Anime & Manga > Yuri on Ice
Segui la storia  |       
Autore: Lunaticalene    01/03/2017    2 recensioni
« Ah, a proposito di quello. » un passo nella sua direzione, la mano sinistra che scivola nella tasca, in maniera quasi distratta. «Chiudi gli occhi » un comando, che non appare come un'imposizione ma che costruisce un principio di attesa che lo porta a deglutire, piano, mentre chiude gli occhi.
La sensazione delle punte di pelle che sfiora il collo e qualcosa di gelido che che pizzica la pelle, nascosta sotto al calore della sciarpa. Il movimento leggero, di una mano che scivola sfiorare l'altezza del cuore.
« Buon compleanno soldato » e il leggero tintinnio del metallo di una mostrina che adesso pende, ancora oscura ai suoi occhi, a un frammento di stoffa dal suo cuore.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mila Babicheva, Otabek Altin, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
3. Dormiresticonme o I soldati imparano a saltare o due volte grazie.
 

Per un qualche motivo sconosciuto il cuore non smette di battere. Al di là delle ovvietà biologiche, si intende. Lo sguardo è appena distratto, sebbene sia fermo ad osservare il piumone, ancora intatto, presente sulla branda che sfiora, per mancanza di spazio, il suo stesso letto.
Una notifica di Instagram che si decide a distrarlo, assieme alle varie sparse sui social, intenti a dichiarargli un mix di amore e auguri che lo terrorizza a sufficienza. Le Yurio's Angels gli hanno dedicato un video, corredato da un gatto che miagola uno straziante “tanti miaguri a te”. Quasi si aspetta di vedere qualcosa di analogo ma la foto che appare nel suo schermo lo lascia a spalancare gli occhi. Non gli serve nemmeno controllare quale sia l'account che lo ha inserito nei tag: sa benissimo che corrisponde a quello della mano sollevata a scattare un selfie. Semplice e banale. Eppure a stupirlo è il sorriso che vede sul suo stesso volto. Un sorriso che appare così sincero e disegnato da apparire come irreale.

«Non ti dispiace se l'ho caricata vero?» una domanda, fatta dalla porta prima di richiuderla alle proprie spalle. Appena scuote il capo in risposta, prima di anticipare le proprie parole.
«No, figurati. È una bella foto. Rido.» osserva, e quella nota appena perplessa non si allontana davvero dalla sua voce.
«Lo dici come se fosse un problema» un sopracciglio che si solleva, quasi rigido.
«No, affatto. È che non sono abituato a ridere»
«Con me ridi spesso» ammette costringendo quegli occhi verdi a sollevarsi verso di lui. Le palpebre che sbattono quasi incapaci di perdersi nelle iridi nere con cui si confrontano. Non una parola mentre il silenzio viene combattuto dal kazako con un movimento che lo porta a sedere sulla branda. Ancora un fiato, un respiro. Il labbro inferiore che viene stretto tra i denti.

