che la pensi così mi onora. Come si chiamava?”

Ecco. Eccola la coltellata-momento-della-verità. Qualcosa dice a Yuuri che da qui non si scappa; non più. I giochi sono fatti--lo sono da tanto, tanto tempo, in realtà.

“Vicchan,” sputa dopo un secondo di troppo, i pugni stretti così forte da fargli male.

In un’altra vita, avrebbe potuto sperare, fare affidamento sulle barriere culturali perché Victor non riconducesse il nomignolo al nome d’origine. Purtroppo, in questa vita, la madre di Yuuri non si rivolge mai a Victor se non come Vicchan.

C’è l’imbarazzo dell’ammissione - l’ennesima, più o meno esplicita - di un’adorazione da fan, no, da otaku; da ragazzino con una cotta impossibile. Più di ogni altra cosa, però, c’è la paura che Victor possa offendersi o provare disgusto per quel ragazzino cicciottello con la cotta impossibile che aveva scelto di adottare un cane simile al suo, di dare a quel cane il suo nome, pur di sentirsi un po’ più vicino all’idolo che poteva vedere solo attraverso lo schermo di una TV, o nella superficie patinata di un poster.

Yuuri si volta con il cuore in gola. Si figura una gamma di scenari infinita, per un tempo così breve, uno più disastroso dell’altro. Nessuno dei quali si avvicina neppure lontanamente all’immagine di Victor con le dita premute contro la bocca, il naso e le guance rosse, gli occhi che brillano sotto un velo sottile di lacrime.

“Victor…?”

“Sono così felice,” mormora con la voce ovattata dalla coppa delle mani, chiuse a conchiglia sulla bocca. “Sapere che hai dato il mio nome ad una creatura così importante per te. Sapere di essere amato così tanto... Prometto che ti proteggerò come Vicchan ha fatto prima di me.”

Victor, che non è bravo con le parole e manca di tatto, ma possiede il cuore sincero di un bambino.

Yuuri gli salta con le braccia al collo, facendo cadere entrambi sul pavimento di legno, il cuore che gli batte all’impazzata di un amore così sconfinato che non avrebbe mai potuto immaginarlo, in quegli anni passati a fissare i poster sul soffitto.
   
 
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