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Autore: Marne    27/02/2017    7 recensioni
Dopo quattro anni di apparente pace e prosperità, il Mondo Magico si ritrova ad attraversare un nuovo periodo di crisi. Qualcuno ha iniziato ad uccidere i vecchi Mangiamorte ed Harry Potter, distrutto dopo la Guerra, inizia a soffrire di incubi spaventosi che sembrano voler mettere in dubbio quell'equilibrio raggiunto con tanta difficoltà.
Hermione Granger, dopo esser sparita per ben due anni a causa di un impiego segreto, fa ritorno nella sua terra d'origine per portare una notizia terribile a Draco Malfoy e per riunirsi al vecchio amico nella lotta contro il nuovo Male che sembra volerli sopraffare.
Un bambino è intenzionato a distruggere ciò che è stato costruito in tantissimi anni e con immense difficoltà e nessuno sembra avere il potere di fermarlo. Come si uccide chi è giù sfuggito alla morte?
Genere: Dark, Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Katie Bell, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Heir Universe'
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LErede del Male.

 

 

I watched you let yourself die,
Now it's too late to save you this time.
You bury me alive,
And everybody's gotta breathe somehow,
Don't leave me to die,
Too consumed by your own emptiness and lies1
”.



[We are the fallen – Bury me alive]

                                  

 

Atto IV, Parte II – Il mostro dietro la maschera.

 

 

 

Barry non era contento di quella loro sosta, Katie ne era cosciente, ma era stato più forte di lei. La ricerca di quel maledetto libro li aveva impegnati nell’ultima settimana e sembrava non essere destinata a risolversi molto facilmente, e lei si era detta che, dopotutto, non sarebbe stato poi tanto orribile se si fossero concessi un piccolo strappo, una piccola vacanza infrasettimanale. Viste anche le sessioni che negli ultimi tre giorni2 aveva dovuto tenere con Harry Potter, non le si poteva certo negare quel piccolo piacere. A tutti loro piaceva il Quidditch e Winnie, l’unica che non ne era mai stata molto attratta, aveva ricevuto un gufo da qualcuno che le chiedeva spiegazioni su suo cugino che l’avevano messa in allarme, non che Katie si sentisse molto toccata dalle vicende di Malfoy, tutt’altro. Hermione, che avrebbe opposto molte resistenze a quella piccola gita, era impegnata con l’acquisizione di ciò che le sarebbe servito una volta che avessero trovato l’incantesimo dal Necromicon3 e quindi non sarebbe stata un problema per i suoi piani. Quanto a Barry e Ophelia, era bastato qualche lamento con la promessa di non ubriacarsi subito dopo. Soprattutto perché Philly era una tifosa accanita del Puddlemere e non avrebbe rinunciato a dei biglietti neppure sotto tortura.

«L’ultima volta siamo andati a vedere la partita degli Europei» constatò proprio la donna, sistemandosi la sciarpa blu ed oro intorno al collo. Era quasi strano vederla circondata da vivi senza sembrare un pesce fuor d’acqua, ma, dopotutto, lei era imparentata con Harry e lui, per quanto sembrasse buffo e sgraziato negli eventi sociali, era sempre stato un asso nel Quidditch. Forse avrebbe dovuto chiederle se anche lei, ai suoi tempi, avesse giocato. «Credo fosse Inghilterra contro Francia, non è vero?».

Barry grugnì, braccia incrociate ed espressione da vecchio ippogrifo brontolone. «Avrei preferito assistere alla Coppa America, ma sono stato assaltato da due bevitrici di tè per averlo solo pensato. Il Quidditch europeo è noioso, qui ormai non muore più nessuno» si lagnò, alzando gli occhi al cielo quando sua moglie gli scoccò uno sguardo a dir poco omicida.

Vagamente divertita, Katie alzò la mano come a voler chiedere il permesso per parlare. «Se vogliamo esser pignoli, io sono irlandese. Ma la Francia aveva battuto i nostri ragazzi facendo finire un bolide in testa ad Aidan Lynch. Dovevo assistere alla loro disfatta da parte degli inglesi» spiegò, seppur contrariata. Irlanda ed Inghilterra non erano mai state Nazioni amiche, tantomeno sul campo da Quidditch, ma la vendetta era vendetta e, non avendo modo di potersi vendicare direttamente sui battitori francesi, era stato bello assistere alla loro distruzione da parte del dinamico duo inglese4.

«È ora che Lynch si ritiri, ormai è vecchio».