«...dormiresticonme?» mugugna, mordendo quelle sillabe come fa con le pellicine sulle labbra.
« Eh? »
«e che cazzo.» sbotta incrociando le braccia al petto «dicevo. Dormiresti con me? Nel mio letto intendo, in camera con me già ci dormi...sempre che tu non voglia andare a dormire nella vasca da bagno, ma mi immagino sarebbe scomodo. Ah, non è un modo per saltarti addosso mentre dormi, quello lo farebbe il depravato di Victor, io semplicemente intendo dire che... »
«Yuri.» le palpebre, che solo adesso si accorge di aver in qualche modo chiuso in quell'oceano di parole nonsense, si riaprono piano, davanti ad una sagoma ormai più vicina «Mi avevi convinto al “dicevo”. Se vai avanti non inizierò a pensare che sei un depravato come Victor, ma piuttosto che soffri di una qualche forma di psicosi. »
«Eh? No. Io sono sano come un pesce!» replica, sentendosi in dovere di prendere seriamente in carico quelle parole, continuando a fissare le spalle dell'alto, avvolte in un anonimo pigiama grigio. Il volto disegna una nota di curiosità e incomprensione nel vederlo fermo, le mani poggiate contro il materasso. Una posizione acquisita per rivolgersi a lui a parità di sguardo, è ovvio. È su quelle dita che finisce per concentrarsi, ritrovandosi più distratto del solito. Quelle stesse dita che ha sentito contro la pelle, prima che quella piastrina di metallo scivolasse al suo collo. Uno di quei rettangoli dagli angoli smussati, bordati di gomma, che ricalcano quelli dei soldati dei film. Il suo nome inciso e la data del suo compleanno. Solo un pensiero che si ritrova a sfiorare con le dita, schiudendo appena le labbra.
«Yuri?» quando per la seconda volta Otabek pronuncia il suo nome, un brivido leggero gli attraversa la schiena, senza motivo, portandolo a deglutire.
«Si?» domanda, convito di avere la bocca inverosimilmente impastata.
«...se vuoi che dorma con te dovresti farmi spazio»
« Ah si. È vero.» osserva, arrossendo appena. Quasi la sensazione fisica di calore che si condensa sulle gote e che non fa altro che generare un senso di vergogna che lo spinge ad augurare una buonanotte rapida e un ancor più rapido spegnimento della luce. Un clack, e tutto è buio. Ogni contorno sparisce ad eccezione della sagoma presente accanto a lui. Vicina al punto di sfiorare il suo corpo, in un contatto ovvio, ad un tempo ricercato ed estraneo. Si riduce nel volume la sua persona, disponendosi sul fianco con il solo effetto di portare la punta del naso a toccare la spalla sinistra dell'altro. Un respiro che gli sfugge di bocca, sfiorando la stoffa grigia. Un senso di rigidità che viene avvertito oltre il buio e il silenzio.
«Scusa. Non volevo darti fastidio.»
«Non me ne hai dato.» la percezione viva di due occhi contro di lui. Si solleva a cercarli, individuando la loro posizione. Un braccio che scivola oltre le sue spalle, invitando il suo corpo ad avvicinarsi, il capo che finisce a contatto con il petto altrui. Il battito del cuore che si percepisce oltre la stoffa. Le sue mani, raccolte contro il torace, incrociate come l'attimo prima di un axel. Lentamente la destra si muove, per spingersi a sfiorare quello stesso cuore che sente. Dita, non sue, che tornano a sfiorare la guancia, ora più calde, quasi più morbide. Che scivolano, lentamente, come in una carezza fatta ad un cristallo, fino a sfiorare il lobo. Deglutisce di nuovo, umettando le labbra in un riflesso spontaneo. Il pollice che sfiora di dorso la bocca, nel tornare indietro. Un movimento che si ripete e la voglia di fare le fusa come un gatto.
«Otabek» soffia, rompendo il silenzio con timore, nella viva percezione di rischia di spezzare qualcosa «grazie di avermi fatto sorridere» un'osservazione stupida. Infantile. Che cerca di uscire fuori con un senso nuovo. Come se fosse, sotto le parole di una gratitudine immatura, un modo per dimostrare quella punta di affetto che il sorriso porta indissolubilmente così. Il timore di vedere il ghiaccio cadere e spezzarsi, come in quel sogno. Il timore, di congelare nel lago gelato, le spine di un mago a trafiggerlo come chiodi. La paura di percepire il nitido suono di ali spezzate e bruciate nel sole.
Un movimento di quel corpo nel suo letto. Il fiato che viene trattenuto quando nessuna risposta lo raggiunge. Il suono del ghiaccio che si fa più netto. Gli occhi che si chiudono, pregando di cadere in un sonno senza sogni, quasi istintivo. Il terrore di avvicinarsi a qualcuno, di lasciarsi sfiorare per poi definitivamente cadere. Annegare. Per questo i cignetti. I cignetti non amano. I cignetti si limitano a riversare loro stessi nel divertissement di un attimo. Belli da vedere, senza tragedie sospese. Senza terrori in divenire. L'improbabile desiderio di scoppiare a piangere. Senza un motivo altro rispetto al silenzio che gli risponde.