Katie rantolò qualcosa di incomprensibile, portandosi la mano al cuore. «Ritira immediatamente quello che hai detto, prima che io sia costretta a schiantarti». Poi, alzando lievemente il tono della voce ed indicando il campo, ancora vuoto. «Aidan Seamus Lynch è il più grande cercatore del mondo. Potrebbe giocare fino a settant’anni ed il boccino continuerebbe ad essere suo! Lui è il più grande, il magnifico! Ricordi Berlino di due anni fa? Oppure Almati del ’90? Aveva solo diciassette anni eppure ha segnato un nuovo record! E quest’anno, ai mondiali di Singapore, dimostrerà al mondo che l’Irlanda c’è».

Il ghigno con cui Barry la fissò l’avrebbe fatta innervosire, se non fosse stata troppo presa a sentirsi indignata per l’insulto non velato al capitano della sua nazionale. Era vergognoso che parlassero di lui in certi termini. Assolutamente vergognoso. «Ammiro il tuo amor Patrio, Trina, ma stai dimenticando i mondiali del ’94 e quelli del ‘985» le fece notare l’uomo, dando dei colpetti al posto accanto a lui affinché lei si sedesse. «Se non sbaglio, Lynch è stato sempre sballottato. È Krum la vera leggenda».

Ophelia, rimasta a fissare con curiosità il campo vuoto, scosse il capo. «Ottimo cercatore, ma ha perso molta della sua velocità negli ultimi anni. Lynch è leggero, cosa non trascurabile perché riesce a risultare più aerodinamico. Quanto a Krum, soprattutto negli ultimi mesi, credo sia diventato più simile a…».

«Ad una patata su di una scopa» grugnì Katie, puntando poi l’indice verso Barry. «E non chiamarmi Trina, lo sai che lo odio. Mia madre mi chiamava così ed io non l’ho mai sopportato, mi ricorda l’infanzia» lo ammonì, facendo per continuare il suo sproloquio ma venendo bruscamente interrotta dalla voce del commentatore, che stava dando il benvenuto agli spettatori accorsi per assistere allo scontro PuddlemereHarpies. Un brivido lungo la spina dorsale anticipò di una frazione di secondo la pelle d’oca che le ricoprì le braccia, mentre le gambe le cedevano improvvisamente, facendola tornare seduta.

Il cambiamento negli altri due fu piuttosto immediato: un attimo prima sorridevano amabilmente, un momento dopo avevano gli sguardi inespressivi che saettavano fra lei ed il campo.

«Ed ecco la formazione del Puddlemere United! Blair! Dawson! Clark! Lynch!».

«Possiamo sempre andare via. Nessuno ci obbliga a restare qui» le fece notare Ophelia, allungando la mano per sfiorarle il gomito. Il suo tono di voce non era rassicurante, ma freddo, quasi scientifico. Le stava semplicemente facendo notare l’ovvio. Poteva andare via, doveva andare via.

«Stevens!».

Anche suo marito, accanto a Katie, allungò la mano per posargliela sulla spalla. «Philly ha ragione, ragazzina. Nessuno ci obbliga a stare qui, tantomeno…».

«Baston!».

L’ultima macchietta blu ed oro fece il suo ingresso nel campo e, grazie alla sua vista sempre perfetta, Katie riuscì a scorgere perfettamente i tratti del suo vecchio capitano, molto più massiccio di quanto non fosse stato da ragazzino ma certamente anche più alto, i capelli un po’ più lunghi di qualche anno fa ed una barbetta che spiccava sul suo viso pallido come un punto scuro nel cielo. Lo osservò fare il suo giro d’onore fra gli applausi tonanti del pubblico, la posizione rigida e sicura che l’aveva sempre contraddistinto. Quante volte l’aveva rimproverata di non essere abbastanza ferma sulla scopa?

È una partita, Kat, non il dannato balletto!

«Trina, andiamo via». La voce di Barry era qualcosa di lontano, Katie non riusciva quasi a percepirla. Un bisbiglio, forse, oppure un’eco. Sì, l’ultima ipotesi era la migliore. L’amico che fino a poco prima aveva avuto la mano sulla sua spalla doveva esser finito sul fondo di un pozzo, insieme a tutti gli altri. Oppure era lei ad essere precipitata? Non era sicura. Anche il boato era sparito, solo il rumore sordo del suo cuore le rimbombava nelle orecchie. «Trina!». Qualcuno la abbracciò, ma non le interessò.

L’incantesimo si spezzò quando Oliver Baston, dalla sua posizione davanti agli anelli, si voltò in direzione della tribuna d’onore, con un sorriso così immenso che anche Katie, dalla sua posizione, riuscì a notarlo. Seguì i suoi occhi, consapevole di ciò che avrebbe trovato ma sempre troppo impreparata per reggere il colpo.

L’altra era così ordinaria. Nulla di eccezionale, davvero, con i suoi banali capelli scuri ed i suoi banali occhi castani ed il suo banale – no, non era banale, l’aveva comprato lui – anello al dito, non sarebbe mai spiccata in una folla se Oliver non l’avesse accompagnata, se non l’avesse illuminata.

«Katrina».

Il richiamo di Ophelia arrivò chiaro, questa volta. Non più dal fondo del pozzo, perché lei era riemersa, nonostante non fosse più la stessa persona che era sprofondata nel buio. La sua amica – poteva definirla tale, quando lei e suo marito erano stati dei genitori migliori, per lei, della sua stessa famiglia biologica? –non l’aveva chiamata con il suo nome intero soltanto per rimproverarla.

Un nome è il più forte degli incantesimi, la prima determinazione del nostro stesso essere, ciò che ci limita e ci rende reali.

Katrina.

Il sangue bruciava nelle vene come acido, lo sguardo era offuscato di ombre che non c’erano state fino a poco prima.

Lei non si rese quasi conto di essere scattata in piedi o di essersi mossa finché il suo sguardo non venne puntato sulle scalinate degli spalti. Dietro di lei camminavano i suoi accompagnatori, probabilmente con gli occhi colmi di preoccupazione.

Le mani tremavano, così come il resto del corpo. Il cambiamento faceva sempre male.

Katrina amava il dolore.

«Hai bisogno di qualcosa?».

«Possiamo andare immediatamente nella mia Sala Mortuaria».

 Domande pratiche, prive di ogni pregiudizio. Solamente un Magizoologo ed una appassionata di cadaveri avrebbero mai potuto mostrare tanta tranquillità con lei. Con il mostro che stava divorando la fanciulla.

Quando Katrina sorrise, sembrò quasi che la temperatura intorno a lei fosse scesa improvvisamente ed un paio di persone lì vicino si mossero nei loro posti, a disagio, osservando con la coda dell’occhio quella ragazza bionda che si allontanava con fare sicuro, pallida come la neve ma non altrettanto incantevole, i cui occhi erano diventati cieli notturni senza stelle.

«Abbiamo un libro da trovare, io posso essere molto più utile di lei».

Lei, che ogni giorno sembrava morire lentamente, soffocata da un peso che non aveva scelto di portare.

Se solo avesse alzato lo sguardo, avrebbe incrociato gli occhi angosciati di Oliver, che la stava osservando fuggire via da lui, ancora una volta ed ancora senza una spiegazione, senza una sola parola.

L’anello al dito della donna nella tribuna d’onore sembrò brillare di più, quasi ad evidenziare il contrasto con il buio che aveva inghiottito Katrina.

Non c’erano più scelte da fare.

 

***

 

Non erano affari suoi se Malfoy era sparito.

«Se Draco è stato ucciso o catturato, signor Potter, è affar suo. Significa che i nostri nemici comuni hanno fatto dei passi avanti e sono riusciti ad arrivare anche a lui» gli rispose Winter Vane, senza neppure guardarlo e senza scusarsi per essersi impicciata ancora una volta nei suoi pensieri. «Come le ho già detto, non è che io mi diverta ad ascoltare cosa le passa per la testa. Non ho altra scelta, se lei non è capace di alzare le difese» aggiunse, con parecchia più acidità di quanta Harry avrebbe voluto sentirsene buttare addosso.

Per un momento, infatti, si sentì un po’ un vermicolo. Dopotutto, non doveva essere una vita facile, quella della donna, e lui poteva benissimo mettere a frutto quelle poche lezioni che Piton aveva accettato di dargli e fare in modo di lasciarle un po’ di pace. «Mi dispiace di non essere più bravo. Il mio insegnante di Occlumanzia ed io non abbiamo avuto un buon rapporto finché…» non è stato troppo tardi. Non lo disse, ma il ricordo di Piton distrutto dalle zanne di Nagini gli attraversò la mente e lei si irrigidì6. «Mi scusi».