La mano sulla sua schiena che lo stringe appena, raggiungendo la spalla. Le dita sul suo volto, che raggiungo il principio del collo, come a sorreggerlo. Un respiro, vicino al suo. E il ghiaccio si spezza. E la mano del cavaliere si getta oltre le lame d'acqua, stringendo il braccio del cigno che cade.
Il battito si spezza e accelera quando il silenzio acquista la forza di una risposta. Non è la prima volta che una bocca sfiora la sua. Non è la prima volta che il pensiero di sfiorarne una lo colpisce. Non è la prima volta che immagina un bacio. È la prima volta che si ritrova a disegnarlo su una tela bianca.
In principio sono solo labbra contro le labbra. Un movimento morbido, appena percettibile. Che nell'allontanarsi catturano appena il labbro superiore, trascinandolo in un leggero e sordo “pick”. Gli occhi si chiudono, dando buio al buio mentre allunga appena il collo, per trovarle di nuovo, arrestando la loro fuga. Tornano e i muscoli si rilassando in un sospiro di labbra socchiuse. Un paio di volte si muovono, indecise e incapaci di schiudersi. Fino a quando qualcosa non cambia e un senso di calore nasce nel retrocassa del cervello. La punta delle lingua fa capolino, finendo per sfiorare le labbra altrui, bloccandole. Come in un gioco di corsa e di rincorsa. Di nuovo quel timore. Di nuovo il gelo che si impossessa delle sue gambe, sigillandole in una morsa. Ma quella che appare come una stasi è la sua esatta nemesi. In quel gelo muove il cavaliere, stringendolo piano.
«Non avere paura soldato. Io non vado da nessuna parte» parole che sembrano indovinare i pensiero altrui, spalancando lo stupore degli occhi nella notte. Parole che vengono ripetute direttamente nella sua bocca quando la lingua la invade. Incapace di capire dove mandare la propria, cosa farne. Trovando quasi difficile seguire quanto le accade. Percepisce quella ricerca, quell'invito ad una danza di cui non conosce i passi. Le labbra ormai aperte, dischiuse in un respiro che suona tremendamente strano alle sue stesse orecchie. Un suono nuovo. Diverso. Che non fa davvero paura. Prima di percepire il corpo farsi più pensate, sovrastato dal carico di un peso non suo, che distende la sua schiena contro il materasso, senza schiaccialo. Le mani che stringono la stoffa, aggrappandosi a quella maglia quasi fosse la pelle che ricopre. Stringendo per tenerla vicina a sé e non farla allontanare. In un bacio che si interrompe, quando il fiato sembra finire.
«Io non ho paura» una bugia, che germoglia nel cuore e nella mente.
«Non ti credo» rimbecca senza cattiveria o protesta «ma grazie»
«Di cosa?»
«Di sorridere con me»
Un nuovo bacio che si condensa sulla bocca prima di scivolare contro il collo. Di sfiorarlo senza veemenza o volgarità. Quasi fosse il Cavaliere ad avere paura. Quasi fosse lui, una volta tratto in salvo il Cigno, a temere di vederlo cadere e spezzarsi di nuovo.
Un gemito. Un sospiro. Il fiato che viene mancare così come la voce.
Le dita che si allontano dal cuore per tuffarsi in quei ciuffi neri.
«Ho paura» ammette piano, mentre sente il sale scivolare lungo le guance. «Ho sognato un lago ghiacciato. Ho sognato di pattinarci sopra e di cadere. Ero un cigno e subito dopo ero io. Sentivo il ghiaccio spezzarsi e cadevo. Sentivo qualcuno che doveva arrivare a salvarmi ma...» sono parole spese in quella scia di carezze di labbra lungo il collo. Quasi fossero capaci di esorcizzare il terrore che lo insegue, dalla radice prima di sé. Si interrompono, mentre lo sguardo torna verso di lui.
«...ma un soldato si salva sempre da solo. Non avere mai paura di te stesso.» una pausa. «Grazie»
«Di cosa?» un movimento per allontanare le mani dal suo volto, per portarlo al proprio, verso gli occhi. Le dita che catturano i polsi, piegandoli verso il cuscino.
«Di piangere con me. I soldati non sono forti perché non cadono. I soldati sono forti perché trasformano una caduta nel più bello dei loro prossimi salti. »
«Beka...mi baceresti di nuovo?»
«Tutte le volte che vuoi, soldato.»
 



NdA.

This is the end, o almeno è la fine di questo frammento che conclude questa FF che non aveva, come le cose che scrivo io del resto, pretesa di lunghezza. Tutto è nato da una fotografia che mi è stata scattata e che mi vede vestire i panni di Yurio - con una discutibile differenza di età - e come una fotografia questa storia voleva restituire semplicemente una raccolta di attimi.
Grazie di essere arrivati fino a qui.
Magari ci rivedremo presto, se mi deciderò a pubblicare la One Shot su Chris. Grazie di tutte le vostre parole, grazie del vostro tempo.
Non sapete quanto mi rendano felice <3

Lene.
 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Yuri on Ice / Vai alla pagina dell'autore: Lunaticalene