Tirando fuori un sorriso rassicurante, per quanto non propriamente credibile, Winter Vane gli fece cenno di non preoccuparsi. «Tranquillo caro, con il mio lavoro è piuttosto comune che mi sia sbattuta in faccia un’immagine simile. Non sono fragile come può sembrare» lo rassicurò, continuando a far strada lungo i corridoi scuri. «Credo sia lei a dovermi scusare per averla strappata ad una pacifica giornata in compagnia della sua fidanzata. È stata Hermione a dirmi di venire a prenderla per accompagnarmi, lei è impegnata con qualcuno di cui non può rivelare l’identità e non si sentiva tranquilla a mandarmi da sola».

Curioso, Harry continuò ad osservarla con il capo lievemente inclinato. «Davvero non sa con chi sia Hermione adesso?» le domandò, inarcando le sopracciglia. «Dubito sia possibile nasconderle qualcosa, non per molto tempo quantomeno».

Winter rise lievemente, il nervosismo evidente come un brivido sul fondo di quel trillo apparentemente rilassato. «Hermione è molto brava con l’Occlumanzia, non le piace avere gente capace di leggerle la mente… credo sia a causa delle ragioni che l’hanno portata ad arruolarsi.  Per un periodo mi sono sentita un po’ ferita, in realtà, perché credevo che non volesse essere mia amica o che non si fidasse… col tempo ho imparato a rispettare la sua decisione. È giusto che ognuno possa mettersi nella posizione di difendere i propri pensieri».  Con la coda dell’occhio, la bionda osservò il dubbio e la confusione affacciarsi sul volto di Harry, ma aspettò qualche istante prima di ricominciare a parlare. «Anche Hermione ha i suoi limiti, tuttavia. Mi dispiace per Lipsia».

Un brivido corse lungo la schiena dell’Auror. Quello non era un argomento che aveva intenzione di affrontare con una Legilimens tanto potente. Non aveva idea di quanto ampi potessero essere i suoi poteri, non aveva certo voglia di fornire ulteriori accessi alla parte più fragile e nascosta della sua anima. Con uno sforzo disumano, rafforzò le sue difese. Non avrebbe parlato di Lipsia. «Perché non ha aspettato che tornassero gli altri suoi colleghi, piuttosto che chiedere a me? Sono certamente più preparati di me» disse invece, mantenendo lo sguardo fisso davanti a sé. «Sono solo un Auror».

«Sei il Golden Boy, non sottovalutarti» lo riprese lei, con un sorriso mesto. C’era qualcosa nel suo sguardo che Harry non riuscì a decifrare. «Scusa se ti do del tu, caro, ma era da un po’ che ci stavi pensando ed ogni volta hai fatto un passo indietro. Abbiamo la stessa età, non siamo certo due vecchietti» continuò, con un’allegria posticcia quasi inquietante. «Sei stato scartato alla selezione Banshee a causa dei suoi problemi mentali. È un criterio che viene valutato in modo strano, altrimenti tre quarti di noi non sarebbero risultati idonei e la nostra squadra forse non sarebbe proprio esistita… diciamo che se in tanti siamo a metà fra follia geniale e follia da ricovero ma tendiamo per la prima… tu tendevi troppo verso la seconda per poter essere scelto».

Quella era un’informazione che Harry non credeva di dover avere. Era stato selezionato? Quando? Era stato quell’impiegato della Conferenza che l’aveva stressato per mesi a scartarlo? Credevano non fosse abbastanza bravo per un lavoro del genere? Lui aveva salvato il mondo, come potevano bollarlo semplicemente come pazzo? Anche Hermione era stata male, portata al limite della sopportazione finché non era stata sul punto di crollare, eppure era stata scelta. Scelta e salvata.

Perché non avevano salvato anche lui?

«Perché non volevi essere salvato».

Era stata una risposta che lui, anche se in minima parte, si era aspettato. Una risposta un po’ banale, forse, ma l’unica davvero reale. Non era poi così strano che i servizi segreti più importanti e pericolosi del mondo non volessero avere a che fare con qualcuno come lui, che avrebbe mandato tutto al diavolo pur di smettere di soffrire. C’era anche andato vicino, a Lipsia. Senza Hermione – perché era stata lei a salvarlo, per l’ennesima volta – non avrebbe fatto il suo ritorno a casa e non avrebbe avuto modo di vedersi fare il regalo più bello del mondo dalla sua futura moglie, in quel momento fortunatamente al sicuro a casa, sotto le coperte e con un paio di Auror a pochi metri di distanza. Era stato un sollievo sapere che il suo Capo avesse già dato ordini affinché alcuni suoi colleghi pattugliassero casa sua, la Tana e casa di Andromeda Tonks. Mettere al sicuro la sua famiglia era una preoccupazione che era stata tolta dal carico delle sue spalle e che finalmente gli aveva consentito di respirare almeno un po’. Hermione, naturalmente, non poteva essere messa sotto scorta: lei era la migliore scorta che ci fosse in circolazione ed il fatto che lui e Malfoy fossero sempre accompagnati, in un modo o nell’altro, dai membri della Squadra, lasciava intendere quanto fossero tutti preoccupati per la loro incolumità.

Pensando, tuttavia, ai vari colleghi di Hermione, partendo da Katie e dal suo sorriso triste, fino ad arrivare all’allegra biondina che gli trotterellava accanto, Harry si ritrovò a riflettere sulle parole che la stessa Winter gli aveva rivolto poco prima.

La nostra squadra non sarebbe esistita.

«Katie davvero non ti rende giustizia, non sei affatto tardo come ha tentato di farci credere» si congratulò, seppur con parecchia ironia, Winter, lanciandogli uno sguardo storto. «Credi che delle persone sane di mente sarebbero state pronte a mollare tutta la loro vita, fingersi morte o semplicemente sparite nel nulla per anni?» gli chiese, raddrizzando le spalle e sollevando il mento in una posa altezzosa. «Siamo tutti folli, in un modo o nell’altro, altrimenti non saremmo arrivati alle Banshee. Non farti ingannare da un bel viso, Harry Potter. Anche i mostri sanno indossare un bel vestito, una maschera e sorridere per il loro pubblico».

Vagamente inquietato, Harry cercò di ricrearsi un’immagine di tutti e cinque i membri della squadra Banshee 3. C’erano gli sposini apparentemente normali che Harry proprio non riusciva ad inquadrare. Certo, lei aveva una strana passione per i morti ed ancora non era apparso un Magizoologo che non avesse una strana e macabra passione per sangue e creature spaventose, ma non sembravano poi tanto terribili. Soprattutto Ophelia, che era bizzarra, ma non in un senso troppo negativo e se era arrivata a sposare quel tipo doveva aver avuto le sue buone ragioni. C’era poi Katie, che nascondeva qualcosa di così terribile da non poter essere rivelato e che probabilmente l’aveva divorata dall’interno al punto di costringerla a cambiare la propria esistenza in modo drastico. Non tutti avevano avuto una scelta, era stato il modo in cui Hermione lo aveva liquidato una settimana prima, alla tana. Hermione, che lui conosceva fin da quando erano poco più che bambini, aveva un lato oscuro che aveva avuto modo di incontrare parecchie volte: il trucco della brava ragazza poteva reggere con chiunque non avesse notato la follia nei suoi occhi durante la preparazione della Polisucco o durante le iscrizioni sul foglio maledetto dell’ES. Hermione sapeva essere machiavellica e malvagia molto più di tanti Mangiamorte che avevano incontrato nel corso degli anni e, Harry tuttavia non si sarebbe mai azzardato a dirlo ad alta voce, dopo l’incontro con Bellatrix quel lato di lei sembrava essere solo peggiorato. Il pensiero che potesse aver acquisito un certo talento da quella donna lo fece rabbrividire.

«Non si viene torturati da Bellatrix Lestrange per poi dimenticare, Potter» lo ammonì la bionda, con un tono lezioso davvero sgradevole. Il modo in cui pronunciò il suo cognome lo fece irrigidire: era familiare, anche se non riusciva a comprendere il perché. Come Malfoy? No, era qualcosa di peggiore7. «Hermione è una delle migliori Inquisitrici che siano mai passate per l’Organizzazione. Non ti permetterò farla sentire in colpa per questo» gli disse secca. Il modo in cui si girò a sorridergli, subito dopo, gli fece tremare le ginocchia. «Dopotutto, non è certo lei a doversi occupare dei nostri ospiti più reticenti».

Winter Vane, con quella sua aria da svampita appena giunta da New Orleans, era, con ottime probabilità, la più spaventosa di tutto il gruppo, anche se buona parte del giudizio di Harry era reso nullo dall’impossibilità di conoscere la vera natura del potere di Katie. Se nella sua vecchia amica era la sua stessa apparenza a mettere paura, la Vane mostrava d’avere qualcosa di ancora più radicato in lei, una massa oscura ben nascosta sotto un bel sorriso e riccioli alla Shirley Temple che avrebbero potuto ingannare un po’ chiunque. Hermione e gli altri erano capaci di controllare gli orrori del mondo, che fossero i morti, le bestie crudeli o gli incantesimi, ma lei…

C’era molto di più nascosto sotto le belle fossette e gli occhi di smeraldo.

«Hai paura del lupo cattivo, signor Potter? Sta’ tranquillo, non vuole certo mangiarti» lo rassicurò, riuscendo in tutto tranne che nella sua impresa, non con quel sorriso spaventoso sulle labbra. Non quando Harry fu più che certo di aver notato uno strano lampo argenteo nei suoi occhi. Fu sul punto di aggiungere qualcosa, forse per prenderlo in giro e ridere della sua reazione esagerata, ma si fermò, il sorriso congelato sul viso. Per un attimo fu ancora più spaventosa, perché spaventata a sua volta.

«Cosa sta succedendo?» domandò, nonostante fosse consapevole che avrebbe potuto semplicemente pensare la sua richiesta, senza porla ad alta voce e rischiare di rivelare la loro posizione. Per una qualche ragione, dubitò che lei lo avrebbe ascoltato, in quel caso. «Vane, che succede? È Malfoy?».

Impallidita più di quanto Harry pensasse fosse possibile, Winter sollevò la mano per intimargli il silenzio, inclinando il capo come se avesse voluto ascoltare qualcosa con maggiore facilità. Le tremò il labbro inferiore, mentre le pupille si dilavano in modo quasi comico. Un attimo dopo scattò via, correndo lungo il corridoio come se avesse avuto il diavolo alle calcagna e senza preoccuparsi che Harry la stesse effettivamente seguendo. Gli ci vollero un paio di istanti per recuperare, indeciso se farsi prendere dal panico o far insorgere l’Auror che era in lui per capire cosa stesse succedendo e dopo farsi prendere dall’ansia.

«Vane, maledizione, parla!» sbottò, facendo prevalere la seconda scelta e sentendosi grato nei confronti delle varie ore di preparazione che l’Accademia l’aveva costretto a seguire. Se avesse perso la testa, probabilmente non sarebbe sopravvissuto e non sarebbe più tornato a casa da sua moglie e dai suoi bambini.

«Non adesso! Non è ancora troppo tardi» fu tutto ciò che inizialmente ottenne come risposta, insieme ad un’ondata di angoscia che sapeva non appartenergli, perché era un’emozione troppo complessa, troppo elaborata per lui, che negli ultimi due anni era sempre passato da livelli più o meno diversi di depressione, senza mai spegnersi in quel modo.

Harry realizzò, mentre correva per porre rimedio ad un danno che ancora non conosceva, che nonostante fosse arrivato sul fondo del baratro, nonostante Lipsia, non fosse mai riuscito a perdere quella scintilla sul fondo del suo cuore, quel piccolo calore che era la speranza, cresciuta insieme al ventre di Ginny.

Winter Vane non aveva quella scintilla. Forse non l’aveva mai avuta.

Perché?

Trovarono Malfoy ed un altro uomo che lui riconobbe essere Theodore Nott accasciati in un angolo, le espressioni vuote di chi avesse visto l’Inferno e non ne fosse più uscivo vivo, una brutta ferita sulla fronte del biondo che sembrava estremamente recente. Winter si inginocchiò fra loro, senza osare toccarli ma osservandoli con tanta intensità da fargli credere che li stesse visitando, poi fece un cenno ad Harry, così che si avvicinasse. «Adesso tu farai esattamente come ti dirò e forse qualcuno di noi ne uscirà vivo» mormorò, deglutendo e ricominciando a parlare prima che lui potesse intervenire. «Sono un tuo superiore, Potter, quindi farai come ti dico e basta. Tu prenderai Draco e Theodore e userai la passaporta d’emergenza che ho con me, perché non è possibile smaterializzarsi dal Mausoleo dei Malfoy».

Mausoleo dei Malfoy? Quella sottospecie di labirintico insieme di grotte era un mausoleo? Perché erano finiti in mezzo ai resti degli antenati di Draco? Perché Malfoy e Nott erano lì? Cosa li aveva attaccati?

«Non è un cosa, è un chi» spiegò velocemente la Vane, armeggiando con la cintura per estrarne una piccola bussola d’argento. «Fai come ti dico, vai dalle Guardie Carceriere di Azkaban e comunica loro che Sandman8 è scappato, poi fai in modo che lo scoprano anche gli altri della squadra e che vadano a chiedere i rinforzi».

L’ansia di Harry non fece che aumentare, con quelle parole, ma si sbrigò ad avvicinarsi per poter afferrare sia Malfoy che Nott. «Tieniti a me, andremo via tutti» disse, con il tono più risoluto di cui fosse in possesso. Non se ne sarebbe certo andato via lasciandola . Non aveva mai abbandonato uno dei suoi compagni d’avventura, non avrebbe certo iniziato in quel momento. Per lui erano già morte troppe persone. «Chiunque sia, adesso è lontano, abbiamo tutto il tempo per chiamare i rinforzi e…».

Il sibilo con cui lei gli rispose lo fece rabbrividire e, se non fosse stato tanto abituato a guardare in faccia il pericolo, non avrebbe notato il cambiamento. Winter Vane non era più la bella ragazza del sud con dolci guance colorate di rosa e gli occhi come un prato. A ricambiare il suo sguardo furono due lastre di ghiaccio, circondate da una cascata di capelli neri come le piume di un corvo ed incastonate in un viso pallido come quello di un cadavere.

Harry ricordava quegli occhi. Non poteva dimenticarli.

Elladora Mulciber.

«Adesso tu prenderai loro due ed andrai via di qui» gli ringhiò contro lei, le mani piantate al suolo e le unghie conficcate in modo doloroso contro la roccia. Erano insanguinate, probabilmente spezzate fino alla carne. Stava lottando contro qualcosa, ma cosa? Chi? «Chi ha fatto questo a loro non si è mai allontanato. È dietro di noi, lo è sempre stato, ma si è saputo nascondere bene. È la sua specialità» continuò, parlando in un rantolo.

«Non ti lascerò qui».

«Non hai scelta» gli disse, socchiudendo gli occhi e piegando il capo di lato, con una smorfia carica di dolore. «È me che vuole, ha sempre voluto me. Draco è stato attirato qui solo per farlo diventare un’esca. Si è fatto da parte per permetterti di portarli via… uno scambio equo, dal suo punto di vista. Io valgo più di due uomini».

Confuso, Harry provò a guardarsi intorno, senza trovare nulla di sbagliato, senza notare quale potesse essere la fonte di tutto il dolore che lei stava mostrando. «Chi diavolo è? Cosa vuole da te? In che senso vali più di due uomini? Aziona la passaporta, posso portarci tutti via da qui e allora saremo al sicuro. Vane, il tuo naso sta sanguinando!».

  Con lentezza, la donna si sollevò leggermente in piedi e costrinse Harry a prendere la sua bussola, oltre che ad avvicinarsi a Nott, che altrimenti sarebbe rimasto indietro. «Alcuni potrebbero chiamarlo amore paterno, io, invece, la chiamo psicosi». Si irrigidì nuovamente, per poi rilassare le spalle e bisbigliare qualcosa di incomprensibile ma che tuttavia somigliava molto ad un troppo tardi, idiota. Alla fine, raddrizzò le spalle e si voltò, sollevando il mento con la stessa posa algida che aveva assunto durante l’allegra scampagnata. «Padre, noto che sei fuori da Azkaban. Il piacere è tutto tuo» salutò quindi, con un pesante accento inglese, simile a quello di Malfoy.

Dalle ombre, con una tranquillità tale da lasciare Harry sbalordito perché era impossibile che non l’avesse notato, Mulciber fece la sua comparsa, molto più ringiovanito di quanto non fosse stato durante il processo e, poco ma sicuro, molto più folle.

Gli stessi occhi di sua figlia.

«Via, via Winnie cara. Ti sembra questo il modo di accogliere il tuo unico genitore? Avrei voluto presentarmi a te come il tuo molliccio, ma ho pensato che sarebbe stato troppo banale da parte mia. Mi sono anche preoccupato di giocare un po’ con i nostri cari amici. Il vecchio trucchetto di Evan Rosier redivivo funziona sempre9. Non ho mai capito perché lui sia diventato uno spauracchio ed io no… e pensare che lui era così inutilmente melodrammatico».

Spaventata, Winter si irrigidì, avanzando di un paio di passi come a voler proteggere i due svenuti ed Harry. «Sei tu il mio molliccio, lo sei sempre stato, solo che io sono stata troppo sciocca per capirlo in tempo e fare la cosa giusta». Con un cenno veloce, Winter estrasse la bacchetta. Lo sforzo di resistere agli attacchi mentali dell’uomo che le aveva dato i natali era evidentissimo. «Gli orrori di Rosier erano molto più adatti a dei bambini dei tuoi. Lui non aveva mai mangiato le sue vittime, dopotutto» aggiunse, con disgusto, rafforzando la presa sulla sua unica arma, mentre l’uomo sorrideva macabro. «Addio, Padre».

 

 

 

 

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 Quanto mi piace distruggere la vita della gente. Forse dovrei mandare una scatola di cioccolatini ad Oliver Baston, che in tutto questo è l’unico, vero innocente. Più o meno. Mica sono stata io a fidanzarmi con una tipa random.

 

Punti importanti:

 

» 1 – “Ti ho guardata lasciarti morire/ Questa volta è troppo tardi per salvarti/ Mi hai seppellita viva/ E tutti devono respirare in qualche modo/ Non lasciarmi morire/ consumata dal tuo vuoto e dalle bugie”. Questa volta il riferimento è alla “vera” natura di Katie e Winnie. Entrambe, infatti, hanno soffocato il loro vero io per tentare di condurre vite normali. Naturalmente, queste bugie non possono durare, quindi, alla fine, la maschera è caduta ed il mostro ha ripreso il controllo. Katrina ed Elladora non sono soggetti con cui scherzare, il fatto che odino loro stesse più di chiunque altro è il peggiore fra gli stimoli.

 

» 2 – Ci troviamo ad una decina di ore dalla seconda parte del capitolo precedente. Sono, quindi, passati circa tre giorni dalla prima parte, cioè da quando Harry ha iniziato le sue sessioni intensive per recuperare il messaggio di Voldemort.

 

» 3 – Necromicon, Il Necronomicon è uno pseudobiblium, cioè un libro mai scritto ma citato come se fosse vero in libri realmente esistenti. Il Necronomicon, infatti, è un espediente letterario creato dallo scrittore statunitense Howard Phillips Lovecraft per dare verosimiglianza ai propri racconti, che diventò gradualmente un gioco intellettuale quando anche altri scrittori cominciarono a citarlo nei lor Secondo Lovecraft, il Necronomicon sarebbe un testo di magia nera redatto dall'"arabo pazzo" Abdul Alhazred, vissuto nello Yemen nell'VIII secolo e morto a Damasco in circostanze misteriose. Con Necromicon si intende generalmente un libro che “parla dei costumi dei morti” o comunque che fa riferimento al funzionamento della vita ultraterrena. SONO ANNI che voglio metterlo in mezzo.

  

» 4 -  Riferimento ai battitori della Nazionale Inglese che io ovviamente non conosco ma che, a quanto pare, sono a dir poco eccezionali. Katie li ammira molto ma non li ritiene alla stessa altezza dei battitori irlandesi, ovviamente.

 

» 5 – Riferimento ai Mondiali a cui ha partecipato anche Harry nel 1994 (Irlanda-Bulgaria) e poi ai mondiali del 98 (Irlanda-Australia).

 

» 6 – Lei non si è irrigidita a causa dell’immagine in sé ma, piuttosto, perché lei stessa ha conosciuto Severus Piton. Non erano amici, ma Piton aveva preso a cuore il destino di quella povera bambina.

 

» 7 – Harry, non conoscendo l’identità reale di Winnie, non riesce a collegarla a suo padre. Naturalmente, dopo comprenderà e ricollegherà a lei quello stesso tono che l’uomo aveva usato contro di lui durante il Processo.

 

» 8 – Sandman è un nome in codice. In teoria è un altro nome per Morfeo, il Dio del Sogno, ma non posso spiegarvi bene perché Mulciber si è guadagnato questo soprannome affettuoso. Voglio dire, è un legilimante, non è mica difficile ;) Diciamo che ai Paciock è andata bene che a prenderli di mira sia stata Bellatrix e non lui.

 

» 9 – Mi dispiace, ma Evan non è tornato miracolosamente in vita. Semplicemente, Sandman ha usato i suoi trucchetti per terrorizzare Draco e Theo, contando sul fatto che il vecchio compagno d’armi sia rimasto materia d’incubi, una specie di “Dracula” o “Hannibal Lecter” di noi poveracci babbani.

 

 

Avete capito cos’è Katie? Un po’ di gente aveva fatto ipotesi corrette, ma, credetemi, c’è altro dietro l’angolo. Povera piccina. E povera Winnie.   

 

 

 

Vi aspetto tutti lunedì prossimo!

 

Per altre comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!

 

 

Grazie ancora a chiunque leggerà,

-Marnie

 

 

 

   
 
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